34. (M) Com'è denso il desiderio
Mentre guardo il tavolo, coi coltelli e le forchette uno contro l'altro, i bicchieri più a destra del centro del piatto – io e Lucs ci siamo studiati le foto su un sito di bon ton e dopo un'ora il risultato ancora non raggiunge il livello "scadente" – mi chiedo se non ci sia del vero in quello che mi ha detto Yuriy a pranzo.
«Sei così preso da lei da non accorgerti che stai facendo cose mai viste. Sei un nuovo Matthew, tutto diverso e tutto uguale a prima. Ti piace da impazzire, vero?»
Io non gli ho risposto, perché è una domanda che ancora non mi ero mai fatto, ma ora, con la camicia dentro i jeans e l'orologio di mio padre al polso, con il cuore in gola e il desiderio insopprimibile di chiudere gli occhi e fuggire, ora capisco che è proprio così: sto impazzendo per Alyna, ma così tanto che ci sto immensamente bene, mi sento immensamente pieno di cose, di vita, di gioia e felicità. Sono pazzo di lei.
E quando suona il campanello e Theo spunta dalle scale con Rebekka sotto un braccio e Alyna dietro, non capisco nemmeno cosa succede ma mi ritrovo con la mia piccola Aktivist tra le braccia – sorridente, radiosa, mozzafiato – e le mie labbra contro, dentro, affondate nelle sue. E i ragazzi strepitano e applaudono, lei arrossisce, ma io so solo che torno a respirare e sorridere dopo decine di ore in cui avevo percepito soltanto la paura di aver fatto un danno immenso. Ma ora so che non cambia nulla: Alyna è qui, io la voglio e sono disposto a percuotermi le spalle con una frusta, pur di farmi perdonare, sono disposto a camminare scalzo sui carboni ardenti e a strapparmi i capelli uno per uno.
«Alyna» sussurro, sfregandole le mani sulla schiena e trovandola nuda, «com'è che ti sei messa addosso 'sta cosa?»
Lei si stacca da me, fa una mezza giravolta con un sorriso così sornione che mi fa venire voglia di toglierla tutta, quella stoffa verde come l'oceano profondo. «Che c'è, non ti piace?»
Me la gusto centimetro per centimetro, dalle spalline sottili alla gonna che manco sfiora il ginocchio, dal bustino stretto contro il petto alla delicata V con cui dalle spalle il tessuto scende e scende e precipita appena sopra quella linea del bacino che sempre amo accarezzare.
«Vieni qui» le dico, e me la riprendo tra le braccia mentre i ragazzi si infilano in cucina prodigandosi in scuse per l'incapacità con cui abbiamo preparato il cibo.
Quando Alyna mi si posa contro di nuovo, mi spingo contro di lei con così tanta forza che sento le ossa delle sue anche premere contro le mie cosce. «Mi piaci da impazzire.»
Lo sputo così, come se non potessi fare altro, come se mi fosse rimasto il grumo di parole dentro lo stomaco per troppo tempo, come se ormai l'unico modo per non farle macerare fosse quello di darle a lei, consegnandole con franchezza e finta umiltà – perché il mio cervello non smette di ricordarmelo, che ho baciato Bella e finché non ne parlerò con lei sto solo dicendo mezze bugie.
Alyna solleva la testa e mi infila gli occhi negli occhi, le labbra socchiuse in un'espressione strana e inconsapevole. «Io... Matt, hai sentito quello che hai detto?»
Io sorrido. «Certo. Mi fai impazzire, Alyna. Mi piaci tanto o forse anche troppo.»
«Ma con il vestito?» fa lei, sfilando le braccia da me. «Speravo proprio ti piacesse, l'ho preso qualche settimana fa e la commessa mi diceva che mi donava molto ma non ero sicura che potessi apprezzare lo spacco e –»
«Aktivist» la interrompo, sforzandomi di non ridere per la tenerezza con cui sta evitando di pensare che sia lei a piacermi, e non il vestito che indossa. «Alyna, mi piaci tu. Non solo il vestito – anzi quello lo vorrei solo togliere, ma tralasciamo gli istinti per un secondo – ma soprattutto tu. Tu, tu e tu e tu. Capisci che intendo?»
Mi sono spiegato da culo, ma non ho altre parole. Le dovrei dire che mi piace come sorride, come strizza gli occhi, come parla e come arrotola la lingua? Che prima quando ha fatto quella mezza piroetta la volevo solo sollevare in aria e far urlare perché amo quando è in imbarazzo per ciò che faccio o dico?
«Ho... ho capito» mormora, poi fa un passo avanti e mi posa la mano sul petto. Sorride, scoprendo i denti bianchi e quella lingua rossa che è l'unica che conosco davvero e riconoscerò per sempre, che è l'unica che mi mette dentro quest'angoscia e allo stesso tempo questa voglia di vivere che mi tagliano a metà lo stomaco.
«Matthew, anche tu mi piaci tanto. Ma perché dirlo ora, così? In questa serata che dev'essere tra amici? Non potevamo aspettare?»
«T'ho promesso una calma che mi dilania, Alyna. Ogni giorno senza te è buono solo a suonare, perché io vorrei avere ancora e ancora. Ma no, non dire niente, è stupendo e giusto così passo passo, mano nella mano.»
Alyna annuisce, mi accarezza con il palmo. «Suoni ancora, allora? Non è passato il momento?»
Mi riesce sempre a leggere dentro, a scoprire il punto debole e forte assieme. «Sì. Grazie a te. Suono ancora e sento un sacco di cose che vorrebbero uscire.»
«Ne sono immensamente felice.»
«Tu e Charlotte siete come il sesso, per me. Afrodisiache». E questa da dove m'è uscita? Manco ancora l'ho fatto, sesso con Alyna, e le dico che lei è come il sesso? Ma che paragone è? Ma che roba orrenda ho detto?
Alyna ride, scuote la testa. «Queste cose che spari a vanvera sarebbero complimenti, vero? Tra l'altro li fai a una che non sa cos'è, il sesso» aggiunge, una spruzzata di rosso sulle guance tonde.
«Te lo faccio scoprire io. Quando vuoi. E comunque lo sai, te l'ho detto che non ci sono fiabe ma solo realtà, con me. Le cose le dico quando e come le sento, mica quando o come stanno bene dette.»
Alyna si solleva in punta di piedi, ridendo, e mi afferra i capelli con una mano. «Sei straordinario, Matt. Non ho mai conosciuto nessuno come te» mi dice, e poi mi bacia le guance e il mento, un occhio e l'altro, finché non posa la sua bocca sulla mia e io mi prendo tutto quello che volevo anche prima.
Lingua, sapore, saliva e calore umido e denso, morbido e rosso. Com'è intenso. Non smetterei mai di sentirmi a posto così.
«Andiamo? Ho una fame da lupi» se ne esce lei, trascinandomi per il polso verso la cucina.
E io le guardo la schiena, ci conto i nei e le scapole e le pieghe e le imperfezioni; le guardo le gambe dritte coi polpacci troppo sottili, i sandali bassi di cuoio ai piedi, ancora e sempre piccolina com'è. La guardo tutta e penso che se non è questo amore, allora mica l'ho capito cos'è.
Perché più la osservo, più la stringo, più la bacio e le sorrido, più capisco che non esiste niente come lei, non esiste modo in cui sto bene come quando le parlo e la sento sulla pelle. Non esiste altro, se non esiste lei. Nemmeno la bugia che mi porto dentro – quel bacio di lacrime e rimpianti che mi saetta dentro velenoso ogni secondo che passa – sarebbe esistita, se non fosse esistita Alyna.
«Eccoli, i piccioncini! Insomma dobbiamo lasciarvi soli, stasera? Matt, dì la verità: hai invitato Rebekka per darci qualcuno con cui parlare mentre tu ti trastulli?»
L'accoglienza di Luciano fa scoppiare a ridere anche Alyna, che si avvinghia al mio braccio quasi alla ricerca di sicurezza.
Io le lascio un bacio sui capelli, poi mi volto verso Lucs: «Ti lamenti della compagnia? Non ti piace Rebekka?»
«Oh, suvvia, mica posso piacere a tutti!» esclama lei, gioiosa.
Yuriy mi osserva, sorride. «Non subito, almeno» ribatte, guadagnandosi un'occhiata curiosa da parte di Rebekka.
«Dai, mangiamo che ho fame» interviene Theo, portando sul tavolo la prima portata.
«Abbiamo preparato cibo tedesco» dico, rivolgendomi alle due invitate. «O almeno, quello che noi espatriati pensiamo tale.»
«Ehilà, io e Yuriy siamo di qua. Anche se lui solo per metà» dice Theo.
«Ma non sapete cucinare, quindi non fate testo» rispondo.
Alyna mi afferra la mano e io mi volto a guardarla. «Perché, tu sai cucinare invece?» domanda, la faccia corrugata in un'espressione di disappunto.
«Alyna!» esclama Yuriy. «Ti amiamo sempre di più. Ti prego, non lasciarci mai.»
Io sbuffo, mollo la sua mano e aiuto Theo a versare la zuppa nei piatti. Quando mi siedo al suo fianco, Alyna non stacca gli occhi da Lucs – che sta parlando di un nuovo bar che hanno aperto non so dove – e non mi rivolge la parola per un po'.
È ora del secondo, e io mi chiudo in cucina con Theo per preparare i würstel sulla piastra.
«È sempre meglio» dice lui, rigirando i salsicciotti fatti di chissà cosa con la pinza.
«Cosa?»
«Alyna. È sempre più spontanea, e per noi è sempre più normale averla attorno. Non pensavo ci sarebbe voluto così poco.»
Io non so cosa rispondere: Alyna per me è sempre stata normale, immediata, comprensibile e comprensiva in ogni istante. Limpida come acqua fresca. «Ne sono contento.»
«No», ribatte Theo, voltandosi verso di me. «Dovresti esserne orgoglioso e immensamente felice. Matt... io non voglio parlare delle scelte che fai: sono tue e tue soltanto.»
So già che è giunto il momento anche per lui di parlarmi di Bella, ma stasera il solo pensiero mi sembra così putrido che mi mette la nausea.
«Il punto è che la decisione l'hai già presa» continua Theo, «nel momento in cui ti comporti con Alyna come mai hai fatto con anima viva. Non nascondi nulla, non nascondi nemmeno i vostri baci e le vostre carezze: siete alla luce del sole, con le vostre contraddizioni e con le vostre ferite, eppure non vi spaventate di niente perché siete assieme e vi date la forza l'un l'altro. Quindi mi devi spiegare perché hai baciato Bella. Perché non lo capisco.»
«Ne ho mezza idea, ma mi giustifica più di quanto vorrei» rispondo, sincero.
«Quindi? Qual è?»
«Cercavo di capire quel che provo ancora per lei, penso. Per capire se quel che sento per Alyna è vero quanto mi pare.»
Theo mi guarda, annuisce. «Ti giustifica troppo, è vero. Però ha un senso, per come ti conosco: tu e Alyna siete più legati di quanto tu possa capire e quindi cercavi un modo per darti certezze. Il modo più sbagliato del mondo, ma può succedere di sbagliare.»
Toglie i würstel dalla piastra, li mette in una teglia assieme ai crauti. Mentre usciamo, mi stringe un gomito con la mano. «Ora rimedia allo sbaglio» mormora, con un sorriso d'incoraggiamento che quasi mi commuove per quanto è sincero e pieno d'affetto.
Annuisco, e quando torno al tavolo poso la mano sul ginocchio di Alyna, nudo e caldo. Lei si volta verso di me, e negli occhi ha una domanda che non riesco a capire.
«Ehi, che succede?» le chiedo.
Scuote la testa, accenna un sorriso. «Mi piace, stare qui. Mi sento a casa.»
Io non posso rispondere, perché improvvisamente mi mancano le parole e la saliva, mi viene solo da piangere e da infilare la testa tra le sue braccia, perché mi consoli in questo istante di atroce agonia in cui mi sento prendere da una tristezza senza pari. Sospiro, respiro, e poi le stringo forte la coscia.
«Non c'è cosa più bella di sentirsi a casa, Alyna. Ti ricordi quel che ti ho detto quella notte assurda sotto il lampione?» le chiedo.
Annuisce. «Che casa ero io a dovermela vedere intorno.»
«Ce l'hai fatta» sussurro, con il cuore colmo di gioia per lei e rammarico per le mie mancanze di rispetto nei suoi confronti.
«Con te» mi risponde, poi appoggia la mano sulla mia e mi scocca un bacio sulla guancia. «Grazie» mormora.
E io sono tutto un brivido d'eccitazione e calma, di desiderio potente e ancora più grande gioia. Cosa mi hai fatto, cosa mi fai ogni volta, per farmi sentire così?
«Sono squisiti questi crauti!» esclama Rebekka, il tono alterato dalla birra che lei e Yuriy si sono vicendevolmente versati dall'inizio della cena. «Nemmeno mia madre è così brava.»
«Li ha fatti Theo» spiego.
Alyna ridacchia, scuote la testa. «Lo sapevo che non eri bravo a fare da mangiare.»
«Dovrai sostentarlo tu, tesoro mio» le dice Rebekka. «Sei brava a cucinare.»
«Peccato che lui non ti porterà mai a casa nemmeno un centesimo» le dà corda Yuriy, spalla contro spalla con la ragazza bionda che lo guarda continuando a sorridere. «Non è un grande imprenditore, non so se l'hai capito...»
«Non mi interessa» risponde subito Alyna, la voce incrinata da qualcosa che non decifro. «L'importante è essere sé stessi.»
«Ben detto, Aly!» esclama Lucs, alzandosi in piedi con la sua bottiglia di birra. «Brindiamo alla sincerità e all'essere ciò che vogliamo essere!»
Ognuno di noi alza il suo bicchiere, e io sento gli sguardi dei cazzoni addosso, quasi volessero ripetermi che non sono sincero – come se non lo dimostrassero il mio polso tremolante, il mio labbro serrato, la paura che mi trascino addosso.
«Rebekka, ora ci devi dire che musica ascolti» sentenzia Theo. «Qui dentro non si entra senza dire qualcosa sulla propria playlist di Spotify.»
«Yuriy già lo sa» risponde lei, guardandolo.
Alyna annuisce. «Sì, ne abbiamo parlato la sera in cui tu eri ubriaco al bar...» mi dice, poi tentenna, sembra imbarazzata.
«Quale?»
«Aly, tesoro mio» mormora Lucs dall'altro capo del tavolo, «Matt è spesso ubriaco al bar... dovresti iniziare ad abituarti.»
Io scuoto la testa, innervosito. «Dai, non è vero!»
Il silenzio generale dà ragione a Lucs, che scoppia a ridere con gli altri. Alla fine Yuriy si fa avanti e spiega che si parla della sera dopo il rifiuto della casa discografica.
E allora io connetto, faccio uno più due, eureka: era la sera in cui l'ho notata per la prima volta. Quella sera che non ricordo, ma in cui ho scritto quelle stupende righe che tengo ancora sotto il cuscino a ricordami che non ho perso mai la strada sul serio, ho solo ritardato il mio procederci sopra.
Mi volto verso Alyna e lascio gli altri a parlare dei gusti di Rebekka. «Mi hai visto, quella sera?»
«Sì, ci siamo incontrati mentre uscivi dal bagno. Eri... ubriaco perso, ciondolavi come uno scemo. E mi hai sorriso in quel tuo modo strano.»
Sogghigno, sento le labbra scivolarmi sopra i denti, e vedo lei in risposta che assottiglia lo sguardo, sorride radiosa. «Quello che ti piace tanto.»
Annuisce, Alyna, e poi torna a guardare Rebekka. Ma sotto il tavolo la sua mano afferra la mia gamba e ci rimane stretta contro. E io non la sfioro e non la tocco: la tengo lì, a confondermi la mente e agitarmi il cuore come solo lei con il suo tenue desiderio sa fare.
«Dai, attacca Spotify allo stereo, Rebekka» propone Theo, mentre Yuriy scuote la testa e tenta di fermarli.
Ma la ragazza è più veloce di lui, e in pochi istanti le prime note di flauto synth di "Sledgehammer" – quella roba potentissima di Peter Gabriel – si infilano nelle casse, prima che partano le percussioni e le chitarre.
«Sul serio? Peter Gabriel?» esclama Yuriy, che quasi si sta per strappare i capelli.
Rebekka ride, lo afferra per le mani e lo trascina al centro della stanza; quattro secondi e mezzo e siamo tutti lì, a ballare e saltare come scemi, mentre Peter urla che vuole essere il martello.
Oh let me be your sledgehammer
this will be my testimony
show me round your fruitcage
'cos I will be your honey bee
open up your fruitcage
where the fruit is as sweet as can be
«Hai sentito?» faccio ad Alyna, mentre lei saltella a pochi millimetri da me, mostrandomi la pelle delle gambe fino ad altezze che mai avevo sfiorato con gli occhi.
Lei si avvicina, mi chiede di che parlo.
«Ha detto di mostrargli il suo cestino di frutta, lì dove la frutta è più dolce, che lui sarà la sua ape.»
Alyna spalanca le labbra e rimane a fissarmi, sconcertata. «Non ci avevo pensato... sei tu quello che capisce i doppi sensi» ridacchia, cacciando i capelli di qua e di là mentre riprende a ballare.
«Dammi un bacio» esclamo, e lei risponde immediatamente, sbattendo le gambe contro le mie nella fretta di cercare il mio volto per posarci le labbra.
E io la bacio, la bacio come se fossi un'ape che succhia il nettare dal proprio fiore preferito. Quant'è buono. Quanto è bella.
«Che ne dite di uscire un po'?» propone Theo, quando la canzone finisce e tutti ci fermiamo col fiatone – oltrepassati i venti si invecchia, ve lo dico io.
«Uh, che bella idea!» risponde subito Rebekka. «Ci vuole proprio una chiusura tra musica, buio e birra, no?»
«Ma Alyna e Matt li lasciamo qui» dice Yuriy.
Io mi immobilizzo, un groppo in gola che non mi fa capire più niente. Perché, Yuriy? Le devo parlare ora?
«Ottimo! I piccioncini a casa e noi fuori a far festa!» concorda Lucs.
Alyna non dice nulla, e quando la guardo noto che è estremamente in imbarazzo.
«Se vi siamo così antipatici bastava dirlo prima, eh» dico, afferrandole la mano per abbracciarla da dietro. «Vorrà dire che noi ci guardiamo un film su Netflix, mentre voi vi cucinate i neuroni» ribatto, la schiena di lei stretta contro il petto e le mani intrecciate all'altezza del suo ombelico.
«Sì, proprio un film guarderete, come no» ironizza Theo, ma subito Yuriy gli rifila una manata.
«Dai, lasciamoli da soli» sorride Rebekka. «Tanto sparecchiano loro, no?»
Una risata generale stempera animi e impacci, e dopo meno di dieci minuti i cazzoni e l'esuberante Rebekka sono già fuori dalla porta.
«E quindi...»
Alyna si volta e mi fissa per minuti interminabili, con un sorriso così bello e felice che mi si spezza il cuore a ricordare che dovrei dirle tante cose, cose che preferirei non aver fatto e pensato mai.
«Accendi la musica» mi sussurra, e io me la porto dietro mentre raggiungo lo stereo e premo play chissà su quale cd incastrato dentro il lettore da tempo.
E stranamente parte una canzone che amo profondamente, calma come una mattina di surf tra onde blu, una canzone che si porta dentro sole e tenerezza e accordi così morbidi da farmi venire le lacrime.
«È "If" dei Red Hot Chili Peppers» spiego ad Alyna, allacciando le mani sulla sua schiena. «Sono una band californiana. Il bassista è Flea, il mio personale mito... c'ha un modo tutto suo di fare lo slap, che significa tirare le corde invece di suonarle... ma qui non si sente, te lo farò ascoltare.»
«È bella» mormora Alyna, poi chiude gli occhi e si appoggia a me, cominciando a muoversi come se ballasse un lento.
And if I had a clue I'd know exactly
What to do
If I were the wiser of the two
And if I saw it all so clear
I'd write it down and bend your ear
If I were the clearer of the two
«Lo sai chi è il più wiser, il più saggio dei due, qui, vero?» chiedo ad Alyna.
Lei alza il viso, mi bacia lo sterno lasciandoci impresso il suo alito caldo per qualche secondo. «Sono io.»
Sorrido, me la cullo ancora. Quant'è bella sta canzone.
And if I heard the angels sing I'd
Sing it back to you and bring the
Sound of heaven ringing just for you
«"Il canto degli angeli", "il suono del paradiso che suona solo per te"? Dai, questo è eccessivo!» esclama Alyna, un trillo di risata tra i denti.
«Anthony, il cantante che scrive le canzoni, è tutto tranne romantico. Ma qui esagera, forse. Troppo fiaba?»
Lei annuisce. «Preferisco la nostra realtà.»
E il modo in cui pronuncia nostra è così bello che quasi quasi mi viene da baciarla ancora. Ma conosco il testo. Aspetto.
And if I saw the sun fall down
I'd pick it up and make a crown
One that was a perfect fit for you
«Davvero?»
«Shh, aspetta. Ora ti ribalta tutto, promesso.»
We could take a walk
Into the apple orchard by the school
We could make a little residue
«Beh, questo è già più normale. Anche se ancora super romantico.»
«Aspetta, Alyna. Aspetta»
We could find a place to stay
A secret little hide away
Spend a little time inside of you
Alyna si ferma, spalanca gli occhi e scoppia a ridere. «"Spendere un po' di tempo dentro di te"? Tu sei tutto uguale a questo Anthony, vero?»
Io annuisco, ridendo a mia volta. «Lo sai quanto mi piace stare dentro di te.»
Lei rimane in silenzio, arrossisce un po'. «Non ci sei...»
«Oh sì, piccola. Ci sono stato. Le mie dita ricordano tutto.»
Alyna sbatte la testa contro il mio petto, si nasconde mugugnando qualcosa, ma io per tutta risposta le infilo una mano nello scollo della schiena e scendo fino a sfiorarle una natica con i polpastrelli.
Lei non si ritrae, ma rimane ferma, il fiato corto contro la mia camicia, le mani che mi serrano i fianchi. «Matthew.»
«Dimmi che mi devo fermare e lo faccio.»
Ma lei tace, e io ormai ho capito che stanotte qualcosa cambierà, tra noi. Perché io non resisto, e lei vuole affrontare qualche paura in più.
È tempo di crescere assieme.
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