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28. Benvenuti a Venezia

Vorrei sapere a cosa stai pensando / ora che hai gli occhi chiusi / e abusi del fatto che sbando / e quel sorriso messo come scudo
(Sei di Mattina, Briga)

[Emir]

Quindi è lui Mattia. Questo ragazzino troppo cresciuto, con i jeans strappati e la t-shirt slavata da cui escono tatuaggi scuri, è il Mattia Briga che fa impazzire tutte le donne. Bah, non ci capirò mai niente della mente femminile, è chiaro! Che ci trovano in uno del genere?

«Emir, sorridi per favore» sussurra Serena, stringendomi la mano.

Siamo nel terminal per l'arrivo dei voli nazionali a Tessera e abbiamo aspettato la cugina di Serena, il suo ragazzo e il loro bambino per una lunga mezz'ora. Sono venuti in vacanza a Venezia per qualche giorno e io mi sto sforzando di capire perché ho detto a Serena che potevamo ospitarli a casa nostra. Insomma, tutto ciò mi costringerà ad una convivenza forzata con un bimbo urlante e un poco di buono, oltre a limitare le mie possibilità di divertirmi a letto con la mia donna. Perché ho accettato? Perché?

Ora davanti a me c'è Micole, forse la ragazza più sorridente e felice che io abbia mai visto nella mia vita, con in braccio il suo piccolo Riccardo, che ride come un pazzo davanti alla calca di genere che si muove attorno a lui. Al loro fianco, carico di valigie e con il passeggino a traino, Mattia Briga, il rapper o cantante o quel diavolo che è (non ho ancora ben capito che lavoro faccia nella vita), che è il suo compagno e il padre del bimbo.

«Sen, la prima impressione è davvero pessima» chiarisco, guardandola di traverso mentre ridacchia divertita.

«Dai, tesoro, vedrai che in realtà è un ragazzo in gamba!»

«A me sembra solo un teppistello troppo cresciuto. Dio, sarà alto più di me» constato, continuando a squadrarlo mentre si avvicina. Niente da fare, ho un gran brutto presentimento su questo neo-papà.

«Ora taci e fai il bravo» mi sussurra Serena, un secondo prima di lanciarsi in avanti per abbracciare Micole e il bimbo.

Io rimango indietro e continuo a fissare Mattia, che molla valigie e passeggino, scocca un bacio sulla guancia alla mia Sen e poi mi si avvicina. Mi tolgo gli occhiali da sole per osservare meglio la scena, che non mi piace per niente. Ma che diavolo le avrà detto per farla ridere così?
Sono geloso, dite? Ma di più! Chi si crede di essere 'sto qui? Casanova?

«Emir, è un piacere» si presenta il teppistello, mentre con fare formale e serio mi allunga una mano.

Mi affretto a stringergliela, scoccandogli occhiate che spero essere chiarificatrici dei miei pensieri: lontano dalla mia donna, pischello. «Il piacere è mio, Mattia» rispondo, constatando con gioia che siamo esattamente alti uguali. Almeno per questo non c'è rivalità.

La mia attenzione viene però calamitata da Serena, che sembra scoppiare di gioia mentre prende in braccio il piccolo Riccardo, che le sorride e spalanca gli occhi celesti, mentre lei gli accarezza i corti capelli scuri. Vedo distintamente che la mia donna sta tremando come una foglia e riesco a scorgere le lacrime che le stanno bagnando il volto. Tesoro mio, sei così bella e così dolce. Il tuo adorato nipotino è finalmente tra le tue braccia e tu ancora non ci credi, vero? Vederla così entusiasta e così emozionata mi fa quasi commuovere: nell'ultimo periodo la nostra vita è davvero difficile, e forse ci voleva una ventata di gioventù per darci la spinta a lottare.

A proposito di gioventù... Mi volto di nuovo a guardare Mattia e lo scopro mentre fissa Serena e Micole. Ma... ho le visioni o anche lui è emozionato? Da non credere! Da quand'è che i rapper si emozionano?

«Allora Nena, mi presenti il tuo Emir o no? Mo' qui se li lasciamo da soli a guardarsi male famo notte!» esclama Micole.

Serena ride e mi si avvicina. «Emir, Micole. Mì, eccoti il mio amato Emir.»

Mi chino verso Micole e le bacio delicatamente il dorso della mano che mi ha porto. «Enchantè» mormoro.

Sento che Mattia digrigna i denti e sbuffa, così mi attardo per un secondo di troppo a guardare la sua ragazza, che mi sorride biricchina, poi mi allontano con calma. 
Vuoi giocare sporco, ragazzino? Ho esperienza da vendere! Vedrai, sarà una bella lotta.

«Allora, vogliamo andare?» chiedo, rivolgendo un ampio sorriso a Micole e stringendomi addosso Serena.

«Certamente!» esclama Micole. Riccardo si mette subito a ridere, come se reagisse all’entusiasmo della madre, e io mi stupisco di tanta complicità. Insomma, è così piccolo!

«Aspetta, ti aiuto io» dico, rivolgendomi a Mattia, che fa un cenno d’assenso con il capo e mi molla due valigie. 
Io le afferro e me le trascino dietro, mentre esco dall’area arrivi seguito dall’allegra famigliola. In pochi minuti siamo già alla macchina e non appena i bagagli sono sistemati partiamo subito per tornare a casa.

«Oddio, ma è bellissima! Non me la ricordavo così stupenda! Che felice che sono!»
Sul Ponte della Libertà è partito immediato il solito coro di schiamazzi dovuto alla prima visione della laguna, e io sto guardando nello specchietto retrovisore per cercare di capire chi stia urlando: Micole ha il volto appiccicato al finestrino e guarda estasiata Venezia, mentre Serena le indica con la mano i punti di riferimento che conosce, da Murano alla chiesa di San Michele. Mattia invece è seduto al mio fianco, con un braccio posato sulla portiera, e osserva la distesa di acqua alla sua destra. Nessun cenno di euforia né di curiosità.

«Ci sei già stato?» chiedo, cercando di farmi sentire al di sopra delle chiacchiere delle donne.

Il rapper si volta verso di me e annuisce, squadrandomi con due occhi cristallini e magnetici. Non riesco a decidere se siano verdi o azzurri; aspetta, e se fossero grigi? Forse inizio a capire perché piace tanto alle donne: fa tanto il duro e il figo, ma ha uno sguardo così chiaro e limpido da sembrare quasi innocente, come un bambino.

«Emir, ma da quant’è che vivi qui?» mi domanda Micole, distraendomi dal mio tentativo di comprendere il suo ragazzo.

La guardo nello specchietto e mi ritrovo a fissare anche Serena, che sta osservando la mia reazione con timore. «Da quanto avevo dieci anni, più o meno. Sono spesso anche ad Istanbul, ma ormai è questa casa mia.»

«Due città spettacolari» mormora Mattia, con voce talmente bassa da farmi quasi pensare che sia un’invenzione del mio cervello.

«Sei stato anche lì?» chiedo.
Lui risponde con un altro cenno di assenso, ma ormai non posso tentare di saperne di più: siamo arrivati al garage di Piazzale Roma, è ora di scendere.

«Nena, il passeggino lo possiamo usà?» chiede Micole.

«Non ve conviene» risponde lei, con una cadenza ormai da vera romana. Quanto amo questa sua incapacità di mantenere un accento definito! La mia Sen è una donna di mondo, una che non ha paura di mescolarsi con la gente, di conoscere nuove culture e nuove persone, che non si imbarazza a parlare con mille accenti e fonie diverse, che coglie ogni istante e ogni parola che riesce a sentire. È straordinaria.

«Ah Serè, se popo vòi parlà come me, impara prima bene! Se dice "nun ve conviene"! Nun fa come Micole che fa solo finta de saperlo er romano» esclama Mattia.

Micole si affretta a dargli una pacca sul braccio. «Mattia non è che io non lo so il romano, è solo che evito de fa' 'a burina coattona come invece fai te!» dice lei, facendo scoppiare a ridere sia Serena che Mattia.

«Daje incazzosè, damme 'n bacetto!» scherza lui, avvicinandosi per abbracciarla. Quando parla con la sua donna o con Sen non trattiene il suo accento e il suo dialetto romanaccio, che devo ammettere mi affascina molto: sa di caldo e di accoglienza, di sole e di Italia. È espressione naturale di un modo di vivere e di relazionarsi con gli altri che io purtroppo non sono ancora riuscito a fare mio.

«Ma fino a casa per adesso fate pure, tanto dobbiamo solo prende’ il battello e lì lo potete chiude’, no?» continua a dire Serena.

Mattia intanto ha aperto il passeggino e sta aiutando Micole a infilarci il bimbo, che inizia ad essere stanco e si strofina gli occhietti con le mani. Ad un tratto inizia a piangere, così mentre io prendo le due valigie Mattia si carica il bimbo in braccio e lo culla, spingendo con l'altra mano la carrozzina. Destrezza notevole, lo ammetto! Serena e Micole intanto si sono prese a braccetto e si sono incamminate spedite.

«Se vanno così veloci sul Calatrava le perdiamo» mormoro, ma Mattia non risponde e continua a camminare. Gli sto così tanto antipatico? Insomma ragazzo, un po’ di conversazione non ti ucciderà!

Quando saliamo sul ponte di vetro che collega Piazzale Roma con la Stazione di Santa Lucia, Serena si volta e guarda me e Mattia. «Stai attento, Mattì. Cammina in centro, sulla passerella in pietra, altrimenti rischi di scivolà» lo avvisa.

«Statte tranquì, Serena. Ce so passato diverse volte pe’ di quà. Nun sto scemo come pensi te, un passeggino lo so guidà!» esclama lui, facendole scoppiare a ridere entrambe.

Sono un pochino confuso: so che conosce Serena da tanto, ma perché si ostina ad essere così distaccato con me, mentre in realtà è una persona solare e alla buona?
Mentre io cerco di sondare il carattere del rapper siamo ormai sul battello e dopo una ventina di minuti stiamo già entrando a casa. Serena mostra le stanze a Micole e io intanto aiuto Mattia a portare di sopra le valigie e a sistemarle nella camera degli ospiti.

«Noi abbiamo finito il tour» esclama Serena, entrando nella stanza con sua cugina e precipitandosi ad abbracciarmi. «Ora che facciamo, Emir?» mi chiede.

Io sono un po’ in imbarazzo davanti allo sguardo serio di Mattia, ma le do un bacio sulla fronte e poi la avvolgo tra le mie braccia. «Che dici, un giro turistico come si deve? Sono soltanto le undici, abbiamo tutta la giornata per cominciare.»

Sen annuisce, si stacca da me e guarda Mattia. «Su, prendi er marsupio che andiamo!»

«Lo sapevo io che 'a fatica toccava a me! Nun potevamo mica visità 'na città senza ponti!» esclama lui,  stiracchiandosi la schiena.

Micole gli si avvicina con il bimbo e lui subito li stringe entrambi a sé, guardando adorante il suo piccolo. È davvero tenero a vederlo ora, e io non mi riesco a spiegare l’aria da duro che ha mostrato finora. Era solo di facciata oppure è davvero un teppistello e diventa dolce solo con il figlio?

«Dai Mattì, smettila de lamentarti e collabora. Lo sai che siamo qui perché ci hanno invitato loro. E io voglio stare con la mia cuginetta, quindi nun fa' lo stronzo...» gli dice Micole e lui non perde occasione per tapparle la bocca con un bacio.

Io e Serena usciamo dalla camera, lasciandoli un attimo soli perché si preparino. «Sen, ma quand’è che li abbiamo invitati?» le domando, curioso. «Io non mi ricordo di aver spedito nessun invito!»

Lei mi guarda scocciata, poi mi tira un pugno sullo stomaco. «Non fare il coglione pure tu, Emir. Lo sai che Micole voleva tanto fare una vacanza qui per conoscerti finalmente e lo stesso vale per Mattia. Al proposito, sii gentile con lui» mi ammonisce.

«Io sto cercando di esserlo, Serena! Ma lui mi guarda come se fossi un bastardo e non mi rivolge la parola! Come posso essere gentile se non mi considera?»

Serena scoppia a ridere e mi abbraccia di nuovo. «Gli fai paura, Emir. Già incuti timore a tutti, ma ci devi aggiungere che lui ha dieci anni in meno di te, una famiglia appena costruita e una carriera che sta prendendo ora il volo. Tu invece sei un famoso editore, ormai sulla soglia dei quaranta, che si è presentato in aeroporto una mattina di agosto con la camicia a maniche lunghe e i pantaloni con la piega. Sei troppo diverso da lui perché si senta a tuo agio con te!»

«E che dovrei fare? Mettermi i bermuda e la camicia hawaiana?» esclamo, esasperato.

Sen ride e affonda il viso nel mio petto. «No. Devi solo sorridere di più e fargli capire che anche tu hai le tue insicurezze» mi risponde.

«Tipo te.»

«Cosa?» chiede, alzando il volto per guardarmi.

«Sei una mia insicurezza, Serena. Sei il mio tallone d’Achille. La cosa più preziosa che ho.»

La mia Sen sorride e si alza sulle punte dei piedi per baciarmi. «Non serve che gli dici questo. Già lo sa. In aeroporto mi ha detto che lo guardavi come se volessi ucciderlo perché si stava avvicinando alla tua donna. Ha già capito che mi ami da impazzire.»

«Perspicace il ragazzino» mormoro, sfiorandole i capelli con una mano.

Serena si volta verso il corridoio, da cui sta arrivando l’allegra famigliola, poi si gira di nuovo verso di me. «No. Non è perspicace. È soltanto innamorato fino alla follia anche lui. Della sua dolce metà e dell’angelo che ha sconvolto le loro vite» sussurra.

***

Ok, ok, sto per impazzire! Fanno un baccano atroce questi! Tra Riccardo che lancia urletti ogni mezzo secondo e Serena e Micole che ridono per ogni cosa non so davvero come faccia Mattia a rimanere così calmo! Io sto quasi per mettermi ad urlare!

«Nena, andiamo a Rialto? Ti prego ti prego ti prego!» esclama Micole, felice come una bimba piccola, mentre si guarda attorno con due occhi enormi per assorbire tutta la bellezza di Piazza San Marco.

«Ma certo Col! Per strada ci sono pure tutti i negozi delle Mercerie, ci facciamo anche shopping!» le risponde Serena, prima di prenderle la mano e avviarsi verso la Torre dell’Orologio.

Io guardo Mattia, cercando comprensione maschile da parte del rapper, ma lui le sta già seguendo mentre spinge il passeggino in cui il piccolo Riccardo si è addormentato.

Va bene, va bene. La mia donna mi ha mollato per sua cugina ed è retrocessa allo stadio adolescenziale, la cugina in questione è presa quasi peggio di lei e l’unico maschio con più di diciott’anni presente nella combriccola si rifiuta anche solo di parlarmi. Che devo fare, sfogare il mio sconforto maschile con Riccardo, che ha due mesi?? Saranno cinque lunghiiiissimi giorni!

[Serena]

«Ti prego Nena, compralo! Ti sta d'incanto!» ribadisce Micole, cercando di convincermi ad acquistare un vestito che ho appena provato.

È un bellissimo abito verde smeraldo, con la gonna lunga e il corpetto stretto e scollato, che mi piace davvero moltissimo ma non sono per niente sicura mi doni. «Sicura Col? Cioè, secondo me mi segna i fianchi...» mormoro, titubante.

«Oh, ma che devo fà pe' convincerte? Te sta che è 'na meravija, credime!» esclama ancora lei, sorridendomi.

Io continuo a scuotere la testa. Non sono convinta!

«Ragazze ne avete ancora per molto? Riccardo è un po' agitato e...» dice Emir, entrando all'improvviso nella saletta di prova.

Io e Micole ci siamo rifugiate da Coin da ormai più di mezz'ora, abbandonando i nostri tre uomini fuori nel campiello vicino a Rialto, e sinceramente non mi sono davvero accorta del tempo che passava!

«Sen» mormora Emir, facendo scorrere lo sguardo dal mio viso alle mie gambe coperte dal vestito. «Sei meravigliosa.»

Col si alza dal divanetto e batte entusiasta le mani. «Che t'avevo Nena? Ti sta da Dio! Grazie del sostegno Emir, per fortuna che ce sei!» esclama, abbracciandolo di slancio.

Col è sempre stata così, solare e affettuosa con tutti, ma Emir non è abituato a questo tipo di dimostrazioni. Perciò, quando lui fa una faccia stupita e si guarda attorno imbarazzato, cercando di capire come deve comportarsi, io soffoco una risata e lo incito a ricambiare, facendogli un lieve cenno con il capo.
Lui per fortuna capisce e appoggia titubante le mani sulla schiena di Micole, abbracciandola a sua volta.

Quando si districano hanno entrambi un meraviglioso sorriso sul volto e io mi sento estremamente felice: la mia dolcissima Col è riuscita a fare breccia nel cuore del mio uomo e io non desideravo altro che vederlo così sereno come si mostra ora.

Esco dal negozio con una borsa in mano, dato che Mi ed Emir mi hanno convinta a comprare il vestito.
Mattia ci sta aspettando con Riccardo in braccio: appena il piccolo vede la sua mamma allarga subito le braccine per farsi prendere e Micole non tarda un secondo ad accontentarlo. Ha un sorriso così grande e così vero quando lo guarda che mi fa scogliere il cuore: è da gennaio che cerco di farle capire che il suo batuffolo avrebbe portato soltanto cose belle, e penso che ora finalmente lei lo abbia capito. Riccardo è una meraviglia, un frugoletto bellissimo e simpaticissimo, e per quanto possibile è riuscito a rendere Mì e Mattia ancora più affiatati.

«Amore mio, quanto me sei mancato!» esclama Mì, mentre Riccardo inizia a darle delle piccole pacche sul naso, che lei ha appoggiato alla sua testolina.

Dopo pochi istanti Col lo porge a me, dicendogli che ora è il turno della sua zia Nena.

«Vieni qui batuffolino mio!» esclamo subito, prendendolo in braccio. Me lo stringo al petto mentre ride e mi godo il suo profumo di latte e talco. È così bello e dolce il mio piccolo Ricky!
«Ce la fate a resistere un'oretta ancora?» chiedo, rivolta a mia cugina e al suo uomo. «Vorrei portarvi a San Giorgio prima di tornare a casa. La vista dal campanile è fantastica.»

Sia Micole che Mattia accettano volentieri, anche se vedo bene che sono stanchi dato che sono in viaggio da stamattina presto.
Tornati a San Marco prendiamo il battello e scendiamo a San Giorgio; nel sagrato davanti alla chiesa finalmente riesco a convincere Col a farsi fare una foto con Riccardo e Mattia, di fronte al panorama, e devo ammettere che mi riesce davvero bene (anche se per l'emozione dimentico di togliere il tappo all'obiettivo e tutti iniziano a ridere): sembra quasi un ritratto di famiglia di inizio novecento. Ci sono due piccole differenze però, tra la mia foto e quelle in bianco e nero: la prima sono i colori della laguna e dei soggetti, tra il rosa di Palazzo Ducale, il verde del bacino, il colore indefinibile degli occhi di Mattia e il meraviglioso grano dei capelli di Micole; la seconda differenza sono i sorrisi, grandi, sinceri, stupendi, che tutti e tre mi rivolgono mentre ridono, stretti in un tenerissimo abbraccio.

In velocità riusciamo a salire sul campanile, appena in tempo per l'ultima visita. Quando Col e Mattì vedono la bellissima Venezia che si stende sotto di noi, tra acqua verde ed edifici in pietra e mattoni, rimangono stupefatti e meravigliati, in religioso silenzio.

Io mi stacco da loro, tenendo il piccolo Riccardo in braccio, e li lascio un po' in pace, poi mi affaccio dalla balaustra e guardo verso casa: da qui vedo benissimo il Redentore e riesco a distinguere il tetto della casa di Emir, che ormai è diventata anche mia.
«Visto quant'è bella Venezia, principino?» sussurro al mio nipotino, che sta guardando di sotto e intanto gioca con una ciocca dei miei capelli.

«La tua zia ha ragione, piccolo.»
Il sussurro accanto al mio orecchio mi fa sobbalzare, ma poi capisco che è Emir e mi rilasso tra le braccia che lui mi ha appena stretto attorno alla vita.

«Venezia è sempre ancora più splendida, dall'alto» sussurro.

«Ricordo quando ti ho portata sul Bovolo. Eri così felice allora. Ora invece è tutto cambiato e sembra quasi che nessuno dei due abbia il diritto di provare ancora quella gioia» mormora Emir.

Le sue parole schiette mi lasciano per un attimo a bocca aperta, ma poi mi giro e lo guardo. I suoi occhi sono tranquilli, anche se tristi, e io mi stupisco della facilità con cui è riuscito a dirmi ciò che pensa e ciò che prova con così poche frasi. Mi sta dimostrando che davvero vuole provare ad aprirsi, a parlare con me, e io so che devo ricambiare.
«Grazie di aver detto queste cose, Emir. Mi hai fatto capire che anche tu senti quello che sento io, è davvero importante per me.»

Lui annuisce, poi si china per darmi un bacio sul naso. «Torneremo mai felici come allora?»

Non so rispondere alla sua domanda: è così doloroso il tono che ha usato che mi si stringe un nodo attorno alla gola. «Non lo so. Prego ogni giorno affinché ciò succeda.»

Lui sorride. «Anche io. Speriamo che qualcuno ci aiuti, da lassù» sussurra, per poi darmi un bacio veloce ma dolcissimo, che mi fa scaldare il cuore.

Marco, è di te che parlava. Se ti parla, se ti rivela ciò che prova, ti prego aiutalo. Aiutalo.

Emir afferra dolcemente la manina di Riccardo prima che si infili in bocca i miei capelli, poi gli stampa un bacio sulla fronte e inizia a fargli delle facce buffe. Il piccolo scoppia a ridere e io lo faccio con lui, almeno finché non si distrae e inizia improvvisamente a piangere.

«Piccioncini, che ne dite di scendè? Qua iniziamo ad avere fame de latte e sicuramente non permetterò alla mì donna de far vedere le sue-» dice Mattia afferrando Riccardo, appena prima che Col lo interrompa con un pugno sulla spalla.

«Vergognati! Sei uno scemo» borbotta, tutta rossa in faccia per l'imbarazzo.

Emir scoppia a ridere e io lo seguo, mentre continuo ad abbracciarlo per tenermelo stretto.

«Dai, andiamo a casa. Stasera cucino io, se non ci dispiace» dice il mio uomo.

«Basta che non ce metti troppe spezie» ribatte Mattia.

«Mattì, ma la vuoi smettere?» esclama esasperata Micole. «Così lo offendi! Vive qui da una vita! È anche italiano, non solo turco.»

Mattia stringe gli occhi e si fa serio. «Emir non ti volevo offendere, stavo solo scherzando. Se l'ho fatto, perdonami» dice.

«Macché, nessuna offesa. Davvero. Non sembra, ma anche io ho il senso dell'ironia!» risponde lui. «Ora però andiamo, dai. Se no Riccardo ricomincia a piangere e sinceramente per oggi ho già sentito urla a sufficienza» esclama, facendo l'occhiolino a me e Micole.

Noi scoppiano a ridere, capendo che la sua battuta è rivolta ai nostri gridolini da pazze, poi Micole mette Riccardo in braccio a Mattia e inizia a scendere le scale con me.
«Che faccia un po' di fatica anche lui. Sono io che l'ho partorito, o no? È ora che me riposi un po'!»

«Oddio Col, ma è stato così tanto doloroso?» le chiedo.

«Perché Nena? Cos'hai in mente?» risponde lei, aggrottando le sopracciglia.

«Ma niente! Chiedo per curiosità!» esclamo ridendo. Non è ancora tempo di parlare di figli per me, nossignore!

«Comunque sì è doloroso, non posso dirti il contrario. Considera che Mattia, cuor di leone, è dovuto uscire dalla stanza!» ribatte Col, girando gli occhi per poi sorridere. «Però ti giuro che una volta che mi hanno messo Riccardo sul cuore, tutta la sofferenza è scomparsa in un secondo. Piangevo e lo baciavo, lo baciavo e piangevo. Baciavo Mattia e piangevo. Qualcosa di indescrivibile, una gioia sovrumana.»

Mi lascio vincere dalle emozioni e la abbraccio dolcemente. «Io te l'avevo detto che sareste stati felici più che mai» le dico, orgogliosa.

«E voi? Siete felici? Continuo a chiedermi quanta forza vi ci voglia per andare avanti» mi chiede Col.

Io mi immobilizzo un attimo, un piede su un gradino e l'altro che cerca il successivo. «Ne possiamo parlare in un secondo momento? Ho bisogno di tempo per dirti tutto» mormoro.

Micole mi sorride comprensiva e mi stringe con forza la mano. «Certo tesoro. Quando vuoi. Sono qui per te Nena, lo sai. Sono venuta per te e non me ne vado finchè non sarai felice. Ti voglio bene.»

«Anche io te ne voglio Col. E credimi, non hai idea di quanto.»

***

Quando arriviamo a casa Micole e Mattia si ritirano nella loro camera per lavarsi e riposarsi un attimo.
Io ed Emir intanto ci occupiamo della cena: il mio uomo si è fatto mettere da parte del pesce fresco e stamattina il suo pescatore di fiducia è passato sotto casa a lasciargli delle orate appena tolte dalla rete.
Dopo mezz'ora siamo già a tavola in giardino: antipasto di sarde in saòr che abbiamo fatto marinare da ieri sera con cipolla, uvetta e pinoli, e poi delle dolcissime orate che Emir ha cotto con una sua speciale ricetta, che le rende morbide e super saporite.
Micole e Mattia non fanno che complimentarsi e io vedo che Emir ne è molto felice: è orgoglioso delle sue capacità culinarie e giustamente apprezza quando gli vengono riconosciute.

Dopo aver finito la bottiglia di vino e aver spazzolato anche l'ultima briciola di cibo, ci prendiamo un bicchierino di whisky per digerire (anche se Mì non esagera e lascia che sia Mattia a finire il suo).
Col poi si attacca Riccardo al seno, spogliandosi senza vergogna, e io rimango estasiata ad osservare il piccolino che ciuccia il latte dalla sua mamma, afferrando la pelle chiara con le manine cicciottelle. Emir è in imbarazzo e con la scusa di sparecchiare si allontana, mentre Mattia non si perde un attimo di quel dolce momento e si avvicina per abbracciare le sue creature.
Io capisco che è un istante loro, questo, e quindi raggiungo il mio uomo in cucina per aiutarlo a sistemare.

Quando torno in giardino Micole ha finito la poppata e si è rimessa la maglietta.

«Ecco. Ora andiamo a nanna piccino» sussurra Mattia, afferrando Riccardo che si è addormentato tra le braccia della sua mamma.

Briga si allontana, tenendo il figlio con estrema delicatezza, mentre Col si gira verso di me e mi squadra attenta. «Ora mi vuoi dire che succede?»

Io annuisco: Emir si sta facendo una doccia, Mattia avrà da fare con Ricky, e quindi è il momento giusto per aprire il mio cuore alla mia dolce cugi.
«Da dove devo partire, Col? Ci sono così tante cose da dire...» inizio io, incerta. «Come ti ho già spiegato, la mia storia con Emir è iniziata quasi per scherzo. In un attimo mi sono trovata catapultata nel suo mondo, nel suo cuore, tanto da non capirci più nulla. Lui poi, come hai potuto capire, è un tipo che ci sa fare parecchio! Insomma... le mie amiche pensavano stessi correndo troppo, ma io ero così presa, così innamorata come lui lo era di me; dopo poco abbiamo deciso di andare a vivere insieme e ancora oggi penso di aver fatto la scelta migliore perché credo con tutta me stessa che lui sia l'uomo giusto per me. Però purtroppo, dopo l'attentato a cui ha assistito Emir, sono cambiate troppe cose. È stato un evento tragico che ha segnato sia lui che indirettamente anche me, perché da allora il nostro rapporto non è più lo stesso. Emir soffre di attacchi di panico, di depressione, prende delle pasticche... le stesse che prendeva mamma quando morì Marco. Scoprirlo è stato per me un dolore troppo grande, anche perché non me ne aveva parlato subito dato che non sapeva neppure lui cosa gli stesse accadendo. Abbiamo litigato come mai era successo, pensavo in quel momento di averlo perso per sempre. La mattina dopo, sentivo dentro di me che stavano cambiando delle cose: avevo paura di lui, ero incazzata con lui. Nonostante questo, abbiamo provato a chiarire e l'ho portato a pranzo a casa con mamma e papà per  farli conoscere. Nel suo sguardo ho letto la delusione per come stavano andando le cose, ma anche la voglia di ricominciare e di amarci più di prima. Quindi eccoci qui, stiamo provando ad essere felici e seppur con molta difficoltà, penso che ci stiamo riuscendo. Ci amiamo, Col, ci amiamo da morire. E spero con tutto il mio cuore che questo possa bastare. Spero che basterà per superare questo momento. Spero che arriveranno giorni migliori.»

«Sono certa che arriveranno, Serena» sussurra Micole, e queste sono le uniche parole che dice.
Poi si alza dal dondolo in cui ci siamo sedute e mi abbraccia con forza immensa, donandomi comprensione e supporto.
«Tornerà il sereno, tesoro mio. V'amate troppo perché ciò non succeda; lo vedo da come ve guardate, dai sorridi d'intesa, dalle parole che pronunciate all'unisono capendovi al volo. Abbi pazienza, le cose s'aggiusteranno. Purtroppo ce so' passata anche io e capisco che per te non sia facile, ma se ben te ricordi, sei stata proprio te a farmi capire che i momenti bui non sono altro che anticipazione di qualcosa de splendente, de molto più bello. Ormai non siamo più delle bambine Nena, se Dio vuole questi due ragazzacci c'accompagneranno per tutta la vita, perciò dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per far sì che le cose vadano bene. Prendi Nonno e Nonna, sono più di cinquant'anni che si sopportano e supportano a vicenda; credi che loro non abbiano mai affrontato periodi de crisi? Io penso proprio de sì. Solo che loro hanno avuto il coraggio di prendere il vaso rotto e rimettere insieme ad uno ad uno ogni piccolo pezzo. Dovete fare questo tu ed Emir, sono più che sicura che ce la farete e che verrà fuori un vaso ancor più bello di come era prima perché fatto con le vostre mani, con il vostro amore.»

Le sue parole mi commuovono e mi rassicurano, come è sempre successo con la mia adorata Col. Mi asciugo le lacrime e mi lascio andare ad un sorriso, poi le bacio le guance e il naso  come facevamo sempre da piccole.
«Grazie» sussurro. È tutto ciò che posso fare. Ringraziarla per essere sempre stata con me, per essere sempre stata parte di me.

Prima di rientrare in casa la blocco un attimo, trattenendola per il braccio.
«Col?»

«Sì, Nena?»

«Hai una fortuna immensa ad avere con te Mattia. È meraviglioso e lo è anche Riccardo. Quel batuffolo renderà la vostra vita ancora più bella e vi farà amare ancora di più tra voi. Sono così felice per te. Te lo meritavi» sussurro, aprendole il mio cuore ancora una volta. «Sei realizzata e felice, hai tutto ciò che potresti desiderare: una famiglia, amore, affetto, sicurezza... È meraviglioso, Col. Semplicemente fantastico. È la vita che sognavamo ed è arrivata, finalmente.»

Lei non dice niente ma sorride e due lacrime le scorrono sulle guance. È felice, è mamma, è fidanzata, è ormai donna di famiglia: ha realizzato ogni sogno che avevamo da bimbe.

Spero di poterli realizzare anche io, un giorno, tutti quei sogni. E spero che assieme a me ci sarà ancora Emir, la mia metà, l'unico sogno a cui non sono disposta a rinunciare.


*Autrice*

Ciaooo💙
Aggiornamento anche oggi, eh già! Ma io e EmmeInWonderland non ce la facevamo più ad aspettare, il capitolo era in cantiere da tanto e nei sogni da ancora di più (siamo due sognatrici pazze ahah, viviamo nel mondo della fantasia!) 🙌😍

E quindi eccoci qui con un nuovo capitolo Serena&Micole, connubio che noi amiamo e che qui abbiamo adorato ancora di più dato che abbiamo fatto incontrare anche i nostri due uomini ahah (anzi tre, non dimentichiamo il piccolo Riccardo!)
Pertanto, per chi ancora non ha letto la storia di Micole e Mattia, L'eco della libertà: correte a farlo!! È bellissima, scritta benissimo, diversa dalle solite e dolce come poche, un balsamo per l'anima💚

Fateci sapere che pensate del capitolo, ci teniamo tantissimo perché è un lavoro che, anche se meraviglioso, è sempre molto duro, quindi ci farebbe piacere sapere che impressione ne avete avuto😘😘

Kisses e a preeeesto
Elly

Ps: lettrici care, siamo alla parte n.30 di questa storia... e mi sembra ancora impossibile! Vi adoro, grazie💙
E un grazie immenso e super speciale va ad EmmeInWonderland, una persona meravigliosa oltre che una grandissima scrittrice, che mi continua ad accompagnare e mi sostiene con infinita pazienza e gentilezza!! Grazie tesoro 😍

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