5
5
Per una settimana, interminabile, sono annegata nel mare della mia insicurezza, nella titubanza. Nella paura di non riuscire e sentirmi nuovamente una perdente. Il percorso interiore intrapreso ad inizio Settembre non ha avuto la meglio sul mio stato ansiogeno. Purtroppo ci sono spigoli del mio carattere che difficilmente riuscirò a limare, compresa quella velata sfiducia nei miei confronti e in quelli altrui. D'altronde, diceva mia madre, chi nasce quadrato non muore tondo. Ed io ne sono un esempio in parte.
L'esame d'arte è stato il primo scoglio. Ne vedevo solo la punta, la commissione, ignorando come la sua base fosse celata dalle acque. Ma il tutto mi è stato chiaro fin dal primo momento in cui ho messo piede in aula, sotto lo sguardo vigile e alquanto perplesso dei tre professori, compresa la mia tutor.
Ci eravamo accordate per la presentazione di “Rivelazioni”, giusto per andare sul sicuro, non incappando in brutti scherzi.
Ma ieri notte non ho chiuso occhio, esattamente come capita ogniqualvolta ho un impegno da portare a termine. Allora mi sono messa all'opera. Ho preso una delle mie tele immacolate e l'ho squarciata con due tagli precisi e profondi. Due tagli obliqui con il taglierino.
Il preside della commissione quasi rideva sotto i baffi, reputandomi la nuova Lucio Fontana dei poveri. Che mi sia ispirata a lui, è un dato di fatto, non a caso è l'artista italiano che più venero. Ma una cosa è il prender esempio, un'altra copiare spudoratamente. E nei miei tagli c'è l'essenza della mia vita, un'immensa distesa bianca con imprevisti che lasciano dei segni, nel bene e nel male. Un promemoria visivo il mio per ricordarmi che, sventure a parte, non mi è andata poi tanto male.
L'attesa è stata lunga, quella per la votazione. Un diploma nuovo in tasca e una stretta di mano con le congratulazioni. Ciò che più mi ha colpita è la solitudine in cui questo traguardo è avvenuto. I miei colleghi erano affiancati da genitori, fratelli e amici cari. Io ero sola, con il mio quadro in mano. Come una bambina ho compiuto un passo verso l'ingresso. Forse verrà qualcuno, mi sono detta. Ma chi vuoi che venga, purtroppo, se qui non hai nessuno? L'assenza di una famiglia stabile è ciò che più mi addolora. E non intendo la famiglia tradizionale o quella da cornice. Mi basterebbe solo qualcuno, uno da poter chiamare mio.
Jessica sarebbe venuta con tanto piacere se non fosse stato per il lavoro che la costringe in ufficio ad orari assurdi. E Manuel, anche lui diplomatosi, ha tentato di coinvolgermi nel suo calore familiare. Ho apprezzato, ma non era lo stesso.
Venerdì pomeriggio ha sancito un'altra rottura, quella tra me e la biblioteca. Niente contratto da firmare, solo un attestato con le mansioni svolte durante lo stage. I pagamenti in regola e il dispiacere delle mie due colleghe con le quali mi sono trovata più che bene.
Di nuovo al punto di partenza, con più esperienza e consapevolezza.
“Non pensare, che già ci sono io a lutto”.
Manuel mi tiene il broncio. Ultimamente è una valle di lacrime. Potrebbe riempire un pozzo intero. È triste, tra noi si è creato un buon feeling e la notizia della mia partenza lo avvilisce.
“Sei una buona amica, Gioia… però capisco”.
Credo se ne sia fatto una ragione proprio il giorno dell'esame. Vedermi così abbattuta l'ha segnato.
Devo ritornare a casa, a casa mia. Devo mettere le cose in chiaro, gettare nuove basi. Capire cosa è salvabile e cosa no. A conti fatti ho lasciato tante porte semiaperte. Con Michele, Athina, Vittorio…
Le ore dopo la fine con Giulio quasi non le ricordo più, visto lo stato d'animo con le quali le ho vissute. Fu tutto un enorme caos, un enorme vortice di problemi che si aggiungevano ad altri. Ero priva di lucidità. Lo ero soprattutto quando mi sono invaghita dell'avvocato. Mi sono fatta abbindolare come una sciocca. Ero troppo immatura, la storia di un amore travolgente e nuovo mi aveva soggiogata. Io che l'amore intenso l'avevo provato. La morte della mamma mi aveva mandato in una profonda crisi. Oggi rivivo tutto come se non fossi stata io a compiere un solo passo.
Come se quella Gioia non fossi io. E me ne rallegro, mi sarei perduta fidandomi delle persone sbagliate. Addio Giulio e buona vita a te, Lara e vostro figlio.
Manuel mi osserva con la lacrimuccia. Mi ha abbracciata forte. Ho interpretato il gesto come chiaro accenno d'affetto e un modo per rincuorarmi. Più volte gli ho descritto la mia terra, decantandogli la natura, i paesaggi, la gente cortese.
Capitò che, scorrendo le foto sullo smartphone, vedesse una foto mia e di Michele. Era il giorno del battesimo di Costas. Faceva caldo, eravamo felici e vestiti di tutto punto. Seduti vicini, le mani intrecciate. Mi chiese se fosse il mio fidanzato. Gli risposi che una volta lo era. Concluse asserendo che traspariva il suo amore, quello di Michele, dallo schermo del telefono.
Non so cosa troverò, come lo troverò. Se sarà contento di vedermi. Se andremo d'accordo, se ci faremo ancora del male. Di una cosa sono certa, ritornerò a casa con il sorriso e il cuore libero nel bel mezzo del mese di Maggio, il giorno del compleanno del bimbo di Athina. Ne ho abbastanza di domande e problemi. Ho fame di serenità e di Costiera. Di quel mondo disincantato e lontano dal tempo.
Stampo un bacio sulla guancia di Manuel, lo guardo dritto negli occhi.
“Ti voglio bene amico mio”
“Anche io, Gioia”
Milano mi ha insegnato il rispetto per i sentimenti, il condurre una quotidianità sana e accanto a persone con le quali valorizzarmi. Milano mi ha infuso coraggio, ha segnato il mio percorso con sorprese inaspettate. Quest'anno è stato come una lunga passeggiata in un labirinto, alla ricerca dell'uscita. Ho escogitato piani, mi sono ingegnata. Ho fatto capolino nei cunicoli inesplorati, ho ricevuto dei premi. Come Jessica e la sua allegria, la sua iniezione quotidiana di positività. Riccardo, suo marito, tutto rispetto del codice civile e barzellette sui carabinieri, come se fuori dalla caserma non ne senta già troppe. Manuel, i suoi umori, i suoi ritratti, il suo ristorante con i tavoli in legno e i drappi rossi. La sua solarità, il suo tormento per Pablo. Le canzoni folkloristiche cubane.
Si, inoltrarsi in un labirinto non è semplice. Può essere un pericolo, un punto di non ritorno. Puoi ritrovarti prigioniera per sempre.
Ma io ci sono riuscita a venirne fuori, a spuntarla. Ad individuare l'uscita e a godermi quanto mi spetta, un bellissimo mare azzurro, cristallino. Un mare che io conosco meglio di chiunque altro.
-------------------
Fine settimo capitolo
A MichelaGiacomo
che mi ha ricordato di non mollare mai!
A LinBett
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro