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In due mesi possono accadere un'infinità di eventi, dai più semplici ai più importanti. Si passa da nascite, matrimoni e comunioni, sino a compleanni, feste patronali e sagre di paese. Ma c'è un fatto del quale difficilmente riuscirò a capacitarmi e riguarda il servizio navetta. La costiera amalfitana è rinomata per la sua affascinante bellezza, quanto per i percorsi stradali tortuosi e per la scarsa presenza di parcheggi auto privati e non. L'unione di queste due problematiche genera, soprattutto di questi tempi, una paralisi stradale interminabile, con traffico e conseguente perdita di potenziali clienti che, stufi dello stress, decidono di fuggire altrove, non trovando qui alcun tipo di riposo per il corpo, la mente e i timpani.
Dunque oggi non mi capacito di questo bellissimo veicolo da venti posti a sedere con tanto di aria condizionata. Non me né capacito poiché richiesta per anni a gran voce e mai ottenuta. Dovevo allettarmi per due mesi al fine di vedere un così bel sogno realizzato.
La navetta, con biglietto mensile di euro dieci, collega l'intera città e offre la possibilità di poter raggiungere, in orari diversi, anche i comuni limitrofi. Noto, scrutando dal finestrino, un traffico quantomeno accettabile. Tempo che i turisti verranno a conoscenza dei pulmini e anche questi brevi rallentamenti termineranno.
Premo il pulsante rosso per la prossima fermata. Mi alzo dalla seduta non appena noto il cartello posto sul lato destro del marciapiede. Scendo, badando attentamente ai gradini. Ci manca solo che cadi nuovamente. Ho bandito i tacchi da quella sera, prediligendo ballerine e sandali bassi.
Mi incammino lungo la strada che fa da unione tra i comuni di Minori e Maiori. Due cittadine piccole con due bellezze diverse. Maiori ha un lungomare sorprendentemente lungo, con attrazioni di ogni genere. Le spiego sono ampie, ben attrezzate e curate. In termini di turismo è un gradino sopra Minori, vuoi anche la collocazione geografica. Proprio all'inizio del lungomare, c'è un piccolo porto utilizzato dai pescatori. Qua e là magazzini per la conservazione del pesce. Un locale adibito ad officina per il riparo delle imbarcazioni. Un vero luogo da uomini di mare, la cui nota stonata è rappresentata dallo chalet di Pino.
Tutti si chiedono ancora oggi cosa abbia spinto Pino a spostare le sue famigerate granite con pezzettoni di frutta in un posto così singolare. Sta di fatto che il suo chiosco è molto apprezzato proprio da quei pescatori con le gole secche e la stanchezza sulle spalle. Un posto tranquillo, un refrigerio contro le avversità del mare.
Mi costa più di quanto possiate credere esser qui. Più di una volta mi ha contattata e più di una volta l'ho ignorato, supponendo che avrebbe compreso. Che un minimo di buonsenso avrebbe pervaso il suo animo e che semplicemente l'avrebbe finita. Ma non è andata esattamente così, al contrario, ha insistito, sino ad inviarmi un messaggio. Guardo lo smartphone, dove ho ancora salvate le poche parole: ho incontrato Martina, posso aiutarti. Richiamami, ti prego.
Un soffio di vento riporta in vita il suono della sua voce. Chiudo gli occhi. Quante volte ho sentito i suoi ti prego. Quante volte li ho accettati, ignorando la verità. Quante volte mi sono ripromessa di non prestargli più attenzione. Eppure son qui, ancora una volta, a pochi metri da lui, carica di forse, carica di rabbia. Carica di una sopportazione sul filo del rasoio.
L'idea di lui e Martina mi gela il sangue nelle vene, non solo per la gravità dei fatti accaduti, quanto per il nesso che non riesco a comprendere. Per tre settimane non ha fatto che contattarmi, trovando in questo ultimo messaggio la chiave per far breccia nella mia risolutezza.
Mi incammino verso il luogo dell'appuntamento, stropicciando la veste in un pugno che sa di passato che avevo archiviato. A volte ritornano, dice una celebre frase. Mi chiedo se colui che l'ha inventata sia stato pervaso da felicità o stizza.
Riconosco la sua chioma, decisamente folta, scura con riflessi rossicci. L'immancabile camicia bianca su un jeans dalle tasche colme di chissà quanti oggetti. Infila una mano e tira fuori un pacchetto di sigarette. Ne prende una, l'accende. Una nuvola di fumo e la mano dritta in viso. Si china leggermente avanti, chiaro segno di chi si sente stanco. Non solo fisicamente.
Mi accosto a lui, silenziosamente. Afferro lo schienale della sedia in plastica rossa e mi siedo di scatto. Lui sobbalza, quasi si strozza con l'ennesimo tiro. La barba, vistosa, gli incornicia il viso.
Allora?- chiedo refrattaria. Per quanto mi riguarda, abbiamo già conversato a lungo.
Io non credevo che tu... - quasi balbetta, rendendosi conto del mio sforzo nell'essere qui.
Tu non hai creduto in tante cose, che questa mi appar essere la più banale- replico secca- allora?
Spegne la sigaretta nel posacenere. Punta il suo sguardo su di me, così diverso, così mutato. Un brivido di pietà e comprensione mi pervade, come se, tra i due, sia lui quello che ha subito di più.
Si scompiglia i capelli- non so da dove iniziare- si schiarisce la voce- mi dispiace per ciò che ti è accaduto. Avrei voluto vederti in altre circostanze.
Reazione inconsulta, mi si solleva il sopracciglio- mi ero ripromessa che questo evento non sarebbe mai avvenuto, Giulio.
Un anno fa, quando lo cacciai via dalla mia vita, seriamente ci credevo. Seriamente credevo che non l'avrei più rivisto. Che i ricordi di lui si sarebbero interrotti al quel giorno d'estate. E ho creduto così fortemente in ciò da rimuovere ogni remota possibilità di un futuro incontro, non tenendo a mente che è il destino colui che sancisce il nostro destino. Mai sottovalutare la vita.
Non so da dove iniziare per farti cambiare idea, Gioia.
Pino, il proprietario dello chalet, si avvicina con un vassoio colmo di bicchieri. Ha un bel sorriso stampato sul suo faccione dalle gote rosse.
Ragazzi scusate, ma ho un guasto al generatore. Le bevande sono calde e non sono riuscito a fare nulla. Ho solo la limonata fredda con ghiaccio e uno spruzzo di granita- spalanca il braccio destro- vi posso offrire solo questo. Scusatemi tanto.
Accettiamo ben volentieri, purché sia freddo, visto il caldo asfissiante e la tensione a mille.
Giulio manda giù un bel sorso della bevanda. Io trattengo il bicchiere per rinfrescarmi le mani. Entrambi in religioso silenzio.
La mia vita è cambiata, più di quanto immagini. E più di quanto immagini ho pagato- si ferma- un po' per tutto.
E questa cosa dovrebbe riguardarmi?- commento.
No, certo che no, ma ti farà entrare nell'ottica che io da te non cerco altro, se non rivelarti quello che devo.
Gli tendo la mano- avanti allora, prego. Sono qui e ho poco tempo. Hai scritto che hai visto Martina.
Annuisce, cupo, scuro in viso- si, è la verità. Un paio di mesi fa mi ha contattata per una consulenza legale. Ricordavo il suo volto, ma non certo il suo nome, il suo cognome. Quando si è presentata telefonicamente, le ho fissato un appuntamento. Dopo qualche giorno, come concordato, si è recata al mio studio a Salerno. Delirava, sosteneva che Michele l'amava ancora e che il tuo ritorno era un ostacolo.
Questa storia non mi è nuova- esclamo, non sentendo nulla che già non sapevo.
Si avvicina a me- Gioia, credimi, delirava. Ha persino detto che Michele frequentava un'altra e che preferiva dividerlo con lei che con te, perché tu non hai mai diviso nulla con lei.
E tu cosa c'entri in tutto questo, Giulio?
Spalanca le braccia- secondo te?
Sorrido schifata- voleva che mi riconquistassi. È assurdo.
È la verità, Gioia. Mai se può rincuorarti, l'ho cacciata via e non l'ho rivista più.
Annuisco- bene- mi sollevo leggermente, scostando la sedia- grazie per non esserti prestato a questa follia. Penso che possa bastare- afferro la borsa- ciao Giulio, addio.
Faccio per andarmene, quando Giulio mi blocca per un braccio- non ho finito.
E chi ti dice che io voglia ancora ascoltarti? Sei venuto qui, nonostante ti abbia chiarito un anno fa che non avrei mai più voluto vederti, che non mi interessava più nulla di te e di ciò che ti riguarda- lo strattono- e non mi toccare più.
Si alza di scatto, sbattendomi quasi il cellulare sotto il naso. Una foto sgranata, che lascia tuttavia identificare le due persone ritratte. Una donna, con le braccia incrociate, dinanzi un uomo, appoggiato alla sua moto nera. Lui scruta qua e là, come a voler accettarsi che non ci siano che loro. Un brivido lungo la schiena, strabuzzo lo sguardo. La data in basso indica l'anno scorso. Fisso Giulio, angosciato quanto me. Mi indica il tavolo.
Non abbiamo finito, Gioia, anzi è solo l'inizio.
Un forte mal di testa dovuto a stress mi attanaglia. L'immagine di quei due assieme mi è ancor più difficile da sostenere rispetto a Giulio e Martina in una stanza assieme.
Giulio poggia una mano dietro la mia schiena- forse è meglio che ti siedi.
Impietrita, accetto il consiglio. Non proferisco parola, guardo in basso, verso l'asfalto scuro.
Sono Lara, mia moglie e Michele, tuo cugino- sentenzia Giulio, come se non fosse tutto limpido.
E al suono di quei nomi, le certezze crollano, come la mia vita nell'ultimo decennio.
Fine capitolo
Grazie mille!
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