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6. Opinioni e ping-pong

Canzoni per il capitolo:
Spirits ~ The Strumbellas

«Mio figlio è un eroe!»

Dopo quell'esclamazione roteai gli occhi al cielo; era la sesta volta che me lo sentivo dire. Dopo aver salvato quella ragazza dal suicidio, la polizia mi aveva interrogato e alla fine ero stato rispedito a casa. Mia madre era lì ad accogliermi, piena di domande. Forse fin troppo piena... Avevo appena finito di raccontarle l'accaduto, seduto sul divano del nostro salotto. Clary stava giocando con delle bambole, per terra, mentre mia madre stava pulendo la sala, dotata di una paletta e di una scopa.

«Continui a dire che sono un eroe... ma sai, io non mi sento un eroe.» Borbottai abbassando lo sguardo.

Non mi ero dimenticato del vecchio me, di quello spietato e aggressivo. Dopo il fatto accaduto quel giorno, i sensi di colpa mi stavano massacrando. Non potevo credere che le mie azioni avessero potuto avere risultati così drastici nelle vite delle altre persone; cominciavo a comprendere che le azioni avevano delle conseguenze, e che una mia stupida scelta poteva cambiare la vita di una persona. È vero, senza di me quella ragazza sarebbe morta, ma sempre senza di me non avrebbe provato a suicidarsi.

«Perché dici così? Sei stato bravo!» fece mia madre, stupendosi della mia modestia. «E sono poche le volte che lo dico.»

«Appunto!» esclamai io, guardandola negli occhi. «In passato ho fatto cose terribili, te ne rendi conto?!»

Stavo impazzendo. Mia madre non mi sgridava mai, né cercava di farmi cambiare strada. Era sempre rimasta da parte in un angolino, durante la mia dura adolescenza; lasciava che la trattassi male senza prendere mai seri provvedimenti. Forse avrei voluto solo avere una madre un po' più severa, e non così tanto gentile e sensibile, doti che completavano il suo carattere.

Lei continuò a spolverare per la casa. «Beh, ma almeno te ne sei reso conto» disse, per poi voltare la testa verso di me. «Meglio tardi che mai, no?»

Io sospirai e buttai la testa sul cuscino del divano. Come mai avevo una madre così amorevole?!

«Non te la meriti, se devo essere sincero.» Disse Ed.

Ci mancava solo quel rompiscatole a ricordarmi che non ero il "figlio perfetto"; aveva già detto abbastanza. Mi misi una mano sulla fronte e cominciai a fissare un punto vuoto il soffitto, inondando il salotto di silenzio.

«Cos'ha fatto Chris di tanto eroico?» domandò Clary all'improvviso, incuriosita.

E si ricominciava con quella storia... non mi andava di pensare a quell'accaduto. Nostra madre smise per un attimo di fare le pulizie e si concentrò su Clary, tutta emozionata.

«Ha salvato una ragazza!» esclamò, in preda all'euforia.

Non era abituata a suo figlio che faceva azioni positive, di solito anche solo se evitavo di picchiare qualcuno lei era felice. Clary smise di giocare con le bambole e mi guardò con due occhi sognanti. Chissà quanti film mentali si stavano svolgendo in quella piccola testolina...

«Allora sei un supereroe?» domandò speranzosa.

Quello che disse mi piacque particolarmente; non mi ero mai immaginato nei panni di un supereroe.

«Un supereroe, dici?» stavo già iniziando ad elaborare un nome originale, come quelli dei fumetti. «Non sarebbe male... sì, dai.»

Sentii Ed sbuffare. «Egocentrico.»

Lo evitai e tornai a guardare Clary, anche se con un'espressione leggermente più irritata di prima.

«E lei com'era?» domandò mia madre, lasciando stare la scopa e sedendosi sul divano, accanto a me. «Era carina?» domandò, facendo un sorriso malizioso.

Mia madre era sempre stata interessata, in campo di ragazze. Voleva che ne trovassi una tosta e intelligente, dolce e simpatica ma seria e comprensiva in certe situazioni: in pratica odiava Bethany. In effetti... avevo cominciato a capire il perché le due non andassero d'accordo. Quando portavo la mia fidanzata a casa, lei non faceva altro che commentare e commentare ogni singolo particolare; criticava tutto, in pratica. E poi... Bethany era troppo schizzinosa, ed una volta aveva fatto piangere Clary staccando la testa ad una sua bambola. Quando mia madre aveva scoperto che la nostra storia era finita per sempre, aveva letteralmente fatto i salti di gioia, proprio davanti a me! Ma poi, quando aveva notato la mia espressione basita, aveva fatto finta di essere triste. Io sospirai, lasciando mia madre nell'attesa.

«Vuoi saperlo veramente? Sì, era carina» ammisi. »Ma non importa, perché non so il suo né il suo nome né dove sia andata.» Dissi, facendo sparire il sorriso dalla faccia di mia madre.

Infatti, nessuna tra tutte le persone che erano in cortile sapevano dove quella ragazza fosse scappata, una volta averla salvata. Era tutto molto misterioso...

***

«Secondo me è morta.» Disse Peter, colpendo la pallina da ping-pong.

Ero a casa sua. Dopo la notizia del tradimento di Bethany, il rosso aveva fatto di tutto per tirarmi su di morale. Peter aveva una casa enorme, con tanto di una stanza dedicata solo ai suoi giochi; c'era di tutto, dalla TV a schermo piatto ad una macchina per i popcorn. I suoi genitori, David e Marta Piper, si prendevano molto cura del figlio e non gli facevano mancare nulla. Cominciavo a capire perché il ragazzo preferisse stare a casa piuttosto uscire fuori e socializzare. Mentre giocavamo a ping-pong, si era tirato fuori il discorso di quella ragazza misteriosa, dato che quel giorno avevamo notato che non era venuta a scuola.

«Non credo» dissi io, girandomi la racchetta tra le mani. «Secondo me si è solo nascosta, magari per sfuggire alla polizia.»

Peter fermò la pallina da ping-pong e mi guardò dritto negli occhi.

«Sai, continuo a pensare a come tu abbia fatto a convincerla» disse, appoggiandosi con le mani al tavolino. «A non suicidarsi, intendo.»

Io sospirai. Sinceramente, non sapevo neanche io come avessi fatto.

«Io... non ho fatto proprio niente» risposi. «Cioè... sì, le ho detto qualcosa, ma la scelta di buttarsi o di afferrare la mia mano era sua.»

Peter lanciò la pallina, io la colpii e la mandai fuori dal campo. Quando il rosso si chinò per raccoglierla, gli venne un dubbio e si fermò improvvisamente.

«Tu hai qualche idea del perché volesse suicidarsi?» domandò, serio.

Ripensai attentamente al discorso che avevamo fatto sul tetto, cercando di ricordare la nostra conversazione.

«Mi ha detto che voleva tornare da sua madre, ma...» La mia mente ragionò, e miei occhi si incupirono. «Oh, no...» Mormorai, scuotendo la testa.

«Che c'è?» domandò Peter, curioso.

«È tutta colpa mia!» esclamai. «Non dovevo rubarle il ciondolo!»

Il rosso il avvicinò a me con la racchetta in mano. «Quale ciondolo?» domandò gesticolando, ancora stranito da quella doccia fredda di notizie.

Io mi portai le mani sui capelli. «Quello di sua madre...»

Dalla sua espressione, mi resi conto che Peter non avrebbe potuto capire, e lasciai perdere. Sospirai e mi buttai a peso morto sul divano arancione di fianco al tavolino da ping-pong. Avevo umiliato quella ragazza togliendole l'oggetto più prezioso che possedeva, mi sentivo un mostro.

«Lo sei.» Disse Ed, come se i suoi simpatici commenti mi facessero sentire meglio. «Ma pensa al lato positivo, almeno le hai salvato la vita!»

Forse aveva ragione, ma dovevo trovare quella ragazza per scusarmi con lei. Ma come avrei fatto se non l'avrei più rivista? Magari aveva cambiato scuola, o peggio, città! Sarebbe stato impossibile rintracciarla, ormai ero rassegnato dal fatto che non l'avrei mai più avuta sotto l'occhio. Peter si sedette di fianco a me, notando la mia disperazione.

«Chris, tutto okay?» domandò, preoccupato.

Io sospirai, indeciso se mentirgli o no. Poi pensai che era meglio essere sinceri.

«No» dissi, chiudendo gli occhi e posandomi una mano sulla fronte. «Non riesco a smettere di pensare a lei.»

Lo sguardo del rosso divenne malizioso. Forse non avevo riflettuto bene prima di parlare, e la mia affermazione sarebbe potuta risultare... ecco... non proprio come volevo che uscisse.

«Aaah...» Disse lui. «Ho capito cosa sta succedendo...»

Io lo guardai, stranito, mentre la bocca di Peter diventò una linea.

«Ti piace la pollastrella.» Affermò, toccandomi la spalla.

«Cosa?» feci io, perplesso.

«Il pollo è nel pollaio. L'uovo è nel suo nido.»

Continuavo a non capire, ma ad un tratto mi era venuta voglia di pollo...

Notando la mia espressione confusa, Peter roteò gli occhi al cielo e decise di arrivare al punto. «Ti piace. Ti piace la ragazza!»

Non sapevo se essere sorpreso o contrariato; era evidente che il rosso era giunto a conclusioni troppo affrettate!

«Cosa? No!» sbottai secco.

«Io non so molte cose sull'amore, ma... quando non smetti di non pensare ad una persona... vuol dire che ti piace, Chris.» Disse il ragazzo, sorridendo.

«No, non hai capito!» replicai io, nervosamente. «Voglio solo aiutarla, tutto qui.» Specificai, mettendomi comodo sul divano.

«Mh, e perché vorresti aiutarla?»

La curiosità di Peter non mi piacque affatto. Non potevo certo rispondergli: "Sai, sono morto in un incidente e sono andato all'Inferno. Ed, la mia coscienza (da non prendere per il cantante) ha detto che se farò buone azioni per un mese intero potrò andare in Paradiso, e quindi mi ha rispedito sulla Terra. Ma oltre a questo è tutto normale, eh?"

«Non potresti capire» mi limitai a dire. «Quando ho visto i suoi occhi... io... ho capito di dover fare qualcosa per lei.»

«Beh, hai sfondato una porta, per lei.» Mi ricordò Peter.

«Già.» Feci io, ridacchiando e ricordandomi del livido che portavo ancora sulla spalla.

«Sei stato grande.» Disse il rosso, dandomi un pugno amichevole sulla spalla.

Insieme ridemmo, poi decidemmo di giocare con la nuova PlayStation di Peter (il pel di carota aveva ragione, era veramente bella!). Un po' di relax era tutto quello di cui avevo bisogno; lasciar perdere tutto e concentrarmi su massacrare quello zombi prima che lui massacri me. Ma quello che mi rimbombava ancora in testa era che dovevo scusarmi personalmente con quella ragazza, per tutto quello che le avevo fatto. E non mi sarei dato pace finché non l'avrei trovata.

//ANGOLO AUTRICE//
Il pollo è nel pollaio (lol).
Avete qualche idea su quella "ragazza misteriosa"? Dove pensate che sia?
(Potete anche rispondermi "Dal kebabbaro")
Ci vediamo presto!👋🏻

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