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25. Suricato!

Finite le lezioni, mi diressi verso il mio armadietto per mettere a posto i libri di chimica. Dopo neanche aver avuto il tempo di inserire un libro, dei continui schiamazzi attirarono la mia attenzione; dovevo rimanere sempre all'erta, se volevo fare più buone azioni possibili. Dovevo essere un vero cane da guardia.

«A me sembri un po' un coniglio smarrito.»

«Ma sentilo...» Mormorai, prima di sbattere il mio armadietto e camminare verso l'origine degli schiamazzi.

Roteai gli occhi al cielo, quando vidi Bethany e le sue amiche ridere di qualcuno. Non avevo voglia di parlarle, sapendo che lei aveva ancora quella foto compromettente su di me; ripensandoci, mi stupivo del fatto che non l'avesse ancora fatta vedere a tutta la scuola. Quando mi accorsi di chi stavano ridendo, il mio sguardo si fece più serio; dall'altra parte del corridoio c'era Judith che stava cercando di prendere una bottiglietta d'acqua rimasta incastrata nel distributore di merendine. Gli insulti di Bethany si sentivano benissimo, ma la ragazza non diceva nulla e continuava a tirare piccoli calci al distributore, nella speranza che la bottiglietta che aveva pagato si sbloccasse. Sapevo di dover entrare in ballo per aiutarla. perciò mi avvicinai lentamente alla scena. Judith sospirò, vedendo di poterci fare niente, e tirò fuori il suo portafogli per pagare un'altra bottiglietta; ma proprio quando stava cercando i soldi il portafogli le cadde per terra, e tutte le monetine all'interno si sparpagliarono per il pavimento. Bethany e le sue amiche risero di gusto, osservando quella scena.

«Che imbranata!» commentò una di loro.

La bionda osservò per un secondo il gruppo di ragazze che la stava deridendo, poi abbassò la testa e si chinò per raccogliere tutti i soldi.

«Uh, cosa sono questi?» In quel momento un ragazzo corse in fretta e furia verso di lei e raccolse tutte le monetine, lasciando Judith senza parole.

«Scusa, Suicidella!» Si giustificò il ragazzo, per poi scappare via.

La povera Judith si alzò e guardò basita il ragazzo correre via.

«Ma... quelli sarebbero miei...» Mormorò, delusa.

Fece qualche passo all'indietro, e come se non bastasse calpestò una cartaccia e scivolò per terra, battendo il sedere contro il pavimento della scuola.

«Questa è sfiga...» Commentò Ed.

Bethany e le sue amiche pettegole risero più forte di prima, facendomi perdere la pazienza. Camminai a passo veloce verso la ragazza e le offrì una mano, facendo tacere il gruppo di ragazze che la stavano deridendo.

«Ti senti bene, Judith?» le domandai preoccupato.

Judith mi guardò negli occhi ed annuì.

«Sto bene» affermò, afferrando la mia mano e alzandosi con fatica. «Un po' ammaccata, ma sto bene.»

Sorrisi leggermente, e lei fece lo stesso. Non potei non pensare a quanto fosse bella, nonostante avesse i capelli un po' scompigliati per la caduta di prima. Notai con sollievo che lei non aveva i vestiti sporchi di fango, anche se lei sarebbe stata bene anche indossando un bidone della spazzatura.

«Quanti soldi erano quelli nel tuo portafogli?» le chiesi.

Lei ci dovette pensare un attimo. «Non lo so di preciso... ma mi servivano per pagare il pranzo.» Sospirò e diede una rapida occhiata al distributore automatico. «Si vede che ruberò qualcosa dal piatto di Vanessa.» Disse ridacchiando.

Di solito non lo facevo mai, ma per lei decisi di fare un'eccezione. Presi dalla tasca dei miei pantaloni il mio portafogli e tirai fuori dieci dollari. Li porsi a Judith, che mi guardò negli occhi.

«Prendi.» La incitai.

«Non... non posso.» Fece lei, imbarazzata.

«Su, consideralo un regalo da parte mia.»

Lei rimase a fissare le banconote con desiderio, pur non volendo accettare.

«Avanti.»

«No. Io...»

«Andiamo! Se non le prendi mi riterrò offeso.» Sorridendo le sventolai le banconote davanti al naso, incitandola a prenderle. La ragazza sorrise e alla fine cedette, afferrando i dieci dollari.

«Ti devo il pranzo.» Disse poi.

«Beh, allora saprai come farti perdonare.»

Ci scambiammo un sorriso, poi il mio sguardo venne attirato dal distributore di merendine.

«Fa sempre i capricci...» Mormorai, osservando la bottiglietta d'acqua rimasta incastrata.

Senza pensarci decisi di fare l'eroe, e così diedi un pugno fortissimo al distributore, che fece sobbalzare il vetro. In quel momento provai un dolore immenso alle nocche della mano, ma almeno la bottiglietta era riuscita a cadere. Trattenendo le smorfie di dolore mi chinai e raccolsi la bottiglietta, offrendola poi a Judith, che era rimasta a guardarmi sbalordita.

«Wow, ti ringrazio!» disse, prendendo in mano la bottiglietta e avvampando leggermente.

Io cercai di non far notare che mi ero quasi rotto una mano e sorrisi. Un'altra cosa che nei film sembrava più facile...

«Figurati» dissi, appoggiando una mano al distributore. «Sta tutto nel polso.»

Lei ridacchiò. «Davvero non ti sei fatto niente?»

Stavo per mentirle, ma poi decisi di dirle la verità perché prima o poi se ne sarebbe accorta.

«Sì...» dissi all'inizio. «No.» Ammisi facendo un respiro ed agitando la mano dolorante.

Judith ridacchiò divertita, osservando mentre facevo smorfie di dolore e mi baciavo la mano nella speranza che la sofferenza svanisse. Ormai non dovevo più nascondere il lancinante dolore che avevo provato, ma cercai in tutti i modi di farlo finire, mugugnando come un bambino.

«Tutto okay?» mi domandò la biondina notando la mia espressione dolorante.

«Sì, sì» risposi cercando di calmarmi. «Ha fatto un po' male... tutto qui.»

Io e Judith non sapevamo più cosa dire; rimanemmo a guardare punti imprecisi, mentre il dolore alla mano piano piano svaniva. Mi soffermai a guardare i suoi capelli biondo chiaro, e senza volere cominciai a pensare a quanto fossero soffici. La pelle di Judith era cadaverica e liscia come la seta, i suoi grandi occhioni azzurri e le sue ciglia lunghe combaciavano con il suo nasino leggermente all'insù e le sue labbra rosee e morbide alla vista. Senza volere mi morsi un labbro, ma ci pensò la mia coscienza a svegliarmi.

«Suricato!»

Mi scossi immediatamente da quella visione angelica, con uno scatto quasi affrettato.

«Suricato?»

Avrebbe potuto dire di tutto: puzzola, anatra, cimice, ornitorinco... ma suricato?

«Hai detto qualcosa?» domandò Judith, puntando gli occhi verso di me.

Dovevo ricordarmi di non parlare in pubblico con Ed. Colto di sorpresa guardai subito la ragazza e spalancai gli occhi.

«No, niente» Dissi diretto. «Che dici, raggiungiamo Vanessa?» le domandai con un tono amorevole, sperando che stare con la sua amica la tirasse su di morale.

Lei distolse il suo sguardo dal mio e diede un'occhiata a Bethany e al suo gruppo di amiche. Così feci anch'io, e mi accorsi che la mora ci stava guardando entrambi con odio; per un attimo mi sfiorò l'idea che provasse un briciolo di gelosia nel vedere il suo ex parlare con un'altra, e se devo essere sincero quella cosa mi piaceva. Judith voltò la testa verso il distributore di merendine ed abbassò lo sguardo.

«Io...» La ragazza non riuscì a terminare la frase. «Io... e-ecco...»

Nel vederla così in difficoltà provai un po' di pena per lei; le si leggeva sulla fronte che non voleva passare davanti a quel gruppo di oche. Probabilmente aveva paura di fare qualche altra figuraccia, ma la cosa peggiore era che aveva anche paura di dirmelo.

«Ho capito.» Dissi, evitando di farla sforzare a dire una cosa di cui si vergognava, anche se a parer mio non c'era niente di cui vergognarsi.

Lei sospirò, non riuscendo a guardarmi negli occhi.

«Ti prego, non pensare che sia una fifona.» Mormorò con un tono triste.

La guardai con compassione.

«Non lo penso affatto» Dissi con sincerità. «Devi solo superare le tue paure.»

Rimanemmo un attimo in silenzio, non sapendo cosa fare. Judith cominciò a giocherellare con la sua bottiglietta d'acqua, mantenendo uno sguardo basso. Diedi un'occhiata a Bethany, che ci stava ancora guardando con rabbia; quella ragazza non mollava proprio mai.

«Hai paura di passare davanti a loro?» domandai rivolgendomi a Judith.

Lei annuì leggermente, con gli occhi pieni di vergogna. Mi misi le mani sulle tasche e sospirai. Dovevo farle capire che c'era un lato positivo in tutto; doveva solo trovarlo.

«Perciò... basta che loro non guardino...» Così dicendo, la mia mente cominciò ad elaborare un piano.

Mi avvicinai lentamente al gruppo di ragazze, con gli occhi sorpresi di Judith puntati su di me. Sapevo esattamente cosa fare, e conoscendo Bethany avrebbe funzionato.

«Oh, no... non dirmi che...»

«Hey!» esclamai, indicando qualcosa in lontananza. «Ma quello è Justin Bieber nudo?»

Come pronunciai quelle parole, il gruppo di ragazze si voltò immediatamente verso il punto che avevo indicato, con gli occhi sbarrati. Quanto erano ingenue...

«Dove?!» urlò una di loro.

Approfittando del momento, corsi verso Judith e con uno scatto veloce la presi in braccio.

«Ma cosa fai?!» esclamò lei sorpresa, aggrappandosi subito a me per paura di cadere.

Io la ignorai e sorridendo cominciai a correre. Judith era più leggera di quanto immaginassi...

«Fate spazio!» urlai correndo tra la folla lungo il corridoio.

Tutti ci guardavano male, come se non avessero mai visto due persone correre. Judith fece qualche urlo di panico, ma non poteva fare a meno di ridere. Quando il gruppo di ragazze si rivoltò verso il distributore e non vide più nessuno, le loro espressioni si riempirono di punti interrogativi; compresa quella di Bethany, ormai rossa di rabbia.

«Chris, lasciami!» urlò Judith tra una risata e un'altra.

«Non ci penso proprio!»

«Ma... perché?!»

«Facciamo una corsetta!» spiegai con un sorriso a trentadue denti stampato sul viso. «Fa bene, lo sai?»

«Non se sei solo tu quello che corre!»

Non risposi ed aumentai la velocità. Judith ebbe paura di cadere e si aggrappò con forza al mio mio petto, incrociando le sue braccia sul mio collo. I nostri visi erano terribilmente vicini, ma supplicai me stesso di non farmi intimidire da quello.

«Bethany e le altre sono lontane, ora puoi fermarti!» esclamò Judith nel panico.

«Chi te lo dice? Potrebbero essere ancora nei paraggi!»

Le rise. «Ti prego, Chris!»

Infine mi arresi alla suo faccino adorabile; così aspettai di arrivare dietro al bagno delle ragazze, per poi fermarmi ed appoggiare delicatamente la ragazza a terra. Judith liberò la presa dal mio collo e si lasciò scivolare fino a toccare il pavimento. La sua espressione era un misto di sorpresa e di euforia.

«Sei impazzito? Ci guardavano tutti!»

«E allora?» feci io. «Almeno quelle ragazze erano impegnate a guardare Justin Bieber nudo!»

Lei rise e si nascose il viso con le mani, appoggiando la schiena al muro. Scappò anche a me una risata, nel vederla ridere così di gusto. La sua risata era contagiosa.

«È stato divertente...» Ammise dopo, scoprendo il suo viso e sorridendo.

Mi piaceva vederla felice. Quando era felice mi sentivo bene anch'io; dipendeva tutto da quello splendido sorriso. Si poteva dire fosse un'ossessione.

«Visto? Sei bellissima quando ti lasci andare.»

Nuovo record di realizzazione: solo tre secondi e mezzo! Judith avvampò immediatamente e si mise a guardare altrove, con le gote arrossite e un sorriso imbarazzato sul volto. Avevo detto troppo, di nuovo.

«Io... s-scusa» balbettai in preda al panico. «Ehm...» mi grattai la nuca, per la prima volta imbarazzato. «V-volevo dire... Peperoni.»

Per caso stavo imitando Peter? Non sapevo cosa mi stava succedendo, d'un tratto cominciai a tremare. Volevo sprofondare dall'imbarazzo. Mi scossi e guardai in basso, cercando di calmarmi, mentre Judith incrociò le braccia dietro la schiena e rimase in silenzio, posando il peso dalla punta del piede al tallone.

«Che diamine ti prende?» mi domandò Ed, confuso.

Aveva ragione: che diavolo mi prendeva?

«Allora...» agganciò Judith, per rompere il silenzio imbarazzante che si era creato. «Ho visto che hai lanciato una nuova moda.»

«Oh, giusto» dissi ridacchiando. «Ma veramente sei tu quella che l'ha fatta partire.»

Lei fece una risatina. «Cercavo solo di coprirti.»

Ancora silenzio. Nessuno sapeva cosa dire; dovevo continuare a parlare o salutarla e andare via? D'improvviso, la bottiglia d'acqua che Judith teneva in mano le scivolò improvvisamente dalle mani e cadde per terra. Entrambi ci chinammo per raccoglierla, e fu lì che le nostre mani si incontrarono.

«Il solito cliché.»

Alzai lo sguardo verso di lei, e lei fece lo stesso con me. Quegli occhi azzurri erano irresistibili; ci misi pochi per perdermi dentro quelle due iridi. Per un attimo il tempo si bloccò; c'eravamo solo io e lei. Io, lei, e Ed.

«SURICATOOO!»

Mi staccai difficilmente da quello sguardo magnetico ed afferrai la bottiglietta. Entrambi ci alzammo di scatto, come colpiti da un fulmine. Porsi la bottiglietta a Judith, che la accettò non dicendo una parola.

«Devo andare.» Dissi freddamente, guardandola un ultima volta negli occhi.

Girai immediatamente i tacchi e camminai a passo veloce lontano da lei.
Dovevo ringraziare Ed, che mi aveva risvegliato ben due volte; anche se non capivo ancora il motivo del perché usare la parola "suricato".

«Per poco...» Fece la coscienza, una volta allontanato. «Attento, Romeo.»

Sospirai; aveva ragione, dovevo stare più attento. Ogni volta che venivo catturato da quegli occhi non riuscivo più ad uscirne. Judith mi stava facendo sentire strano... ma in che senso? Stavo cominciando a comprendere Peter mentre parlava con Amanda. Impossibile, Peter era innamorato di Amanda, mentre io... non ci stavo capendo più niente. Maledizione! Odiavo non sapere come mi sentivo. Dentro di me si stavano scatenando una marea di emozioni, ed esaminarle una ad una sarebbe stata una follia. Già, una vera missione impossibile.

//ANGOLO AUTRICE//
Buon Natale in ritardo! (Ovviamente non potevano mancare i miei auguri u.u)
Spero che stiate passando delle buone vacanze ^-^
Inoltre ho un annuncio importante da farvi!
Dopo un anno (eh già) che sto lavorando su questa storia... stavo pensando di pubblicarne un'altra. Ovviamente continuerò "Se Non Ci Fosse Un Domani" finché non sarà completata, ma vorrei provare qualcosa di nuovo.
Non ho ancora nessuna idea sulla trama, ma intanto fatemi sapere cosa ne pensate :)
A presto, e... suricato!

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