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10. Lezioni di corteggiamento da parte di Nonno Chris

Canzoni per il capitolo:
• Sugar ~ Maroon 5
• I'm in love ~ Ola

Fino a qualche giorno prima, non avrei neanche minimamente pensato che studiare sarebbe servito a qualcosa, e sinceramente non mi facevo tutti quei problemi. Invece eccomi qua, a darci dentro con il libro di algebra. Dopo la scuola avevo in programma di uscire con Peter, ma ovviamente Ed mi aveva costretto a stare incollato sulla sedia di camera mia per tutto il pomeriggio. All'inizio mi ero rifiutato, ma dopo la mia odiosa coscienza aveva tirato fuori il concetto dell'inferno, e le cose erano cambiate.

«Non capisco perché mi obblighi a studiare» borbottai, mangiucchiando la punta della mia matita. «Tra meno di due mesi me ne sarò già andato, e tutto il lavoro che ho fatto non servirà più a nulla.»

«Lo so, ma io sono la tua coscienza e faccio quello che mi pare.»

Non era esattamente la risposta che mi aspettavo di ricevere. Feci uno sguardo perplesso, e la mia coscienza sospirò.

«Intendo dire che devi lasciare qualche soddisfazione a tua madre» si corresse. «Pensa a lei e a tutte le volte che ha dovuto sopportare i tuoi voti bassissimi e le tue note disciplinari! Mi stupisco che tu sia arrivato all'ultimo anno senza neanche una bocciatura...»

Sogghignai, pensando a quando avevo ricattato il professore di geografia dicendogli che se mi avesse rimandato nella sua materia avrei detto a sua moglie che la tradiva con la bidella. Bei tempi...

«Tu sei malato.» Commentò Ed, che come al solito mi aveva letto nella mente.

Feci le spallucce, e in seguito cercai di concentrarmi sul libro. Nonostante tutti i miei sforzi, non ce la feci. Non ero neanche stupito, io e algebra eravamo nemici da tanto tempo. Mi correggo: io e tutte le materie eravamo nemici da tanto tempo. Tutti quei numeri e quelle lettere... non ero molto allenato. Poi mi venne un dubbio: a cosa serviva avere una coscienza se questa non poteva aiutarti durante le interrogazioni? Finii di torturare la mia matita a forza di morsi e rimasi in silenzio, pensando ad una buona idea per ingannare la mia coscienza. Alla fine decisi di scegliere il metodo più semplice.

«Ed?»

«Sì?»

«Durante l'interrogazione...» mi fermai un attimo, facendo gli occhi da cerbiatto. «Mi suggeriresti cosa dire?»

«Assolutamente no!»

Sospirai e lasciai cadere la mia matita sul libro di algebra.

«Ci ho provato.» Dissi, sorreggendomi la testa appoggiando un gomito sulla scrivania.

A quanto pare dovevo impegnarmi. Sarebbe stato difficile, questo era certo, ma poco dopo tutte quelle lettere e numeri diventarono più comprensibili.

***

Non c'era nulla di più straziante nel vedere la faccia della professoressa dopo un'interrogazione. Il suo sguardo che parlava al posto della bocca, che rifletteva su ogni piccolo errore fatto in precedenza. La tensione era al massimo, in quell'aula; o almeno lo era per me, in piedi davanti alla lavagna nella speranza che la prof dicesse qualcosa. Mi ero impegnato molto il pomeriggio precedente, e meritavo di ricevere almeno una sufficienza. I miei occhi ansiosi incontrarono quelli dubbiosi della professoressa, che aveva preso una decisione. Tutto dipendeva da quel momento.

«Le va bene una B-, Watson?»

Tutta la mia gioia si manifestò in quel momento. Era come essersi tolti un enorme peso dalle spalle. Tutto il lavoro che avevo fatto era servito a qualcosa, alla fine!

«Sì! Sì!» esclamai, alzando le braccia al cielo.

L'intera classe scoppiò a ridere, e io non ero per niente imbarazzato; anzi, ero al settimo cielo! La professoressa mi guardava allibita, mentre facevo il giro dei banchi e battevo il cinque a chiunque. Poi corsi dalla signora Smith ed inconsciamente le diedi un abbraccio.

«Grazie, professoressa!» esclamai, chiudendo gli occhi e sorridendo.

Lei era immobile come una pietra, mentre l'intera classe si stava uccidendo dalle risate. Potevo sentire l'odore di mela caramellata e menopausa provenire dai capelli della professoressa.

«Sei fuori di testa?!»

Solo con l'intervento di Ed mi accorsi di quello che stavo facendo. Mi staccai immediatamente dall'abbraccio e spalancai gli occhi.

«Watson! Si contenga!» esclamò la prof, con un tono di disprezzo.

«Mi scusi, professoressa.» Mormorai, tornando a testa bassa verso il mio banco.

La prof zittì con un colpo di mano l'intera classe, e tornò a spiegare l'argomento di lezione. Mi sedetti sul mio banco, e cominciai a giocherellare timidamente con la cerniera della mia felpa; l'imbarazzo cominciava a farsi sentire. Mi tornò in mente che avevo preso una fantastica B-, e un sorriso spuntò sul mio viso. Avrei voluto fare la mia danza della vittoria, ma cercai di trattenermi.

«Ce l'ho fatta!» sussurrai, sorridendo.

«Hai visto che studiare lascia un sacco di soddisfazioni? E quando vedrai la faccia di tua madre sarai ancora più fiero di te!»

«Sì sì, lascia stare mia madre» dissi, procurando un sospiro annoiato da parte di Ed. «È il voto più alto che abbia mai preso!»

Non ottenni una risposta, e capii che forse avevo detto troppo.

«In... tutta la tua vita?» fece Ed, sbigottito. «Wow.»

Io sbuffai, poi diedi un'occhiata alla lavagna facendo finta di stare seguendo la lezione; non avevo bisogno di altri richiami da parte dei professori. Nonostante ciò, quella affermazione così stupita di Ed mi aveva innervosito.

«Come se non lo sapessi già...» Borbottai infine, irritato.

***

Ero affamato. Così affamato che non notai il mio amico Peter che addentava qualcosa. Ma quel qualcosa non era cibo della mensa, stava addentando qualcosa con lo sguardo, e quel qualcosa si trovava dietro di me. Così, dopo aver dato un ultimo morso al mio hamburger, fui preso dalla curiosità e mi voltai, seguendo lo sguardo di Peter. Non fui sorpreso quando a qualche tavolo dietro di noi vidi Amanda che parlava con delle sue amiche. Sorrisi e mi girai verso il ragazzo innamorato, che stava sbavando sopra il suo piatto di pasta al pomodoro.

«Okay» dissi, avanzando con la sedia. «È l'ora che ti dia qualche consiglio.»

Quelle parole attirarono l'attenzione di Peter, che subito si mise in guardia. Lo sapevo... parlare di Amanda riusciva sempre ad attirarlo.

«Insegnami ciò che sai, Maestro.» Disse, unendo le mani ed inclinando il capo.

Io ridacchiai, per il modo in cui mi aveva chiamato.

«Allora,» iniziai, serissimo. «Prima di tutto devi sapere che le ragazze sono una più strana dell'altra, nessuno è mai riuscito ad entrare nella loro mente per vedere come ragionano, e Dio solo sa cosa ci sia all'interno di quel mondo folle. Perciò, si dà il caso che io non sia Dio, e che nonostante me la sappia cavare con le ragazze, non le conosca fino a fondo nel loro modo di pensare. Possono avere crisi isteriche, loro ti baciano e un attimo dopo ti spaccano una bottiglia di birra in testa. Ricorda che le ragazze sono imprevedibili.»

Peter mi ascoltava come se fossi una specie di divinità, aveva gli occhi attenti e le orecchie spalancate. Annuì interessato, e io ripresi a parlare.

«Regola 1: decisione» dissi con tono fermo. «Alle ragazze piacciono i ragazzi decisi e sicuri di sé, perciò... fammi vedere come sei sicuro di te.»

Peter sembrava confuso. «Ehm...» Fu tutto quello che uscii dalla sua bocca.

Io sospirai. Di certo Peter non era di quelli che imparano in fretta.

«Stai composto sulla sedia e comportati da duro» dissi. «Ma non troppo!» aggiunsi, con l'indice.

«Okay, duro ma non troppo.» Ripeté il ragazzo, mettendosi composto sulla sedia.

D'improvviso gonfiò il petto e fece un'espressione fiera. Tutto ciò mi confondeva, la mia espressione era un misto tra disgusto e disagio.

«Ma che cosa...?»

«Troppo duro?» domandò Peter, notando tutto quell'imbarazzo.

«No, troppo troppo.» Risposi, respingendolo con le mani.

Il ragazzo restrinse il petto e tornò come prima. Era chiaro che Peter non aveva chiaro l'espressione di "duro", ma avrei dovuto sapere che lui era un principiante in campo di ragazze, e che mi dovevo dare da fare un po' di più.

«Allora come devo fare?» domandò, preoccupato. «Allievo in difficoltà!»

«Ehm...» mi doveva venire in mente qualcosa. «Stai diritto con il busto e prova ad appoggiare un gomito sulla sedia, così!» così dicendo, gli feci una dimostrazione pratica.

Lui capii e provò ad imitarmi. Nonostante la sua postura non ancora perfetta, apprezzai il suo sforzo.

«Bene» dissi, facendolo sorridere. «Regola 2: gentilezza. Alle ragazze piace sentirsi dire cose carine, amano i complimenti. Hanno bisogno di un vero gentiluomo, a loro bastano piccoli gesti; uno che paghi la cena per loro, oppure che le apri sempre la portiera... capisci, quelle cose lì.»

«Okay.»

«Oh, e hanno bisogno di qualcuno che le ascolti in continuazione senza lamentarsi.» Aggiunsi.

«Capito.»

«Perciò... fai finta che io sia una ragazza.» Finii, sorridendo.

Lui era parecchio sbigottito, a quanto pareva non se l'aspettava.

«Come?» domandò, sperando che le sue orecchie lo avessero tradito.

«Hai sentito bene.» Dissi.

Subito dopo, cominciai a tirare fuori il mio lato femminile. Lo facevo solo per Peter, sperando che questo aiutasse con la scelta di Ed. Era il momento di far vedere al mondo quanto fossi bravo nella recitazione, e l'unico modo era... eseguire la perfetta imitazione di Kim Kardashian. Almeno credo.
Alzai gli occhi al cielo e feci uno sguardo annoiato, poi cominciai a parlare con una voce stridula.

«Allora... ero al centro commerciale, stavo provando delle splendide Jimmy Choo tacco 12 - che se mi avesse visto quella puttana di Amber sarebbe caduta ai miei piedi -, e tutto ad un tratto arriva questa stronza di commessa che mi dice che non posso provare le scarpe in vetrina!» esclamai, gesticolando.

Peter era confuso, ma io continuai.

«E allora io le dico:"Stronza, io faccio quello che mi pare", e lei mi dice:"Se non se ne va chiamo le autorità", o una roba del genere. Allora le dico: "Provaci, puttanella! Io non mi faccio comandare da persone inferiori!". Ci credi che mi hanno bandito dal negozio? E io ero tipo: "Scusami? Questi non sanno con chi hanno a che fare!"» sospirai e guardai il mio amico. «Al mondo ci sono persone così maleducate... non credi?»

Lui rimase in silenzio, ma quando con lo sguardo lo invitai a dire qualcosa si riprese.

«Ehm... pensaci bene, magari hai fatto tu qualcosa di sbagliato» iniziò convinto. «Forse non avresti dovuto provare le scarpe in vetrina, e avresti anche potuto evitare di chiamare la commessa del negozio "Stronza" e "Puttana"...»

Mi stupii della stupidità di Peter.

«No!» sbottai, tornando normale.

Aveva sbagliato tutto, i miei insegnamenti non gli erano serviti a niente.

«No?»

«No!»

Mi misi una mano sulla fronte e chiusi gli occhi, pensando ad una soluzione. Poi ritornai a guardare Peter, che ora era spaventato.

«Ti sei dimenticato di tutto quello che ho detto?! Devi sempre incoraggiare le ragazze, mai dar loro torto. E poi in mezzo alla frase mettici qualche complimento qua e là. Capito?»

«S-sì, ora sì.» Rispose Peter, incerto.

Dal suo sguardo capii che dovevo calmarmi, così presi un respiro profondo e dissi: «Sai che c'è? Riproviamo.»

È lì ricominciai il mio "teatrino".

«Ero dalla mia amica Natasha, insieme alle mie due ancelle Stacy e Caisy. Avevo appena comprato degli orecchini da urlo, e continuavo a dondolare la testa sperando che quelle troiette se ne accorgessero. Poi Natasha mi fa: "Jenna, hai il torcicollo?", e io le faccio: "No idiota, volevo mostrarti i miei orecchini! Che oltretutto costano più di te". Allora lei dice: "Stronza, quelli sono del mese passato", e io: "Stronza, quella ridicola sciarpa è del mese passato". E poi abbiamo avuto un battibecco davanti al negozio di Calvin Klein, ma quello non c'entra. Ha osato dirmi che avevo la fronte troppo larga!» sbottai, annoiato.

«Che cosa?!» esclamò Peter, battendo un pugno contro il tavolo. «La tua fronte è perfetta! La più bella fronte che abbia mai visto nella storia delle fronti!»

«Okay, non esagerare.» Feci, tornando per un attimo normale.

«Ricevuto» disse lui, poi continuò, mettendosi le mani sui capelli: «Sono così arrabbiato! Questa Natasha la pagherà cara, lei e la sua sciarpa da quattro soldi!»

«Bravo!» esclamai, fiero di lui.

«Come sono andato?» domandò Peter, sorridendo.

«Niente male, ma dobbiamo lavorare sui complimenti.» Dissi.

Lui fece le spallucce, un po' imbarazzato.

«Ora sei pronto per la fase successiva, la regola 3» affermai, mostrandogli tre dita. «Dolcezza.»

«Dolcezza?» Fece Peter, perplesso. «Non dovevo essere un duro?»

«Sì, ma alle ragazze piacciono i tipi dolci, che le facciano ridere, che le facciano tanti regali, e che si lancerebbero da un treno per loro. Vogliono ricevere una rosa ogni singolo giorno della loro vita, sentirsi davvero amate!»

«Questo mi sembra molto esagerato.» Commentò Peter, serissimo.

«Lo è» ammisi io. «Adesso stai a vedere.»

A Peter serviva un esempio pratico di come si corteggia una ragazza, e io ero davvero un gran corteggiatore.

«Certo...»

Così mi guardai attorno con curiosità e puntai gli occhi sulla prima ragazza che mi capitò sotto lo sguardo. Mi girai verso Peter e gli rivolsi un sorriso malizioso, poi mi alzai dalla sedia e camminai a passo sicuro verso la bionda che stava mangiando un piatto di insalata, ad un tavolo dal nostro. Mi inginocchiai davanti a lei, attirando la sua attenzione, e sorrisi.

«Hey, ragazza carina.» Dissi, facendole un cenno con la testa.

Le sue gote diventarono rossastre, mentre accanto a lei le sue amiche avevano cominciato a fare versi striduli ed entusiasti.

«Lascia che ti versi un po' di olio...» Così dicendo, presi l'olio che teneva accanto a lei e le versai qualche goccia nel piatto, sempre continuando a guardarla. Com'era possibile che riuscissi a rimorchiare con dell'olio? Per me era fin troppo facile.

La ragazza era totalmente presa dai miei occhi azzurro ghiaccio; in pratica gli occhi azzurri erano uno stemma di famiglia. Appoggiai l'olio al suo posto e mi accorsi della piccola foglia di insalata al lato della bocca della ragazza; fantastico, un'ottima occasione per entrare in azione.

«Oh, sei un po' sporca di insalata.» Dissi, imbarazzandola un pochino.

Presi il tovagliolo di fianco al piatto e le pulii la fogliolina, mentre lei stava ormai svenendo dall'emozione.

«Ecco fatto.» Dissi, sorridendo.

Lei mi sorrise e con lei anche tutte le sue amiche.

«Ci vediamo, ragazza carina.»

Appoggiai il tovagliolo sul tavolo e mi alzai in piedi, per tornare al mio posto. Mentre camminavo verso il mio tavolo, riuscivo a percepire le risatine delle ragazze dietro di me. Stranamente mi sentivo meglio. Sorrisi e mi sedetti sulla mia sedia, mentre Peter era rimasto immobile, e mi guardava quasi ipnotizzato. A quanto pare ero stato bravo.

«Ora prova tu» dissi. «Con...» mi guardai intorno. «Quella ragazza.»

La indicai, e Peter si riprese dal suo stato di trance per voltarsi e così scoprire la sua identità.

«Non posso provare subito con Amanda?» domandò, rigirandosi verso di me.

«Stai scherzando?» Feci io, con gli occhi sbarrati. «Con lei non riusciresti a dire nemmeno quattro parole. Meglio esercitarsi con una preda più facile.»

«"Preda"? È così che chiami le ragazze?» Disse Ed, con tono di rimprovero. «Sono delle "prede", per te?»

Sospirai e lo lasciai perdere. Ordinai a Peter di andare da quella ragazza, e -dopo essersi ripetuto dieci volte di essere duro ma non troppo - lui si alzò e a passo sicuro andò da lei. Avevo fiducia in lui, sapevo che ce l'avrebbe fatta. Lo osservai mentre parlava timidamente con quella ragazza, ma per quanto le mie orecchie si sforzassero ero troppo lontano per sentire il loro dialogo. Quando tornò e si sedette sulla sedia, la mia curiosità era al massimo.

«Come è andata?» domandai, sorridendo.

Il suo sguardo non era rassicurante.

«Beh... l'ho fatta ridere» disse, con un tono triste. «Ma non credo in senso positivo...»

Sospirai. Avevo fatto bene a fargli fare pratica con quella ragazza, con Amanda avrebbe fatto di sicuro una figuraccia. Un po' mi dispiaceva per Peter, ma non doveva mollare.

«Okay, abbiamo ancora tanto lavoro da fare.» Affermai, tornando a mangiare ingordamente il mio hamburger.

//ANGOLO AUTRICE//
*Si rialza con fatica da terra, piena di ferite causate da forconi e da armi da fuoco*
*Cori angelici* Ho aggiornato.
Mi dispiace di non aggiornare spesso, ma RAGASHI STATE TRANQUILLI CHE LA STORIA LA FINIRÒ ANCHE A COSTO DELLA VITA (e quelli che mi conoscono lo sanno bene😏)
Comunque... credete che Peter riuscirà a conquistare Amanda? Io ho qualche dubbio, ma chissà...
Al prossimo capitolo, bye👋🏻❤

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