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titoli di testa: se avete piacere, leggete prima la descrizione e, come sempre, tw: smut!














                               🎭

Che quella giornata sarebbe stata un disastro, Simone lo aveva capito prima ancora di arrivare al lavoro, imbottigliato nel traffico infernale della città che andava solo ad aggiungere minuti al suo già forte ritardo.

Non è solito trovarsi in tali contesti, lui che della puntualità ne fa un personale vanto, così come di altre capacità ben indicate nel curriculum e che non si esime dallo sbattere in faccia a quanti dei suoi colleghi paiono invece ribellarsi alle norme di civile collaborazione.

Certo, forse dovrebbe ammettere di avere un problema con il controllo, uno che lo porta a strabordare oltre i suoi stessi confini fino a imporsi sull'operato degli altri se non ottiene gli standard voluti, ma tutta la buona volontà di fare autoanalisi viene spazzata via ogni volta in cui si trova davanti ad incompetenza o, come si rende conto appena raggiunge in corsa la destinazione, palese volontà di scavalcarlo.

C'è già la porta chiusa e un vociare concitato a giungere dall'ingresso del suo ufficio nel quale subito si precipita per trovare pure i vari fogli sulla scrivania – di solito ben raccolti – completamente scartabellati e, soprattutto, quell'appuntamento delle nove, pronto a volgere al termine senza che Simone possa avervi contribuito un minimo.

Nemmeno ha bisogno di guardare in faccia l'artefice del disastro in corso, sia perché una solo persona ha tale capacità rodata di portarlo in due minuti ad avere valori pressori e cardiaci fuori controllo, ma anche perché, a fugare ogni dubbio sull'identità dello scellerato, arriva la rabbia della signora seduta dal verso opposto del tavolo.

Tradisce un forte accento partenopeo, a cui ormai Simone così come gli altri colleghi nel tempo si sono abituati, la voce che, forse per la prima volta da quando ha memoria, inveisce contro chi le sta difronte.

"Ma fuosse scem Manue'?'" rimprovera, adoperando la classica modifica del nome che per una volta non mostra alcun tipo di affezione "t'aggia purtate pure e' carte firmate!, che vai cercanne ancora? E dice ca' non vuoi fatica', allora!" insiste battendo anche il palmo sul legno intarsiato.

Contrariamente a quanto si sarebbe aspettato però, dopo la sfuriata, non c'è particolare turbamento nel volto del destinatario delle parole.
"Signora Rossana" replica calmo "le ho spiegato che la sua proposta non può trovare applicazione al momento. La mia è una decisione definitiva e la pregherei per questo di non sottoporla ad altri colleghi, men che mai al dottor Balestra che di certo ha questioni più importanti a suo carico."

E il dottor Balestra, chiamato in causa, si ritrova a dover sbattere un paio di volte le palpebre .
Che, prima di poter capire che razza di proposta possa aver ricevuto un veto così categorico, gli occorre pure un attimo in più per controllare di non aver lasciato una pozza di saliva a terra o di non essere finito a carponi sul pavimento di ceramica.

Sia chiaro, non ha particolari preferenze in certi ambiti, non è uno di quelli che alla domanda cosa guardi in un uomo? risponde non saprei, forse gli occhi, le mani o altra roba del genere, ma, per la sicurezza nelle proprie azioni, per la capacità di mantenere il pugno fermo senza tentennare, sa di avere una debolezza che in qualche modo Manuel Ferro riesce sempre ad individuare.

Si tira fuori dalle fantasie inopportune del suo cervello ipertrofico a fatica, giusto in tempo per vedere la cara signora Rossana folgorare entrambi con lo sguardo, poi con un dito alzato sussurrare a bassa voce qualcosa che suona spaventosamente come un'anatema e infine uscire dalla stanza sbattendo così tanto la porta da far tintinnare la chincaglieria sul tavolo.

E' già saltato alla giugulare di Manuel prima che quello possa aprire bocca o che lui stesso possa decidere di fare altro, una sequela di offese arrabbiate che scandisce senza interruzione, togliendogli pure il tempo di rispondere.

"In tre anni che sono qui lei è sempre stata un amore con me! Una donna dolcissima!" digrigna a denti stretti "arrivi tu e crei scompiglio! Ce la metti contro! Sai quanto perdiamo se Rossana va via? Sai come incide sul capitale della società?"

Un lampo pare attraversare gli occhi di Manuel mentre lui lo tiene ancora per il bavero della camicia.
"Il capitale della società?" ripete incredulo spingendolo a sua volta "questa ci tratta come figli da quando abbiamo messo piede qua dentro e il tuo problema è il cazzo di capitale della società?"

Simone sente distintamente la parte bassa della schiena collidere con la scrivania in un dolore sordo e porta i palmi a tenersi sulla superficie alle spalle per non perdere l'equilibrio.
"Beh qualcuno dovrà pur pensarci!" ribatte sempre furibondo "possiamo fare tutte le attività benefiche che vogliamo ma senza i soldi di grandi investitori come lei, te lo sogni che la cooperativa possa mantenersi da sola!"

Si passa una mano sul volto, quasi a tirare via la fatica accumulata in quei cinque minuti scarsi e "tu vivi di ideali Manuel" continua "fatto che per quanto mi riguarda non è mai stato un problema finché il tuo lavoro di supporto e insegnamento lo fai bene, ma le cose più pratiche le devi lasciare a me" chiarisce con il pollice volto a se stesso "e diversamente da quanto puoi credere, io pure so voler bene... ne voglio molto a Rossana, ma devo volerne ancora di più alle persone che accogliamo ogni giorno qua... è una responsabilità che ho" poi, giusto perché non può evitare di mettere a segno l'ultima stoccata "ogni tanto dovresti provare quest'ebbrezza anche tu", conclude.

Osserva la faccia di Manuel cambiare dieci espressioni facciali in pochi secondi, la bocca aprirsi come se volesse dire qualcosa – Simone è piuttosto sicuro che non gli lascerà passare facilmente questa filippica – invece "si vede che abbiamo un concetto di voler bene diverso tu ed io" attesta soltanto prima di superarlo ed allontanarsi dall'ufficio.






Come previsto, per tutto il resto del giorno è tormentato dal pensiero di quel litigio.

Non che sia il primo avuto con il collega – c'è una sorta di forza invincibile che lo porta a perdere la sua proverbiale pacatezza ogni qualvolta Manuel gli respira anche solo vagamente vicino – eppure negli ultimi tempi credeva avessero raggiunto una tregua, anche solo per evitare imbarazzi dovuti a questioni passate.

A discapito dell'idea che deve essersi fatto quello poi, Simone non è una macchina senza cuore, anzi, rimpiange ogni giorno alcune scelte compiute, avverte persino i conati di vomito nel ricordare l'unilateralità delle stesse, la velocità con cui, senza darsi troppo tempo per rimuginare, ha messo un punto finale a qualcosa che aveva anelato per mesi.

Sentimenti e lavoro non possono andare d'accordo, lo ha sempre saputo, eppure come un imbecille era riuscito ad innamorarsi di Manuel in tempo record, gli era bastato vederlo all'accoglienza dei bambini nella sala d'attesa dell'ufficio, i vari genitori impegnati a discutere di beghe burocratiche e amministrative per ottenere uno straccio di casa popolare dal comune e quei piccoletti lì, spaesati e forse pure impauriti, a non capire cosa stesse succedendo.

C'era stato un periodo in cui si era messo persino in testa di portare alcuni di loro nella scuola serale dove insegnava nel weekend.
"Sti ragazzini devono ave' le stesse opportunità di tutti quanti Simo'!" gli diceva fomentato "le stesse che ho avuto io, pure se la situazione a casa non era delle migliori! Solo perché non so' nati sfonnati de soldi non vuol dire che non se devono realizza'!"

Ci provava allora a spiegargli che non era tanto facile, che mettere dei minori in mano a chi non era il tutore designato comportava dei guai non da poco, così come dare più di ciò che i fondi della cooperativa potessero garantire risultava – carte alla mano che Simone da responsabile della contabilità conosceva fino all'ultimo rigo – praticamente impossibile, eppure quello non si lasciava fermare.

In sei mesi scarsi aveva infatti creato una rete di donazioni solida, complice anche la sua estrema capacità di affabulare il prossimo con discorsi convincenti o, e questa era la parte che il più piccolo meno preferiva, moine e attenzioni alle quali nessuno resisteva.

Se ne stupiva poco comunque: Manuel era bello e abbastanza cosciente di esserlo, ma sapeva anche diventare un perfetto muro di gomma verso eventuali complimenti ricevuti che rimbalzava con un'umiltà invidiabile.

Era poi riuscito persino nell'ardua impresa di coinvolgere Simone in alcune attività ludiche organizzate per i bambini, facendolo venir fuori dalla sua caverna fatta di numeri e pec, per portarlo a colorare con le tempere tanti piccoli visetti entusiasti.

Un po' avvampa ancora nel ricordare lo stupore negli occhi di Manuel quando lo aveva scoperto così portato per il disegno.

"Non m'avevi detto d'esse la reincarnazione de Giotto" gli sussurrava passando vicino mentre una bimba fra le sue braccia chiedeva insistentemente le ali da farfalla sulle guance.
Simone si schermiva, cercava di non perdere la concentrazione sul musino di gatto che doveva realizzare e "sono solo scarabocchi, Ferro... e poi non me l'hai mai chiesto" borbottava.

L'altro non era affatto d'accordo e avrebbe continuato a renderglielo noto se non fosse stato per le lagnanze della creatura che gli si dimenava tra le braccia.
"Ti piace la maschera, piccole'? Sennò gliela fai fare a lui che disegna meglio, mh?" sorrideva guardandolo di sottecchi.

Simone a stento sapeva come aveva raggiunto la fine di quella giornata.

Per quanto lo riguardava, Manuel da solo era già letale, non c'era bisogno di vederlo all'opera in ciò che pareva una specie di test attitudinale per futuri genitori, grazie tante.

E non può farsene una colpa quindi se, pochi giorni e qualche altro evento da condividere più tardi, ci era finito a letto.
Né tantomeno riesce a darsi più di tanto contro per il chiodo fisso che gli è rimasto a seguito di quella esperienza.

Senza cadere in blasfemie involontarie, direbbe che si sente come i fedeli che hanno visto l'arrivo del Messia e da lì hanno suddiviso e scandito il tempo, la storia, tutto: così pure per Simone c'è un prima e un dopo Manuel Ferro.

Non ha avuto grandi esperienze amorose in vita sua, spesso spaventato da soggetti con faccia innocua, ma atteggiamenti torbidi che teneva a debita distanza, poi però gli era piombato davanti questo ragazzo che possedeva tutti i requisiti per ricadere nella categoria del mascalzone e lui ci era finito sotto.

Manuel gli aveva fatto conoscere la differenza fra il sesso frettoloso, annoiato e la venerazione che si può avere per un corpo, la capacità quasi metafisica di connettersi poi dalla carne all'anima, non avere scopo se non quello di appagare in ogni senso l'altra persona, rendere intollerabile insomma per Simone anche solo l'idea di sfiorare chiunque non fosse lui.

Un mese intero si era tenuto stretto quel rapporto, dopo, come sempre fa per ciò che sente di non meritare, aveva mandato tutto all'aria.
Troppe cose in ballo a tormentarlo, dagli ultimi fondi sbloccati con fatica, fino al permesso a costruire per finalmente mettere su lo spazio ricreativo per adolescenti su cui tanto avevano lottato.

Batte una, due, tre volte la testa contro la scrivania davanti a sé, mugugna un sei un coglione a mezza bocca e viene colto sul fatto da Giulio il quale non si stupisce neppure per le scene di auto-flagellazione a cui a cadenza quotidiana assiste.

"Ancora a pensare là stai, eh?"
"Se ti riferisci alla gara d'appalto con i termini in scadenza a fine mese– sì Giulio, ci penso parecchio."
"Ho concluso l'accordo stamattina, per tua norma e regola" ribatte quello mentre gli posa dei documenti sotto il naso  "qui c'è la tua copia dell'accordo e tutti i dettagli economici di cui puoi aver bisogno. Come puoi vedere, la gara è stata vinta dall'appaltatore che aveva già avuto un incontro con Manuel per capire meglio la nostra idea."

E' terribilmente irritante l'espressione che mette su quando Simone solleva la testa dai fogli per guardarlo in cagnesco.
"Che c'è che me fulmini? Ti sto solo spiegando, non ho detto niente di strano!"
"E continua a non farlo..." replica quello stizzito prima di tornare a leggere.

Non fa in tempo ad abbassare il capo che "ah!, e vedi questo punto" indica Giulio a metà pagina "qui abbiamo avuto un vantaggio enorme, saranno almeno cinquemila euro risparmiati perché Manuel ha saputo convincerli! E pure sotto, dove leggi riduzione di IVA, sempre Manuel è riuscito a-"

Simone non ha alcun interesse a sentire ancora questo strazio.

"Basta così!" sbotta interrompendolo "si dà il caso che sappia perfettamente quanto Ferro sia competente e preparato in ambito lavorativo!" e si ritrova in piedi a girare per la stanza senza nemmeno sapere come "sono stato io il primo ad insistere perché ti affiancasse nelle contrattazioni, non ho certo bisogno che me lo si ricordi ogni rigo di questo benedetto documento!"

"Ma infatti non penso che quello lavorativo sia l'ambito che ti deve interessare di Manuel."
"Ed è qui che ti sbagli! Ciò che fa il collega Ferro nel suo tempo libero non è affar mio."
Giulio come al solito non si scompone ma, voltandosi sulla seduta per fissarlo negli occhi "ao" dice, perdendo in un attimo l'atteggiamento impostato "non è che se continui a ripete sta stronzata poi diventa vera... guarda che a Giulietto tuo non lo freghi!"

Simone si imbroncia e porta le braccia al petto in una chiara posa difensiva.
"Anche se- anche se a me interessasse qualcosa" comincia a testa china "non è più importante! Manuel mica ci pensa a me! Vedi come mi tratta ormai!"
"E che dovrebbe fa'? C'avevi paura che a starci insieme se potevano rovina' i rapporti di lavoro e allora l'hai mollato riempiendolo de fregnacce! Se vede come vanno bene le cose tra di voi mo... na favola! Un genio sei!"

Vorrebbe dirglielo Simone che si dà già del cretino da solo per quanto fatto, che se potesse tornare indietro almeno eviterebbe di dire a Manuel che non voleva niente di serio, che la notte per addormentarsi deve imbottirsi di sonniferi e certe volte manco vuole farlo, tanto i sogni sono sempre uguali e la mattina gli tolgono ancora di più la voglia di venire in ufficio a fingere che vada tutto bene.

Ma più di ogni altra cosa vorrebbe anche ricordargli la responsabilità che hanno addosso, che ogni energia profusa nella cooperativa deve andare a favore dei loro assistiti e che, se all'amico ha detto bene di fidanzarsi e poi sposarsi con la legale designata dalla società per le donne vittime di violenza di genere, non è detto che pure per lui ci sia la stessa fortuna.

E Simone proprio non può permettersi di rischiare e, nel caso, mandare all'aria un lavoro di anni.

Perciò, "senta avvocato Palmieri abbiamo finito qui?" domanda freddo e con un dito ad indicare i fogli sul tavolo "se non le dispiace, avrei molto da lavorare"
L'amico non pare prendersela per il trattamento ricevuto, anzi annuisce veloce, si tira su dalla seduta e raccoglie le proprie carte.
Solo una volta arrivato alla porta "levate sto vizio de chiamacce per cognome" borbotta "soprattutto a quell'altro! Ve siete calati la lingua fino all'intestino per un mese, mo se ne viene con il collega Ferro... ridicolo!"

Lo slam! dell'anta che sbatte è ciò che sente prima di poter replicare.
















                                🎭

Forse è solo una sua impressione, ma quella mattina Manuel si alza già con l'idea che qualcosa non vada.

Non sa nello specifico cosa sia e passa tutto il tempo che da casa lo conduce al lavoro a chiederselo avviluppato su un pensiero che batte da un lato all'altro della testa come uno sciame di fastidiosi insetti.

Si distrae fortunatamente nel seguire i giovani ospiti della cooperativa, un'attività che lo tiene impegnato il tempo che serve a mettere da parte le inspiegabili ansie giornaliere, almeno fino alla prossima riunione con il reparto contabilità cui è chiamato a presenziare.

Non ama molto quell'aspetto del proprio lavoro ed è terribile se pensa che fino a poco prima era forse il suo momento preferito: gli scambi di sguardi in ufficio, a volte persino i flirt spudorati, per non parlare dei contatti fugaci che ancora a distanza di mesi ne provocano un tremore leggero alle mani.

Si dà del patetico da solo, del ragazzino che non riesce a controllare gli ormoni solo perché un viso dolce lo ha intercettato circa tre anni fa e da allora non riesce più a toglierselo dalla testa.

Ciò che poi lo manda ai pazzi è il modo in cui ha creduto davvero di poter costruire qualcosa di stabile, lui che ha sempre avuto problemi a legarsi seriamente, quella volta sentiva di non desiderare altro: lo spirito riottoso, gli atteggiamenti da spaccone, il terrore di non essere più indipendente, tutto dimenticato in favore di Simone Balestra e dei suoi occhi enormi che parevano leggergli nell'anima.

Aveva anche tenuto un atteggiamento respingente all'inizio – come sempre faceva per le cose che non comprendeva a pieno e che per tale motivo lo spaventavano – il collega che tentava di metterlo a suo agio e Manuel a rifiutare ogni tipo di approccio.

Ci era voluto qualche mese, la faccia dispiaciuta del più piccolo a tormentarne pure i sogni e le reprimende continue di Chicca e Matteo se raccontava loro le sue epopee lavorative, per rendersi conto che quanto stava facendo era in realtà un contorto e discutibile metodo di corteggiamento.

Nei giorni successivi aveva cominciato ad osservare Simone in maniera costante e si era sorpreso nel notare che, anche fuori dalla sua zona di comfort – intento com'era ad evadere richieste di disegni sempre più bislacche – sapesse eccellere senza particolare fatica.

Se avessimo dei figli, sarebbe un genitore meraviglioso, aveva pensato mentre lo guardava giocare con un paio di bambini, salvo il secondo successivo girare le spalle ai visetti che lo guardavano curiosi solo per tirarsi una sberla in pieno viso nella speranza che gli riattivasse le sinapsi.

Non si era stupito comunque del cambio di passo fatto da lì in poi, del desiderio di compiacere Simone, certo sempre con una leggera tendenza a punzecchiarlo, che fosse con qualche piccolo scherzo innocente o affibbiandogli dei nomignoli che – Manuel se ne era reso conto da subito – provocavano più di qualche reazione all'altrimenti imperturbabile collega.

Allora piccolé era diventato il soprannome preferito quando voleva ribadire la differenza d'età, mentre amore mio ancora di più, usato in tono quasi canzonatorio a chiusura di qualche discussione, serviva solo per un personalissimo piacere di vederne le gote colorarsi di rosso.

Da parte sua, era sicuro, pure Simone partecipava a quello strano gioco, o altrimenti non si spiegava come mai, fissandolo da dietro della scrivania, ci tenesse a chiarire che la scelta di appellarlo sempre col patronimico "è solo un mio modo di mostrare quanto rispetto ho per lei, Ferro."

Manuel impiegava tre secondi per afferrargli il viso fra le mani e soddisfare il desiderio di deferenza del collega.

Non vuole perdersi in sentimentalismi che raramente apprezza, ma, nel mese trascorso da lì in poi, aveva pensato di vivere una sorta di preludio per quella che sarebbe potuta essere la loro vita insieme, come se avesse capito, a 28 anni suonati, che ogni cosa fatta fino ad allora fosse servita solo per arrivare a Simone.

Ed era per tale motivo che, la velocità con cui gli veniva tolta tale certezza – per altro dalla persona che ingenuamente credeva condividesse le sue stesse sensazioni – lo destabilizzava al punto da fargli crollare il mondo addosso.

Sono trascorsi sei mesi e dodici giorni, non che stia portando il conto, da quando Simone gli ha illustrato con un'efficienza ai limiti del criminale ciò che davvero pensava del loro rapporto e di quale natura avesse.
E, per quanto Manuel sia ben consapevole che i vari cuore infranti causati in gioventù prima o poi avrebbe dovuto scontarli, ritiene pure che la mazzata ricevuta in quel frangente, sia stata del tutto sproporzionata.

A prendersi più di chiunque sul personale la sua situazione, e annesso stato di salute mentale precario, era stata poi la signora Rossana, convinta in modo categorico della impossibilità che due come loro non fossero destinati a stare insieme.

Buttava in mezzo discorsi astratti sul destino, le anime che si rincorrono nelle pieghe del tempo e pure i segni zodiacali perfettamente compatibili, lo invitata ad un'onestà verso Simone che lui non voleva più mostrare, troppo scosso per esporsi e, purtroppo, anche ben capace di ferire a sua volta se la situazione lo richiedeva.

"A quello lo devi trattare bene, Manue'... dovete essere sinceri tra di voi, non hai capito ancora che siete fatti per stare insieme?"
Manuel scuoteva il capo, le ripeteva per l'ennesima volta quanto si sbagliasse, che lui ha fatto il guaio, non ho capito perché devo risolverlo io, spiegava.
"Tu non ti preoccupare che la cantata l'aggia fatt pure a chill atu scem" era la risposta.

Il punto di non ritorno anche con lei l'aveva raggiunto poco dopo, durante il provvidenziale ritardo di Simone e il suo intervento a sostituirlo solo per sentire le fantasiose idee dell'anziana signora che di propria iniziativa aveva tentato di mettere entrambi in un bel pantano.

A ripensarci, è ancora turbato dal suo scatto di rabbia, ma ancora di più dagli sguardi di fuoco e seguenti versi incomprensibili di cui è stato destinatario.
E' piuttosto certo, anzi, che abbiano a che fare con la strana angoscia che lo accompagna da tutta la mattina, ma, mentre prende un gran respiro davanti alla targhetta «Simone Balestra - Responsabile commerciale» e bussa, cerca di non darci troppo peso.









Simone gli fa cenno di accomodarsi senza nemmeno alzare la testa dal computer e Manuel si chiede come sia possibile che abbia allo stesso tempo voglia di spaccargli la faccia e di calargli la lingua in gola.

Va anche per dirlo quanto lo trovi fastidiosamente irritante, già pronta una provocazione che condurrà soltanto ad un litigio infruttuoso, eppure "se non fossi cosi bello da rincoglionirmi, t'avrei già spaccato quella faccia da schiaffi che c'hai" attesta senza riuscire a fermarsi.

Sbarra gli occhi così tanto da temere che gli si stacchino per rotolare come biglie al pavimento, poi vede il volto difronte al suo fare la medesima cosa e, nello scambio di sguardi che segue, invoca col pensiero che una botola si apra sotto i piedi e lo inghiotta fino al centro della terra.

"Tu stavi- uhm" comincia Simone ma si interrompe in palese difficoltà "era un modo contorto di farmi un complimento o cosa?"
Perché?, ha funzionato?, pensa Manuel ma non dice.
Questa volta, si ripromette, starà molto attento prima di parlare.

"Perché Simo'? Ha funzionato?"

O forse no.

Lo sciaff! del palmo che preme sulla bocca risuona tanto forte da preoccuparlo di essersi rotto la mandibola nel gesto, ma è comunque un problema secondario rispetto a quello di – a quanto pare – non riuscire ad avere il controllo delle proprie attività verbali.

Non fa in tempo a farsi cogliere dal panico che il "figurati Ferro, quando lo fai tu funziona sempre", pronunciato da un Simone palesemente inorridito dalle sue stesse parole, lo riporta a contatto con la realtà.

C'è un lungo momento nel quale si guardano a vicenda, le facce sconvolte e il silenzio compiuto attorno quasi che entrambi abbiano timore di quello che, parlando, potrebbe uscire dalle rispettive bocche.

Poi il più piccolo si ridesta, emette un paio di colpi di tosse e "ti- ti ruberò poco tempo... mi serve giusto un'occhiata a questi documenti" riprende come se nulla fosse accaduto, come se non avessero appena partecipato pure lui ad un tentativo di flirt dagli strascichi imbarazzanti.

Ma certo, fingiamo che non sia successo niente... tanto sei abituato a comportarte così, riflette Manuel.

O almeno crede di farlo.

L'espressione interdetta che si trova davanti sembra comunicare altro.
Vede apparire a velocità rallentata sul volto di Simone la dolorosa presa di coscienza seguita da uno sguardo mortificato, forse dispiaciuto.

Manuel non sa quale maleficio abbia subìto – sebbene lo assalga il dubbio che non ci sia bisogno di scomodare entità ultraterrene quanto piuttosto semplici ficcanaso napoletane – fatto sta che non è disposto ad affrontare la questione così, rischiando un'umiliazione irreparabile.
"Procedo e te li faccio riavere" replica allora arraffando con violenza i fogli dalle mani di Simone e scappando via.

Mentre torna nel suo di ufficio realizza che, se avesse trascorso un secondo in più là dentro, nulla l'avrebbe fermato dall'implorare l'altro di rimettersi con lui.

Per buona misura, si chiude a chiave nella stanza fino a che pure l'ultimo dipendente della cooperativa se ne è andato.










Come aveva immaginato, la signora Rossana ha deciso di inguaiarlo con un sortilegio.

Non che servisse una esplicita ammissione di responsabilità da parte della colpevole, Manuel l'aveva già capito da solo quando, presentatosi a casa della donna ha visto prima la faccia sorpresa di lei e poi la porta sbattuta ad un palmo dal naso.
Ci sono voluti venti minuti e la promessa di non essere nervoso, semmai leggermente terrorizzato, affinché quella si convincesse ad aprirgli.

La segue nel lungo corridoio d'ingresso, quasi inciampa nel gatto bianco e nero che subito gli passa fra i piedi con la fluidità di un serpente, e approda poco dopo nel bel salotto, una tazza di caffè fra le mani e il felino accoccolato sul grembo.

"Se sapevo che venivi mi facevo trovare almeno nu poc aggiustata, Manué! C'ho tutt'e capill scombinate, guarda qua!" dice Rossana specchiandosi in un cucchiaino da the.
Ed è solo perché ha giurato con tanto di indici incrociati e bacetto sopra di non covare rabbia che si trattiene dal dirle che quei capelli glieli strapperebbe uno ad uno dalla testa.

Lei continua ad offrire pasticcini e biscotti come se dovesse metterlo all'ingrasso e, per un lungo momento, quasi gli viene da ridere al pensiero che, se non conoscesse con certezza l'animo buono dell'anziana, la scena in corso avrebbe tutte le carte in regola per diventare il rifacimento di Hansel e Gretel in visita dalla strega cattiva.

Dopo un'abbuffata di zuccheri sufficiente per i prossimi tre giorni, Manuel riesce finalmente ad esternare le proprie perplessità sull'incresciosa vicenda in cui è coinvolto, solo per venir reso edotto che, a seguito della discussione avuta il giorno precedente, lei ha deciso di punirlo togliendogli la capacità di mentire a Simone.

E lo ha promesso, lo sa di averlo fatto – che di solito si fregia anche della capacità di essere un uomo di parola quando serve – eppure quella situazione, Rossana che continua a spiegargli i motivi assurdi del suo agire, il pensiero volato subito alla figura atroce di poche ore prima, tutto pare di colpo troppo e vede già davanti agli occhi una colonnina di mercurio salire fino al punto di fusione per esplodere.

Appena prima di saltare dalla sedia per ribaltare il tavolo con tazze e piatti appresso, un miao piccolissimo arriva a fermarlo.

E' ancora stiracchiato su di lui senza un pensiero al mondo il gatto della donna e lo guarda con un'espressione che priva Manuel di qualsiasi intento bellico avesse sviluppato.
Si sgonfia infatti come un palloncino, una mano sopra la collottola del micio per coccolarlo e gli occhi su fino al cielo e poi di nuovo verso la figura di Rossana attenta ad ogni sua espressione.

"E ja, non mi guardare accussì... l'ho fatto per il tuo bene!"
"Per il mio– per il mio bene?!" ripete sconvolto "ma chi ti ha chiesto niente! Tu mi hai rovinato Rossana!"
"Ehhh e che esagerazione! Teatrale come quell'altro si tu! Je t'aggia fatto nu favor!, vedrai Manuele che non finirai mai di ringraziarmi!"

Manuele ha davvero forti dubbi a riguardo.
















🎭

Simone non è solito arrivare a conclusioni affrettate, ma, a giudicare dalla quiete degli ultimi giorni, gli sembra piuttosto evidente che Manuel lo stia evitando.
Non che la cosa debba interessarlo, anzi, dovrebbe essere lui in primis a non volerlo vedere.

Che c'è pure in ballo la questione di Rossana – ammette di non averla presa benissimo quando l'ha scoperto – del sortilegio per il quale se mai dovesse incontrare quel delinquente non riuscirebbe a mentirgli, e allora forse è meglio che stiano lontani.

Forse.

Sarebbe così sbagliato se ci ripensassi?, si chiede per l'ennesima volta mente colpisce compulsivamente il tappino di una povera penna, se non riuscissi più a nascondermi e gli dicessi le cose come stanno?

D'altronde non sarebbe nemmeno lui, lui a confessare, ma piuttosto verrebbe influenzato da un potere impossibile da tenere sotto controllo, una necessità fortissima di essere onesto e ammettere che nulla di ciò che è uscito dalla sua bocca negli ultimi mesi sia vero, a cominciare dal fatto che non lo voglia.

Simone lo vuole tantissimo, se non fosse ancora chiaro.
Anche se Manuel lo porta ad avere idee ai limiti del normale, idee che con nessun altro lo sfiorerebbero mai, come ad esempio il bisogno disperato di averlo quanto di sentirsi suo.

Che figura ci farebbe se lo avesse davanti in quel momento e non sapesse trattenersi dal dirglielo?
Nella più rosea delle ipotesi quelli ne rimane turbato, non si aspetta di certo che Simone possa essere così sporco, e lo manda via malamente con anche un lieve terrore ad agitarlo.

Oppure no.

Magari non lo sa, ma Manuel lo desidera in egual maniera, magari lo attira a sé con forza, il viso stretto fra le mani come sempre faceva prima di baciarlo, poi un sorriso strafottente e giusto qualche parola di possesso a sciogliere del tutto le resistenze di Simone.

Non può correre il rischio di rimanere nel dubbio.

Se deve patire la sofferenza di una sincerità imposta con Manuel, vuole che anche l'altro gli dia la stessa soddisfazione.

La stanza nella quale è recluso dall'inizio della storia comincia a stargli davvero stretta, tutti i vari personaggi sono passati a fargli visita, ognuno si è pure costruito la propria scena e ritagliato un ruolo di rilievo, mentre lui è rimasto fermo in un angolo ad adeguarsi ad un copione che non gli appartiene.

Non gli resta altro che superare la quarta parete e uscire da questa farsa.






Di tutto il discorso che si era preparato in testa, non ricorda neanche una parola.

Legge e rilegge il cognome sul citofono, come se fosse la prima volta che lo sente.
O come se, per un mese, non avessi passato ogni minuto libero in questa casa, gli fa notare una voce interiore.

Manuel gli apre giusto in tempo per evitare
che i ricordi di tutte le notti passate là dentro arrivino a distoglierlo dalla serietà dei suoi stessi propositi.
Eppure a vederselo così davanti la porta – un Simo'? quasi strozzato per la sorpresa e gli occhi che increduli ne percorrono la figura da sopra a sotto – Simone realizza ancora di più ciò che già sapeva.

Vuole tutto questo per sempre.

Non sa bene come spiegarlo, in che modo rendere credibile qualcosa che lui stesso stenta a capire per quanto sia, e non potrebbe essere altrimenti manco a provarci, la verità assoluta.

Inaspettatamente a tirarlo fuori dall'impasse è proprio Manuel, il quale sembra vivere un identico tormento, a giudicare da come si dimena sul divano manco fosse un covo di spine e tortura le mani ansioso.
Non ne capisce i motivi però, alla fine è solo lui il poveraccio che è stato maledetto da Rossana e perciò reso più vulnerabile, giusto?

"Se sei venuto per quei documenti, Simo'..." gli sta dicendo a bassa voce "non c'è bisogno, te li avrei portati domani"
"Non sono venuto per i documenti"
C'è un leggero velo di confusione negli occhi di Manuel, la intercetta un attimo prima che distolga lo sguardo dal suo.
"Allora perché sei qua?"
Simone, come già capitato in ufficio il giorno prima, sente la bocca muoversi da sola.
"I bimbi oggi ti cercavano... sapessi come sono rimasti male quando ho detto che non c'eri"

E – tecnicamente – non è una bugia.

Non è nemmeno la cosa più onesta che potesse dire, certo, ma quei piccoletti erano davvero tristi, tanto di visi imbronciati e piedi sbattuti a terra, per la sua assenza.
Non riusciva a biasimarli comunque, con venti anni di più, avrebbe fatto pure lui la stessa scenata se avesse potuto.

"Ah... i bimbi, ovvio." ma non pare tanto contento di saperlo, anzi sembra che l'informazione appena ricevuta lo abbia deluso parecchio, questo o non si giustifica la furia con cui si alza e inizia a camminare per la stanza "mo io devo crede che tu sei venuto a casa mia, dove per inciso manchi da sei mesi e mezzo, solo per dirmi dei bambini?"

Il no... cioè non solo, è già sulla punta della lingua – non che, pure a volerlo, riuscirebbe a impedirsi di parlare – però Manuel gli si accavalla sopra e "non ti facevo così sadico" mormora lasciandolo interdetto.
"Io– sadico?!"
"Tu hai parlato con Rossana, è così?"
La testa di Simone fa su e giù in totale autonomia, "beh sì– per forza che ci ho parlato, come dovevo fare sennò?"

L'espressione dura che riceve in risposta lo confonde ancora di più.
"E non ti è bastato che te lo dicesse quell'impicciona! Sei dovuto pure venire qui a sbattermelo in faccia!" sembra folle mentre fa avanti e indietro dal tavolo al divano "era necessario? Va bene che non stiamo proprio in buona gli ultimi tempi, ma io non ti avrei mai umiliato così!"

Adesso Simone ne è sicuro, c'è evidentemente qualcosa che non sta capendo.

Si alza a sua volta dalla seduta, prova ad avvicinarsi solo per vederlo indietreggiare con tanto di mani avanti a mettere distanza.
Mentirebbe se dicesse che la scena non gli stia facendo scendere il cuore fino ai piedi.

"Manuel per favore"
"Che vuoi sentire, Simo'?" è la replica a muso duro "quello che potevo dirti già l'hai saputo e quello che potresti chiedermi ora lo ammetterei pure contro la mia volontà– spiegami che bisogno c'è!"

Ci mette un attimo Simone, poi il senso del discorso di Manuel gli arriva come una sberla in pieno viso.
E lo sa che è meschino provare il suo punto a quel modo, ma non può comportarsi altrimenti, non ora che forse ha capito tutto e ha bisogno solo di un'ultima conferma.
"Manuel" lo richiama "ma tu perché credi che io sia qui?"

Vede Manuel lottare contro se stesso per non rispondere, e già gli viene da sorridere, che lui pure conosce bene quella sensazione, la vive identica da quasi 48 ore.
"Perché hai parlato con Rossana" cede sconfitto "perché sai cosa mi ha fatto e hai deciso di venire a sbattermelo in faccia"

Sa che non dovrebbe, che ciò che sta facendo ha un senso ben definito, eppure per un attimo Simone si sente comunque un verme.

"Hai già deciso che è questo il motivo, mh?" domanda mentre quello annuisce in silenzio "e non lo vuoi sapere da me se è così Manu?"
"A che serve? Tanto qualsiasi cosa mi dirai può essere tranquillamente una bugia e–"
"No che non potrebbe"

Se non fosse occupato a cercare di riprendersi l'amore della sua vita, ci troverebbe quasi da ridere nella faccia sconvolta davanti a sé.
"Che cazzo stai dicendo scusa?"
"Fidati" e manco si è accorto di avergli preso una mano fra le sue "chiedimelo perché sono qui"

La domanda arriva con un filo di voce: tanta incertezza su di lui che è sempre così sicuro, a tratti anche arrogante, Simone non crede di averla mai saputa.
Per tutta quella vulnerabilità che gli viene offerta, il minimo che può fare è restituirla allo stesso modo.
"Per stare con te, Manu" scandisce come se parlasse ad un bambino "io voglio stare con te"

Non riesce neppure a dire altro, quanto gli sia mancato in quei mesi o quanto sia consapevole di aver fatto un errore madornale, Manuel gli sta già prendendo il viso fra le mani, la bocca arrivata ad un soffio dalla sua e "giuramelo Simo'", lo interrompe smanioso "Simone giuramelo che è vero"
Non serve la spinta del sortilegio di Rossana per farlo annuire come un ossesso.
"Te lo giuro, te lo giuro– se mi vuoi ancora, io sono qui per te"









Fare l'amore con Manuel gli era mancato da impazzire.

Lo ammette anche, ora che né riesce né ha motivi per trattenersi, e in risposta riceve delle spinte, se possibile, ancora più forti.

"Dio Simo'– mi sei mancato così tanto... sei sempre stato tu, solo tu" gli viene detto all'infinito e, probabilmente, in un altro momento non ci avrebbe creduto, che la facilità con cui il compagno poco prima estraeva preservativi dal comodino pareva contraddirlo, mettere Simone davanti ad una sfilza di scene di sesso occasionale che quello aveva tutto il diritto di praticare.

Non è che se lui si era votato alla castità, Manuel pure–
"Uhm– non posso assicurare che siano ancora buoni questi... sono sei mesi che prendono polvere qui dentro."

Oh.

"Oh."

Lo vedeva poi allarmarsi, un impaccio inedito a mangiarne le parole.
"L'ho detto così, eh– non è che dobbiamo per forza... Cioè io lo vorrei tantissimo, non puoi averne un'idea quanto, ma si può pure fare altro e–"
"Dopo di te non ho avuto nessuno anche io" confessava Simone di getto poi, giusto perché aveva perso tutti i freni inibitori "così è stato più facile continuare a sentirmi tuo in questi mesi", aggiungeva con aria innocente.

Non si era stupito poco dopo nel finire gambe all'aria sul materasso.

Manuel gli sprofonda nelle carni ad un ritmo folle, i piedi ben piantati sul letto e le spinte furiose dei fianchi come se non conoscesse stanchezza, come se prenderlo ancora e ancora fosse la sua missione di vita.

Simone implora di stringerlo, intanto che sua volta gli mette le mani al petto solo per sentire il cuore battere fortissimo e ricordarsi che è lui a provocare questo effetto, che Manuel è suo soltanto e viceversa.
"Nessuno è come te, Manu– mio, sei mio" e non si era preparato a dirlo, ma ora che l'ha fatto pare non riuscire più a fermarsi in questa nenia disperata.

L'altro sbarra gli occhi, porta le mani dai suoi fianchi al sedere su cui preme fino a farlo ansimare, poi sale a toccarlo ovunque come se non bastasse quanto già stanno facendo.
Ne afferra la nuca e con forza gli impone di abbassarsi al suo livello solo per baciarlo in un modo che al piccolo fa scordare persino come si chiama.

E' straziante la richiesta, Simone lo sa, anche senza tramiti magici l'avrebbe comunque esternata con la stessa foga.
"Vienimi dentro Manu– dentro" prega intanto che si libera a sua volta fra i loro stomaci, e quello manca poco che perda i sensi tanto è la furia dell'orgasmo a travolgerlo.

Non gli si stacca di dosso dopo, ma anzi avverte paradossalmente il bisogno di averlo ancora più vicino, per questo lascia solo che Manuel esca dal suo corpo prima di poggiarvi la testa sul petto.
Accetta poi di buon grado le carezze scese dal collo all'ultima vertebra della schiena, un senso di protezione ricevuta che lo rimette in pace col mondo dopo mesi a detestarsi.

Solo un ultimo pensiero ancora è vivo tormento e non può non esternarlo.
Gli occhi difronte a sé già lo guardano trepidanti, come se una qualche domanda fosse comunque attesa.

"Manu" comincia infatti "me lo dici adesso che ti aveva proposto Rossana da rifiutarlo in quel modo?"
L'altro annuisce esasperato, evidentemente non ha molta voglia di rispondere, ma, come al solito, alla sua bocca questo non importa.

"Una scuola– anzi, un istituto per i meno abbienti ad essere precisi... voleva darmi la responsabilità di uno di quelli che gestisce lei."
Simone quasi gli dà una testata nella fretta di tirarsi su a sedere sulle sue gambe.
"Una scuola? Manu, una scuola!" ripete inebetito "tu l'hai sempre voluto... tu sei nato per fare questo! Come cavolo ti è venuto in mente di dire no?"

"Perché c'era una condizione abbastanza pesante e pure assurda per averla– e non chiedermi quale, Simo'!" parte già sulla difensiva "sappi solo che quella maledetta strega se l'è studiato bene il piano"
Il più piccolo inclina appena di lato il capo, il solito sorriso innocente per cui il compagno metterebbe a repentaglio il mondo e, perché non si dubiti mai del suo leggero spirito di contraddizione, "quale?" interroga subito.

Non ci arriva in tempo a tapparsi la bocca da solo Manuel, lasciando così che mezza frase venga comunque fuori, quanto basta a Simone per sgranare gli occhi e afferrarlo dal polso.
"Ripeti scusa?"
"...Col cazzo"
"Manuel– quale condizione?"
"...Che io mi sposassi"

Abbassa poi gli occhi, cerca anche di muoversi, probabilmente per alzarsi dal letto e fuggire dal forte senso di vergogna che prova, ma non gliene viene dato modo.
"E'- uhm" Simone pondera un attimo cosa dire prima di continuare "è un così grande problema il matrimonio per te?"
Dalla faccia che fa, pare evidente che Manuel non si aspettasse quella domanda.

"No... cioè, non è che so scemo eh!, che me svejo na mattina e me sposo il primo che passa, ma con la persona giusta– diciamo anzi che quello è proprio un pensiero fisso, io... sì, con la persona che amo me sposerei senza starce troppo a pensa' e– basta!" sbotta di colpo "sei scorretto, Simo'! Ti ho detto quello che volevi, mo smettiamola"

Annuisce Simone, lascia pure un bacio sulla clavicola a mo' di scuse e poi lo guarda fisso.
"Solo un'ultima cosa voglio dirti–"
"Simone"
"Solo questa Manu, ti giuro che poi non ne parliamo più" promette.
"...Sentiamo 'sta cosa"

E' un sorriso incerto quello che il più piccolo mette su e va solo ad aumentare la confusione dell'altro.
"Tu lo sai" sussurra dopo un po' "tu lo sai che io ti sposerei pure adesso, no?"

Manuel in risposta scuote la testa e si porta un palmo sugli occhi, come se non potesse nemmeno vedere, figurarsi sentire, quello che gli viene detto.
"Simo' non puoi dirmi cazzate solo per farmi contento"
"E' vero, Manu... non posso"

La risata nervosa che stava iniziando ad emettere gli muore in gola nel giro di due secondi.
Sbatte le palpebre più volte, ma nulla cambia: Simone è ancora lì che lo guarda dolcemente e forse aspetta che il suo stupido cervello riprenda a funzionare.

"Hai capito adesso, amore?" chiede pure e Manuel non crede, anzi ne è sicuro, di aver mai amato qualcuno così tanto come lui in quel momento.
Glielo dice sulle labbra, un bacio passionale alla volta che dal letto lì catapulta diversi mesi più avanti, le fedi saldamente al dito e la gioia nei rispettivi occhi mentre si affaccendano fra la scuola e la cooperativa.




Dall'altra parte di Roma nello stesso momento la signora Rossana, con un dolce gattino a zampettarle fra le gambe, è intenta a leggere il biglietto recapitatole assieme ad un enorme mazzo di fiori, l'ennesimo da un po' di tempo a quella parte.

«Come sempre, avevi ragione» recitano le parole che ormai conosce a memoria «non finiremo mai di ringraziarti. – Tuoi S e M.»

E anche questa volta, pensa mentre ravviva con uno schiocco di dita le innumerevoli piante sparse per la stanza, la storia ha avuto il suo lieto fine.









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titoli di coda (nota dell'autrice):

recentemente ho guardato un vecchio film con Vittorio De Sica dal quale poi ho rubato una parte del titolo – il resto è preso da una canzone degli Alan Parsons Project – ma ben poco della trama che, lo so, non ha davvero senso.

In ogni caso, mi sono divertita a scrivere rendendo tutto un po' teatrale e un po' animato come già fatto in altre occasioni ☺️

Grazie come sempre alle paffute per la santa pazienza, soprattutto a Lessina per avermi prestato per qualche rigo il suo meraviglioso gattino e a voi per l'affetto che non do mai per scontato ♥️

Ciao! 🧚‍♀️

P.s: in copertina uno stralcio de "La parete dimenticata" di Franco Guerzoni.

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