Se fossimo stelle
❝Un tutto è ciò che ha principio e mezzo e fine❞
Aristotele, Poetica
Teschio era maledettamente depresso. Faceva un freddo cane, ma la depressione era indifferente alla temperatura, persisteva a prescindere dal clima. Le scale gli ghiacciavano il culo, i jeans non potevano nulla contro quel pallido tentativo di imitazione di marmo, soprattutto perché Teschio i jeans li portava calati molto al di sotto della cintura, perché 1) andavano di moda; e 2) lo facevano sembrare un idiota. E lui adorava sembrare un idiota quando sapeva benissimo di non esserlo. Apparire, lo faceva sentire realizzato. La gente lo guardava, e non vedeva. Era così che Teschio vinceva le sue quotidiane battaglie contro il mondo, apparendo e giocando a nascondino.
Ma quella sera era depresso a tal punto che non gliene fregava più niente. Erano andati tutti a casa, e su quelle scale che metaforicamente, Teschio sperava, avessero prima o poi portato da qualche parte, erano rimasti solo lui, Brenda e Sammy.
― Avete un accendino? ― Non lo avevano. Teschio li squadrò un attimo. Erano amici? Tra di loro, non avrebbe saputo dirlo. Con lui... non avrebbe saputo dire neanche quello. Stavano su quelle scale tutti i giorni, ma essere amici significava stare sulle scale? ― Perché fumi? ― Brenda aveva una voce da donna anche se aveva sì e no quindici anni. ― Tu hai qualcosa di meglio da fare?
In realtà c'era una cena che li aspettava, in tre case diverse, in tre zone diverse del quartiere, in tre famiglie che non c'entravano niente l'una con l'altra, ma alla domanda di Teschio non si poteva che rispondere "no", che fosse riferita o meno alle sigarette. Non avevano qualcosa di meglio da fare. Il giorno dopo si sarebbero visti a scuola, tre classi diverse su tre piani diversi, ma sembrava importante rimanere lì su quelle scale, in quel momento.
― Che cazzo di freddo ― Sammy diceva sempre cose irrilevanti e ovvie, gli piaceva far sentire utili le corde vocali. ― Dovrei cominciare a fumare anche io
A Teschio scappò un sorriso. ― Non sei uno da sigaretta. Non saresti credibile.
― E poi che schifo ― commentò Brenda ― Basta e avanza un amante del catrame ― Andò a sedersi accanto a Teschio, ginocchio contro ginocchio, una vicinanza che con temperature normali non avrebbe concesso a nessuno, perché Brenda, semplicemente, non si concedeva mai.
― Avete ragione ― disse Sammy ― Comunque dicevo tanto per dire.
― Tu dici sempre tanto per dire. Ma perché apri bocca? ― Teschio parlava spesso in flusso di coscienza, adorava mettere a disagio le persone, soprattutto se le persone erano Sammy, ed era un fan della sincerità. ― Sul serio ― continuò ― Perché dici sempre stronzate?
― Ha parlato Aristotele ― La faccia risentita di Sammy era davvero comica, e con quel freddo bastava poco per ridere. I muscoli facciali si contraevano più per impedire ai denti di battere che per altro. Brenda si mise persino a battere le mani, come se Sammy fosse un comico scadente, e lei il suo unico pubblico.
― Sono ovviamente più intelligente di te ― disse Teschio, un dito puntato contro Sammy. ― E scommetto che non lo sai nemmeno, chi è Aristotele.
― Un tizio che si studia a filosofia! ― La risposta fece ridere anche Teschio. Ora nel pubblico di Sammy erano in due, e che due.
― Sei una capra ― Sammy non poté fare altro che nascondere un sorriso. Sì, era una capra. Rubava voti solo perché aveva una faccia da sfigato, e se eri sfigato dovevi per forza aver studiato qualcosa, secondo la logica di tutti i professori scadenti del circondario.
― Perché tu lo sappia, Aristotele era quello che credeva che la Terra fosse al centro dell'universo ― spiegò Teschio. ― Ed era convinto esistessero le stelle fisse.
― E da come lo dici, scommetto che non ci aveva preso...
Teschiò tirò il pacchetto di sigarette con una forza inaudita. ― Ignorante ― Fece cenno a Sammy di ritirarglielo. ― Le stelle fisse sembrano fisse, ma tutto si muove. Mi sembra ovvio.
A Sammy non sembrava così ovvio, e Brenda non ci aveva mai pensato su. Strano, era una che pensava un sacco e studiava filosofia perché gli piaceva l'odore dei libri di scuola, sapevano di inchiostro.
― Che cosa triste, però ― Teschio si voltò verso di lei, il naso a pochi centimetri dalla sua guancia. Sammy la stava già guardando da un pezzo, perché credeva che lei potesse dire qualcosa in sua difesa. Di solito lo faceva. ― Cosa? ― La voce di Teschio era grave, bassa e troppo profonda per un ragazzo di diciassette anni.
― Che tutto si muove ― rispose Brenda. ― Tutto si perde. Le stelle sembrano fisse, ma non lo sono. Non sarebbe fantastico se ce ne fosse una, soltanto una, ferma, immobile, fissa sempre nello stesso punto?
― Teschio ha detto che non può essere...
― Sta zitto, Sam. Brenda sta dicendo qualcosa di molto poetico ― Teschio era uno che credeva molto nella poesia, soprattutto nella poesia pura ed essenziale di una ragazza di quindici anni che non si concedeva mai.
― No ― ribatté Brenda. ― Non era niente di poetico. Era solo un'idea stupida.
― Io credo di essere una stella fissa ― disse Sammy, e il pacchetto di sigarette di Teschio lo colpì un'altra volta. ― Ecco ― sospirò Teschio ― questa è un'idea stupida.
― Dico sul serio...
Teschio rise. ― Tu che dici sul serio qualcosa? ― Una gomitata da parte di Brenda gli suggerì di darci un taglio. Magari per una volta anche Sammy aveva diritto ad un po' di poesia.
― Secondo me siete delle stelle fisse anche voi ― disse seriamente.
Brenda rabbrividì, il freddo giocava con i suoi muscoli. Teschio le buttò distrattamente un braccio in spalla, senza malizia, serviva solo calore. ― Sembra una faccenda interessante ― Strizzò l'occhio con fare divertito. ― E dimmi, signor non-so-chi-è-Aristotele, secondo te noi tre siamo le uniche stelle fisse in tutto l'universo?
Sammy, dai piedi delle scale, fece spallucce, le mani nelle tasche dei pantaloni, le braccia rigide. ― Beh, al momento ci siamo solo noi.
― Lo sai ― disse Teschio ― la tua poesia è peggio del mio culo ghiacciato.
― Fottiti ― Sammy era un tipo che si offendeva facilemente. ― Secondo me ho fatto un pensiero degno di Aristotele.
― Per me è un bel pensiero ― ribatté Brenda. ― Solo che...
Da quella distanza minima, Teschio poteva quasi vedere gli ingranaggi del cervello di Brenda macinare intuizioni a velocità della luce. ― Cosa? ― la esortò. Lei non era abituata ad essere considerata, non così tanto, e non dai ragazzi più grandi, soprattutto da uno come Teschio, troppo intelligente per essere abbindolato da un sorriso e da chili di rimmel.
― Se fossimo tornati a casa per cena, Sammy non avrebbe fatto la sua scoperta aristotelica. Questo come lo chiami, destino?
― Il destino è una stronzata ― rispose Sammy, ma la domanda era rivolta a Teschio. Brenda lo sapeva che per Sammy il destino era una stronzata. Per Sammy quasi tutto era uno stronzata.
― No ― disse Teschio, aggiustando appena la presa sulla spalla di Brenda. ― Il destino esiste, ma non è questo. Questo è stato un caso...
― E' la stessa cosa del destino ― Sammy era davvero un tipo poco poetico, per quanto si sforzasse.
― Non ho intenzione di discorrere sul filo sottile che corre tra caso e destino con uno che non sa chi è Aristotele ― tagliò corto Teschio. ― E comunque sia, l'hai detto tu, Sammy: al momento ci siamo solo noi. E per me puoi chiamarlo come ti pare, ma che siamo solo noi è un dato di fatto. Come è un dato di fatto che ho perso sensibilità alle chiappe.
― E io alle dita dei piedi ― disse Brenda. ― Questo sgretola la tua teoria delle stelle fisse, Sammy. Se fossimo stelle, non avremmo freddo.
L'affermazione lasciò Sammy leggermente perplesso. ― Ci devo pensare su...
― Mi raccomando, non pensare troppo ― lo ammonì Teschio. ― Non vorrei vederti esplodere come una supernova ― E si rese conto in quel momento che la depressione era passata. Non era molto convinto della teoria astronomica di Sammy, ma infondo chi se ne importava delle teorie, l'idea, doveva ammetterlo, era piuttosto bella. E osservando il profilo di Brenda, e i movimenti quasi spasmodici con cui Sammy combatteva il freddo, Teschio si ritrovò a pensare che se fossero stati stelle, lassù ci sarebbe stato proprio un bel firmamento. Altro che quella discarica di cielo che si vedeva da quella collinetta di periferia.
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