Primo stadio: nube interstellare
❝Mi domando se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua❞
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe
Durante l'intervallo delle undici, Brenda evitava la socializzazione. Non lo faceva consciamente. Le piaceva allungare le gambe sul banco e vedere la classe svuotarsi come lo scarico di una fogna. A volte qualcuno rimaneva per copiare la versione di latino per l'ora successiva, o per compilare foglietti degni degli amanuensi per il compito di matematica, o per dare almeno una letta al capitolo sul quale sarebbero stati interrogati con una probabilità pari al 90%. Ma di solito, anche la secchiona e il suo cagnolino (cioè, la sua amica, secchiona di riflesso) lasciavano l'aula per respirare in cortile.
Respirare poi, per Brenda, era una parola davvero poco adeguata. In cortile fumavano persino gli alberi. Paradossalmente, era più salutare la puzza di sudore che permeava le pareti scarabocchiate della classe, che quell'orda di ciminiere incallite.
E poi faceva freddo. L'unico movimento concepibile poteva essere al massimo una passeggiata fino al termosifone più vicino o fino al distributore di bevande. Ma al distributore ci sarebbe stata una fila chilometrica di adolescenti caffeinomani, motivo più che valido per chiudere il circolo e tornare al punto di partenza: restare in classe.
L'intervallo delle undici era una trappola, Brenda lo sapeva. La gente si aspettava qualcosa, in quel quarto d'ora di pausa dalle lezioni, e le aspettative erano una cosa che lei non concepiva proprio.
La voce della secchiona la scosse dall'ibernazione dentro la quale stava lentamente scivolando. ― Ti cerca Samuel ― Due minuti esatti prima del suono della campanella, e lei, da brava secchiona, rientrava in classe. Era di una precisione impressionante.
Ma Brenda non capiva chi diavolo fosse Samuel. Solo quando Sammy tamburellò sulla porta della classe collegò il nome Samuel a quella faccia. Per lei era Sammy e basta.
― Vuoi uscire da qui? ― Suonava un po' come una domanda retorica, ma Brenda rispose lo stesso. ― No, fuori si congela.
― E dai, Teschio dice che vuole organizzare per oggi.
― Oggi, cosa?
― Non lo so. Vieni.
Brenda si tirò le maniche del maglione fino a nascondere i pollici e si alzò sbuffando. Superò secchiona&co. evitando di guardarle in faccia; quelle due non facevano che sparlare di lei e Sammy. Per le loro bieche vedute, due persone di sesso opposto non potevano essere amici, doveva esserci per forza sotto dell'altro. Ma per quanto si sarebbe potuto scavare sotto le fondamenta dell'abbraccio che Sammy diede a Brenda mentre usciva dalla classe, non si sarebbe trovato niente. Era una stretta talmente pura, che la gente doveva trovarci del marcio.
Scesero le scale che portavano il cortile di corsa, Sammy due scalini alla volta, come un grillo iperattivo. La sua faccia che sembrava abbronzata anche se era pieno inverno, faceva capolino dalla fine di ogni rampa. ― Non stai portando fuori il cane ― gli fece notare Brenda.
Sammy rispose con un sorriso scemo. ― Muoviti!
In cortile, come da previsione, c'era una fitta coltre di nebbia prodotta da Marlboro Gold, Camel, Chesterfield e Lucky Strike: queste erano le marche di sigarette più gettonate nel frangente spazio-temporale del momento.
Teschio sembrava una divinità indiana, qualcosa come Shiva o Ganesha, un'entità in mezzo a tanto fumo e ad una folla adorante. Le ragazze gli ronzavano attorno come api, e lui le teneva a debita distanza con mezzi sorrisetti falsi e occhiate ambigue. Sembrava intoccabile. Irraggiungibile. Fece un tiro di sigaretta intenso e prolungato e alzò una mano verso Brenda e Sammy buttando fuori cerchi azzurri. Lo faceva spesso, faceva impazzire il suo harem adorante.
Senza dire niente, senza nemmeno uno sguardo di saluto, Teschio uscì dal cerchio umano nel quale veniva adorato, la sigaretta in mano e i pantaloni eccessivamente stretti.
― Perché fai il topo durante l'intervallo? ― chiese a Brenda. Lei guardò da un'altra parte, Teschio aveva degli occhi scuri vertiginosi. ― Non mi piace la gente.
― Io e Sammy non siamo poi così male ― Questo la fece ridere. No, a pensarci bene lui e Sammy non erano male. ― Certo, Sammy sembra un...
― Sembro cosa? ― domandò Sammy, incrociando le braccia al petto. Teschio lo indicò con la sigaretta prima di buttare a terra la cenere con un movimento leggero e quasi impercettibile.
― Guarda come ti sei vestito! ― esclamò. ― Che diavolo è questa roba?
― E' una salopette!
Teschio rise in un colpo di tosse. ― Una salopette? Perché, fai il muratore? ― La campanella suonò come il rintocco di una condanna a morte.
Sammy inarcò un sopracciglio, con finta superiorità. ― Stai parlando di vestiti con me? Tu metti soltanto magliette con i teschi e pantaloni da donna!
― E' suonata ― fece Brenda. ― Devo rientrare. Ho quella di storia adesso, se faccio tardi mi prendo un 3 a matita.
Ignorando la campanella, Teschio si accese un'altra sigaretta. ― Che diavolo è un 3 a matita?
― Un'anticipazione di un 3 a penna.
La cosa sembrò divertirlo molto. ― Allora stasera facciamo un giro? ― Lo disse come se fosse una conseguenza logica del discorso sul 3 a matita e il 3 a penna. ― Mangiamo fuori e poi vi porto in un posto. Ci vediamo davanti alle scale.
Brenda quel 3 a matita non lo prese, quella di storia la risparmiò perché sembrava in vena di sentimentalismi. Le ultime ore passarono in fretta, così come il resto della giornata, e davanti alle scale, Brenda ci si ritrovò in uno schiocco di dita. Sammy e Teschio arrivarono puntuali, da direzioni opposte. Ad osservare la scena dall'alto, Brenda era un centro, e quei due raggi che formavano un diametro. Erano una figura geometrica, una legge fisica, un principio dell'universo.
Vestiti come eschimesi, erano anche pronti a combattere l'aria fredda della sera. In realtà, sembravano pronti a combattere qualsiasi cosa, e marciarono come soldati per il quartiere fino a raggiungere la meta: il ristorante cinese. Teschio era celiaco, quindi con lui niente pizza. Mai.
― Sala fumatori ― Non era facile battere la cinesina proprietaria del locale sul tempo, ma Teschio era un asso, in certe cose. Trovava irrilevante sentirsi porgere delle domande di cui aveva già pronta la risposta.
La sala fumatori era deserta, per un motivo che Sammy espresse in maniera molto lineare. Disse: ― Non si fuma mentre si mangia.
A Teschio non piaceva sentirsi dire cosa fare e cosa no, perciò si limitò a rispondere con una breve occhiataccia, dirigendosi a passo spedito verso il tavolo più remoto della sala deserta, quello sotto il televisore appeso alla parete.
Spostò la sedia per Brenda e si mise seduto accanto a lei. Sammy prese posto sbuffando. ― Non mi piace stare seduto da solo.
― E che rompi coglioni che sei! ― sbottò Teschio. ― Ti diamo i cappotti, così te li metti vicino e ti senti meno solo.
Una canzone pop partì sul finale della frase di Teschio. It's kinda funny how life can change...
― Cos'è? ― Una melodia si azzardava a coprire la voce di Teschio? Si girò di scatto per cercarne l'origine. Brenda gli indicò il televisore, con estrema calma. ― Sono i Blue.
Teschio fissò lo schermo con aria schifata. ― Cazzo ― mormorò. ― Dove andremo a finire.
E in quel momento Sammy cominciò a canticchiare il ritornello della canzone. ― One love, for the mothers' pride, one love...
Impugnando l'accendino come un'arma, Teschio scattò in avanti per bruciargli un dito. ― Aia! Ma sei matto?
― Non cantare quella roba ― ribatté Teschio, tornando seduto.
― Ma che vuoi? E' una melodia orecchiabile!
Ordinarono riso nero, una quantità indicibile di ravioli alla griglia, patatine fritte, involtini primavera e tanta coca cola.
― Queste non posso mangiarle ― disse Teschio ingurgitando una manata di patatine fritte. Sammy lo fissò troppo stupito per dire una sola parola, si limitò ad allontanare il piatto con un movimento rapido. ― Dove andiamo dopo?
― A mettere alla prova la tua teoria astronomica, Sammy-sono-figo-perché-metto-la-salopette.
― Con questo freddo? ― obiettò Sammy.
― Il freddo apre la mente.
― Questa è una stronzata ― disse Brenda. Teschio le sorrise di traverso e strizzò l'occhio. ― Certo che è una stronzata, amore. Ma Sammy crede in tutto quello che dico.
― Non è vero! ― Sammy lanciò una bacchetta cinese, senza centrare minimamente il bersaglio. ― E' solo che tu dici le cose come se fossero dogmi di fede e... mi ci fai credere.
Misero alla prova la teoria astronomica di Sammy stesi sul prato di cemento più buio che trovarono. Nella notte si accesero tre stelle. ― Secondo voi si muovono?
Sammy fece un verso strano, ma non rispose. Brenda si limitò a stringersi nel suo cappotto troppo leggero.
― Si muovono ― disse Teschio. ― Ma a noi sembrano immobili, perché ci muoviamo in sincronia con i loro assi. Non esistono stelle fisse.
Nella notte si accesero tre stelle. Si riflettevano nel cielo come se l'universo fosse stato solo una pozzanghera. Se si muovevano o meno, in realtà, aveva poca importanza. Sembravano immobili, perpetue, intoccabili. E sembravano eterne.
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