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Decimo stadio: stella di neutroni

❝La sconcertante scoperta di quanto sia silenzioso, il destino, quando, d'un tratto, esplode.❞

Alessandro Baricco, Oceano mare

Per i suoi sedici anni Brenda aveva ricevuto in regalo un biglietto per il concerto di una popstar americana con annessa trasferta. Nella città dell'evento Brenda aveva un'amica. Passò il weekend da lei, portandosi dietro altre due amiche. A sedici anni erano cose che facevi. Prendevi due e le portavi a casa di una che non avevano mai visto né sentito nominare prima; si andava tutte insieme al concerto; si rientrava e si dormiva nei saccoapelo, sul pavimento. Ma solo dopo aver attrezzato un pigiama party dell'ultimo minuto. Smalto, chiacchiere su attori mozzafiato, opinioni su ragazzi reali, discussioni filosofiche...

Di aver raggiunto la meta dei sedici anni a Brenda non importava un accidente. Non aveva fretta di crescere. Anche quando poi sarebbe cresciuta per davvero, sarebbe rimasta sempre la stessa Brenda di sempre. Forse un po' più nervosa. Più tesa. Ma sotto la scorza sempre uguale. Sempre lei. Ma del concerto le importava eccome. C'erano cose, come la musica, che erano più importanti di numeri che si accavallavano all'anagrafe. Cose come due rose rosse in attesa dentro una stazione dei treni.

Perché a Teschio e Sammy non era andata giù, questa storia del compleanno trascorso a mettersi smalti e a canticchiare canzoni idiote. Per questo avevano comprato quelle due rose rosse, si erano piazzati in attesa lungo i binari dei treni in arrivo, e avevano posticipato fittiziamente il compleanno della loro amica al momento in cui sarebbe rientrata alla base. Quei sedici anni, Brenda li compì due volte di fila. E forse fu per questo che non li dimenticò mai.

O forse fu per via dell'eccessiva dose di romanticismo che Teschio e Sammy avevano deciso di mettere in quella serata. Non le permisero nemmeno di rientrare a casa per posare lo zaino. Comprarono tre biglietti della metro in un tabacchi e si precipitarono in centro città come se avessero un appuntamento. Non potevano saperlo, ma in realtà lo avevano davvero. Il tempo stava per scadere. La galassia aveva ormai preso a girare vorticosamente... Ma no, non era la galassia. Erano loro. Il firmamento che si riduceva ad un'unica stella, prima di implodere. Una stella di neutroni. 

Avessero guardato nelle pozzanghere lasciate a terra dal temporale del giorno prima, Brenda, Teschio e Sammy avrebbero visto riflessa la loro eclissi. Invece, usciti dalla metropolitana, si erano inoltrati nelle vie del centro, saltellando sui sanpietrini con un'euforia fuori luogo, sentendosi tutti e tre speciali, anche se ormai non era più il compleanno di nessuno. La notte brillava della luce gialla dei lampioni e il grigio dei vicoli rifletteva ad intermittenza sotto i fanali frequenti dei motorini in corsa sulla strada a due corsie. 

Mangiarono un gelato disgustoso e ultracaro, racimolando centesimi dalle tasche per pagarlo. Alla faccia del ristorantino cinese economico. Alla faccia dell'estate che finiva. Di Brenda che compiva gli anni. Dell'implosione che ormai era alle porte, era alle porte, era alle porte... Stava bussando, ma loro erano distratti dal suono degli amplificatori di una cover band sparato a tutto volume nella distanza. La musica non finiva mai. La notte non finiva mai. L'adolescenza nemmeno. La vita stava iniziando o stava finendo in quel momento? Non si capiva. Non si capiva niente, eppure, a guardare indietro adesso, era già tutto così chiaro. 

― A Brenda! ― esclamò Sammy, proponendo un brindisi con il gelato. ― Che tu possa avere, sempre, il vento in poppa, e che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle [1].

Teschio scoppiò a ridere senza pudore. ― Ma dai, per avere un po' di poesia sei costretto a rubarla, Sam? Rubi le battute dei film. Sei patetico.

Buttando quello che avanzava del suo gelato in un secchio che gli era praticamente andato incontro, Sammy alzò distrattamente le spalle. ― Brenda sa apprezzare lo stesso. 

E Brenda stava già annuendo e sorridendo, perché sapeva apprezzare davvero. E a Teschio bastava vederla sorridere per avere quella famosa poesia a portata di mano. E Sammy aveva come al solito più difficoltà a lasciarsi andare, ma quella sera era speciale. Vibrava nell'aria l'importanza cosmica di quel frangente spazio-tempo, e anche Sammy aveva finalmente la sua poesia. ― Adesso immortaliamo il momento ― disse Teschio.

Tirò fuori dalla tasca dei jeans una macchinetta fotografica rosa perlato. Ci tenne a sottolineare che non era la sua omosessualità ad averlo portato a tanto, ma che si trattava dell'ultimo acquisto tecnologico di sua sorella. Perché Teschio in effetti non era uno da macchinetta fotografica. Ma a conti fatti c'erano delle forze maggiori che stavano agendo in quell'istante. Il destino. L'allineamento dei pianeti. La teoria delle stelle... Quella foto andava scattata.

Per prima cosa ci fu un primo piano di Brenda. Stringeva quelle due rose tra le mani come se delle spine non le importasse. Ma forse era perché le spine non c'erano. Il rosso dei petali dischiusi brillava netto nel quadrante digitale della macchinetta fotografica contro i capelli biondi decolorati dall'estate e da qualche tinta comprata al discount. E poi guarda il destino: Brenda indossava una felpa nera puntellata di stelle. Scattando la foto, Teschio sentì un principio di vertigine dentro di sé. 

Passò bruscamente la macchinetta fotografica a Sammy. ― Faccene una insieme ― gli ordinò. Sammy cominciò a studiare l'angolazione dell'obiettivo mentre Teschio correva da Brenda. Le mise un braccio attorno alla vita, come aveva fatto infinite volte e accostò la testa ai capelli biondi di lei. Solo riguardando quella foto, anni dopo, Teschio avrebbe notato dettagli che in quel momento non poteva percepire: la pressione delle dita di Brenda che si allentava sugli steli delle rose; la sua faccia stanca dal viaggio in treno; negli occhi il riflesso del flash dello scatto fotografico. E riguardo a se stesso, Teschio avrebbe solo visto poi un osceno taglio di capelli e un sorriso sincero. 

Sammy assistette dal vivo e sul momento a quel quadro. Ed ebbe un principio di vertigine anche lui. Osservò Teschio e Brenda, abbracciati e sorridenti, e anche se aveva già scattato quella fotografia gli disse di non muoversi. ― Fermi così! ― Bloccò un passante con i modi irrequieti di chi stava per perdersi il momento di una vita. Gli chiese il favore di scattare una fotografia con quella macchinetta rosa perlato talmente brutta che ne avrebbero dovuto proibire la vendita. Poi raggiunse Teschio e Brenda dall'altra parte dell'obiettivo.

E fu lì che stringendosi innescarono l'irreversibile processo di autodistruzione. Non avrebbero potuto farci niente. Non si sarebbe mai potuto evitare in alcun modo. Era la vita che iniziava e la vita che finiva. Partenza e traguardo nello stesso momento. Il flash della macchinetta fotografica li abbagliò per un infinito istante. Un istante che ormai era cristallizzato nell'universo. L'apoteosi di una costellazione. E insieme il suo inevitabile declino. 

Con le solite stupide battute tra le labbra, quella sera tornarono in periferia come se non fosse successo nulla di straordinario. Temporeggiarono sulle scalette sulle quali si fermavano a parlare ogni giorno, venne accesa qualche sigaretta, e alla fine ognunò tornò a casa propria. Ordinaria routine. ― Buona notte, ragazzi. A domani! ― disse Brenda, agitando la mano mentre gli altri due la vedevano sparire oltre il portone. ― Buona notte! ― la salutò Sammy. Teschio agitò le dita in aria come un bambino felice. ― Notte, amore!

Notte. Forse fu proprio di notte che avvenne l'implosione. In silenzio. Nel buio. Senza spettatori. Più che di un'implosione si trattò di un rapido consumo. Un prosciugamento. E di preciso nessuno seppe mai come avvenne. E forse nessuno se lo chiese nemmeno. Ma la mattina dopo era sparita ogni taccia di stelle, di poesie e di adolescenza.

Teschio, Sammy e Brenda non furono più amici. Non come prima. Non come quando erano stati un firmamento in grado di far alzare il mento al cielo al mondo intero. Senza un motivo. Senza un perché, la loro costellazione si era polverizzata. Dove un tempo aveva brillato, ora avrebbe per sempre regnato un buco nero.

[1] citazione tratta dal film Blow, di Ted Demme

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