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Buco nero stellare

Se quanto hai già trovato è fatto di materia pura, non potrà mai marcire. E tu, un giorno potrai tornare. Se è stato soltanto un attimo di luce, come l'esplosione di una stella, allora non troverai più nulla quando ritornerai. Ma avrai visto un'esplosione di luce. E anche solo per questo ne sarà valsa la pena.

Paulo Coelho

Le pozzanghere riflettevano un cielo opaco di uno strano grigio. A fine giornata, ci si poteva scommettere, niente avrebbe brillato. Sarebbe stata una notte senza stelle, una come tante, plumbea e vuota. Forse Brenda rabbrividì per questo, attraversando la strada. O forse era il freddo autunnale che cominciava a scendere sulle braccia a farle venire la pelle d'oca sotto il maglione. Distratta da un pensiero, affogò una scarpa sotto il rialzo del marciapiede, fino a bagnarsi il calzino. Si concesse un'imprecazione. Anche due. Poi alzò lo sguardo. Un portone verde, socchiuso, mandava messaggi subliminali contraddittori ai suoi sensi tirati. "Entra", sembrava dire. E quasi contemporaneamente: "vattene". Non era granché d'aiuto. Ma si diceva che le porte, i portoni, i cancelli e tutti i varchi in generale contenessero in sé qualcosa di metaforico. "Eccomi", pensò Brenda, "dammi la tua metafora".

Il portone si limitò a cigolare, sospinto dal vento. Brenda cominciò a lavorare di fantasia. Era brava a farlo. Non perché avesse un talento, ma perché ci si era esercitata a lungo. Ed eccolo lì, Sammy era in balcone con una sigaretta in mano, o sul divano a cercare qualcosa che valesse la pena vedere su Sky, o ad aprire il frigo con fare annoiato. Brenda era in grado di immaginare anche quello, cosa contenesse: forse una birra; una cartata di prosciutto crudo; margarina quasi finita; coca-cola.

Era sotto casa di Sammy per un motivo. Aveva scritto una specie di romanzo, romanzuccio, una robetta scadente... Forse aveva fatto cenno alle stelle. Forse aveva dato il nome di Sammy ad un personaggio. E il nome di Teschio ad un altro. Forse aveva divulgato i capitoli su internet. Forse aveva anche fatto tutto con una terribile coscienza, nella cupa e oscena speranza di essere scoperta. Di essere trovata. Di essere cercata. Di essere ascoltata, un'ultima volta. Sammy, più di Teschio, conosceva le regole di questa caccia al tesoro. Sammy, più di Teschio, non l'avrebbe perdonata. O forse il perdono non era il concetto esatto... Insomma, Sammy era incazzato. Anzi, a dirla bene com'era andata, aveva scritto una lettera a Brenda in cui specificava che l'incazzatura non ce l'aveva, perché non gliene fregava più niente.

"Non frega neanche a me", pensò Brenda fissando il portone. E la faccenda era complicata: a Sammy non fregava, e ci scriveva una lettera; a Brenda non fregava, e ci scriveva un romanzo. Romanzuccio. Robetta scadente. Che in realtà se lo poteva risparmiare, no? No. Non poteva. Se avesse potuto, l'avrebbe fatto. Avrebbe lasciato perdere. E allora Sammy non avrebbe scritto arrabbiato, dicendo che non lo era. Che in realtà se lo poteva risparmiare anche lui, no? No. Certo che no.

In quella lettera Sammy diceva a Brenda cose terribili. Leggendola, nei passaggi tra una riga e l'altra, Brenda alternava l'assoluta certezza che Sammy la conoscesse davvero - che sapesse cose di lei che neanche lei sapeva - alla nauseante paura di essere stata fraintesa. Temeva che sarebbe scoppiata a piangere. Che non avrebbe retto fino all'ultima riga - un'ultima riga in cui Sammy le intimava di non rispondere, perché lui non voleva risposte. Invece man mano che la sua testa snocciolava le parole, le frasi, i periodi, Brenda sentiva crescere sulle labbra un sorriso. Più ampio. Ancora di più. Pura felicità. Sammy forse vedendola avrebbe frainteso anche quello. La sua anima in una lettera intensa e come reazione un sorriso del cazzo?

Sì, Brenda non riusciva a riabbassare gli angoli della bocca. Perché quelle erano le parole più vere, più sentite, più sincere che Sammy le rivolgeva da anni. E a lei era semplicemente mancato. Il Sammy autentico, quello che le risolveva i problemi esistenziali, quello che la scuoteva e la piazzava davanti ad uno specchio per poi chiederle: ti vedi?

Brenda ora si stava specchiando distrattamente in una pozzanghera, e si vedeva. Ripensava alle parole di Sammy, alla lettera, al tempo, alla teoria delle stelle fisse, al tatuaggio che le prudeva quando c'erano i temporali in arrivo. Si vedeva. Aveva un foglio accartocciato in una mano e un'idea sbagliata in testa: quella di rispondere a Sam. Di imbucare quel foglio che era nel suo pugno nella cassetta delle lettere. Lui le aveva detto di non farlo. Ma non farlo era impossibile. Anzi, lei lo aveva già fatto. Aveva risposto, aveva scritto, e ora doveva solo fare arrivare quelle parole a Sam. Perché qualcosa di lui in fondo la sapeva, e sapeva che le parole lo colpivano. Dritto nel profondo. Lì dove lei voleva arrivare. Dove era sempre voluta arrivare.

Il dilemma era sconcertante: tradire Sammy e rispondere, o tradire se stessa e tacere? Brenda si vedeva, riflessa nella pozzanghera vicino al marciapiede e al portone, e tra le due opzioni del dilemma non sapeva qual era peggio. Le sembravano entrambe atroci. E non ebbe il coraggio di scegliere. Codardia, apatia, vigliaccheria, qualunque cosa... Che importanza aveva? Brenda aprì la mano e lasciò cadere il foglio accartocciato nella pozzanghera. L'acqua piovana sembrò avventarsi sull'inchiostro blu con fare famelico. Così, in realtà, a guardare bene la cosa dalla giusta prospettiva, lei non aveva risposto. Ma se Sammy fosse uscito di casa, di lì a dieci minuti, e avesse fatto caso ad un foglio accartocciato in una pozzanghera, l'avesse raccolto e decifrato oltre le sbavature dell'inchiostro, avrebbe letto: - Se fossimo stati stelle saremmo esplosi, punto e basta. Non avrebbe fatto male. Ma non siamo mai stati un firmamento. Non potevamo esserlo. Perciò, se vuoi, possiamo anche togliere la poesia. Andare dritto all'osso e ammettere che non eravamo miracoli interplanetari. Solo tre ragazzini. Però ci siamo visti brillare, amico mio. E anche solo per questo, lo sai bene quanto me, ne è valsa la pena.

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