Capitolo 3
Passai tutto il mercoledì mattina sperando di poterlo vedere quel pomeriggio essendo giorno di consegne al bar. Ronny non mi aveva più rivolto parola ed io mi martellavo il cervello per capirne il motivo. Grazie allo scooter, uscita da scuola, riuscii ad arrivare al bar in orario, trovando i miei genitori a chiacchierare con un paio di turisti. Li stavano sommergendo di nomi di posti da dover assolutamente visitare, a loro parere, in città. Salutati i turisti e auguratogli un buon soggiorno chiesi a mia madre se ci fossero in programma delle consegne.
«Dovrebbero portarci a giorni il resto della merce rotta sabato» mi rispose, io annuii e chiusi velocemente il discorso per non farla insospettire iniziando a risistemare e pulire i tavolini.
Mi ritrovai a pensare che non sapevo cosa gli avrei potuto dire se fosse davvero venuto, non volevo fargli capire la mia delusione per il suo atteggiamento anche perché non ne avevo alcun diritto. Ogni tanto guardavo l'orologio per tenere sotto controllo l'orario, le consegne non arrivavano quasi mai dopo le cinque e mezza ed erano già le cinque e un quarto. Demoralizzata pensai che forse avrebbero consegnato il giorno dopo, quando io non ci sarei stata.
«Splendore cos'è quella faccia corrugata?» mi domandò Francesco parandosi davanti a me all'improvviso.
«Quando sei entrato?» gli domandai. Ero totalmente persa nei miei pensieri da non essermi accorta che qualcuno fosse entrato, proprio come dovrebbe fare una brava barista!
«Qualche minuto fa, ho parlato con tua mamma prima di venire da te visto che non mi avevi in nota» disse tristemente.
«Scusa stavo pensando alle cose da studiare per questa settimana» mentii.
«Dai stacca un attimo, accompagnami fuori a fumare» disse rubandomi la spugna dalle mani. Annuii.
«Mamma esco un attimo!» urlai per fare in modo che mi sentisse dalla cucina.
«Si ma sbrigati!» rispose scocciata e io uscii prima di risponderle a tono.
«Tutto bene?» chiesi al mio amico, lo vedevo un po' abbattuto.
«Non proprio, ti ricordi Valentina? La ragazza con cui ti ho detto che mi stavo vedendo da qualche settimana?» domandò.
«Si certo» risposi velocemente per farlo proseguire.
«Lo abbiamo fatto e il giorno dopo lei mi ha scritto che ora non si sente di avere una relazione stabile! Bello vero?» ammise lui con delusione.
«Mi dispiace Fra» dissi posando una mano sulla sua spalla in segno di sostegno.
«Non poteva dirmelo subito che non voleva nulla di serio? Saremmo andati a letto qualche volta senza impegno e fine! Avrei evitato di farmi illusioni!» disse sconsolato.
«Hai ragione ma tu sei sicuro che il suo allontanamento non sia dovuto solo semplicemente alla paura di farsi prendere tanto da te?»
«Non lo so, può darsi ma lei me lo ha spiegato come se ora non volesse storie serie in generale, vorrà divertirsi!» sbottò lui.
«Prova a domandarglielo seriamente, se poi così fosse Fra, volta pagina, non ne vale la pena»
«Per me ne vale la pena anche adesso! È questo il problema!» disse inspirando dalla sigaretta «Stupido io!»
«So che per te ne varrà sempre la pena ma se lei vuole questo ora non puoi imporle una relazione, o ti accontenti di ciò che lei può darti ogni tanto o lasci perdere e cerchi di trovare una ragazza che ti meriti sul serio!» gli sorrisi. Era un ragazzo d'oro e non mi piaceva vederlo soffrire.
«Adesso proverò a parlarle, di certo non mi accontento di solo sesso!» affermò serio.
«Fai bene!» lo incoraggiai.
Improvvisamente mi venne in mente Ronny, non era venuto, guardai il telefono, cinque e quarantacinque, quanto avrei dovuto aspettare per questa cavolo di consegna? Ero impaziente, dovevo trovare un altro modo per parlare con lui.
«Io vado» disse il mio amico spegnendo la sigaretta.
«Ci vediamo domani! Mi raccomando!» mi alzai in punta di piedi per dargli un bacio sulla guancia, era molto più alto di me.
«Si mamma!» scherzò.
Rientrai in negozio sotto lo sguardo incavolato di mia madre, avevo perso tempo e dovevo finire di pulire.
Il mattino seguente diluviava, segnando così l'arrivo dell'autunno. Mi vestii pesante e mi misi alla fermata del bus pregando non fosse in ritardo, avevo freddo nonostante il maglione pesante e odiavo gli ombrelli. Dopo qualche minuto arrivò, era così colmo di gente da non riuscire quasi ad entrare. Vidi da lontano Sofia che stava gesticolando con un'altra ragazza. Sorrisi tra me e me, lei gesticolava sempre un sacco, per non parlare di quando era arrabbiata. Mi vide anche lei e si fece largo tra la gente per raggiungermi.
«Buongiorno!» mi schioccò un sonoro bacio sulla guancia, lei era la più affettuosa del gruppo. Era tutta strana, portava i capelli fino alle spalle e cambiava acconciatura praticamente ogni mese.
«Buongiorno anche a te, ma con questa giornata per me siamo lontani dal poter dire "buon giorno"!» affermai, facendo le virgolette alla parola buongiorno.
«Sempre la solita pesante!» rise.
«Dovevo venire in scooter e guarda dove sono, appiccicata a cinquanta persone che puzzano già alle sette di mattina!» dissi indispettita.
Rise sguaiata per la mia affermazione e qualche chiacchiera dopo finalmente scendemmo da quel trabiccolo.
Entrate in classe ci sedemmo ai nostri rispettivi posti e io guardai verso il banco ancora vuoto di Ronny, di solito era sempre puntuale e quando la campanella suonò io provai un profondo sconforto capendo che quel giorno non lo avrei nemmeno visto. Finita la prima ora mi alzai per sgranchirmi le gambe, la professoressa di italiano ci impiegava sempre un'eternità ad arrivare in classe, fermandosi sempre al piano sottostante con le segretarie.
Mi misi a guardare fuori dalla finestra sporca della classe, pioveva ancora. Come il solito mi ritrovai a guardare il palazzo di fronte, c'era un balcone pieno di fiori con le tende rosse, mi ero sempre piaciuto, apparteneva ad una signora anziana che spesso vedevo innaffiare i suoi amati fiori. Mentre osservavo quei colori, dal riflesso della finestra vidi arrivare Ronny alle mie spalle che mi guardò attraverso il vetro ma io non riuscii a voltarmi. Lo vidi avvicinarsi sempre di più e il cuore cominciò a battermi come un forsennato, poi mi resi conto che in realtà stava solo raggiungendo il suo posto vicino alla finestra, facendomi sentire così una stupida per essermi illusa che stesse venendo verso di me. Si sedette al banco e io rimasi bloccata davanti ad essa, mi sentivo veramente una stupida, avevo sperato che venisse a parlare con me. Mi voltai al suono della campanella e prima di incamminarmi verso il mio banco Ronny si girò a guardarmi, quasi volesse dirmi qualcosa, mi allungò una mano e io non capii cosa stesse facendo. Rimasi inerme.
«Nicole ti è caduto questo» disse porgendomi il biglietto del bus che evidentemente si era sfilato dalla cover del cellulare. Era la prima volta che mi rivolgeva parola dopo giorni.
«Grazie» riuscii solamente a rispondere e afferrai velocemente il biglietto scappando da quella situazione imbarazzante dirigendomi verso la mia sedia. Solo dopo essermi seduta mi voltai nuovamente verso di lui per guardarlo e lui mi sorrise. Beccata!
Pensai che la gentilezza che mi aveva mostrato forse era solo dettata dal fatto che avessi perso il biglietto dell'autobus e non certo perché avesse davvero voluto parlare con me.
La cosa mi rattristó molto, tanto che non ascoltai le lezioni successive cercando di dare un significato a quel sorriso, educazione pensavo, nel tentativo di convincermi. Possibile però che fossi solo io a sentire e provare queste cose, questa tensione ogni volta che ci guardavamo? Non avevo mai provato questa agitazione con nessuno e men che meno con uno sconosciuto.
Uscita da scuola mi diressi alla fermata del bus senza Sofia, Michele era passato a prenderla in macchina, erano fidanzati da qualche anno.
Mentre mi avviavo verso la fermata cominciò di nuovo a piovere e io mi ricordai di aver dimenticato l'ombrello vicino al termosifone della classe.
Allungai il passo cercando di raggiungere velocemente la fermata non avendo nemmeno il cappuccio per ripararmi la testa ma ad un tratto vidi un ombrello apparire sopra di essa e quando mi voltai per capire chi fosse vidi Ronny al mio fianco. Mi gelai. Il suo fisico spiccava accanto al mio, le sue spalle larghe e la sua altezza mi facevano sentire ancora più piccola.
«Vieni qua, non bagnarti» disse prendendomi per il fianco sinistro e attirandomi a sé, stavo morendo dentro. Quella presa da qualsiasi altro sconosciuto mi avrebbe infastidito ma non da lui, lui aveva qualcosa che mi attraeva come una calamita. Il cuore mi batteva all'impazzata e mi mancava il respiro. Non gli risposi, mi voltai e gli sorrisi, che errore. Incontrai i suoi occhi e le mie guance andarono in fiamme, abbassai subito lo sguardo ma lui se ne accorse.
«Nonostante il tuo imbarazzo si vedono lo stesso quelle stupende lentiggini» affermò con semplicità. Una semplicità disarmante, la sua voce non faceva trapelare nessuna emozione mentre io, io avrei voluto sparire.
****
LUI
Mi ero tenuto alla larga da Nicole da lunedì ma non era stato affatto facile nonostante fossero passati appena due giorni. L'avevo addirittura sognata, anche questa cosa era nuova, non avevo mai sognato nessuna donna reale ed esistente. Quel giovedì mattina entrai un'ora dopo, ero dovuto passare a lavoro per parlare con il capo, aveva saputo che avevo rotto metà del carico di sabato da consegnare al bar del centro e voleva assicurarsi che non capitasse più. Era gentile con me, nonostante il mio caratteraccio.
Vidi Nicole dal riflesso della finestra appena varcata la soglia dell'aula, guardava assorta il palazzo di fronte, era bellissima. Di nuovo mi ritrovai a fissare il suo viso e le sue labbra attraverso quel riflesso e raggiunsi il mio posto costringendomi a non fare stupidate. Appena suonò la campanella lei si voltò per andare a sedersi e perse qualcosa che cadde per terra, lo raccolsi in fretta e la chiamai. Le porsi il biglietto del bus e lei scappò via da me per poi girarsi a guardarmi, le sorrisi e per la prima volta in vita mia mi sentii quasi in imbarazzo.
Uscito da scuola mi affrettati verso la macchina quando la vidi, sul marciapiede dall'altra parte della strada, sotto la pioggia battente e addio al mio self control, addio ai miei buoni propositi, la raggiunsi. La affiancai e la presi per un fianco attirandola a me, era gracile e io avevo un debole per quel genere di donna. Lei mi sorrise e notai l'imbarazzo sul suo volto.
«Nonostante il tuo imbarazzo si vedono lo stesso quelle stupende lentiggini» dissi e lei non rispose. Altro punto a te Nicole, le lentiggini mi mandavano fuori di testa, quell'aria da brava ragazza che donavano mi facevano mandare totalmente all'aria l'autocontrollo. Non sarei mai più riuscito a starle lontano, ne ero certo.
Spazio autrice:
Ciao a tutti, spero possa piacervi questo terzo capitolo, proseguirò molto a breve!!! Intanto un grazie va a quelli che hanno deciso di leggere questa storia!! Lasciate pure qua sotto i vostri pensieri e le vostre opinioni, sarei felice di leggerli! A presto
Giulia.T
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