Capitolo 2
Quel lunedì mattina mi alzai molto presto non riuscendo più a dormire così arrivai in classe in largo anticipo. Mi sedetti al mio solito banco in attesa e impaziente che qualcuno arrivasse o mi sarei persa a pensare alle mie paranoie. Il giorno precedente lo avevo trascorso a sistemare camera mia per fare spazio ai libri nuovi e a ripensare a quel ragazzo. Avrei voluto davvero rivederlo, c'era qualcosa in lui che mi aveva colpito, qualcosa che non riusciva a farmelo levare dalla testa, di certo non la sua sfacciataggine o forse anche quella?
I miei pensieri vennero interrotti quando qualcuno aprì la porta dell'aula così mi voltai e subito il mio cuore perse un battito e la mia bocca si schiuse stupefatta: era lui. Ci guardiamo stupiti per qualche istante, nessuno dei due disse nulla, poi lo vidi entrare chiudendosi la porta alle spalle.
Cosa ci faceva qui?
Mi spaventai considerando che fino a qualche istante fa speravo di poterlo rivedere in qualche modo non riuscendo a non pensare a lui e ora, lui era qui. Mi sentii come se qualcuno avesse spiato i miei pensieri!
«Ciao» disse dopo essersi seduto in uno degli ultimi banchi, lontano da me, in prima fila.
«Tu cosa ci fai qui?» chiesi senza nemmeno contraccambiare il suo saluto.
«Non è questa la 5a?» domandò.
«Si è questa...ma» non mi fece nemmeno finire la frase.
«Mi hanno messo in questa classe» affermò solamente.
La scuola era iniziata da una settimana e nessuno ci aveva informato che sarebbe arrivato un nuovo alunno. Come era possibile che fosse proprio lui? Stentavo a crederci.
«Ah...» mi limitai a dire esterrefatta.
Rispetto a sabato, quando lo avevo conosciuto, mi sembrò molto meno cortese e simpatico e la cosa mi indispettì ma non ebbi il tempo di dire nulla perché altri miei compagni arrivarono in classe e subito dopo la professoressa; quest'ultima ci informò che Ronny arrivava da un altro liceo da quale era stato mandato via e la cosa mi incuriosì.
«Carino il ragazzo nuovo» ammiccò Livia durante l'intervallo prima di sapere da me che quel ragazzo era il ragazzo delle consegne.
«Oh mio dio, è lui il ragazzo del bar!? No dai non ci credo!» disse portandosi le mani alla bocca con stupore.
«Ebbene si, è lui e devo dire che senza la divisa è molto più carino di quanto pensassi!» affermai «Solo che mi era sembrato molto più gentile» aggiunsi osservandolo dietro Livia; non si era nemmeno alzato durante la pausa per fare amicizia con qualcuno, guardava il telefono non curante del fatto che era in una classe nuova con tanta gente da conoscere.
«Nico mi hai sentita?» chiese Livia riportandomi sul pianeta terra, non l'avevo ascoltata minimamente e nell'istante in cui spostai lo sguardo da lui Ronny puntó i suoi occhi su di me accorgendosi così che lo stessi fissando, ottimo! Accennò un flebile sorriso e poi tornó a digitare sul telefono.
«No scusami mi sono persa» le risposi.
«Si ti sei persa a fissarlo!» rise di me.
«Smettila, mi chiedevo solo il motivo di tanta freddezza, tutto qui! Non iniziare a fare la scema come tuo solito. Si, mi potrebbe piacere ma a chi non piacerebbe?» ammisi.
«A me» rispose lei « Oddio è un bel ragazzo ma io preferisco i ragazzi con gli occhi scuri, io suoi sono verde chiaro!» aggiunse.
«Lo hai guardato bene, però!» risposi non mascherando un certo fastidio.
«Beh ma certo, se tu mi parli di un ragazzo devo valutarlo anche io!» mi fece l'occhiolino maliziosa. Le sorrisi dandole una leggere spinta con il gomito quando la campanella suonò scandendo la fine dell'intervallo e facendomi tornare al mio posto.
«Nico domani a che ora?» mi domandò Camilla all'uscita da scuola.
«Ti passo a prendere io alle tre e mezza ok?» le risposi.
«Perfetto, grazie!»
«Grazie a te che mi accompagni!» Le feci l'occhiolino.
Il giorno dopo ci sarebbe stata la mostra di fotografia e io non vedevo l'ora di andarci. Passai il pomeriggio ad oziare guardando la serie tv Revenge che negli ultimi tre giorni mi aveva appassionata, diventando quasi una droga. Quando i miei alle otto tornarono a casa io ero ancora incollata davanti al pc, stava diventando un serio problema.
«Ale domani pomeriggio mi serve la macchina, devo andare alla mostra di cui ti parlavo.» avvisai mio fratello mentre lui si stava ingozzando di zucchini in pastella.
«Va bene ma poi alla sera serve a me» mi rispose quasi strozzandosi con uno di essi.
«Non c'è problema per le sette sarò di ritorno!» lo rassicurai. Io e lui andavamo abbastanza d'accordo, gli volevo un gran bene anche se a volte era veramente testardo. Alessio aveva due anni in più di me ma sembrava ancora un ragazzino del liceo, sembrare più piccoli era un difetto di famiglia, anche se i miei lo ritenevano un pregio. Per tutta la cena i miei parlarono delle spese del bar e della necessità di assumere una persona in più nei pomeriggi e nei weekend dato che io avrei dovuto sostenere la maturità ma purtroppo le possibilità economiche erano piuttosto scarse e questo mi fece sentire subito in colpa. Mi avevano diminuito i turni del pomeriggio proprio per aiutarmi ma non volevo di certo metterli in difficoltà.
«Papà se c'è bisogno che io venga di più in negozio per me non c'è problema, mi organizzo!» proposi.
«No, non ti preoccupare Nico, pensa a studiare e nel caso Ale verrà al sabato pomeriggio» rispose gentile mio padre.
«Per il sabato pomeriggio non ci sono problemi ma durante la settimana ho lezione in università» affermò mio fratello.
«Adesso io e la mamma valutiamo e poi vi faremo sapere»
Mio padre era l'uomo più gentile, pacato e sensibile di questo mondo, avevo un ottimo rapporto con lui al contrario di quello che avevo con mia madre, se si poteva definire rapporto. Lei ordinava e io eseguivo e se non eseguivo si finiva per litigare. Per prenderla in giro io e mio padre la chiamavamo signorina Rottermeier, come il personaggio del cartone di Heidi.
Finita la cena salii in camera mia e coricandomi sul letto pensai alle coincidenze della vita: incontri un ragazzo per caso e poi te lo ritrovi in classe. Riflettei sul fatto che per me sarebbe stata una tortura averlo accanto costantemente, quel ragazzo mi incuriosiva troppo, mi intrigava e avrei voluto sapere tutto di lui. Era tutto molto strano, non mi era mai capitato di conoscere un ragazzo e ritrovarmi così presa da lui da pensarlo così spesso, eppure con lui era diverso, mi attraeva nonostante non sapessi nulla sul suo conto. Chiusi gli occhi e rividi i suoi, verdi, mi davano l'idea di avere tanto da dire, avevo la netta sensazione che c'era tanto da scoprire in lui e questo mi entusiasmava troppo.
Il mattino seguente a scuola Ronny di nuovo non parlò con nessuno se non con il professore di latino che gli domandò dei suoi precedenti insegnanti. Avrei tanto voluto poter chiacchierare con lui, come la prima volta ma il suo debole sorriso rivoltomi come il giorno precedente mi fece desistere. Ipotizzai che forse l'unico modo per parlare con lui era al bar, prima o poi ci sarebbe stata una nuova consegna e lì avrei potuto parlarci senza sentirmi in imbarazzo davanti alla classe. Imbarazzo, rimuginai, una nuova parola nel mio vocabolario.
Uscite da scuola io e Camilla raggiungemmo il piccolo paesino fuori città dove si teneva la mostra e quando entrammo nell'immenso giardino, tre stupende fontane si presentarono davanti a noi, era un incanto, tutto fiorito e ben curato.
«Partiamo da quel lato?» proposi a Camilla per iniziare ad osservare le mille fotografie che avremmo guardato quel pomeriggio.
«Ci sto ma non importa l'ordine in cui le guardiamo, tanto tu non me ne farai perdere nemmeno una!» rise e aveva ragione, mi dispiacque un po' per lei che sicuramente non apprezzava quanto me l'arte fotografica ma avrei trovato il modo di farla divertire.
Dopo circa una ventina di minuti arrivammo davanti ad uno stand di fotografie che ritraevano corpi nudi.
«Io non riuscirei mai a farmi fotografare completamente nuda!» esordì Camilla scioccata.
«Nemmeno io, ma amo queste foto, sono naturali» sorrisi.
«Poi pensa al fotografo che deve guardare una bella ragazza nuda davanti a lui e deve restare concentrato!» disse.
«Beh è il loro lavoro, sicuramente a volte non sarà così facile!» risposi mentre osservavo una foto che ritraeva il profilo di una donna nuda immersa nell'acqua fino al bacino.
«Secondo me qualcuna poi se la scopa» mi disse all'orecchio maliziosa, risi della sua affermazione.
«Probabile!» ridacchiai ancora. Il fotografo di queste opere era a due passi da noi che parlava con un gruppo di persone e non era di certo un brutto ragazzo quindi la cosa era molto plausibile.
«Potrei ripensare al fatto di fare da modella!» continuò lei guardandolo in modo ammiccante.
«Allora vai, proponiti!» la presi in giro indicando il fotografo.
«Ma sei pazza, stavo scherzando!» ritrattò subito.
«Non sei così male alla fine!» le dissi sarcastica.
«Ma sentila, certo che potrei, cosa pensi!» affermò spostandosi una ciocca di capelli neri corvini dietro le spalle con fare altezzoso. Scoppiai a ridere, avrebbe davvero potuto fare la modella, era alta, mora e con gli occhi di un azzurro cielo ipnotizzanti.
«Dai va proseguiamo!» conclusi io.
Dopo alcuni stand arrivammo ad un bivio e decidemmo di sederci sul prato prima di continuare; c'era il sole e si stava magnificamente. Mi crogiolai sotto quel calore che adoravo sulla pelle sognando di vivere in un posto con il sole e trenta gradi tutto l'anno. Riaprii gli occhi per vedere se Cami al mio fianco fosse viva o morta, aveva smesso di parlare e guardava un gruppetto di ragazzi poco più in là di noi.
«Ohi, tutto bene?» chiesi.
«Quello non è Ronny?» domandò lei e io mi girai di scatto nella direzione in cui lei stava guardando con già la tachicardia alle porte.
«Si è lui» risposi fredda. Era con un gruppo di persone, tre uomini e due donne e cavolo come era bella la ragazza che gli stava di fianco! Una chioma di capelli neri lunghi fino al sedere e un fisico da fare invidia.
«Certo che è proprio strano quel ragazzo, a scuola non parla con nessuno e adesso guardalo là come ride e scherza, sembra un'altra persona» enunciò Camilla.
Aveva ragione, era in piedi in mezzo al prato e rideva di gusto. Ad un tratto la ragazza mora gli mise il braccio intorno alla vita e lo attirò a sé, la gelosia, una strana e insensata gelosia mi pervase e mi voltai di scatto per non guardare la scena, Camilla non se ne accorse e proseguì.
«La gente è proprio bizzarra, pensa di passare un intero anno scolastico da solo?» domandò retoricamente.
«Spero per lui di no» risposi ma in realtà lo speravo per me. Mi voltai verso di lui presa dalla curiosità pur avendo un po' di timore su ciò che avrei potuto vedere ma la mora si era allontanata e ora lui scherzava con un altro ragazzo.
«Però pensa, con tutti i posti che ci sono dovevamo trovarlo proprio qua oggi!» mi sorrise Cami.
Siamo a due coincidenze pensai.
«Già!» mi limitai a dire e lei cambiò argomento.
Sentii chiaramente qualcosa smuoversi dentro di me.
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LUI
Ero coricato sul divano pensando al fatto che avevo desiderato di rivederla ed era successo davvero. Non ci potevo credere, era in classe con me. Ero stato freddo e scostante nel salutarla ma non potevo fingere a me stesso che dopo quel sabato non riuscivo a non pensare a quelle labbra, rosse, su di me. Non avevo mai pensato così tanto ad una donna e continuavo a riflettere sulla strana sensazione che mi aveva scaturito. Mi domandavo il perché di quella mia reazione e la cosa mi preoccupava abbastanza. Dovevo tenermi lontano da lei, non mi piaceva il suo effetto su di me. Distanza e freddezza, ne avevo già abbastanza di ragazze a cui pensare. Non ero mai stato in grado di avere qualcosa di serio con qualcuna e nemmeno lo volevo. Desideravo essere libero di fare ciò che mi andava senza dare spiegazioni a nessuno, senza dover dire il perché di certi miei comportamenti, della mia rabbia e dei miei rancori. Non volevo parlare con nessuno di me e la cosa migliore da fare era avere relazioni di solo sano sesso, anche se con nessuna avevo sentito quel vuoto nella pancia con un solo sguardo, come era accaduto con lei.
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