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Capitolo 15

Diedi una manata alla sveglia appena suonò, avevo dormito malissimo e per questo non avevo nessuna voglia di alzarmi. Nel mio enorme letto e nella sfarzosità di questa casa che non mi sarebbe mai appartenuta pensai a lei; al suo modo di fare, di parlare, di gesticolare e di guardarmi con quegli occhi verdi che mi facevano uscire di testa. Presi il cellulare dal comodino e trovai due suoi messaggi. Si era incazzata, pensava che ieri sera io fossi fuori e mi diceva di fare pace con il cervello. Aveva ragione, nuovamente mi domandai cosa stessi combinando.

Trovai la forza di alzarmi solo pensando che quella settimana sarebbe stata più corta del solito, avremmo avuto il ponte dall'uno al tre di novembre. Mi vestii comunque controvoglia e senza nemmeno fare colazione uscii salutando Anna che era indaffarata in cucina.

Dovevo parlare con Nicole, almeno per farle capire che non volevo farla soffrire e che era tutto un gran casino, almeno per me, era tutto molto più complicato del previsto. Per tutte le ore di lezione la osservai ma lei non mi rivolse nemmeno uno sguardo, neanche per sbaglio. La cosa non si metteva bene.

All'uscita la bloccai ai cancelli, si stava dirigendo spedita verso la macchina.

****

Un braccio mi fermò appena misi piede fuori dal cancello della scuola, era il suo. Per tutta la mattina ero riuscita ad ignorarlo, che continuasse a farsi i fatti propri, come sempre d'altronde.

«Dove scappi?» domandò sorridente, non era tempo per quei sorrisi.

«A casa, devo studiare» mi limitai a dire.

«Volevo parlarti...»

«Potevi rispondermi ai messaggi allora!» sbottai.

«Quando mi hai scritto stavo già dormendo e ho letto il tuo ultimo messaggio questa mattina. Sono qua ora, se ti va di ascoltarmi»

«Ti ascolto» dissi incrociando le braccia al petto.

«Non qua davanti, vieni» affermò prendendomi per mano. Mi riportò nel parco in cui andammo il giorno in cui gli dissi che desideravo conoscerlo, gran bella stronzata!

«Allora...ora ti spiego»

«Tu hai sempre qualcosa da spiegare, non c'è mai nulla di facile e chiaro con te»

«Lo so» ammise debolmente.

«Dai ti ascolto» dissi seccata.

«Mi domando cosa sto combinando, io non sono capace di fare il ragazzo modello, faccio solo casini e so che questo ti manda fuori di testa» disse abbassando lo sguardo «Inoltre ho paura di farti soffrire, non so cosa io sia in grado di fare in una conoscenza. A volte sono dolce e affettuoso e a volte sono sulle mie e voglio stare fuori dal mondo. Non posso costringerti ad accettare tutto questo»

«Di nuovo questa cosa? Di nuovo la preoccupazione di farmi star male? Basta Ronny, davvero, te l'ho già detto, ho messo in conto tutto, anche di svegliarmi domani e capire che tu non sei pronto. Se ti dico che a me sta bene perché continui a preoccuparti tu? Poi sì, hai ragione, questi tuoi cambiamenti repentini mi fanno incazzare ma basterebbe che tu alzassi quella cazzo di cornetta e mi dicessi solamente, ciao nico, oggi non ho voglia di uscire, voglio stare da solo» dissi mimando una telefonata «Invece no, sparisci, non dai più notizie di te e io cosa devo pensare? Che sei da solo, con un'altra, a prendere qualcuno a cazzotti? Dimmi, cosa devo pensare? Sarebbe così facile Ronny solo se tu fossi in grado di rendermi partecipe dei tuoi pensieri e delle tue emozioni» conclusi senza speranze il mio monologo, ne avevo proprio bisogno.

Mi guardò solamente senza proferire parola e poi sorrise, di un sorriso felice e genuino. Lo guardai perplessa e lui avvicinò per poi baciarmi con passione, ricambiai quel bacio ma non ne capii il motivo.

«Grazie, grazie di darmi i miei spazi e il mio tempo. Hai ragione, basterebbe che io ti scrivessi un solo messaggio, non posso darti torto» disse e io annui sorpresa della sua inaspettata ammissione di colpa. «Non c'è mai stata nessuna che mi abbia detto tutto questo, che mi abbia compreso e accettato. Vedrò di fare come dici tu, è la cosa migliore per entrambi» concluse abbracciandomi forte a sé.

«Ronny, per favore, dico davvero, parlarmi, scrivimi quando vuoi stare per i fatti tuoi, chiamami quando mi vuoi parlare, raccontati quando te la senti e non ignorarmi»

«Lo farò, per me sei speciale, la sei davvero» disse guardandomi dritto negli occhi. Fui io ad abbracciarlo questa volta, speravo davvero che avesse capito, che avesse compreso come doveva comportarsi.


Venerdì io e le altre decidemmo di andare a ballare, il giorno seguente infatti sarebbe stato il tre novembre e le scuole sarebbero rimaste chiuse. Andammo a prepararci a casa di Sofia e come sempre ci perdemmo in pettegolezzi di ogni genere ritardando così la nostra messa in ghingheri.

«Comunque spero di non incontrare Filippo questa sera» ammisi.

«Speriamo ma credo che non verrebbe mai a questa serata dai» affermò Livia convinta.

«Boh non saprei sinceramente» la cosa mi preoccupava abbastanza, non volevo rovinarmi la serata con lei mie amiche.

All'una arrivammo al locale, era gremito di gente, molti erano già ubriachi. Accompagnai al bancone le altre e intanto mi guardai intorno pregando di non vedere la faccia da schiaffi del mio ex. Le mie amiche brindarono buttando giù d'un fiato i loro chupiti, la musica era altissima e Livia mi prese per mano trascinandomi quasi al centro della pista. Sbuffai, non mi piaceva stare al centro della baraonda, un angolino mi sarebbe andato più che bene. Le altre arrivarono facendosi largo tra la folla e iniziammo a ballare, Livia sculettava addosso a Camilla che rideva come una pazza tant'è che Sofia mi guardò scioccata ma poi mi attirò a sé costringendomi a ballare con lei. Mi lasciai andare facendo la provocante con lei, mi stavo finalmente divertendo senza troppi pensieri. Emy si unì a noi ridendo per i nostri movimenti poco aggraziati quando all'improvviso qualcuno da dietro mi strinse la vita, subito mi allontanai avvicinandomi a Sofia che era proprio davanti a me, lei mi guardò preoccupata sgranando gli occhi e potei leggere nitidamente il suo labiale: c'è un energumeno poco carino dietro di te. A quel punto cambiai posizione e mi misi al fianco di Emy ma nulla il tizio mi seguì a ruota così la mia amica mi prese tra le braccia toccandomi il sedere.

«Le piacciano le donne, mi dispiace!» urlò al tizio che senza dire nulla si allontanò. Scoppiammo tutte a ridere, era stata una bella trovata! Sofi mi fece segno di volere un altro drink così io e lei ci allontanammo per raggiungere il bar.

«Un coca e rum grazie!» urlò all'indaffarato barista.

«Hai visto? Filippo non c'è!» mi urlò all'orecchio.

«Si meno male!» dissi gesticolando.

La mia amica afferrò assetata il suo drink rivolgendo un sorriso smagliante all'attraente barista e si sedette su un divanetto.

«Dov'è il tuo uomo stasera?»

«Con gli amici! Non so bene dove sia, il mio uomo!» dissi ridendo e lei annuì. Effettivamente sapevo solo che sarebbero usciti ma era già qualcosa.

Dopo qualche minuto ci ributtammo in pista, il caldo era soffocante e la gente si strusciava per passare spintonando senza ritegno. Mi congratulai con me stessa di aver indossato la gonna, sennò sarei già stata sudata dalla testa ai piedi. Livia mi prese a ballare e cominciammo ad osservare come la gente intorno a noi si dimenava. C'era una tizia attaccata al collo di uno, si limonavano così pesantemente che da un momento all'altro mi sarei aspettata si accoppiassero davanti a noi.

«Prendetevi una camera!» urlò Livia ma la musica per fortuna sovrastò la sua voce e noi ridemmo per la sua sfacciataggine. Una ragazza mi pestò i piedi passandomi davanti e alzò la mano in segno di scuse, io annuii comprensiva.

Emy e Camilla andarono in bagno, mi spiacque per loro, sarebbero stati sicuramente in condizioni indegne. Continuai a ballare con Sofi e Livia quando il tizio di prima tornò all'assalto, la cosa non mi preoccupò, molto spesso mi capitava di dover allontanare gente ubriaca che ci provava insistentemente, come capitava ad ogni donna d'altronde.

«Dai occhi belli, balla un po' con me!» mi urlò forte all'orecchio facendomi indietreggiare.

«Guarda se urli un po' di più ti sento meglio, parli troppo piano!» dissi prendendolo in giro. Con certa gente non riuscivo proprio ad essere seria, mi veniva naturale essere sarcastica e insolente. Sapevo che la cosa non giocava a mio favore, anche mio padre mi diceva sempre che prima o poi qualcuno si sarebbe incazzato sul serio ma era più forte di me.

«Dai non fare la preziosa!» urlò ancora più forte a pochi centimetri da me. Aveva una camicia azzurra sbottonata davanti fino al terzo bottone e dei pantaloni troppo stretti per le sue gambe. Non risposi e mi girai verso le altre esclamando un: io sono preziosa! Si misero a ridere ma in quel momento il tipo mi tirò per un braccio facendoci scontrare.

«Non verrei con te neanche se fossi sotto l'effetto di qualche acido!» gli urlai addosso e lui mi guardò storto. Era ubriaco e io dovevo tacere, sarebbe stato solo peggio. Mi girai verso le mie amiche ma lui nulla, non aveva capito come stavano le cose «Senti o te ne vai o ti do un calcio nei gioielli di famiglia che te li faccio rimbalzare in bocca. Ti è chiaro?»

«Ma stai calma! Sei proprio maleducata!» urlò gesticolando.

«Si sì» dissi per poi ignorarlo dandogli le spalle.

«Senti carina non si fa cosi, capito?» mi girò verso di lui e a quel punto le altre intervennero.

«Ci lasci in pace? Levati dal cazzo!» urlò Livia piazzandosi tra me e lui. Intorno a noi la gente si girò a guardarci, non era colpa mia, si avrei potuto stare zitta una buona volta ma era stato lui ad infastidirci.

Il viscido ragazzo cominciò a scaldarsi, agitava le mani per aria e diventò rosso in volto così io e le mie amiche ci allontanammo e fummo raggiunte dalle altre di ritorno dal bagno. Cominciò a inseguirci insultandoci mentre noi cercammo di dileguarci tra la folla.

****

«Fede non ti sento, dove cazzo sei? Cos'è questo casino?» allontanai il cellulare dall'orecchio. Ero con gli altri quando Fede mi aveva chiamato, doveva essere a ballare con un gruppo di suoi amici, dall'altra parte del telefono si sentiva il caos.

«Sono al Roxy, c'è Nicole e...» non gli diedi il tempo di terminare la frase che già aveva intuito. Cristo in che situazione si era andata a cacciare!

Salutai frettolosamente gli altri e montai innervosito e preoccupato in macchina, le avevo detto di stare attenta cazzo! Ecco perché odiavo quei locali! La gente era ubriaca a faceva cose senza nemmeno pensarci. Arrivai là in meno di cinque minuti pensando a quello che poteva essere successo o che stava succedendo, ero incazzato ma anche fottutamente preoccupato come mai prima. Richiamai Federico che uscì dandomi il suo pass per farmi entrare.

La gente saltava e strillava, era il delirio, ero entrato in giacca e si moriva lì dentro. Mi guardai intorno ma non la vidi, mi infilai in mezzo alla pista e da lontano notai Emy che si destreggiava tra una persona e l'altra facendosi largo con le braccia, dietro di lei c'erano tutte e Nicole era al centro, scura in volto. Le raggiunsi spintonando la gente e quando mi vide sbiancò.

«Cosa ci fai qua!?» disse guardandomi. Eravamo uno di fronte all'altro e in quel momento non sapevo se ero più incazzato o avevo più voglia di baciarla lì, davanti a tutti, era bellissima.

«Allora non sei lesbica!» sbraitò il coglione per il quale probabilmente mi aveva chiamato Federico.

«Tu levati dai coglioni! Su forza!» dissi al tipo «E tu cosa credi di fare? In che cazzo di situazioni ti metti eh?»

«Ronny stai calmo, è tutto sotto controllo, non lo vedi? È solo ubriaco marcio» si stava giustificando, sapeva che ero incazzato, dio se lo ero! «Senti sei venuto a fare il bodyguard? Ce la caviamo da sole grazie!» mi urlò contro. Addirittura si comportava come se avesse ragione lei, faceva l'incosciente e poi si arrabbiava con me. Assurdo!

«Esci, usciamo di qui!» dissi prendendola per un polso. Mi aveva fatto incazzare alquanto, già non avevo piacere che fosse venuta qua, era semi nuda con una cazzo di mini gonna aderente e faceva la furba.

«Non se ne parla! Sono qua con le mie amiche e ci resto!» disse convinta.

«Dai lasciala qua, vuole divertirsi con me!» si intromise lo stronzo che era rimasto dietro di me, mi salì immediatamente la rabbia, la sentivo, strinsi i pugni, non volevo fare stupidate, non volevo prendere a cazzotti nessuno.

****

Vidi salire la rabbia in Ronny, aveva la mascella tesa e capii che se non lo avessi portato fuori da lì per il tizio si sarebbe messa male.

«Ok esco, andiamo» dissi per salvare la situazione, le mie amiche annuirono e io uscì dietro le spalle di Ronny. Fuori faceva freddissimo ed io ero decisamente poco vestita, lo vidi togliersi la giacca e poi porgermela fulminandomi con uno sguardo accusatorio.

«Allora? Che cazzo pensi di fare?» disse quando afferrai grata la sua giacca.

«Io? Semmai tu! Arrivi qua e ti incazzi, per cosa è? Per cosa?» non capivo il motivo della sua presenza, non c'era bisogno di lui, nessuno si sarebbe fatto male, eravamo in un locale pieno di gente e pieno di buttafuori.

«Se mi chiamano e mi dicono che c'è un tipo che ti importuna secondo te io cosa devo fare!? Spiegamelo tu!» disse incazzato ma per mia fortuna si era calmato infatti non stringeva più la mano nel pugno che prima sicuramente avrebbe voluto sferrare a quel deficiente.

«Intanto chi te lo ha detto? Mi fai seguire? Poi non c'era bisogno del tuo intervento, c'è pieno di gente e nessuno avrebbe fatto del male a nessuno!»

«Ma che cazzo dici! Federico è qua con dei suoi compagni di università e per fortuna mi ha chiamato»

«Certo sennò chissà cosa sarebbe successo!» ironizzai erroneamente.

«Non fare la spiritosa, era un ubriaco del cazzo, poteva fare qualsiasi cosa, lo capisci!?» sbraitò nuovamente.

«Ronny datti una regolata, così sembri un matto! La devi smettere, non puoi essere così aggressivo, se non ti portavo fuori di là lo avresti azzannato!»

«Aggressivo? Ma lo sai quanto mi costa restare qua buono e fermo? Dio! Giuro che mi fai venire voglia di spaccare tutto!»

«Spaccare tutto per cosa? Ronny davvero, lo dico per te, non puoi fare così per una sciocchezza! Sai quanta gente ci proverà o farà il cretino? Vuoi prendere a botte tutti? Non puoi, controllati. Ne abbiamo parlato questa settimana dei tuoi atteggiamenti, già te lo sei scordato?» dissi indispettita e lo piantai li lanciandogli la giacca.

****

Scomparve tra la folla all'entrata senza nemmeno darmi il tempo di replicare. Prima di esternare tutta la mia ira salii in macchina e mi diressi al campo. Mi aveva lasciato lì, non ci credevo. Scesi e raggiunsi gli altri, Federico mi venne in contro preoccupato ma lo ignorai e sferrai un pugno all'albero davanti alle panchine.

«Rocky oh cosa fai!» mi urlò Ana.

Non la ascoltai, dovevo pur fare qualcosa, dovevo pur sfogare la rabbia in qualche modo. Sferrai un calcio al bidone e poi tirai di nuovo un gancio all'albero che mi lacerò la pelle. Poco importava avevo già le mani rovinate, ormai le cicatrici non le contavo più.

«Ora basta, siediti!» mi ordinò Ale prendendomi per le spalle «Che cazzo è successo?» domandò.

«Non dovevo chiamarlo, sono un coglione!» affermò Federico.

«No Fede, hai fatto bene! Tu non c'entri!» era colpa di Nicole infatti.

«Ci spiegate o no?» insistette Ale.

«L'ho chiamato perché al locale ho visto uno importunare Nicole insistentemente, lo so, non dovevo» disse abbassando lo sguardo.

«Anche tu però!» lo rimproverò Sole.

«Ho detto che lui non c'entra, la colpa è sua, lei non doveva ficcarsi in quella situazione del cazzo facendo la furba come suo solito! Lo avrà sicuramente insultato e lui si sarà incazzato! Stavo per menarlo, era un coglione!» seduto mi sfregavo la mano dolorante, questa volta mi ero rotto davvero qualcosa.

«Va bene va bene, ora lei dov'è?» chiese Ale.

«Mi ha mollato fuori dal locale dicendomi che non potevo comportarmi così ed è tornata dalle sue amiche! Vaffanculo!»

«Ronny allora, sicuramente lei avrà sbagliato a gestire la situazione ma tu non puoi ogni volta scaldarti cosi. C'era bisogno di arrivare quasi alle mani? Potevi intervenire e basta senza passare poi dalla parte del torto comportandoti da pazzo» disse guardandomi. Aveva ragione, avevo sicuramente esagerato ma anche lei però, non era di certo una santa.

«Fa vedere» Ana mi prese la mano.

«Non credo ci sia nulla di rotto per fortuna ma sicuramente si gonfierà molto e diventerà nera, per un po' non riuscirai a guidare»

«Merda! Meno male che a lavoro non devo guidare questa settimana» ci mancava anche che avessi dovuto mettermi in malattia.

«La cosa si risolverà, vedrai» mi sorrise dolce.

Quante volte era venuta in mio soccorso, medicandomi ogni volta che combinavo qualche bravata e questa volta ne avevo fatta un'altra delle mie. Ana faceva i turni come infermiera al pronto soccorso e cristo se era figa con il camice addosso. Mi sorpresi di questi pensieri e mi maledissi, era l'astinenza che parlava, sicuramente, ormai non ne potevo più di vedere Nicole nuda davanti a me senza poterla avere, stava diventando una tortura.

«Qualcuno può guidare la mia macchina?» domandai.

«La guido io, resti da noi?» chiese Ale. Io annui, non sarei tornato a casa in queste condizioni, il giorno seguente avrei pensato a come gestire la cosa con Anna e Pietro.

Mi sedetti al posto del passeggero e incazzato guardai fuori pensando a lei che sicuramente si stava divertendo con le sue amiche, magari con qualche tizio che le strusciava il suo coso addosso per provarci. Dovevo smetterla di pensarci o sarei tornato là a prenderla. Non dovevo permettere a nessuno di tirare fuori questa parte di me, nemmeno a lei o tutto sarebbe ricominciato da capo.

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