Capitolo 9 • Familiare
Angelica si svegliò con un enorme problema in testa. Letteralmente.
I capelli sporchi le davano fastidio, ma non lo erano ancora abbastanza per essere lavati.
L'aggravante di quella mattina, però, era la piega che alcune ciocche avevano assunto poco sopra la linea dell'orecchio. Tenerli sciolti era fuori discussione.
Sbuffando, rovistò nella trousse e trovò l'elastico blu, l'unico che era riuscita a non perdere durante il trasloco. Mossa poco furba quella di infilare il mucchio a casaccio in uno scatolone qualsiasi.
Fatta la coda alta, indossò una semplicissima maglietta bianca a maniche corte e la infilò nei jeans azzurro chiaro effetto vintage, non aderenti, con il risvoltino alto. Era il look che lei catalogava come "all'americana", fresco e sbarazzino.
Riuscì a mettere sotto i denti una merendina prima di ingurgitare il cappuccino e maledirsi perché si era bruciata la lingua. Tutta colpa del suo fratellino insistente.
- Mamma, Angelica è lenta! Angelica fai in fretta! Veloceeeeeee! - si lagnava.
Lei lo fissò assottigliando lo sguardo. Col cavolo che avrebbe rivisto Peter Pan per la settantesima volta solo perché lui era triste! Quella peste si meritava un calcio fuori dalla porta.
- Angelica, hai preparato lo zaino? Non dimenticare la merenda, mi raccomando! - le si rivolse la madre.
La ragazza sbuffò.
Aveva arte per le prime due ore, poi scienze, latino e ginnastica. Raccattò una maglietta vecchia e un paio di pantaloncini e li infilò in una sacca insieme al deodorante: non aveva tempo di pensare alle scarpe da ginnastica, si sarebbe fatta bastare quelle bianche che aveva ai piedi. Mise nello zaino due quaderni a caso e l'astuccio.
All'ultimo, tornò indietro per il portafoglio e le chiavi di casa.
- Adesso arriveremo in ritardo. Perché non siamo partiti prima? - si lamentò Michele.
- Mi spieghi qual è il problema? Io sarò in ritardo e tu persino in anticipo. Punto. - sbottò Angelica.
A lungo andare, perdeva la pazienza. Sua madre la ammonì con lo sguardo.
È solo un bambino.
Trattalo con dolcezza.
Non essere cattiva.
Lui non capisce, sii buona.
Proteggilo.
Frasi che si era sentita ripetere un'infinità di volte dai suoi genitori, ma che ignorava sempre quando avrebbe dovuto tenerle a mente. Il guaio era che dopo le dispiaceva essere stata dura.
Come previsto, Angelica era in ritardo: lo testimoniava il cortile d'ingresso vuoto. Solo due ragazze erano ancora lì fuori, con una sigaretta tra le dita.
Un rombo d'auto richiamò la sua attenzione proprio quando sua madre se ne stava andando. Voltò il capo.
Una Mercedes nera si fermò di colpo e da quel parcheggio molto impreciso uscirono tre persone: Angelica ne conosceva solo una.
- Ciao Bea! Anche voi in ritardo? - domandò.
- Uh, sì. Qualcuno qui si è fatto attendere. - rispose l'amica, guardando un ragazzo biondo con la felpa grigia portata ad arte, ovvero con il cappuccio a tre quarti sulla testa e le maniche tirate su a stringere sugli avambracci.
- Io almeno esco di casa con dei capelli decenti. - replicò il ragazzo, sfacciato.
Beatrice accusò il colpo.
- Angelica, questo stronzo che abbiamo davanti è Edoardo. Scrocca passaggi a caso e nella sua inutile vita non fa altro che darsi arie. Inutili anche quelle, per la precisione. - parlò poi, inacidita.
Prima che Edoardo potesse difendersi, Beatrice indicò l'altro ragazzo, quello più smilzo, con i capelli castani tirati su uguale ma il viso più sereno e l'andatura rilassata.
- Lui invece è mio fratello, Francesco.
- E per lui niente insulti? - la stuzzicò Edoardo.
Beatrice scosse il capo.
- Non ce n'è bisogno.
Angelica sorrise a quell'affermazione e Edoardo si soffermò a guardarla meglio, dimenticandosi cosa voleva dire di offensivo a Beatrice.
- Cari ragazzi, questa invece è Angelica. È mia amica e già impegnata, quindi non pensate neanche di ronzarle attorno.
Così dicendo, però, Beatrice non si accorse di aver appena causato una reazione spontanea da parte di Edoardo: immediato interesse nei confronti di Angelica.
Se non ci fosse stata l'etichetta del proibito su di lei, forse l'avrebbe catalogata come una ragazza particolarmente bella e basta. Ora che sapeva che era off-limits, invece, non vedeva l'ora di conquistarla.
- Piacere di conoscervi. Ora, però, è meglio se ci muoviamo, perché siamo in ritardo. - disse Angelica.
Sentiva lo sguardo del biondo addosso e si chiese perché le sembrava così familiare quel viso. Era come se avesse già visto un paio di labbra piccole e strette così, gli occhi azzurro cielo, gli zigomi stretti... Forse si era solo immaginata tutto ciò.
Edoardo e Francesco facevano quinta, apprese Angelica, perciò presero le scale per andare nella loro aula. Le ragazze invece percorsero rapidamente il corridoio del pianoterra ed entrarono nell'aula di arte. Il professore stava sistemando la borsa.
- Buongiorno. - salutarono.
- Buongiorno, ragazze. - ricambiò il professore, sorridente.
Nessuno, in classe, sembrava sorpreso che la lezione non fosse ancora iniziata.
- Lui non arriva mai prima delle otto. Non essere sconvolta, Angelica. - sussurrò la riccia.
Presero posto nella prima delle quattro file di banchi, tutti attaccati, perché Beatrice voleva presentare ad Angelica l'amica Laura. Era con quest'ultima, principalmente, che aveva passato i tre anni di liceo precedenti.
- Va bene, il registro non funziona come al solito, ma oggi vi devo dire delle cose importanti e me ne occuperò dopo. Dunque, mentre io organizzo il materiale su Canova, voi vi dividete in gruppi da due o tre e pensate a progettare una stanza ampia, da rappresentare in punti di vista diversi. Come al solito, più è complessa, più alto potrebbe essere il voto. - spiegò l'insegnante.
Non aveva ancora finito di parlare che Luca Sironi si trovava già a fianco di Angelica, seduta all'estremità della fila. Luca, però, guardava Beatrice.
- Io sto in gruppo con te, Bea. - decise.
- Perché vuoi stare in gruppo con lei? - domandò Angelica.
- Perché lei sa fare le tavole e io no. E lei non lascerà un compagno di gruppo in difficoltà, vero? - fece lui.
La mora ridacchiò, Beatrice gli rivolse uno sguardo piatto.
- In realtà, Bea, anch'io faccio piuttosto pena in disegno tecnico. Ti prego, non abbandonarmi al mio destino. - pregò Angelica.
- Allora il problema è risolto, direi. - sospirò Beatrice.
In aula ormai regnava il caos: tutti cercavano di accaparrarsi i compagni più utili.
- Bea, possiamo stare in gruppo con te? - chiese Nicola, con Riccardo al seguito.
Angelica li guardò. Nicola era carino, ma non le trasmetteva niente. Riccardo era invece il centro propulsore di onde elettrostatiche, con tutta la magia dei suoi occhi verdi puntati su di lei.
- Mi dispiace, ho già Luca e Angelica con me. - si scusò Beatrice.
Nicola non parve scoraggiato.
- Allora ci aiuterai con le nostre tavole. Vero che ci aiuterai? Facciamo schifo a disegnare, dai.
- Uhm... Va bene. Però non spargete troppo la voce, altrimenti mi ritrovo con dieci tavole da gestire. - accettò lei.
Angelica sapeva, in cuor suo, che aveva acconsentito unicamente perché era stato Nicola a chiederle aiuto.
Il professore di arte distribuì delle schede di approfondimento su Amore e Psiche, poi pretese un foglio con i nomi dei gruppi e disse che, salvo qualche consiglio, non avrebbe potuto dare ai ragazzi delle ore in classe da dedicare al disegno. Il programma di storia dell'arte era corposo e bisognava andare avanti, quindi la tavola andava consegnata entro due settimane circa, ma realizzata a casa.
Angelica si chiese se avesse calcolato quanto era difficile mettere d'accordo gli impegni degli uni rispetto agli altri, la distanza tra le abitazioni, le verifiche che si sarebbero state di mezzo... Era propensa a rispondersi di no.
- Io dico che dobbiamo vederci tutti insieme e farci illuminare da Beatrice. - disse Nicola, includendo nel "tutti" i loro due gruppi: Beatrice, Angelica, Luca, Riccardo, Laura e se stesso.
- Almeno provate a pensarci su, però. - insistette lei.
E, osservando Luca annuire senza troppa convinzione, Angelica ricordò improvvisamente perché Edoardo le era sembrato tanto familiare.
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