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Capitolo 44 • Confessioni

Angelica sapeva che invitare Riccardo a casa propria sarebbe stata una pessima idea: chi le garantiva che dopo del buon sesso lui sarebbe effettivamente rimasto? L'aveva già abbandonata una volta, senza dare spiegazioni.

Tuttavia, la sua mente ragionava con più lentezza e fatica, per colpa di tutto l'alcol che aveva ingerito: perché pensarci ancora tanto? Meglio farlo e basta. Ci sarebbe stato tempo dopo. Tempo per rimuginare, tempo per analizzare, tempo per ricordare, tempo per soffrire.

- Vieni, fermati da me. - decise.

Riccardo, ignaro delle paranoie che minacciavano già di mettere Angelica in crisi, accettò su due piedi.

Si fecero portare in macchina da un ragazzo che non aveva bevuto e che, di conseguenza, era stato condannato al ruolo di tassista per almeno un'ora.

Angelica e Riccardo lo ringraziarono, poi si avviarono silenziosamente verso casa attraversando il vialetto come due ladri ubriachi. O, almeno, una lo era.

Fu Riccardo a proteggerla dagli urti e dalla propria maldestria, fino a condurla in camera senza graffi.

- Te la ricordi ancora? È tanto che non ci vieni. - commentò Angelica, ridacchiando.

Non c'era nulla da ridere, ma Riccardo pensò che non potesse farne a meno.

Accantonò il problema e si avvicinò ad Angelica. Pose le mani sui suoi fianchi.

- È tutta la sera che voglio toglierti questo vestito. - sussurrò.

Se anche avesse detto di dover portare fuori la spazzatura o lavare i piatti, Angelica avrebbe rilasciato un sospiro eccitato: la voce appena udibile, roca e studiata del cantante in esordio la mandava in estasi.

Rischiò di sciogliersi tra le sue braccia, ma non lo diede a vedere.

- Attento, è di Dior. - rispose.

- E da quando compri da Dior? - proseguì Riccardo, utilizzando lo stesso tono di voce.

La sua mano destra risalì sul fianco fino a toccare la pelle nuda e aggirò il braccio di Angelica andando a toccare la scapola e, da lì, la spalla. Giocherellò con la spallina del vestito in attesa di una risposta.

- Non ho detto di averlo comprato... Cecilia è un'amica generosa. - sospirò Angelica, quasi ansimando agli impulsi che sentiva provenire dalle dita di Riccardo sulla sua pelle.

Si mordicchiò il labbro, impaziente.

Riccardo pareva non avere fretta. Se lei avesse deciso di non parlargli più come aveva minacciato Edoardo, almeno avrebbe conservato un ricordo lungo e vivido della loro ultima notte insieme. Voleva godersi ogni singolo istante.

Soffiò sul collo della ragazza, ipnotizzato dalla sua bellezza.

- È una buona amica. Eri la più bella stasera. La più bella del mondo, per me. E lo sarai sempre. - mormorò, la voce quasi un fruscìo.

- Baciami... - fece Angelica, sensuale.

Riccardo sfiorò la pelle delicata del collo con le labbra vellutate e percorse la distanza che sussisteva fra quel punto e le labbra con estenuante lentezza. Di ogni centimetro di pelle assaporava la dolce e profumata essenza. Ah, il suo profumo! Gli dava alla testa.

Le sue dita accompagnarono le spalline dell'abito verso il precipizio oltre cui c'erano le braccia nude: la stoffa che ricopriva i seni fino ad un attimo prima scivolò su quella sottostante, ferma ai fianchi. Riccardo accarezzò le braccia e la schiena di Angelica prima di dedicarsi ai seni, che torturò dolcemente con le dita.

Scese dunque a spingere giù il vestito, adagio, che scivolò sulle gambe di Angelica e si accumulò in una nuvola dorata ai suoi piedi. Un peccato che un vestito così finisca sul pavimento, pensò Angelica, ma era certa che Cecilia sarebbe stata contenta di conoscere il motivo per cui aveva subìto un tale destino.

Nessuno le impedì di poggiare le mani sul petto ampio e tonico di Riccardo, scorrere alla ricerca dei bottoni della camicia e sfilargliela usando la giusta pressione delle dita sulla sua pelle nuda. Riccardo sentì bruciare ogni singolo punto che quei polpastrelli piccoli e delicati toccavano.

La camicia finì a terra, seguita dai pantaloni abilmente abbassati dalla stessa Angelica, che sorrise in maniera subdola quando finse di toccarne accidentalmente il cavallo.

In quel momento, Riccardo cedette alla frenesia e spinse la ragazza sul letto con un gesto deciso e passionale, per poi sovrastarla. Si impose di prendersi ancora un attimo: accarezzare e tastare le cosce, baciarla fino a rubarle tutto il fiato e stuzzicarla nei punti sensibili. Quando lei, inavvertitamente, strusciò la propria intimità contro la sua, Riccardo non poté più controllarsi. Spinse via con un gesto secco i boxer e gli slip striminziti, infilò la protezione ed entrò nel corpo di Angelica con i ricci che le solleticavano la fronte ed una forte spinta.

Lei assecondò i suoi movimenti e ritrovarono una sincronia a lungo persa e agognata, talmente perfetta da condurli velocemente all'apice.

- Sono troppo scontato se ti dico che ti amo? - disse Riccardo.

- Le cose scontate mi piacciono, in alcuni casi. - commentò Angelica.

Il ragazzo le circondò la vita con un braccio e fece aderire il suo corpo al proprio.

Inspirò il profumo dei suoi capelli setosi.

- E questo è il caso? - mormorò, vicino all'orecchio.

La ragazza ridacchiò piano.

- Sì, direi proprio di sì.

Per qualche minuto, regnò un silenzio assoluto. Si poteva registrare il ritmo dei loro battiti cardiaci e dei loro respiri regolari soltanto ad orecchio teso.

Una folata di vento si scontrò con il vetro della finestra della camera di Angelica.

- Ti è mancato tutto questo? - sussurrò poi la ragazza.

Riccardo soppesò la domanda, indeciso su come esporre la propria risposta.

Ancora una volta, il profumo fruttato di Angelica lo distrasse.

- Sì. Mi è mancato tutto. La tua pelle, i tuoi capelli, la tua voce... I tuoi occhi. Ho pensato spesso che non mi avresti mai perdonato. - confessò infine.

- Perdonare non vuol dire cancellare. - osservò Angelica.

Riccardo sospirò.

- No, infatti. Anche se gli errori non svaniscono, però, noi abbiamo il potere di dare loro una determinata importanza: continuare a considerarli significa restare fermi e arrabbiati, girarsi e andare via senza guardarli più vuol dire azzerare il loro valore, anche se col tempo. Io non voglio che tu continui a logorarti. Mi fa troppo male.

- Cosa?

- Vederti stare male.

Un debole sorriso si fece spazio sulle labbra di Angelica, illuminata dal chiarore lunare.

Riccardo la strinse più vicina a sé, come a dimostrarle che non voleva più lasciarla.

- Buonanotte, Riccardo. - mormorò Angelica infine, troppo stanca per portare ulteriormente avanti la conversazione.

- Buonanotte, amore mio.

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