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Capitolo 24 • Anima impenetrabile

- Senti, mi consigli una palestra non lontana da casa mia? A San Raffaele giocavo a pallavolo, ma adesso non mi va di stare dietro alle partite e tutto il resto. - chiese Angelica, durante il ritorno a casa.

Riccardo teneva la manina di Michele da una parte e quella delicata di Angelica dall'altra. Pensare che quelle stesse mani morbide avevano schiacciato un pallone sul campo avversario con forza pareva quasi incredibile: Riccardo riusciva solo a pensare a come sarebbe stata piacevole la sensazione di sentirsele addosso, ad accarezzarlo.

- Non sono la persona più adatta per consigliarti, credo. Io ho la palestra sotto casa. Conosco una ragazza che ha girato un sacco di palestre, però, e magari può aiutarti. Guarda, ecco il suo numero. - rispose il ragazzo, estraendo il telefono di tasca.

Erano praticamente arrivati e Michele si lanciò in corsa verso la porta di casa.

Angelica, invece, si fermò per segnarsi il numero con il nome di tale Cecilia.

- Grazie, Riccardo. Sei sempre un tesoro. - sorrise.

Riccardo le lasciò un fuggevole bacio sulle labbra, a causa della presenza del fratellino.

- Farei di tutto per la mia ragazza. - sussurrò, sottolineando le ultime parole per testare la reazione di cui sarebbe stato testimone.

- Riccardo, io... - iniziò Angelica.

- Tranquilla, nessuno ti obbliga ad avere una relazione con me. - la rassicurò lui.

Angelica sospirò.

Alzò gli occhi su quel verde magnetico che tanto adorava e percorse con lo sguardo i ricci castani che lussureggiavano sul capo del ragazzo come la chioma di un albero in fiore, soffici al tatto.

- Non sento alcun obbligo. È che mi fa veramente strano parlare di relazioni quando sono qui da una settimana appena. Sta succedendo tutto così in fretta... - ammise.

- Allora non parleremo di relazione. Che brutta parola, "relazione". Non la trovi orrenda?

Angelica rise.

- Non fare lo scemo, dai.

- Mi viene naturale, quando sono con te. - rivelò Riccardo.

- Ah, io ti faccio diventare scemo?

Lui prese qualche ciocca dei lunghi capelli di Angelica fra le dita.

- No, è solo che... Be', mi piaci tanto e non voglio fare cazzate.

- Quindi, visto che hai tanta paura di farle, finisci per farle ugualmente. Giusto? - ragionò Angelica, sottovoce.

Riccardo annuì.

- Però adesso sei qui... E non mi sembra proprio che tu stia facendo cazzate...

- Se ti bacio faccio una cazzata?

Angelica deglutì, incantata dal suono roco della sua voce e dal desiderio che traspariva dal suo sguardo caldo. La distanza fra le loro labbra era troppo breve per tirarsi indietro, adesso. Ma, dopotutto, perché avrebbe dovuto farlo?

- Non direi proprio. - mormorò.

- Bene, perché avevo intenzione di farlo ugualmente.

Riccardo annullò l'irrisorio numero di centimetri che li separava e premette le proprie labbra contro le sue con irruenza. Aveva talmente tanta voglia di sentirla vicina, a stretto contatto, che cercava di assorbire tutte le piccole sensazioni da brivido che il bacio gli stava regalando.

E ci avrebbe scritto una canzone, su questo momento. Eccome se l'avrebbe scritta. Una canzone che avrebbe parlato di come lei, tutta fascino e provocazioni, faceva sentire lui, un mistero velato di ricci scuri e occhi chiari, un'anima impenetrabile assetata d'amore.

- Ange, mi aprite la porta? Fa freddo. - si lamentò improvvisamente Michele.

La ragazza desiderò ardentemente non averlo tra i piedi, una volta tanto.

Si staccò da Riccardo a malincuore.

- Scusami. Ho un fratellino rompicoglioni a cui pensare. - si giustificò.

Riccardo rise.

- Non ti preoccupare, noi due ci vediamo presto. - le fece l'occhiolino.

Si salutarono e Michele non mancò di abbracciare quello che ormai considerava una specie di fratello maggiore.

Entrarono finalmente in casa.

Michele passò la cena a raccontare alla madre di come fosse contento che finalmente Angelica e Riccardo fossero fidanzati: a tale parola, Angelica captò uno sguardo particolare della madre, quello che l'avrebbe portata a raccontare tutto la sera stessa, da sole, in camera.

Non che le fosse mai pesato mettere sua madre al corrente dei ragazzi che frequentava, ma in quel caso non era ben sicura di cosa avrebbe detto e l'ignoto la spaventava.

Mentre aspettava che sua madre la raggiungesse dopo aver lavato i piatti, quindi, Angelica si distrasse contattando Cecilia.

I profili social suggerivano che era una ragazza piena di soldi, ma sembrava simpatica, a giudicare dalle didascalie delle foto, dai commenti e da alcune frasi abbinate. Sicuramente era molto bella. Angelica si disse quasi sorpresa di non aver visto scatti da modella per marchi di abbigliamento, perché il fisico era perfetto e anche viso e capelli rispettavano ampiamente gli standard.

Scrisse una risposta in accordo al loro incontro quel venerdì pomeriggio, poi vide la madre entrare in camera e mise il telefono da parte. Tenerlo in mano sarebbe stato irrispettoso, oltre che inutile.

Illuminato dal chiarore della lampada sulla scrivania, Riccardo era invece intento a scrivere versi, un po' spontaneamente e un po' riadattando alcune parole che gli passavano per la testa. Era un continuo abbozzare, canticchiare, provare ad andare avanti e arrivare al ritornello: approvato quello, andava sempre a modificare qualcosa nei versi precedenti, anche solo l'ordine delle parole.

E pensava ad Angelica, soltanto a lei, a quanto fosse felice in quel momento, a quanto straordinario gli fosse parso tutto ciò che aveva a che fare con lei, a come fosse strano concepire diversamente il tempo in funzione di lei. Di una cosa era certo: non si pentiva di nulla.

Il giorno dopo, a scuola, pensò ancora ad Angelica, ma per un motivo diverso: lei era stata enormemente più sveglia a cogliere il sottile rapporto che si stava creando fra Nicola e Beatrice. Lui, che era il suo migliore amico da anni, non si era accorto di niente. Com'era possibile?

Vide la coppia ripassare filosofia e colse ciò che aveva sempre ignorato: gli sguardi che si scambiavano.

Beatrice era la più timida, ma l'intensità del suo sguardo era ben più evidente di quella di Nicola, che era convinto, con tutta probabilità, di stare semplicemente ripassando filosofia. Però, qualche volta lo si poteva vedere con gli occhi sui capelli di Beatrice, che avevano assunto improvvisamente un senso e non erano più crespi e incontrollati come prima, ma scendevano a boccoli voluminosi color mogano sulle spalle. Che ci fosse lo zampino di Angelica anche su quello?

Ciò che convinse Riccardo delle intuizioni di Angelica fu l'espressione che Nicola aveva quando si sedette accanto a lui.

- Ora so San Tommaso che è una meraviglia! Il Doctor Angelicus mi fa un baffo con i suoi dogmi, altroché! - si vantò il biondo.

Riccardo non smise di studiarlo.

- Perché mi guardi così? - domandò Nicola.

- Niente, niente. Dimmi cosa sai della Summa Theologiae, allora. - rispose l'amico.

Nicola spalancò gli occhi, nel panico.

Summa Theologiae... Summa... Ma sì, era la Summa di cui tanto parlava Beatrice! Quando le sue labbra si restringevano per pronunciare la "u" e diventavano un po' più rosse. Certo, ora ricordava alla perfezione.

Iniziò a parlare rapido, sicuro di quel che diceva, e stupì perfino Luca, che era passato casualmente in quel momento.

- Cazzo, Nico, stavolta prendi dieci! Fa' il culo a 'sti secchioncelli. - commentò, dandogli una pacca.

Nicola si vantò ampiamente e, quando incrociò lo sguardo di Beatrice, il suo sorriso divenne più autentico.

Riccardo non aveva bisogno di altre prove per dedurre che Angelica aveva ragione e che adesso era ora di collaborare per far sì che il suo migliore amico aprisse gli occhi.

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