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Capitolo 2 • Fantasticare

- Ma che cazzo fai? Non ti ho dato il permesso di leggere. - fece lui, brusco.

Ritirò i fogli sparsi e chiuse tutto nel suo quadernetto.

Osservò la ragazza nuova, tutta curve e occhi luminosi, e la rabbia andò scemando.

Una cascata di capelli castani le scendeva giù e costeggiava dolcemente il seno, sottolineando come un contorno esterno la loro curva. La camicetta rosa li stringeva un po', pensò.

- Non me l'hai neanche negato. - rispose lei, sottilmente tagliente.

- Be', sappi che i miei fogli sono off-limits. - fu la risposta secca.

Angelica represse l'impulso di ridere.

Non sarebbe stato carino farlo, se teneva tanto ai quei fogli, giusto?

Il pensiero la incuriosì ancor di più: cosa diavolo ci trovava di tanto importante nei testi trascritti delle canzoni famose?

- Quello che invece voglio io che tu sappia è che...

- Dovete stare zitti. Tutti, ma soprattutto voi due là. Anzi, magari potete parlare di storia... Che ne dite, conoscete abbastanza l'argomento di oggi? Riccardo? - la interruppe il professore.

Riccardo lo maledì, non tanto perché lo aveva richiamato, ma proprio perché aveva interrotto quella ragazza nuova, che sapeva di... eccitazione? Si stava solo immaginando la lucentezza assurda dei suoi capelli lisci o era vera?

- Se ben ricordate, la volta scorsa abbiamo parlato di come Napoleone avesse tentato di erigere i suoi progetti imperialistici su pilastri concreti... - iniziò a spiegare il professore.

Angelica fece un cenno che indicava che gli avrebbe detto in un altro momento quello che voleva dirgli.

Riccardo annuì e fece di tutto per non fissarla incessantemente, ma lei era veramente affascinante. Ispirava una sensualità elegante e delicata, ma allo stesso tempo provocante. Un mix di purezza e peccato che gridava "esplorami" trasudava da quella figura nuova e lui si sentiva come chiamato.

Ad un certo punto, udì troppo silenzio e tornò con la mente alla realtà. Il professore si era fermato dinanzi al loro banco, con un sorriso.

- Angelica, lo sai che nome porti? - domandò alla ragazza.

Lei non aveva inteso il senso della domanda, perciò tacque per ascoltare la risposta.

- Porti il nome di una donna bellissima, tanto pura all'apparenza quanto peccaminosa in essenza, una donna che scatenò il caos, combinò guai, fece perdere il lume della ragione...

- A Orlando. L'Orlando furioso. - intervenne la ragazza.

Il professore annuì, contento.

- Esatto, proprio lui. Ora, non possiamo fare niente affinché Riccardo non si innamori perdutamente di te e faccia follie come perdersi nella sua immaginazione e non ascoltarmi mentre parlo di Napoleone, ma tu garantiscimi che mi ascolterai e gli sarai d'aiuto, altrimenti l'avrò perso per sempre.

Tutta la classe fissò Riccardo e Angelica, ripetutamente. Entrambi avrebbero scommesso in una serie di commenti piccanti da parte di tutti, ma nessuno voleva essere messo in imbarazzo dal professore forbito, perciò non volò una mosca.

Angelica non poté fare a meno di ricordarsi di come proseguiva il poema: la sua omonima si era innamorata di Medoro, non di Orlando, e non si era risparmiata crudeltà nei confronti del cuore del valoroso guerriero. Si scrollò il pensiero di dosso.

Riccardo, dal canto suo, attese il suono della campanella in silenzio, con un unico punto fisso nella mente, che non c'entrava niente con Napoleone: cosa stava per dire Angelica?

Non ebbe, però, l'opportunità di chiederle nulla, perché la ragazza venne circondata dai compagni di classe curiosi e scortata nell'aula di inglese in un fiume di domande.

Lei, però, non aveva molta voglia di fornire spiegazioni sulla sua vita privata a dei perfetti sconosciuti, nonostante non fossero destinati e restare tali, perciò fu piuttosto evasiva nelle risposte. Tentò la via della distrazione chiedendo a chi la circondava di presentarsi, ed ebbe successo: tutti iniziarono a sommergersi di calunnie scherzose per mettere in luce se stessi.

Nell'aula di inglese ci si doveva sedere lungo file di sei postazioni secondo l'ordine alfabetico: Angelica finì in fondo, tra quella che passava le ore a limarsi le unghie e quella che teneva l'occhio sull'orologio per accertarsi di prendere le medicine nel modo corretto. Una morsa infelice in cui ascoltare spiegazioni di una materia che adorava.

L'insegnante era in ritardo, perciò Riccardo ne approfittò per controllare le notifiche sul telefono, sottobanco. Eleonora Ceci aveva iniziato a seguirlo su Instagram. Fissò lo schermo un po' imbambolato, perché non si aspettava che la prima ragazza ad aver catturato la sua attenzione (ignorandolo più o meno volontariamente) finalmente mostrasse di sapere che lui esisteva e fosse interessata a spulciare il suo profilo. Non che ci fosse molto da vedere: Riccardo non era veramente attaccato ai social, postava qualcosa di nuovo di rado e ogni tanto cercava le foto delle ragazze della scuola. Spesso, i suggerimenti venivano dal suo migliore amico, Nicola Gaglione, un biondissimo ragazzo sempre in cerca di divertimento che, in quel momento, sedeva esattamente dietro di lui.

- Oh, Ama, c'è Sofia Frola con le sue amiche lì, al termosifone, che ti fissa da tre minuti. Se la becca Teo, si incazza. - disse, a bassa voce.

Riccardo mise via il telefono e alzò gli occhi sul gruppetto in questione. Erano le quattro ragazze più carine del biennio, tutte amiche, insieme ad una quinta più bruttina, e Sofia spiccava non per posizione centrale quanto per fascino. Aveva i lunghi capelli ricci color cannella, labbra carnose e occhioni grandi, nonché un fondoschiena che richiamava le antiche sculture greche; sul suo profilo c'era una marea di scatti rubati, dal sapore artistico, che celavano abilmente pomeriggi interi passati a posare come una modella.

- Tanto non mi interessa. - fece Riccardo, piuttosto disinteressato.

Non aveva voglia di litigare con Matteo, uno dei suoi amici, per i capricci di Sofia Frola, indipendentemente da quanto fosse carina. La loro relazione era finita da poco ed era sicuro, da come lei stava tentando di ammaliarlo, che l'unico a sentire ancora il bruciore della sconfitta fosse lui.

- Okay, ma te la faresti? - domandò sottovoce Nicola.

- Certo che no! Teo mi spacca la faccia. - dissentì rapidamente Riccardo.

- Però è figa. - proseguì il biondo.

Riccardo scosse la testa, arrendendosi. Non poteva di certo negarlo, ma neanche confermarlo sarebbe stata una mossa saggia. Lasciò che l'affermazione rimanesse sospesa in aria, finché non entrò l'insegnante di inglese, con un blocco di fotocopie in mano, l'aria affaticata e i ricci come cespugli sulla testa.

- Buongiorno ragazzi, scusate il ritardo ma Dino ci ha messo un po' a fare le fotocopie. Riccardo, ti va di distribuirle?

Lui si alzò in tutto lo splendore del suo metro e ottantacinque di altezza, baciato dal sole sul viso fino alla mascella, che tendeva a sporgere in linea retta e definita gettando un'ombra sul collo, e sui capelli color cioccolato dai riflessi più chiari.

Angelica approfittò del fatto che fosse in piedi per esplorare con lo sguardo la sua corporatura: non avrebbe saputo dire se fosse un tipo da palestra, ma i muscoli c'erano e, sotto la maglietta blu a maniche corte, erano ben marcati. Forse praticava uno sport. Calcio? Basket? Nuoto?

Pensò a come sarebbe stato avere lui come compagno di ballo a lezione, aspettarsi una presa sicura dalle sue forti braccia, un delicato tocco sul fianco e un lieve respiro sul collo.

Distolse lo sguardo. La sua immaginazione stava prendendo la tangente. Non poteva permettersi di fantasticare così dopo appena due ore dall'ingresso a scuola...

P.S. Immagino esattamente così i capelli di Angelica:

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