48. Interviste
Tornare a New York a distanza di otto mesi dalla prima volta non era certo nei piani di Agnese. Mentre era in viaggio sull'air train, ricordò i momenti vissuti con Samuel a bordo del mezzo e come si fosse trovata praticamente spalmata addosso a lui.
Come hai fatto a non accorgerti del suo interesse? E poi l'assenza di repulsione ad avere un contatto fisico con uno sconosciuto, pur avvenente, avrebbe dovuto farti capire che non sarebbe stato facile soffocare la scintilla.
"Arrivata, tutto bene" gli scrisse.
"Ottimo, un bacio" rispose subito Samuel, sorprendendola. Aveva tenuto acceso il telefono.
Era partita la sera prima ed era atterrata alle sette del mattino, ora di New York. Si era concessa una business class, sfruttando il voucher che le aveva regalato Samuel, in modo da poter dormire almeno un paio d'ore. Nessun incubo era arrivato a tormentare il suo sonno. Quando sarebbe tornata a Los Angeles avrebbe dovuto trovare il coraggio di parlare con Samuel. Non sognava spesso Marco, anzi, da quando il pornoattore era entrato nella sua vita era una rarità, ma purtroppo la notte dell'insolazione era capitato. Quella volta lei stava assistendo alla distruzione di casa sua da parte del suo ex, che la guardava senza alcun tipo di sentimento. Si era accanito in particolare sulla sua libreria, facendo cadere i volumi uno alla volta. Altre volte capitava che lei lo incontrasse per strada senza però riuscire a raggiungerlo o a parlargli.
Aveva voluto prenotare lo stesso albergo di gennaio, per scaramanzia, oltre al motivo banale che conosceva già dove fosse. Prese possesso della camera e poi si catapultò a Manhattan. Aveva appuntamento alle due del pomeriggio con Wallace nella sede della Green Hill per un piccolo briefing che avrebbe preceduto le interviste.
New York era diversa dalla volta precedente. C'era molta più gente in giro, complice il clima più clemente. La naturale luce del sole estivo faceva risaltare i vetri a specchio dei grattacieli. Central Park brulicava di gente ed era il polmone verde che aveva visto tante volte in fotografia. Non aveva molto tempo per gironzolare. Aveva comprato un panino e l'aveva divorato su una panchina facendo attenzione a non sporcarsi.
Arrivò sotto il grattacielo dove si era fatta quel selfie dopo la firma del contratto, ma stavolta non era imbacuccata sotto un cappotto con il suo tailleur nuovo. Si era consultata con Samuel e lui le aveva consigliato un abbigliamento casual non troppo formale. Era andata con Isabel in un paio di negozi che secondo l'attrice potevano fare al caso suo e ne era uscita con pantaloni blu larghi, ma che ricadevano dritti a coprire il sandalo con un tacco non troppo alto e una camicetta beige in pizzo caratterizzata da un unico bottone sul collo alla coreana che chiudeva il sottile ovale della scollatura.
La segretaria era la stessa della volta precedente, una signora sulla quarantina con i capelli raccolti in uno chignon elegante. Quando Agnese si presentò, la donna indugiò lo sguardo sul rossore che ancora caratterizzava la sua faccia, ma nessun tipo di commento uscì dalla sua bocca.
«Vieni, Wallace ti sta aspettando».
Agnese non venne accompagnata nell'ampia stanza dove aveva firmato il contratto, in fondo al corridoio; la segretaria imboccò lo stesso percorso ma si fermò prima. Alla seconda porta a destra una voce baritonale rispose di entrare.
Gabriel Wallace si alzò in piedi all'istante e aggirò l'enorme scrivania di legno ricoperta di fogli e libri per tenderle la mano con un grande sorriso. «Finalmente ci conosciamo!»
Agnese ricambiò, ridacchiando dentro di sé, immaginando quale commento avrebbe fatto Samuel alla vista del suo "agente".
Il viso era quello della fotografia, ma meno affilato: probabilmente aveva messo su qualche chilo negli ultimi tempi. Il fisico era comunque longilineo, fasciato da un paio di pantaloni blu notte e da una camicia bianca con i due bottoni in cima aperti. Wallace non era molto più alto di lei, la superava di un paio di centimetri.
«Accomodati e perdona il disordine, ma adoro ancora la carta e questo è il risultato». Le pile di libri arrivavano quasi all'altezza del monitor del computer, la cui tastiera era circondata da fogli A4.
«Nessun problema, solo le scrivanie di chi non lavora sono ordinate» replicò Agnese.
«Spero tu abbia già pranzato perché i giornalisti arriveranno tra mezz'ora e non abbiamo molto tempo». Wallace non attese la risposta della scrittrice. Rovistò tra i volumi e quando trovò ciò che stava cercando glielo porse.
Agnese aveva tra le mani il numero zero della serie dedicata a Miss Violet, quello inedito. Aveva già visto le bozze, ma poter maneggiare il libro era un'altra cosa. La copertina era caratterizzata proprio dal viola del titolo e da una figura femminile coi capelli ametista, che Agnese aveva giudicato un po' troppo adulta rispetto a come aveva immaginato il suo personaggio, ma alla fine aveva accettato la proposta grafica. Le illustrazioni all'interno erano molto "cartoon", come avevano scelto durante l'incontro di gennaio.
«Puoi tenerlo» disse Wallace. «Sono le prime interviste che ti capita di rilasciare?» le chiese, andando subito al sodo.
«Sì. In Italia ci sono state delle recensioni delle mie opere, ma non sono mai stata contattata da giornalisti».
«Tranquilla, nessuno ti farà il terzo grado. Poi ci sarò io nel caso andassi in difficoltà, anche con la lingua. Questi tre appartengono a riviste molto quotate e diffuse: due prevalentemente cartacee, una è la più letta tra quelle specializzate online. Per lanciare la serie è l'ideale. Ci sarà anche un fotografo che poi darà loro degli scatti per corredare gli articoli. Ti chiederanno di raccontare la genesi del personaggio, come sei arrivata alla scrittura, si concentreranno magari sulle tue origini, ma di solito non fanno domande molto personali».
Agnese annuiva in continuazione, stupita dal modo molto pragmatico con cui Gabriel cercava di calmarla.
Lui si alzò all'improvviso, mentre stava ancora dandole qualche informazione, e si diresse verso la porta. Agnese impiegò un secondo a capire che era il momento di spostarsi verso la sala dove avrebbe incontrato i giornalisti. Si alzò di scatto e la sedia si inclinò in modo pericoloso, tanto che, goffamente, cercò di afferrarla al volo. Wallace non batté ciglio e attese che si ricomponesse.
La sala era molto luminosa e ampia, con vista sui grattacieli vicini su due lati. Al centro un tavolo ovale di cristallo in cui erano stati sistemate diverse copie del libro in uscita. Le pareti che non davano sull'esterno erano ricoperte di libri editi dalla Green Hill e Agnese si sentì una formica, ma anche molto lusingata di essere stata scelta da una realtà così affermata.
Venne invitata da Wallace a sistemarsi proprio davanti ai libri, mentre le sedie per i giornalisti erano state piazzate di fronte a lei.
Quando entrarono, le gambe quasi le cedettero. Erano due uomini e una donna. Stavano parlando tra loro in modo amichevole e non appena la notarono si avvicinarono per stringerle la mano.
Wallace spiegò agli ospiti che avrebbero potuto fare un'intervista singolarmente e che avevano a disposizione mezz'ora ciascuno.
I successivi novanta minuti Agnese li trascorse in apnea. Si trovò a rispondere ad alcune domande identiche e cercò di farlo in modo diverso così da non rendere troppo simili gli articoli che sarebbero scaturiti da quelle interviste.
Fu la donna, l'ultima fra i tre, a metterla sotto torchio, a chiedere della sua vita privata.
«È fidanzata?»
Agnese si irrigidì immediatamente e diede un'occhiata a Wallace.
«Non credo che sia in linea con l'intervista. Tengo molto alla mia vita privata».
«Va bene, va bene. Quindi vuole tenere nascosto il suo compagno?» la incalzò la giornalista.
«Ehm... no, ma...»
Gabriel, che sino a quel momento era rimasto tranquillo, alzò un braccio. «Non è pertinente e il tempo è terminato».
La donna venne accompagnata fuori dal suo agente e Agnese tirò in sospiro di sollievo. Wallace rientrò.
«È andata bene. La prossima volta che ti chiedono qualcosa della tua vita privata dimostrati più sicura, anche se devi mentire. Se tentenni li attirerai come un fiore per le api». Le fece un occhiolino.
Si avviò, precedendola, nel corridoio.
«Ah». Si fermò, voltandosi. «Complimenti per come parli l'inglese. Sembri quasi madrelingua».
«Grazie, ormai faccio pratica quotidiana».
«Sì?»
Agnese si maledisse.
Miss Violet è molto più accorta. Perché hai fatto questa uscita?
«Mi esercito da gennaio perché volevo arrivare preparata a momenti come questo».
Aveva subito applicato il consiglio di Gabriel, che si limitò ad annuire, ammirato.
«Che ne dici di un caffè nei paraggi? Così pianifichiamo la promozione successiva». Senza attendere l'assenso di Agnese si voltò, avviandosi verso l'ingresso.
«Ok...» sussurrò lei, sapendo che sarebbe stato comunque inutile. Il decisionismo di Wallace cominciava a darle sui nervi.
Il pianifichiamo in realtà si trattava di una serie di date già fissate dal suo agente per la campagna pubblicitaria sui social e di alcune finestre temporali in cui Agnese avrebbe ricevuto le bozze del secondo volume inedito da approvare.
«A che ora hai l'aereo per tornare a Milano?» Di punto in bianco Gabriel passò dal parlare di lavoro a informarsi sull'immediato futuro di Agnese, che però fu di nuovo presa dal panico. Sapeva benissimo quando doveva prendere il volo per Los Angeles, le nove del mattino, ma non si era preparata per gli orari verso l'Italia.
«Ora non ricordo bene... di sicuro domattina». Rise nervosamente e mise subito in bocca un biscotto per evitare di dover continuare a parlare. Le sembrava di aver perso furbizia e intelligenza nel giro di mezza giornata. Lei, che aveva sempre la risposta pronta, che non si lasciava intimidire quasi mai da nessuno, stava soccombendo di fronte a una serie di bugie necessarie per non farsi scoprire.
Rossini interruppe i suoi pensieri. Scusandosi tirò fuori il telefono. Era Samuel. Silenziò la suoneria e rimise il telefono nella borsa.
Wallace aggrottò la fronte. «Non rispondi?»
«Non era importante, richiameranno. Anzi, mando solo un messaggio per dire che sono impegnata».
Speriamo che Samuel non si faccia strane idee.
«Ma questo non è un impegno. Anzi, ora io devo tornare in ufficio. Immagino che intanto tu sia in compagnia. Non si viene in vacanza negli Stati Uniti da soli, no?»
«Già... già...» Per fortuna Wallace le aveva offerto un assist perfetto. «Al telefono era uno dei miei amici. Immagino volesse sapere se fosse andato tutto bene e dirmi dove raggiungerli».
All'uscita del bar Il Barbiere di Siviglia tornò a risuonare. Wallace sorrise. «Rispondi. Ti aspetto per salutarti».
«Ok». Alzò un dito come per dirgli che avrebbe atteso davvero un minuto e gli diede le spalle per impedirgli di ascoltare.
«Si può sapere perché stai insistendo? Se non ti rispondo ci sarà un motivo». Agnese stava utilizzando la tecnica del sussurro urlato sia per non farsi sentire da Wallace, sia per mostrare un minimo di fermezza nei confronti di Samuel.
«Perché sembri un'asmatica?» Il suo fidanzato stava ridendo di lei.
«Sei proprio un idiota! Sono con Wallace. La nostra finzione verrebbe subito scoperta».
«Mister occhi di ghiaccio non può essere così intelligente, dai».
«Sì, sei un adorabile idiota». Agnese lo disse con dolcezza, questa volta.
«Ti ho chiamata ora perché sto per andare al lavoro, se capisci cosa intendo, e volevo sapere com'era andata».
«Tutto ok, ti spiegherò con più calma domani. Ho solo tentennato quando mi hanno chiesto se fossi fidanzata».
«E tu cos'hai risposto?» Il tono di Samuel era cambiato, da scherzoso si era fatto più cauto.
«Non ho risposto. Wallace è intervenuto in soccorso e l'intervista è terminata».
«Ah, me lo immagino il cavaliere dall'armatura scintillante...»
«La tua gelosia è inutile». Agnese tornò a sussurrare. «Non sembra proprio interessato e ti confesso che non sopporto il fatto che continui a farmi domande e non attenda neanche la mia risposta». Si voltò e lo vide avvicinarsi. «Ora ti devo salutare, sta tornando qui e ci stiamo separando. Chiamami quando hai finito con le ragazze, perché sono tante oggi, se ti conosco bene».
Samuel rise. «Sono tre, ma quasi mi pento. La mente fa strani scherzi e io volevo tenermi impegnato per non pensare a te e a quello insieme».
«Ti terrò io impegnato domani quando atterrerò a Los Angeles, se capisci cosa intendo...» ripeté la stessa frase di lui. «Da mezzogiorno in poi non prendere appuntamenti. Fino all'indomani mattina».
«Non vedo l'ora». Samuel riattaccò. Era bastata solo quella frase di Agnese per farlo andare in fibrillazione. Wallace era l'ultimo dei suoi pensieri, ormai.
Agnese prese fiato per scusarsi di essersi dilungata nella telefonata, ma Gabriel la anticipò, con un sorriso malizioso. «Potevi dirmelo che era il tuo compagno a farti esercitare quotidianamente con l'inglese».
La scrittrice sbiancò. Com'era possibile? L'aveva sentita? Il suo agente fece un gesto con la mano per tranquillizzarla. «Non sono un giornalista. I tuoi segreti sono al sicuro con me. Non è difficile capire che sia qualcuno di importante a illuminarti lo sguardo come sta succedendo in questo momento. Non ho ascoltato la vostra conversazione, comunque, ma qualche brandello proprio nel finale. Mi sono avvicinato perché devo proprio andare, adesso».
Le tese la mano e Agnese la afferrò in modo deciso. Le parole di Gabriel risuonarono nella sua mente.
Forse è il momento giusto per dire una mezza verità. «Hai ragione, il mio fidanzato è di Los Angeles. Non torno a Milano. Domattina rientro in California».
Per la prima volta le parve di aver davvero ottenuto l'attenzione di Wallace, che spalancò gli occhi, sorpreso. «Perché mi hai mentito? Non c'è nulla di male».
Brava! È naturale che ti avrebbe fatto questa domanda
«Non chiedermi di più, per favore. Tengo troppo alla mia privacy».
Il suo agente aggrottò la fronte, poco convinto. «Si tratta di un personaggio noto?»
Altro che stupido, come pensava Samuel...
«Sì. Non posso dirti di più».
Wallace controllò distrattamente l'orologio. «Ok, ok. Ora devo proprio scappare. Avrai mie notizie quando verranno pubblicate le interviste».
Agnese restò impalata a guardare il suo agente rientrare nel grattacielo. Non era riuscita a inquadrarlo per bene.
Aveva ancora mezzo pomeriggio davanti a sé e decise di riattivarsi scattando di nuovo un selfie nello stesso posto di gennaio con il libro in mano, quella volta. Poi lo mandò ai genitori, alle amiche e anche a Samuel.
Dall'Italia risposero subito: erano circa le undici di sera a Milano, ma Agnese sapeva che i genitori erano rimasti in piedi per sapere come sarebbe andata, nonostante la sveglia all'alba del giorno successivo. Aveva inoltrato la stessa frase a corredo dell'immagine: "Interrogatorio terminato, ora aspetto solo la pubblicazione". Dora replicò con una foto di lei e Giovanni che simulavano un cuore unendo le dita: "Siamo fieri di te. Ps: Un bacio a Samuel quando torni a Los Angeles". Chiara si limitò a un "Wow, ma il rossore è dovuto al tuo agente?" Come al solito la sua amica aveva colpito come un cecchino. Agnese si era confidata, condividendo con un pizzico di orgoglio la gelosia di Samuel, mentre non aveva fatto parola dell'insolazione. "Il rossore è l'eredità di un eritema con febbre e quel Wallace è un tipo davvero strano. Da un lato sembra sempre distratto, dall'altro mi pare che comunque sappia fare il suo lavoro".
Per Samuel la didascalia era diversa: "Vediamo questa volta quanto ci metti a rispondermi e soprattutto con quale brillante frase cercherai di colpirmi".
La notifica le arrivò quando era a cena in una pizzeria a Little Italy. Era sola e sentiva un po' la nostalgia dell'Italia. Si trovava bene a casa di Samuel, ma non altrettanto a Los Angeles. La città era una delle più estese del mondo e Agnese faticava a raccapezzarsi, confondendo ancora strade e quartieri al di là di Venice e la parte più turistica legata a Hollywood. Isabel aveva cercato di guidarla su come orientarsi, indicandole quartieri ritenuti pericolosi anche a due passi da Downtown. Erano molti, moltissimi i senza tetto che dormivano in strada: file di tende sistemate ai lati dei marciapiedi mentre con l'attrice messicana stava percorrendo una strada neanche troppo lontana dal centro direzionale.
Aprì la chat con Samuel e rimase a bocca aperta. "Dimmi che questa volta l'hai scattata per me".
Non avevano mai parlato di come fosse andata quel giorno. Del perché lui aveva atteso così tanto a risponderle, ma ciò che le aveva appena scritto colmava un altro tassello del puzzle precedente al loro essere una coppia in quel momento. Tutte le difficoltà che stava vivendo al di fuori del suo rapporto con Samuel si tramutarono in piccole briciole da scrollare via dal tavolo imbandito della loro vita insieme.
"Ho fatto un invio cumulativo, ma per te ho cambiato frase. Sai quanto sono allergica alle foto". Rilesse la frase, ma non era soddisfatta, inadeguata rispetto a quanto le stava dimostrando Samuel. Cancellò il messaggio, cercò una parola sul dizionario e fece partire la telefonata.
«Ehi. Mi chiami per ammettere a voce che avevo ragione?»
Agnese prese un grande respiro. «Io te lo prometto. La prossima volta che scatterò una foto qui sotto sarà insieme a te e sarà un bacio. Non mi importa. In questo momento vorrei solo avere un teletrasporto per raggiungerti».
Samuel restò in silenzio e Agnese si preoccupò. «Ci sei?»
«Ci sono, ci sono. Sin troppo. Sono al supermercato e sto cercando di contenere l'erezione immediata che mi provocano le tue parole perché potrebbero arrestarmi».
Agnese si rilassò. Samuel non sarebbe mai cambiato da quel punto di vista e le stava bene così.
«Tienitela per domani, mi raccomando».
Durante il viaggio di ritorno contava i minuti. Sapeva che, da quando fossero uscite le interviste e il libro con stampata la foto della sua faccia, avrebbe avuto un minimo di notorietà, anche sui social, e avrebbe dovuto essere ancora più accorta nel gestire la relazione con Samuel. L'inquietudine aveva iniziato a scavare un piccolo solco sul terreno fertile dei suoi pensieri, trasformandolo a poco a poco in una voragine.
Appena posato il piede in aeroporto iniziò a superare gli altri passeggeri di corsa. Trascinare il trolley la rallentava, allora lo prese per la maniglia portandolo come una borsa qualsiasi. Si catapultò all'uscita come se dovesse scappare da qualcuno e quando vide Samuel non resistette: mollò il bagaglio e quasi lo investì per abbracciarlo.
Samuel non se l'aspettava, tanto che per reggere l'assalto della sua fidanzata fu costretto a fare un passo indietro per tenersi in equilibrio.
Si domandò cosa fosse cambiato dalla leggerezza con cui gli aveva fatto notare che sarebbe tornata a Los Angeles nel giro di un giorno e mezzo a questo abbraccio che sembrava quasi disperato.
«Capisco che sei una fan dei miei video, ma ci stanno guardando tutti e non è la mossa ideale» disse lui, cercando di scherzare, mentre si beava del respiro affannato della sua ragazza e del contatto con il suo corpo.
«Lo so, lo so, ma non potevo aspettare, questa volta» mormorò lei nell'incavo del suo collo.
«Mi dirai a casa cosa è successo, andiamo». Si ricomposero e quando arrivarono all'auto, Samuel anticipò la richiesta di Agnese. «Siediti davanti».
Rientrarono a casa e Samuel propose di parlarne nell'idromassaggio. Quando Agnese rilasciò la tensione abbandonandosi di più su di lui, interruppe le sue carezze come per invitarla a cominciare.
Lei lo fissò per un momento, poi abbassò lo sguardo. «Ho paura». Si appoggiò sul suo petto, stringendolo come aveva fatto quella notte a casa sua a Milano. Le uscivano bene le confessioni in quella posizione.
«Ho paura che con la pubblicazione sarà sempre più difficile per noi e invece non dovrebbe essere così, no? Ho detto a Wallace che ho un fidanzato americano e che è un personaggio famoso, niente di più».Le mani di Samuel scorrevano tra i capelli umidi, le labbra sfioravano la testa con piccoli baci. «Mi manca poter passeggiare mano nella mano insieme a te, dire al mondo che sono la tua fidanzata, anche solo andare a fare la spesa noi due senza dover stare a distanza di sicurezza». Il cuore di Samuel accelerò la sua corsa.
«Dobbiamo avere un po' di pazienza» cercò di rassicurarla. «L'interesse per me e Isabel scemerà presto e non è detto che la stampa voglia inseguire te. Faremo attenzione magari fino a dicembre, quando sarai sotto i riflettori per le presentazioni. Prova a chiedere consiglio al belloccio, in fondo è il tuo agente».
Agnese annuì e il peso del suo corpo su di lui aumentò. Sembrava essersi calmata.
«Ora però devi mantenere ciò che hai promesso. Io non ho preso appuntamenti sino a domattina...»
Lei mosse la testa per guardarlo e alzò un sopracciglio. «Quasi quasi potrei chiederti di prendere qualche giocattolo dal tuo armadietto in camera nostra».
Samuel non se lo fece dire due volte. La prese in braccio e la portò nella stanza avvolta nell'asciugamano, mentre Agnese non riusciva a smettere di sghignazzare.
La appoggiò sul materasso e Agnese impiegò un istante a capire che c'era qualcosa di diverso nella camera. «Hai tolto gli specchi!»
«Già. Me ne sono pentito non appena hai detto quella frase mentre eravamo di sopra».
Si svegliarono il giorno dopo nel primo pomeriggio. Avevano trascorso la notte in bianco alternando sesso, confidenze, coccole e tante risate: Samuel si era divertito a vedere le reazioni sul volto di lei dopo che via via le faceva scoprire i vantaggi dell'uso dei sex toys e a come potessero essere intriganti in un rapporto a due.
«Non ho più l'età per trascorrere ore a fare l'amore» si lamentò Agnese, mentre provava a tirarsi su dal letto. Con un tonfo ricadde sul materasso.
«Abbiamo saltato la cena e la colazione. Cerchiamo di recuperare almeno con il pranzo» propose lui. Ce lo facciamo portare. Non ho voglia di cucinare».
Mentre addentavano il pollo arrosto che si erano divisi a metà, una notifica del telefono di Agnese catalizzò la loro attenzione. Era Wallace.
Si pulirono le mani in contemporanea e la scrittrice aprì la chat. «Mi ha mandato un link. Pare sia già uscita una delle interviste, è della testata online». Samuel si mise alle spalle di Agnese, per leggere insieme a lei.
"Sta per nascere una stella e arriva dall'Italia. Agnese Ravera è la nuova autrice su cui punta la Green Hill per rilanciare la divisione per ragazzi in vista del Natale. Il personaggio di Miss Violet porta una ventata di freschezza nell'asfittico panorama letterario per i più giovani, spesso agganciato a dinamiche di marketing e di vendita di diritti per l'animazione".
L'articolo proseguiva con una recensione accurata ed entusiastica del volume e l'intervista ad Agnese.
«L'articolo è fantastico e tu lo sei ancora di più nelle foto» commentò Samuel.
Agnese si girò verso di lui e si fissarono negli occhi. La svolta tanto attesa e che avrebbe potuto mettere a repentaglio la loro relazione era arrivata. Samuel capì e l'abbracciò. Anche lui aveva paura, ma avrebbe fatto di tutto per reggere e superare tutte le prove che si sarebbero presentate davanti a loro.
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Anche stavolta sono riuscita a rispettare l'aggiornamento settimanale, nonostante in questi ultimi tempi si siano affastellati una serie di impegni che mi impediscono di dedicarmi con calma alla scrittura. Considerando che questo capitolo l'ho finito ieri sera sono arrivata davvero in extremis. Ci sono forse alcuni passaggi che non mi convincono molto, ma per ora ve lo beccate così. Poi rivedrò qualcosina in revisione, forse.
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