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27. Proposta

Agnese fu costretta a fermarsi perché la mano di Samuel le bloccò il polso. Si ritrovò stretta a lui e le labbra sulla sua bocca nel giro di un respiro.
Entrambi si stavano baciando a occhi aperti. Lo sguardo di Samuel la stava inchiodando.

«Non voglio che tu torni a casa pensando che per me non abbia significato nulla fare l'a...» Sulla l di love si bloccò, spiazzato da cosa stava per dirle. Si corresse, sperando che lei non se ne fosse accorta. «Fare sesso con te. Me l'avevi detto che non sei una da una nottata e basta e io non voglio ferirti. Sino a ieri ho fatto cose per me normali, ma che in tanti giudicano male, tuttavia ti assicuro che non ho intenzione di ignorarti. Dammi solo un po' di tempo per capire come ci si comporta. Io di te non sono stufo, anzi ne vorrei ancora e ancora». Gli occhi di Agnese guizzarono e un piccolo sorriso si fece strada sul suo volto. Prese un bel respiro e si buttò come un trapezista senza rete. «Non so se anche per te è lo stesso, ma vorrei che ci dessimo una possibilità» le propose, «non ho ancora capito in quali termini, ma proviamoci». Si era esposto come non aveva mai fatto in vita sua. Gli era anche quasi sfuggito ciò che in fondo pensava fosse accaduto, almeno la prima volta, pur non osando ancora sbilanciarsi. Gli sembrava di correre troppo. In quel momento però era impaziente di sapere cosa ne pensava Agnese. Temeva che le sue paure avrebbero preso di nuovo il sopravvento, invece vide che la sua espressione era tornata quella di sempre, anzi, gli sembrava più radiosa. L'aveva tra le braccia e il suo torace si espandeva e contraeva in rapida successione. 

«Vorresti dire che dobbiamo ritenerci una coppia?» gli chiese lei inclinando il viso. Con uno come Samuel era complesso affrontare l'argomento. Eppure era stato lui a introdurlo e stava persino per pronunciare un'espressione che non gli aveva mai sentito dire: "fare l'amore". Agnese ritenne che sì, forse avrebbero davvero potuto darsi una possibilità.

Lui alzò le spalle. «Beh... sì».

«Ci devo pensare» buttò lì Agnese, per testare la sua reazione.

Samuel sciolse l'abbraccio, sconfitto e con il muso lungo.

Agnese non aveva bisogno di altre prove. Le sembrava più sincero che mai. 

Il pornodivo stava per parlare, dirle che aveva ragione a doverci pensare, che con uno come lui era impossibile stare o aspettarsi qualcosa di regolare, ma fu Agnese a interrompere le sue elucubrazioni: «Ci ho pensato, va bene». 

La giovane donna si godette tutte le sfumature del cambiamento di espressione di Samuel, i cui occhi, da spenti, in quel momento stavano brillando come gemme sotto la rugiada. «Tu sei matta, ma è proprio per questo che mi piaci ed è proprio per questo che forse possiamo funzionare insieme».

Lei lo prese sottobraccio, com'era accaduto a New York, e si fece guidare sino al piccolo ristorante dove Samuel aveva intenzione di portarla.

Consumarono rapidamente un pasto leggero e tornarono a casa di Samuel con una nuova consapevolezza. Per entrambi era una novità, per motivi diversi. Erano anni che Samuel non metteva in chiaro una specie di relazione fissa. Con Trish e le altre colleghe che erano durate un po' di più era accaduto tutto in modo consequenziale, non si erano detti "da oggi ci frequentiamo in modo stabile". Semplicemente scopavano insieme molto più che con altre persone, ogni tanto facevano qualche vacanza in coppia e solo a Patricia lui aveva fatto lo sforzo di dare le chiavi di casa. Agnese aveva affrontato storie serie, ma non a distanza e per di più non con un pornoattore che non ispirava grande fiducia anche al di là della sua professione.

La scrittrice controllò l'ora: era l'una e mezza del pomeriggio. Mancava poco al volo. Non si sarebbe mai immaginata che rientrare a casa sarebbe stato così difficile, ma le cose avevano preso una piega inaspettata.

«Non ti chiederò se puoi rinviare, perché altrimenti l'avresti già fatto, ma ti prego, godiamoci queste ore insieme come se niente fosse. Ci rivedremo presto, te lo prometto» assicurò Samuel.

Agnese intrecciò la mano alla sua. «Vedi di mantenerla questa promessa, perché io non posso spendere altri mille e cinquecento euro per farti una sorpresa».

Samuel non replicò. Sapeva già che Agnese avrebbe rifiutato ogni tentativo di rimborsarle il viaggio. Teneva alla sua indipendenza e lui non voleva mancarle di rispetto, memore del loro battibecco sulla cena offerta a New York.

Una volta messi i piedi in giardino, Agnese disse: «Ho due, anzi tre desideri che vorrei esaudissi prima di andare via».
«Sono il genio della lampada ai suoi ordini, miss Violet!» rispose Samuel incrociando le braccia.
«Sei più stupido dal vivo che virtualmente, ora ne ho la prova». Risero insieme, con Samuel che si mostrava offeso in modo plateale, sbuffando e alzando gli occhi al cielo.

«Vorrei fare un bagno in piscina e sdraiarmi sull'amaca. Te le ho invidiate parecchio durante le nostre videochiamate. Ho portato persino il costume da bagno».

Samuel si fece da parte e ruotò con il busto, tenendo il braccio teso come ad aprire un sipario, per invitarla ad approfittarne. «Pensavo a chissà cosa», replicò «sono tutte tue, anzi, nostre». Agnese corse in casa a cambiarsi e tornò indossando un bikini blu che Samuel commentò con un fischio, provocando un sorriso timido in Agnese. Quando lei si girò di schiena per tuffarsi, lo slip alla brasiliana catalizzò l'attenzione del pornoattore. L'aveva già vista nuda, ma la forma del costume esaltava le sue rotondità, evidenziate dai lunghi capelli scuri che sembravano quasi una freccia per guardare quel sedere così invitante. Adorava il fatto che lei fosse un contrasto vivente: timida quando lui ne sottolineava la bellezza, intraprendente e sensuale quando lasciava spazio alla spontaneità. Volò a mettersi un costume e la raggiunse. 

Lei lo guardò imbambolata, squadrandolo da capo a piedi. Doveva ancora abituarsi a un fisico così piacevole da vedere. Il fatto che i pettorali e la "tartaruga" degli addominali non fossero ipertrofici come accadeva nei culturisti la attraeva ancora di più.

Samuel notò di aver fatto colpo e si concesse un'ulteriore contrazione dei muscoli per farsi ammirare. Poi si avvicinò al piccolo trampolino e balzò in acqua con maestria.

«Se avessi voluto un tuffatore, sarei andata a cercare Greg Louganis o qualche suo collega più giovane». Lo accolse Agnese ridacchiando, quando riemerse.

Sapeva che lo stava prendendo in giro; era una novità per lui nel rapporto con l'altro sesso. Di solito nessuna osava e la conseguenza, rifletté, era che alla fine lui con una donna si divertiva solo tra le lenzuola. In poche bracciate raggiunse Agnese che stava provando a scappare creando schizzi per ostacolarlo. La piscina consentiva a entrambi di toccare il fondo nella parte più lontana dal trampolino. Samuel ebbe gioco facile e la intrappolò usando il suo corpo e le braccia.
«Abbi il coraggio di dirlo di nuovo, adesso!» la sfidò.

«Solo perché ho sbavato guardandoti, non è necessario che cerchi di mostrarti più figo di quello che sei già». Lo fregò su tutta la linea perché prima lo baciò con passione, poi ribaltò le parti, mettendolo con le spalle sulla parete della piscina e infine fuggì verso l'amaca, avvolgendosi un asciugamano sul corpo.

«Oh, finalmente! Erano mesi che desideravo provarla!»

Samuel si avvicinò con calma. Prese uno dei due lettini vicino alla piscina e si accomodò accanto a lei, guardando il cielo in cui le nuvole alte correvano in balìa del vento. Si sentiva in pace e non invaso nel suo spazio. «Ho capito», scherzò «quindi sei venuta a Los Angeles per la piscina e l'amaca».  

L'amaca oscillò e gli occhi ridenti di Agnese spuntarono dal bordo della branda sospesa. «Mmh... può essere...»

Restarono qualche istante a guardarsi in silenzio, poi Agnese si inclinò ancora, abbassando il braccio per accarezzargli il petto.

«Cercherò di impegnarmi in tua assenza» disse lui, mentre guardava di nuovo il cielo godendosi la scia di brividi che provocava il tocco di Agnese. Non sapeva se lei avrebbe capito a cosa si stesse riferendo.

«Samuel» ribattè lei, senza smettere di sfiorarlo, «anche se ora sono la tua ragazza o come vuoi chiamare questo nostro nuovo modo di rapportarci, sappi che io non voglio che tu cambi di una virgola rispetto a come sei. Se tu non mi andassi bene così, non ti avrei detto di sì. E se ti capiterà una scopata fuori dal tuo lavoro, mi basta solo che tu me lo dica, magari mandami anche una foto della fortunata, così la commentiamo insieme». 

Agnese non sapeva neanche come le fosse uscita l'ultima frase, ma lo aveva detto con sincerità. Ci aveva pensato durante il loro pranzo al ristorante, quando la cameriera lo guardava con desiderio. Non era gelosa. Non aveva provato nessun sentimento di possesso nei confronti di quello che avrebbe dovuto chiamare "il suo uomo". Il pacchetto completo di una persona come Samuel prevedeva anche l'infedeltà. Ne era più che certa e la cosa incredibile è che non le importava. Il motivo lo aveva scoperto proprio in quella breve permanenza a Los Angeles: lui aveva fatto l'amore per la prima volta in vita sua, con lei. Quello che le aveva trasmesso non lasciava spazio a dubbi. Lui non lo sapeva ancora, forse, ma le aveva donato le preziosissime chiavi del suo cuore e lei non voleva smarrirle.

Samuel le prese la mano in preda a un vortice di emozioni: era commosso, sorpreso, confuso, grato. Lei aveva capito perfettamente, come sempre. Non avrebbe dovuto neanche dubitarlo. 

Ricordava bene uno dei legami che aveva avuto con una ragazza fuori dal suo giro. Era appena arrivato a Los Angeles ed era alle prese con le sue prime parti nell'hard: era finita malissimo. La donna l'aveva messo in chiaro sin dall'inizio, pur storcendo il naso: va bene il sesso per lavoro, ma niente tradimenti. Invece l'aveva trovato a letto con due ragazze appena conosciute in un locale e fu la goccia che fece traboccare il vaso per l'insofferenza di doverlo condividere con altre donne a causa del suo mestiere. «Fatti curare! Non sei normale!» lo aveva accusato. Lui, come se niente fosse, forte della sfacciataggine della gioventù, le aveva chiesto di unirsi al gruppetto, facendola scappare in lacrime.
Con le colleghe era tutto più facile, visto che condividevano gli stessi problemi relazionali con l'esterno.

«Vieni qui» la invitò a mezza voce, senza smettere di tenerle la mano. Agnese scese dall'amaca e si sedette sul bordo del lettino. Samuel la prese per la vita e la fece sdraiare su di sé. Il contatto con la pelle della ragazza lo eccitò all'istante, ma avrebbe dovuto aspettare, aveva qualcosa di più importante da dirle. Le carezzò i capelli umidi e lei si appoggiò con la testa al suo petto, cullata dal battito cardiaco che le sembrò lievemente accelerato.

«Sei talmente straordinaria e io non so cosa tu ci abbia trovato in me al di là dell'aspetto esteriore. Sono un troglodita affamato di sesso senza nessun senso del pudore, eppure riesci a capirmi come nessuno ha mai fatto. Ora mi dici queste parole e io sono colpito, davvero. Voglio provare a evitare di fare cazzate nonostante tu non possa controllare la mia vita da Milano e quello che mi hai detto rappresenta un ulteriore incentivo. Adesso, però, baciami, perché non ce la faccio più».

Agnese non se lo fece ripetere ed eseguì l'ordine con piacere anche alla luce delle parole che lui aveva appena pronunciato. Trovò Samuel ancora più appassionato e abile nel giocare con le sue labbra e la sua lingua. Si sarebbe liquefatta di lì a poco se non avesse dato soddisfazione a quello che le stava comunicando il suo basso ventre. Le mani di lui sciolsero i nodi del bikini e lei protestò debolmente. «Siamo all'aperto, potrebbe vederci qualcuno».

«Le siepi sono spesse e il giardino dà sul lato strada dove non ci sono case, stai tranquilla» la rassicurò mentre le scopriva il seno. Samuel stava assaporando la turgidità di Agnese quando gli sovvenne un dettaglio. «Non avevi detto che avevi tre desideri? Uno era la piscina, l'altro era l'amaca e il terzo?»

Lo sguardo della sua ragazza da languido divenne più acceso. Il sopracciglio si alzò malizioso, mentre attorcigliava un dito tra i capelli. «Il terzo desiderio è che, come mi avevi consigliato tu, vorrei dimostrare il potere che ha una donna in una certa situazione... così... per superare quel trauma del dialogo tra colleghi ascoltato in ufficio qualche mese fa».

Samuel ricordò quando Agnese l'aveva chiamato in lacrime a causa dell'uscita maschilista sui pompini del suo collega idiota. Se all'epoca gli avessero detto che il primo a cui l'avrebbe fatto sarebbe stato lui, non ci avrebbe scommesso un cent.

Gli occhi del pornoattore andarono immediatamente sulle labbra di Agnese, che erano semiaperte, in attesa. «Chi sono io per ostacolare un tuo desiderio?»

«Vorrei vedere cosa avresti risposto se ti avessi chiesto di restare in astinenza per due mesi» commentò lei, sarcastica.

«Non voglio neanche pensarci. Sono tutto tuo». Si abbandonò completamente ad Agnese, lasciandole gestire tutto. Non ricordò di essere mai stato così lieto di aver dato un consiglio a qualcuno.

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