24. Ciao
Agnese era sdraiata con la testa sul trolley davanti al cancello. Con il cuore a mille, non certo per la corsa, Samuel si chinò su di lei, sperando che non si fosse sentita male. La ragazza sembrava dimagrita: il volto era meno pieno rispetto all'ultima volta che l'aveva vista virtualmente, inoltre aveva la fronte corrucciata, come se, nello stato di incoscienza in cui si trovava, stesse combattendo una battaglia tutta sua.
La sua mente era in tumulto, non riusciva a capire come mai fosse lì, soprattutto dopo quello che gli aveva scritto la sua amica, ma anche come avesse fatto a trovare casa sua.
Le sfiorò la guancia, cercando di non spaventarla.
Agnese sentì un solletico sulla faccia e provò a scacciare l'ennesimo insetto che voleva succhiarle del sangue. Alzò la mano e cercò di colpire l'animale, ma incocciò in qualcosa di più solido. Aprì gli occhi e la prima cosa che vide furono due iridi screziate di verde e un sorriso che dal vivo non aveva rivali.
La sua mano stava avvolgendo quella di Samuel, a pochi centimetri dalla sua faccia. Aveva i capelli più biondi, probabilmente a causa dell'esposizione al sole estivo e il suo volto era più affilato rispetto all'ultima volta che l'aveva visto.
«Ciao» le sussurrò in italiano.
«Ciao» rispose lei. Aveva viaggiato per un giorno intero, facendo scali assurdi per risparmiare. Aveva un piano che non era andato in porto perché lui non era in casa, ma in quel momento fu il puro istinto a dominarla.
Samuel vide scintillare gli occhi di Agnese e si preparò per essere investito da un fiume di parole come ogni tanto accadeva per telefono, invece lei riuscì a sorprenderlo come mai era successo, neanche sull'aereo. L'aveva sognata in una situazione ad alto tasso erotico, ma la sua mente non aveva osato immaginare come fosse assaggiare le sue labbra. Il bacio arrivò inatteso per lui, eppure Samuel non impiegò che un istante ad adattarsi a una situazione così imprevedibile, ma desiderata sin dall'inizio. Chiuse gli occhi e si inebriò del profumo della sua pelle, che non aveva dimenticato. Questa volta, però, poteva arricchirsi di lei attraverso il gusto e lo trovò delizioso. La sfidò, insinuando la lingua e la trovò pronta a giocare.
Agnese aveva tentato il tutto per tutto andando a Los Angeles. Non era così scontato che lui la accogliesse dopo quello che le aveva detto, ma quando lo aveva rivisto così vicino e con quell'espressione a metà tra lo stupito e il divertito, non aveva calcolato come avrebbe reagito lei stessa e il non detto di quasi sei mesi di quella strana relazione che si era instaurata tra loro emerse dal contatto tra le loro labbra. In quel momento aveva dimenticato che lui in realtà avesse una compagna. Samuel l'aveva obbligata a guardarsi dentro e lei aveva trovato delle risposte e gliele stava comunicando in quel modo.
Quando schiantò le sue labbra su quelle di Samuel temette una reazione di rifiuto, invece il suo cuore si sciolse quando lui non solo rispose al bacio, ma tentò di approfondirlo.
Si abbandonò a lui, piegando la testa sostenuta dalla sua mano e perse il senso del tempo, ottenebrata da un vortice di emozioni che da scrittrice non sarebbe stata in grado di descrivere. I colori sbiaditi del ricordo di lui a New York ripresero vigore e divennero ancora più brillanti.
«Forse...» disse lui sorridendo sulle sue labbra, «è meglio...» Le accarezzò le palpebre, invitandola ad aprire gli occhi, «se entriamo...» Le diede un ultimo fugace bacio «in casa».
Agnese annuì e non rifiutò l'aiuto a rimettersi in piedi, ma si affrettò a prendere la maniglia del trolley per evitare che fosse lui a trasportarlo.
A Samuel non sfuggì il dettaglio e rise. Si avvicinò alla serratura del cancello in legno e aprì impiegando più tempo del solito perché gli stavano tremando le mani dall'emozione. Precedette Agnese per farle strada nel giardino.
«Come hai fatto a trovare casa mia?» Aveva mille domande da porle, ma pensò di partire da quelle più semplici e pratiche.
«Ho rivisto qualche video che mi hai mandato e sono riuscita a inquadrare bene la zona grazie a Street View. La palazzina è una delle poche di colore bianco, con grandi vetrate e il terrazzo sul tetto» rispose lei mentre si guardava intorno. Non le sembrava vero di essere lì, nello spazio che aveva visto tante volte sullo schermo del telefonino. Ora poteva sentirne i profumi. Il banano aveva dato i suoi frutti: non erano molto grandi, ma il colore era quello giusto. Tutto era molto curato, a partire dalle siepi che circondavano la proprietà e celavano la vista ai curiosi: squadrate alla perfezione. Agnese notò anche l'amaca da cui lui l'aveva chiamata spesso e la piscina in cui si sarebbe tuffata volentieri visto il caldo e la stanchezza. Non dormiva seriamente da troppo tempo.
Samuel la osservava con la coda dell'occhio ancora incredulo. Era arrivata lì. Per lui. A sorpresa. E come prima cosa l'aveva baciato.
Tutto questo è incredibile, quasi un sogno.
«Da quanto sei qui? Sei tu che hai provato a entrare?» le chiese voltandosi per un attimo verso di lei mentre apriva la porta di ingresso.
La vide spalancare gli occhi e tentennare, colpevole: «Io ho solo dato un calcio al cancello quando ho visto che non c'eri».
Samuel rise ancora. «Il sensore dell'antifurto mi ha segnalato un tentativo di effrazione, ma avevo il telefono spento. Ti è andata bene che non sia intervenuta la polizia, quando sei arrivata?»
«Ieri».
Si girò, scioccato. «E cosa hai fatto in questo tempo? Dove hai dormito?»
Agnese alzò le spalle. «In spiaggia, ma per un paio d'ore. Poi sono tornata qui. Devo essermi appisolata pochi minuti fa».
Samuel era colpito, tanto sovrastato dalla determinazione di Agnese da esserne in balìa. Era così distante dall'indecisione che aveva mostrato nella loro ultima telefonata...
L'idea iniziale era di riprendere immediatamente da dove avevano interrotto all'esterno, ma in quel momento era più preoccupato per la salute della ragazza. Dopo un viaggio lunghissimo aveva dovuto sopportare una nottata all'addiaccio e non osò pensare come avesse dovuto rimediare con il bagno.
Optò per la sincerità, come lei gli aveva insegnato. Le prese il viso fra le mani, con la maggior delicatezza possibile e mise le cose in chiaro. «Non pensare che non abbia in mente di andare avanti con ciò che abbiamo cominciato qui fuori, ma credo che tu abbia più bisogno di cenare e fare una doccia prima di ogni altra cosa».
Sentì le guance calde di Agnese tendersi sotto le mani e la sua bocca allargarsi in un sorriso. «E chi ti dice che io voglia andare avanti?»
A Samuel venne un colpo e mollò la presa. «Hai fatto quasi diecimila chilometri per mandarmi di nuovo in bianco?»
La risposta di Agnese lo spiazzò. «Ho fatto quasi diecimila chilometri per dirti cosa voglio fare della mia vita, visto che è stato motivo del nostro allontanamento».
Samuel fece per ribattere, ma lei lo zittì mettendogli un dito sulle labbra, incapace di non cercare un contatto fisico con lui dopo quello che era appena successo.
«Io voglio diventare una scrittrice a tempo pieno e per farlo devo stare bene. Non avevo mai avuto una crisi tale da non riuscire a digitare neanche una parola sul computer per più di una settimana. Non era successo persino quando Marco mi ha lasciata, ma questa è un'altra storia. Ho capito che la mia serenità dipende anche da te, caro Robert Davis e sono venuta a dirtelo».
Lui provò a parlare, ma glielo impedì ancora scuotendo la testa. Doveva dire una bugia per completare l'opera. «So che non potremo mai stare insieme e mi sta bene. Hai una compagna che è perfetta per te e io ho già tradito i miei principi con quel bacio, ma consideralo una parentesi; temevo di aver speso una fortuna inutilmente venendo qui e non trovandoti. Ero molto felice di vederti, ecco».
Samuel restò in silenzio, serio. Erano bastati quei pochi minuti con lei per spazzare via tutti i suoi cattivi pensieri. Nessuna aveva mai avuto un potere simile. Si ritrovò a ricordare quanto era stato male da quando le aveva detto di non contattarlo più. Anche lui aveva bisogno di essere in pace con lei per tornare a essere sereno e felice, ma non poteva accettare la seconda parte del discorso. Non dopo quel bacio che gli aveva comunicato ben altro rispetto alla semplice felicità di vederlo rientrare.
«Io e Trish ci siamo lasciati» le rivelò, ma senza dirle né che era appena successo, né che era diretta conseguenza del malessere dovuto ai problemi con Agnese e si stupì di come la sua mente avesse già archiviato quella storia.
Non si perse neanche un cambiamento della sua espressione: sembrava scioccata e sinceramente dispiaciuta. Samuel non si aspettava i salti di gioia, ma neanche una reazione simile. Che si fosse sbagliato su di lei? No. Ormai la conosceva troppo bene, più di tante altre persone che frequentava di solito. Immaginava i suoi timori: non era il classico principe azzurro, chi stava con lui doveva condividerlo con decine di altre donne, in più abitavano in due continenti diversi. Più volte lei gli aveva detto che non era una da scopata e via, ma lui non voleva una scopata e via: a New York, forse, ora non più. Non dopo il rapporto che si era instaurato a distanza. Non voleva neanche una relazione classica, ma proprio per il fatto che una relazione classica tra loro sarebbe stata impossibile, intuì che forse avrebbero potuto fare un tentativo.
«Si può sapere perché non ci stiamo baciando di nuovo?» gli sfuggì.
«Samuel...»
Stavolta fu lui a metterle un dito sulle labbra. «Ne parliamo dopo una doccia e a stomaco pieno. Ordino qualcosa, non ho nulla a casa, ero via e non pensavo di tornare oggi... cosa preferisci?»
«Un hamburger andrà benissimo» rispose Agnese, felice di poter svicolare dalla sua domanda.
Samuel la portò nella camera degli ospiti, dove si trovava il bagno dedicato. «Anche io mi faccio una doccia. Ci vediamo in sala da pranzo?»
Lei annuì, mentre si guardava intorno: la stanza era arredata con gusto, accogliente e con il legno bianco dei mobili che contrastava con il parquet naturale a terra. Alle pareti erano appesi quadri di ninfe dei boschi e una riproduzione della Maja Desnuda.
Samuel si diresse verso camera sua come se dovesse sfidare il tempo. Si spogliò in pochi secondi e, prima di gettarsi sotto l'acqua, diede uno sguardo rapido allo specchio. Anche lui era dimagrito. Da dieci giorni non si dedicava ai soliti esercizi fisici e gli sembrava già di aver perso tono muscolare, anche se il cervello gli diceva che era impossibile. Pensò a lei, che era a pochi metri da lì, sotto la doccia e la reazione fu immediata. «Concentrati su qualcosa di brutto» mormorò per placare la propria eccitazione e a fatica tornò a riposo.
Agnese si spogliò con calma, liberandosi di maglietta e leggins che indossava ormai da quasi quarantotto ore. Si godette l'acqua corrente sul in un ampio vano che lasciava spazio di movimento, cercando di schiarirsi le idee. Il fatto che Samuel e Trish si fossero lasciati cambiava le carte in tavola e lui aveva espresso il desiderio di baciarla ancora. Il solo pensiero di incontrare quella bocca fece aumentare la temperatura del suo corpo. Per calmarsi si risciacquò con l'acqua fredda.
Nelle orecchie le risuonò il consiglio di Chiara, quando, dopo essere uscita dal bagno quella sera in cui era andata a trovarla, le comunicò di aver scelto di andare a Los Angeles: «Vai e vivitelo alla giornata e per una volta pensa di meno e agisci di più. Quel che sarà, sarà».
Si asciugò sommariamente i capelli e indossò un vestitino leggero. Quando si presentò in sala da pranzo, Samuel stava pagando il fattorino.
Lui si voltò e ancora stentava a credere che fosse lì, a casa sua.
Aveva indossato un abito estivo con motivi floreali che le lasciava scoperte le gambe snelle. La scollatura quadrata arrivava poco sopra al seno e i capelli ancora umidi erano pettinati all'indietro, lasciando intravedere l'attaccatura tra il collo e la clavicola su cui aveva fantasticato diverse volte.
«Mangiamo prima che si raffreddi» la invitò, per dirottare la sua attenzione da qualcosa di diverso che toglierle i vestiti.
Restarono in silenzio durante quella cena veloce. Samuel si domandò se un ristorante non sarebbe stato meglio rispetto a mangiare un triste hamburger da asporto, poi però la vide sbadigliare un paio di volte e pensò che doveva essere distrutta.
«Parliamo domani, stasera è meglio se dormi». Pronunciò quelle parole sentendosi dannatamente fuori posto e fuori ruolo. Stava davvero proponendole di dormire invece di passare la notte insieme e ben svegli?
«Dovrei dormire, ma non posso. Altrimenti avrei vanificato il mio viaggio» disse lei, guardando il tavolo.
«Perché? Che fretta c'è?» Samuel aggrottò la fronte, confuso.
Agnese alzò lo sguardo per fissarlo negli occhi. «Perché ho il volo di ritorno domani sera».
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