23. Capolinea
Samuel aveva chiesto a Trish di andare via insieme per un po' di giorni. Gli bastava allontanarsi dagli ultimi spiacevoli episodi sul set e togliersi Agnese dalla mente, se possibile.
Optarono per il parco nazionale di Yosemite. Presero un cottage in affitto come base per escursioni a piedi o in bicicletta.
A Trish era arrivata la voce che Samuel aveva avuto qualche problema sul set, ma non aveva voluto approfondire. Sperava che decidesse di confidarsi.
Nonostante lui si sforzasse di comportarsi come sempre, a Patricia non sfuggì che in realtà non era così.
A letto le sembrava meno presente del solito, inoltre aveva deciso di spegnere anche il telefono con il numero personale.
Erano passati sette giorni e quando lui si rifiutò per l'ennesima volta di scattare un selfie sotto una delle sequoie più grandi del parco, Patricia non ce la fece più e sbottò: «Potevi venire da solo in vacanza, perché mi hai chiesto di accompagnarti se non hai intenzione di condividere niente con me?»
Sperava di scuoterlo, invece ottenne la risposta che mai avrebbe pensato di sentire: «Hai ragione, torniamo a casa. Non è una vacanza, questa».
Come se niente fosse Samuel voltò le spalle alla sequoia e tornò sui propri passi.
Trish non voleva crederci. Non era proprio da lui un comportamento del genere.
Lo raggiunse aumentando il passo e quando lo affiancò, cercò di passargli davanti per fermarlo. «Samuel, io non ti ho chiesto nulla, ma cosa ti sta succedendo? Non sei più tu. Dov'è l'uomo brillante e amante della vita che conosco?»
Samuel si bloccò all'improvviso e la guardò con espressione triste. «È vero. Non sono io. Torniamo a casa, è tutto inutile».
Con il cervello al lavoro per trovare un modo per tirarlo su da quella che sembrava una crisi vera e propria, Trish non poté far altro che assecondarlo, non prima di essersi lasciata sfuggire una carezza sulla sua guancia. Sentì la mascella irrigidirsi e fu in quel momento che realizzò che la loro storia era giunta al capolinea.
Le quattro ore del viaggio di ritorno furono un peso alla stregua di un macigno sul cuore. Non si erano detti una parola e quando arrivarono sotto casa di lei, Patricia gli impedì di salire.
Con le lacrime che minacciavano di tracimare, cercò di mostrarsi più forte di quello che era quando lo congedò. «Samuel, credo che dovremmo prenderci una pausa. Lo dico per te. Ritrova te stesso prima, poi chiarisci cosa vuoi fare di noi». Non riuscì a dirgli che lei l'avrebbe aspettato e che l'amava. Sapeva che avrebbe reagito chiudendosi ulteriormente. Non erano quelle le parole giuste da dire a uno come lui.
Samuel si sentiva un verme. Qui non c'entravano le scopate con altre donne, di cui lei non si curava, ma qualcosa di più profondo. Lo aveva capito in quei giorni lontano da tutto e da tutti.
Patricia non si meritava tutto quello, tuttavia era più forte di lui: era entrato in un tunnel di cui non vedeva l'uscita. Gli mancava scriverle, gli mancava telefonarle, gli mancava videochiamarla a tradimento per vederla protestare ad alta voce, ma sorridere con gli occhi. Odiava se stesso per la debolezza che lo stava logorando. L'unica donna che lo aveva rifiutato era la sola che gli interessava in quel momento. Non pensava potesse succedergli, a trentasei anni per di più.
Allontanarsi da Los Angeles e dal suo mondo non aveva funzionato. Stare con colei che era la sua compagna neanche. Aveva portato troppo avanti quel simulacro di storia con Patricia ed era dispiaciuto per come era finita.
Sarebbe bastato accendere il telefono e scriverle, fare il primo passo, per tornare come prima? Non lo sapeva.
Potrebbe essersi arrabbiata sul serio e magari aver già cancellato il tuo numero.
Ancora parcheggiato sotto il grattacielo di Trish riaccese l'Iphone. Diede un'occhiata alle notifiche e, oltre a un paio di messaggi di Carl e di Elizabeth, notò con amarezza che da Agnese non era arrivato nulla.
Cosa ti aspettavi?
Vide però una nuova chat con mittente un numero sconosciuto. Il prefisso era italiano.
"Scusa se disturbo, non mi conosci, sono Chiara, la migliore amica di Agnese. Volevo dirti che lei sta molto male per la vostra situazione. Non riesce neanche più a scrivere le sue storie. So che sei arrabbiato, ma ti assicuro che se potesse verrebbe anche di corsa a Los Angeles. Mi ha detto che non può per problemi con le ferie dall'altro lavoro. Lei non sa che ti ho scritto. Non sopportavo più di vederla così triste e ho pensato che fosse meglio fartelo sapere". Il messaggio risaliva a quattro giorni prima.
Samuel chiuse gli occhi e si abbandonò sullo schienale del proprio suv. Aveva senso andare avanti così? Soffrivano entrambi. Si sarebbero visti in un'altra occasione, quando Agnese avrebbe potuto.
Non ti ha rifiutato perché non voleva vederti, ma perché non poteva e tu non le hai neanche lasciato il tempo di spiegarsi.
Chiuse WhatsApp e solo in quel momento realizzò che il suo antifurto lo aveva avvisato di un tentativo di effrazione non riuscito.
Gettò il telefono sul sedile del passeggero e partì sgommando per tornare a casa. Nella concitazione non aveva visto a quando risaliva la notifica. Non era molto distante dalla meta e preferì evitare di fermarsi di nuovo per controllare.
Parcheggiò sul retro della villa, in garage. Dopo essersi sincerato che lì non c'era alcun segno di scasso, fece il giro della proprietà dall'esterno per raggiungere il cancello che portava al giardino. Era quasi buio e Samuel venne pervaso da una certa inquietudine. Potrebbero volerci riprovare.
Quando svoltò l'angolo ed ebbe finalmente davanti agli occhi l'ingresso principale, dovette aguzzare la vista perché non era sicuro di quello che stava vedendo. Bastarono un paio di secondi per capire e farlo correre verso il cancello.
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