13. Notte agitata
Agnese chiuse la porta della sua camera sperando di mettersi alle spalle anche il senso di vuoto che stava provando.
La cena e la passeggiata con Samuel erano state molto, troppo piacevoli. Aveva adorato quel continuo passare dallo stuzzicarsi a vicenda al raccontarsi senza paura di giudizi di sorta. Era innegabile che tra loro ci fosse una strana alchimia, ma era convinta che lui avesse davvero colto l'occasione per rimediare una scopata extra, anche se l'aveva negato. Del resto aveva una "compagna" molto più sexy e navigata di lei.
Si spogliò lentamente, esausta. Trovò la forza di lavarsi i denti e si buttò a letto, non prima di aver impostato la sveglia alle sette del mattino per prepararsi con calma.
Guardò il telefono e fu tentata di connettersi a Internet per cercare ulteriori informazioni su di lui. Avevano parlato soprattutto della sua professione, Samuel si era lasciato andare a qualche confidenza di troppo, ma nulla di più.
È già tantissimo se conti che sino a ieri non lo conoscevi neanche.
Si costrinse a rinunciare a quel proposito per tentare di dormire, anche se ormai era talmente sfinita che la troppa stanchezza le avrebbe impedito di addormentarsi in poco tempo. Ne era sicura. Il fatto di non essere a casa non aiutava. Si rannicchiò con il piumone sin sopra la testa, rimpiangendo il fatto che in quello stesso istante avrebbe potuto essere nel letto enorme della suite del Marriott.
«Falla finita» disse a se stessa ad alta voce.
Riuscì ad addormentarsi solo dopo un'altra ora passata a rigirarsi.
Samuel era rientrato nel suo hotel con la metropolitana. Times Square era ancora animata, nonostante fosse trascorsa ormai l'una, ma la attraversò senza badare troppo a ciò che lo circondava. Una volta in camera osservò l'arredamento con una punta di delusione. Aveva sperato in una conclusione diversa della serata, almeno fino a metà della cena, ma Agnese aveva deciso a tutti i costi di non cedere. Gli aveva detto di essersi pentita, ma era stata irremovibile.
Chissà perché? Non le ho chiesto mica di impegnarsi. Sarà un retaggio culturale delle italiane?
Si spogliò completamente e si sdraiò supino, fissando il lampadario di design appeso al soffitto. Aveva ancora la modalità aereo impostata sul telefono. Quelle ore senza preoccupazioni gli avevano fatto bene. Conoscere una persona al di fuori del suo ambiente anche.
Era solo quello? «Hai donne a sufficienza» disse al soffitto, «una in più o in meno cosa cambia?»
Da quanto non ti capitava un rifiuto da una persona che avrebbe scopato con te molto volentieri?
Cercò nei cassetti della memoria un episodio simile: da quando era diventato un pornoattore, ormai quasi quindici anni prima, certamente no, ma neanche in precedenza. La ragazza con cui perse la verginità a sedici anni era la sorella del suo migliore amico dell'epoca, che si era lasciato sfuggire il suo "segreto". Subito dopo aver fatto sesso con lui gli aveva confessato che era solo curiosa di provare un'esperienza con un «cazzo così fuori dal comune» e, visto com'erano andate le cose, che le sarebbe piaciuto rifarlo.
Vivendo in una piccola cittadina, le voci sulle dimensioni del suo pene e su come fosse bravo a letto erano circolate con rapidità e si trovò a dover gestire diversi approcci con obiettivo puramente sessuale sia da parte delle coetanee, sia delle ragazze più grandi, sia delle loro insospettabili madri. Si era "fatto le ossa" così e non diceva mai di no. Pescando nei ricordi non gli sovvenne nessuna situazione simile a quella che aveva appena vissuto.
A peggiorare le cose e il suo umore, c'era il fatto che tra il viaggio in Italia e la serata andata in bianco, non faceva sesso da cinque giorni. Quasi un record.
Prese telefono e coraggio, connettendosi a Internet. Sperava di trovare un messaggio di Agnese, invece contava almeno trenta notifiche tra Carl e Trish, il nome d'arte con cui aveva salvato Patricia in rubrica. Guardò prima quello di lei.
"Carl mi ha scritto, sei impazzito? :) :)
Non ci vediamo da un po', ho voglia di sentirti in ogni senso".
La foto che seguiva il messaggio era parecchio esplicita.
Samuel ebbe un moto di eccitazione guardando la sua donna nuda e a gambe aperte.
Per un attimo immaginò Agnese in quella posizione e l'erezione fu immediata.
«Cazzo, riprenditi!» disse a mezza voce. Era sicuro: il fatto di non aver concluso gli stava creando un cortocircuito mentale. Del resto non serviva una laurea in psicologia per capire che ciò che non si può ottenere diventa ciò che si desidera di più.
Cercò di concentrarsi su Trish scrivendole una risposta.
"Sì, ti chiamo appena atterro a Los Angeles. Non scopo da cinque giorni e ho intenzione di recuperare non dandoti tregua in ogni stanza di casa mia".
Chiuse la chat con lei per dedicarsi a quella con Carl. Il suo agente gli aveva scritto una sfilza di insulti dopo che lui l'aveva avvisato di essere atterrato a New York. Samuel sbuffò, ma non cedette alla voglia di rispondergli per le rime. Si limitò ad aggiornarlo sul fatto che il suo volo era stato cancellato e che probabilmente sarebbe tornato a Los Angeles l'indomani. Concluse con una frase eloquente:
"Ho bisogno di una tregua con gli extra, sono un po' stressato. Cerca di capirmi, scusa".
Aveva provato a seguire il consiglio che gli aveva dato Agnese. Si ripromise di parlargli apertamente per fargli capire i suoi dubbi circa l'opportunità di diventare un personaggio pubblico al di fuori del mondo della pornografia. Gli erano già bastate le esperienze avute sino a quel momento, che avevano avuto solo l'effetto di dare più coraggio ai presunti ammiratori per scattagli foto o chiedergli dei selfie insieme.
Prima di chiudere il telefono andò a sbirciare l'account WhatsApp della scrittrice. A quanto pareva l'ultimo accesso risaliva a diverse ore prima. Più o meno a quando erano in aeroporto. Ingrandì la foto che aveva scelto per il suo profilo, un mezzo busto: Agnese sembrava essersi appena voltata verso chi l'aveva fotografata. Era un'immagine molto dinamica, grazie ai capelli lunghi scompigliati dal vento. Sullo sfondo un giardino o comunque un luogo ricco di verde. Sorrideva e fissava senza timidezza l'obiettivo, molto a suo agio. Samuel si chiese chi l'avesse scattata.
Rinunciò a scriverle qualcosa. Non voleva sembrare invadente. Si promise di mandarle un messaggio l'indomani per sapere come fosse andato l'appuntamento.
Si addormentò con la speranza di trovare buone notizie sul fronte del rientro a casa, risvegliandosi il mattino dopo confuso dal sogno erotico che gli aveva provocato una polluzione notturna come se fosse stato un adolescente.
La doccia gli portò consiglio: doveva esorcizzare in qualche modo il fantasma della notte di sesso mancata e aveva una mezza idea di come farlo.
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