Giocheremo ancora insieme?
12 agosto 1870
"Dai Ludovica, smettila di correre a destra e a sinistra,"
Dissi mentre iniziavo a rincorrere questa scricciola per il giardino di casa mia. Ero molto più veloce di lei, più grande e molto più atletica e ben piazzata, ma per qualche ragione non riuscivo mai ad agguantarla; era agile come una lepre e riusciva benissimo a trovare le migliori strategie per evitare costantemente la mia presa. La rincorsa continuò anche per tutta casa, entrando dalla porta del giardino sul resto.
"Non mi prenderai mai se continui così, Vi, usa di più la testa!"
Disse, prendendomi in giro mentre continuava a correre.
"Anche questa volta sto per vincere io!"
Proseguì con la sua vivacità questa piccola birichina di appena 3 anni, varcando il corridoio che, partendo dal giardino, ci avrebbe guidato verso uno dei saloni della sontuosa villa. Con l'ultimo scatto, mi avvicinai con un misto di eccitazione e sfida; la corsa non aveva affatto intaccato la mia energia, ma una sottile frustrazione si faceva spazio nel constatare che raramente riuscivo a sconfiggerla, grazie alla sua intelligenza e strategia quasi di prim'ordine.
Proprio mentre le mie mani stavano per posarsi delicatamente sul suo vestitino grigio cenere, dopo un'andatura che si faceva sempre più intensa, con uno scatto felino si infilò sotto un tavolino alla sua destra. Si abbandonò completamente, il suo corpo si proiettò come un peso inerte, strisciando sul pavimento e regalando al movimento un leggero fischio acuto. Questa azione improvvisa mi colse di sorpresa, facendomi scivolare a mia volta. Con la suola delle scarpette, attraversai tutta la stanza fino a sbattere contro una delle pareti, decorata con un imponente quadro raffigurante un mio antenato di secoli passati.
"Te l'ho fatta anche stavolta, Vi!"
Disse, ridendo a crepapelle sotto al tavolo con una risata acuta quanto fastidiosa, come se mi stesse prendendo per i fondelli, mentre io invece, mi girai con gli occhietti lucidi e il naso rosso per la botta presa contro al muro, cercando in tutte le maniere di non piangere e di mostrarmi più forte che potevo davanti a mia cugina
"L-la prossima v... volta ti acciufferò subito"
Dissi, scrutando sotto al tavolo la piccola figura di quella birichina. I suoi capelli neri corvini, apparentemente domati in un caschetto ordinato, erano in realtà una danza ribelle di ciocche spettinate, disordinate a destra e a sinistra. Dal suo corpicino esile e minuto, notavo la sua cassa toracica espandersi, mentre si sforzava a respirare profondamente per recuperare il fiato. La ragazzina, esausta dalla lunga corsa che avevamo appena compiuto, si accasciò al suolo, offrendo uno spettacolo di stanchezza e vittoria, tutto insieme, sorridendo beatamente.
"Dici così tutte le volte, meno male che sei una Savoia!"
Rispose, facendo riferimento alle mie origini nobili e alla storia della mia famiglia continuando a prendermi in giro con un sorriso beffardo e sghignazzando sotto i baffi. Non replicai; avevo le guance infuocate per la rabbia e la vergogna di non riuscire quasi mai a vincere contro una bambina di 3 anni più giovane di me, mentre il mio naso, intanto, cominciava a pulsare di dolore per la botta ricevuta poco primo. Ludovica si alzò da terra e si avvicinò a me, notando il mio sguardo irritato e il modo con cui stringevo con forza il vestitino rosa per la frustrazione, forse presa dai sensi di colpa. Afferrò la mia mano, provando a farmi calmare, afferrandola con forza
"Dai Vi, andiamo a pranzo, da quanto so lo zio ci sta aspettando. So che non faremo parte del tavolo dei grandi, ma dovrebbe quasi essere ora di pranzo,"
Non appena sentii il calore della sua mano afferrare la mia, girai il braccio e la presi con decisione.
"T-ti ho preso Ludo."
Alzai lo sguardo con voce sommessa, un sussurro quasi impercettibile, guardandola dritta negli occhi. Scoppiammo a ridere subito dopo, entrambe nel cuore della stanza.
"Non è vero, sei una barona"
Rispose lei, per poi iniziare a tirarmi verso la sala da pranzo dall'altra parte della villa.
La dimora si estende maestosa: ogni stanza ospita opere d'arte e ornamenti di ogni genere, molti dei quali emanano un'incantevole suggestione magica, suggerendo che non siano semplici oggetti da sottovalutare. In mezzo a variegati artefatti di forme e dimensioni diverse, uno catturava incessantemente la mia attenzione ogni volta che passavo per quella stanza: un bracciale dorato, decorato da segni e scritture misteriose che non sono mai riuscita a capire. Esso, tra l'altro, è identico a quello che da sempre porto al polso destro, una sorta di qualche tradizione custodita anche da mia madre, mia nonna e così via, come se fosse un tratto distintivo delle donne della casata. Addirittura, un quadro che raffigura una mia lontana antenata lo mostra con lo stesso gioiello al polso. Ma la cosa più straordinaria è che non si è mai separato da me: cresce e si allarga insieme al mio corpo, come se, oltre a essere straordinario e unico, fosse anche intriso di una qualche magia.
"Chissà come mai abbiamo tutte questo bracciale... tu non lo hai, vero Ludo?"
Dissi, soffermandomi davanti a questo oggetto per qualche istante, inchiodandomi quasi di colpo, osservando il suo polso nudo.
"No, non sono una Savoia, sono una Acaia, siamo parenti, ma non siamo esattamente così tanto consanguinee, penso"
Mi rispose, per poi voltarsi anche lei per poterlo osservare meglio.
"Forse è un segno solamente per farvi riconoscere, sai, come una sorta di "corona" che hanno le regine o le principesse"
Per poi posare le sue piccole mani sopra la mia testa dorata, formando una sorta di corona con esse, iniziando a ridere leggermente alla battuta, pensando di scaturirmi una risata, ma in realtà il mio sguardo era sempre più perplesso e curioso da questa faccenda.
"Io non penso sia solo per quello, come mai allora non sono mai riuscito a togliermelo? come mai cresce con me man mano che divento più grande?"
"Non lo so Vi, forse c'è scritto in qualche libro che hai tu in camera"
Mi rispose. I miei occhi iniziarono a brillare, come se avessi appena avuto un'illuminazione. Guardai Ludovica, con un sorriso in volto.
"Sei un genio, Ludo! I vecchi libri dei miei nonni!"
Abbracciai la mia cuginetta così forse quasi da spezzarla in due.
"Non ho detto niente di che, AHIA!"
Esclamò per la forza del mio abbraccio. Subito mi staccai, aprendo le braccia e lasciandola andare via.
"Mi hai dato un ottimo inizio di ricerca, posso provare a cercare qualcosa nella libreria che ho in camera!"
Sospirai appena, abbassando lo sguardo mentre incrociavo le mie piccole gambe e poggiavo le mani appena sotto al mento, davanti al petto, quasi come se un'ombra di malinconia e tristezza avesse improvvisamente pervaso il mio cuore
"I miei nonni mi leggevano sempre quei libri che ho adesso in camera, mi raccontavano storie fantastiche sui nostri antenati, avventure e battaglie incredibili che erano successe qui a Rivoli più di 5 secoli fa"
Mi fermai un istante, per poi riprendere, trasformando la mia malinconia in allegria, come se solo parlare di quei piccoli, ma oramai lontani, momenti mi provocassero tutt'oggi stupore e gioia.
"Pensa che in quelle leggende c'era una guerriera talmente forte che uccise un abominio colpendolo così forte da tagliarlo in due in un solo colpo!"
I miei occhi, mentre narravo a Ludovica queste gesta, brillavano di un'intensità che solo il fervore delle storie può suscitare. I gesti che facevo sembravano prendere vita propria, come se avessi tra le mani una spada reale, forgiata con l'ardore di un guerriero. Nella mia mente iniziavo ad affrontare avversari e creature di ogni genere e forma,, e mentre agitavo le braccia con passione, una 'lama' autentica si materializzò tra le mie mani una simile. Lo stupore che mi colse fu tale che rimasi a bocca aperta.
"S-sono stata io...?"
Esclamai sbalordita, fissando l'oggetto tra le mie mani con occhi grandi e increduli, non riuscendo a comprendere appieno cosa stesse accadendo in quel momento.. Ludovica, al mio fianco, guardò anch'essa l'arma con una mescolanza di stupore e timore.
"Sei una maga, Vi...?"
Esclamò, senza però ottenere risposta. La spada che impugnavo non era una lama vera e propria, ma una semplice replica di legno, scolpita con maestria e ornata di incisioni in lingua elfica.
"C... coda di... ce..."
Iniziai a tradurre la scritta,, portando la guardia davanti ai miei occhi per visualizzare meglio la scritta, solcando col dito le incisioni.
"C'è scritto <<coda di cervo>>, cara Vicky"
La voce giunse da dietro di me, un suono familiare che mi avvolse con la sua tonalità rassicurante. Mi voltai sorridendo, riconoscendo istintivamente l'identità di colui che parlava. Di fronte a me sorse una figura quasi maestosa: un elfo elegantemente vestito, alto, dal fisico snello, curato con una precisione quasi impeccabile in ogni aspetto del suo essere.
"Amaleth!!"
Esplosi in un'esclamazione festosa, il mio sorriso si allargò fino a mostrare tutti i miei denti, quasi i molari addirittura. Non avevo previsto la sua presenza al pranzo organizzato da nostro padre, ma mentre lo guardavo, dietro al suo imponente cappotto, riconobbi subito altre due figure familiari, che mi riempirono il cuore di gioia.
"Gerolamo, Carlotta! Anche voi qui?"
Ero piena di gioia nel vederli tutti riuniti. Mi affrettai a abbracciare la più giovane dei tre, non senza incontrare qualche resistenza a causa del mio eccessivo entusiasmo. Sembrava quasi provare un senso di disgusto o rancore nei miei confronti, per ragioni che mi sfuggivano. Gerolamo era vestito come se si stesse preparando per una missione di ricognizione imminente, con una leggera armatura di cuoio ornata degli stemmi della casata Gens sulle braccia, e oggi sembrava particolarmente cupo, come se qualcosa lo preoccupasse profondamente. Mentre stringevo Carlotta con tutte le mie forze, mentre lei cercava di liberarsi, il mio naso si schiacciava contro le sue orecchie appuntite e i suoi capelli neri, mentre le mie braccia erano avvolte intorno al suo morbido pellicciotto di volpe arancione.
Dopo l'enorme abbraccio alla donna dei tre, mi rivolsi a Gerolamo con un inchino regale sulle ginocchia, come mi aveva insegnato, desiderando dimostrare quanto fossi migliorata nell'etichetta. Lui mi sorrise calorosamente in risposta al mio gesto.
"Complimenti, signorinella. Stai diventando una vera donna di classe"
Mi sussurrò dolcemente, per poi voltarmi dietro di Gerolamo, facendo un leggerissimo scatto e correndo verso Amaleth per salutarlo.. Lo abbracciai con forza, avvolgendo le mie braccia attorno al suo collo. Mi sollevò da terra e cominciò a girare, trasportandomi in un vortice di emozioni che quasi mi faceva sollevare in volo.
"Sono contento di vedervi!"
Dissi, sorridendo a tutti dopo essere ritornata con i piedi per terra.
"L'importante comunque non è quanta foga ci metti nei colpi che infliggi, cara Vicky"
Disse l'ultimo che salutai, mettendosi sulle sue ginocchia davanti a me.
"Ma la cosa fondamentale non è neanche colpire il cuore, ma la testa dei tuoi nemici"
Continuò, per poi con un piccolissimo gesto della mano sulla testa di mia cuginetta che si stava abbastanza estraniando dalla situazione, osservando la scena in compelta disparte, spuntarono delle piccolissime corna di color nero molto lucido, da diavoletta, leggermente con la punta arrotondata.
Appena le vidi scoppiai a ridere, per poi sgranare gli occhi.
"Oh, giusto...Mi sono dimenticata di fare le presentazioni. Lei è Ludovica, mia cuginetta"
Mi misi dietro di lei, quasi come a mostrarla a tutti come se stesso esponendo un trofeo davanti a tutti, nonostante in quel momento era molto buffa con quelle corna in testa di cui non si era ancora accorta.
"Un piacere fare la vostra conoscenza, signorina"
Rispose Amaleth imemdiatamente alla presentazione, prendendo dolcemente la sua mano e facendo comparire una piccolissimo passerotto che poi scomparve non appena spiccò il volo, come gesto di saluto. Lo stesso disse Gerolamo, presentandosi con un ottimo galateo, mentre Carlotta sembrava quasi abbastanza scazzata nel doversi presentare ad un'ennesima fanciulla.
"Carlotta Gens"
Disse lei, dopo tutte le altre presentazioni, quasi con un atteggiamento altezzoso, le braccia conserte davanti al petto. Poi si rivolse al fratello Gerolamo, il quale stava osservando suo fratello mentre rideva e scherzava con noi. Gli sussurrò all'orecchio senza farsi troppo sentire da noi, ma con scarsi risultati.
"Senti, ma dobbiamo per forza rimanere qui? Già non avevo voglia di venire oggi, in più abbiamo ben altri problemi. Vogliamo proseguire o vogliamo stare qui a parlare con questi gagni"
"Si, andiamo"
Rispose Gerolamo, evidentemente infastidito da Carlotta in realtà, ma non poteva abbandonare sua sorella, così fece un cenno ad Amaleth di voler andare, mentre ci stava facendo qualche trucchetto di magia. I due si allontanarono verso il salone da pranzo dove qualcuno li avrebbe accolti.
"Allora... cosa ti porta qui, Ludovica?"
"I miei genitori hanno dovuto lasciarmi qui per un paio di giorni, dicono che hanno delle faccende abbastanza importanti da sbrigare a casa ad Ivrea, penso cose da nobili insomma"
Lo sguardo di Amaleth come d'improvviso si incupì, senza però farsi troppo notare da Ludovica, per poi aggiungere immediatamente dopo.
"Così vieni da nord? Quindi non sei una Savoia"
Ludovica annui con la testa.
"No, siamo parenti, ma non sono una Savoia. Sono un Acaia."
Le sue parole giunsero poco prima che Amaleth posasse la mano sulla sua testa, ancora ornata delle due piccole corna da diavoletta. Il suo tocco, gentile e familiare, come sempre lo era stato con me. Di fronte ad entrambi, cominciai a tirare un sospiro quasi geloso, come se fossi invidiosa di quel gesto tenero che stava riservando a mia cugina. Amaleth lo notò immediatamente.
"Dai che ce n'è anche per te, Vicky"
Osservando anche le mie guance che si stavano gonfiando come due palloncini rossi, simili a peperoni, lui posò l'altro palmo accarezzandomi dolcemente la testa. Un sorriso si dipinse sul mio volto e tornai felice e spensierata grazie a questo suo gesto amorevole.
"Che ne dite di combattere?"
Disse, con i suoi palmi sulle nostre teste. Alzammo lo sguardo, incuriosite entrambe da questa sua domanda.
"Massi, certo, uno scontro come quello che stavi raccontando prima, che ne dite?"
Ludovica, appena capì che stava iniziando a partire un'ennesima sfida contro di me, iniziò a prepararsi, pronta ad umiliarmi per la seconda volta in questa giornata.
"Tu farai la parte dell'abominio, però"
Disse Amaleth, sorridendogli, facendo finta di fargli spuntare due piccole corna sopra la testa essendo che non se ne era minimamente accorta fino ad ora. Dopo che Amaleth mosse le mani, senza fare nulla, Ludovica si toccò la testa con le punte delle sue dita e non appena sentì qualcosa pungere, si diresse davanti ad un vetro qualsiasi.
"Sono diventata un mostro!"
Esclamò. Ma mentre Ludovica era alle prese con questo suo problema, Amaleth mi fece segno come di non dire nulla, ma la sua attenzione fu attirata dalla mia evidente scarsa fiducia: raccolsi la spada da per terra, ma il mio sguardo non si alzò mai dal fissare il pavimento del salone.
"Cos'hai Vicky, non ti va?"
"E' che non me la sento, non sono sicura di poter vincere contro di lei..."
Risposi con un sussurro, e subito dopo, nell'atmosfera circostante, calò un silenzio avvolgente, quasi tombale. L'elfo, con un tocco leggero sulla mia spalla, estese l'altra mano di fronte a noi, incantando l'aria con una formula magica. In un istante, la stanza si trasformò, e ci ritrovammo al centro dell'arena di Torino, pronti a affrontare il nostro destino nel campo
"Cos'è questo posto?"
Guardandomi attorno, notai gli spalti che si stavano gradualmente riempiendo, mentre incitavano sia me che Ludovica con fragorosi boati e rumori assordanti. La sensazione era simile a trovarsi al centro di un'arena, tanto che Ludovica, percependo gli incitamenti a lei rivolti, si riassestò, sollevando lo sguardo verso la platea, animata dall'entusiasmo del pubblico.
"Mostro o non mostro vincerò contro di te, come ho fatto prima"
Un ghigno malizioso iniziò a comparire sul suo faccino, guardandomi con occhi pieni di sfida.
"Devo fare l'abominio?"
Aggiunse, innescando un improvviso scoppio di voci e urla, batteva i piedi a terra come se volesse caricarsi di un'energia sfrenata. Il pubblico rispondeva con un incitamento sempre più fervente, applaudendo quei gesti e movimenti che la facevano sembrare quasi un cavallo indomito.
"Coraggio Vicky, combatti."
Mi disse Amaleth, allontanando la mano dalla mia spalla. In quell'istante, grazie all'ultima spronata di Amaleth, decisi che era giunto il momento di dimostrare a tutti la mia determinazione, anche se sapevo che si trattava solo di un'illusione. Afferrai la spada con fermezza, abbassai la testa e iniziai a correre verso Ludovica, urlando con tutto il fiato nei polmoni. Lei, altrettanto carica dall'affetto del pubblico, si lanciò contro di me come un abominio, senza pensare alle conseguenze imminenti. Nel momento in cui ci avvicinavamo, notai la sua corsa leggermente sbilanciata a sinistra. Decisi così, giusto prima dell'impatto della sua testa appuntita, di fare un mezzo balzo verso destra, facendo inevitabilmente perdere l'equilibrio al temibile "mostro", e poi colpire il suo fianco con la spada, facendola rovinosamente cadere a terra.
Non appena cadde l'illusione scomparve facendoci ritornare nella mia sontuosa villa. L'unico rumore che si sentiva, non appena mi accorsi della mia vittoria, era l'applauso di Amaleth dietro di noi che aveva osservato perfettamente lo scontro. Ludovica si rialzò, con non poca fatica dalla botta del colpo, e le corna scomparvero, così come la mia spada che stavo tenendo in mano.
"Mi... mi hai fatto male..."
Esclamò la bambina che correndo iniziò ad andare verso la sala da pranzo, piangendo disperata.
Guardai Amaleth e con un sorriso in volto esclamai a gran voce
"Ho vinto! Ho proprio vinto!"
"Sei stata proprio brava, Vicky"
Disse Amaleth, inginocchiandosi nuovamente davanti a me, appoggiando nuovamente il suo palmo sulla mia testa.
"Scommetto che diventerai un ottima cacciatrice, come tutti i tuoi antenati.. anzi, ma che dico, li supererai tutti!"
Aggiunse, mentre la sua mano continuava ad accarezzarmi la testa dolcemente, sentendo il calore della sua mano. Arrossì.
"D-dici davvero? Diventerò anche io così forte?"
Amaleth annuì solamente. Poi staccò la mano dalla mia testa e prese la mia di mano per iniziare ad avviarci verso la sala da pranzo insieme, come due fratelli.
"Comunque dopo, se ti va... vai a giocare con Gerolamo, ha avuto una giornata alquanto brutta oggi"
"Cosa è successo a zio?"
"Nulla di troppo grave, ma scommetto che gli farebbe piacere passare del tempo con te"
Annuì silenziosamente, stringendo la sua mano con forza, per poi fermarsi appena davanti alla sala da pranzo. Si chinò sulle sue ginocchia e mi baciò delicatamente la fronte, togliendo la frangetta dorata che avevo appena sopra.
Annui silenziosamente, stringendo la sua mano con fermezza, per poi fermarsi appena davanti alla sala da pranzo. Si piegò dolcemente sulle ginocchia e mi donò un bacio leggero sulla fronte, spostando delicatamente la frangetta dorata che mi copriva appena gli occhi. In quel momento, non emisi parola. Le mie guance arrossirono come ciliegie mature. Amaleth aprì la porta, e io procedetti verso il mio tavolo, dove Ludovica lamentava verso un servo dell'estenuante battaglia, sostenendo che tutto sembrava manovrato affinché io vincessi. Ignorai completamente le sue parole, raggiunsi il tavolo, mi sedetti e il mio sguardo si posò nuovamente sull'accesso, dando un'occhiata nuovamente all'elfo notando come fosse completamente perso nei suoi pensieri, quasi come se al posto di Ludovica ci fosse un fantasma.
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