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30 aprile

«È un piacere per me averti in società, Signorina Moretti» il viso del signor Rizzi è così rassicurante che riesce a trasmettermi serenità. Sono stata appena assunta con un contratto a tempo indeterminato nella sua azienda che gestisce la produzione di vestiti. A me spetta il ruolo in ufficio insieme ad un'altra decina di persone.
La sua azienda non è grandissima, ma negli ultimi tempi il direttore sta cercando di assumere più personale possibile, possibilmente giovane, e posso ritenermi fortunata, a ventuno anni, di farne parte. Penso di aver fatto la scelta giusta ad aver accettato l'assunzione.

Un tempo, da piccola, speravo di diventare super famosa e ricca, ma per ora mi accontento anche di questo. Quando si cresce, i propri obiettivi cambiano, e si scopre la realtà delle cose.
E per ora non posso che ritenermi soddisfatta delle mie scelte.
Ho praticato tirocinio per un po' di tempo in questa struttura, e in un tempo relativamente breve eccomi qui, assunta. Mi ritengo davvero fortunata!
Qui mi trovo davvero bene, i miei colleghi sono persone alla mano, e poi, sono quasi miei coetanei quindi mi trovo ancor più a mio agio.
«Il piacere è mio, la ringrazio, davvero» sorrido, prima di stringergli la mano, dopo aver firmato le ultime carte.
Ci congediamo, ed io esco dal suo ufficio.

Fuori mi aspetta Mara, la segretaria del signor Rizzi, che mi farà vedere la mia personalissima scrivania con tutti i miei oggetti: il mio compito consiste nel gestire la parte finanziaria dell'azienda, bilanci, entrate, uscite, eccetera. Naturalmente non lo farò da sola, ma con alcune mie colleghe.
«Spero tu rimanga qui a lungo» mi sorride. È sempre stata una donna di poche parole, e sentire questo da lei mi fa molto piacere.

Quando arrivo davanti al mio posto di lavoro sono davvero felice, è tutto così ordinato, come piace a me!
Mi trovo nell'ultima scrivania a destra della stanza e di fianco a me c'è quella di Tania.
«Ecco qui, Matilde! Benvenuta tra di noi», successivamente Mara mi illustra come utilizzare il computer e ciò che dovrò fare i prossimi giorni «Se hai problemi, vieni pure nel mio ufficio» conclude, prima di andarsene.

Appena mi siedo sulla mia nuovissima e comodissima sedia con le rotelle, sento in tasca il mio cellulare vibrare. Spero davvero non sia chi penso io, sono passate solamente due settimane...
E per fortuna non è lui, ma mia sorella, Rebecca.
"Allora?" è il messaggio.
"Assunta a tempo indeterminato! :D" rispondo, prima di riporre il cellulare in borsa.

La chiamerò più tardi, mi aveva promesso che se fosse davvero avvenuta l'assunzione, come lei aveva sospettato quando mi è arrivata la convocazione l'altro giorno da parte del direttore, mi avrebbe portato a cenare nel nostro locale preferito. E quindi per questa volta, mi sa che dovrà richiamare immediatamente la babysitter per Eleonora.

Prima ancora di iniziare a lavorare seriamente, sento delle urla nella stanza di fianco alla mia. Okay, ho capito chi è: Elia Romano. Come non riconoscere la sua irritante voce, e il disagio che provocano i suoi rimproveri il più delle volte esageratamente tragici. Perché si prende tutte queste brighe? Diciamo che lui dovrebbe essere il responsabile dell'ufficio, il nostro capo, ecco. Ha il compito di coordinare il nostro lavoro, gestire i nostri ruoli e garantire il funzionamento del sistema, oltre alle altre innumerevoli cose che deve fare.

Anni? Appena ventinove. Quando ho detto che Rizzi assume persone giovani non stavo dicendo sciocchezze.
In ogni caso, è una delle persone più insopportabili che io abbia mai conosciuto. I miei rapporti con lui sono stati pochi, per fortuna. E quando ci sono stati sono stati d'impatto, ecco. Per d'impatto intendo che, mi ha rimproverato per delle dimenticanze, e io non ho potuto far altro che abbassare la testa ed annuire, non mi sono mai permessa di rispondergli a tono, anche perché, aveva ragione a riprendermi tutte le volte che lo ha fatto, anche se i modi sono sempre stati discutibilissimi.
Non nego però, che lui creda in questo team, e forse lo fa per spronarci a fare di più, anche se è davvero fastidioso e pesante!

Diciamo che uno dei nostri sport preferiti è sparlare di lui quando non è presente, ne ho sapute di tutti i colori su di lui: fidanzate tradite, harem di ragazze nel suo appartamento, vita spericolata in giro per il mondo, ha rischiato di essere arrestato in Sudan... insomma, una persona tranquilla.
Una delle prima cose che si imparano qui è: se ottieni il suo rispetto potrai essere tranquillo.
Con lui l'azienda ha riscosso notevoli profitti economici, e per questo è diventato un po' il pupillo del direttore.
E c'è da aggiungere che per avere ventinove anni ha raggiunto risultati formidabili, soprattutto nella realtà italiana.

Comunque, queste urla destano la curiosità di alcuni di noi presenti, e per origliare meglio decidiamo di zittirci.

«Insomma quante volte ti ho detto di leggere bene le carte prima di inoltrarmele!! Non vedi quanta spazzatura mi invii ogni giorno!? Questo ti sembra un contratto fattibile e vantaggioso che potrei prendere in considerazione?!?! No!!!! Non lo è!! Leggi!» sembra davvero adirato. Lo sento sbattere le mani sulla scrivania.
Sento dei mormorii in risposta, poco decifrabili.
«Bene! E ora torna a lavoro!»
Subito dopo vediamo Camilla uscire dalla stanza, seguita da lui.
Lo vedo passarsi una mano tra i capelli castano scuro.

Ha cambiato look? Era da un po' di giorni che non lo vedevo. Al posto del suo viso ben rasato, ora ci sono dei baffi. Mi sembra uscito da una fotografia dell'ottocento, fa troppo ridere!
Lui butta un'occhiata verso di noi «Cosa state facendo lì impalati? Lavorate, dai»
Lo vedo dirigersi verso la macchinetta del caffè, con quel tintinnio di chiavi insopportabile.

Dopo un paio di minuti passa tra le varie scrivanie, sino ad arrivare alla mia.
«Appena assunta, bene. Vedi di fare un lavoro perlomeno decente e stare al passo, perché qui non si aspetta nessuno. Intesi?» sento il sul respiro vicino, il suo fiato sa ancora di caffè. I suoi occhi quasi neri mi fissano intensamente, forse cerca di impaurirmi, ma in realtà io non provo niente di tutto ciò.

«Sì» mi limito a replicare.

Lui si sistema la cravatta, e se ne va.

Appena andato via Tania si sporge verso di me «Che rottura... se non fosse così noiosamente antipatico sarebbe anche un bel ragazzo» asserisce.
«Già» dico soprappensiero, senza accorgermene. Per ora, forse è meglio non parlare di ragazzi.

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