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20 - 25 agosto

«Come a Gallipoli? Elia, accidenti, devo assolutamente finire questo lavoro e se non lo firmi non posso inviarlo, ho le firme di tutti mi manca la tua!» dei partner mi hanno appena inviato una mail con un documento da far firmare e compilare, ma necessito della firma di Elia per procedere con l'invio del fax, e lui è in ferie da tre giorni. Altrimenti saranno guai seri, se non rinnoviamo il contratto l'azienda perderebbe un sacco di entrate. Ed Elia è a divertirsi a Gallipoli. È lecito, però che sfortuna. Sono chiusa dentro il suo ufficio che è vuoto, appoggiata alla scrivania, per non fare ascoltare le mie urla alle poche colleghe rimaste. 

«Bambola, ho quindici giorni di ferie ad agosto, sette dei quali ho deciso di passarli ad ubriacarmi a Gallipoli. Non devo rendere a te delle mie ferie, non ho la reperibilità ogni fottuto minuto... e i partner non devono rovinarmi le vacanze il venti di agosto» è visibilmente arrabbiato, e non gli posso dare tutti i torti, ma non può accanirsi contro di me. Odio quando fa così.

«Non è colpa mia, Mr.Arroganza se mi hanno invitato i documenti stamattina da consegnare firmati per il ventidue, e se lei è a sfondarsi di sambuca e vodka a Gallipoli a me e ad i partner non interessa, quindi o troviamo una soluzione o va a dare Rizzi lei delle spiegazioni» mi innervosisco e gli rispondo a tono.
Lo sento sbuffare.

«Che palle. Firmerò quei dannati moduli, ti comprerò due fottuti biglietti andata e ritorno per Gallipoli, così visiono le carte, le firmo e mandi il fax a quei coglioni. E io non mi muovo dalla mia oasi di pace. Ah e tanto per la cronaca, preferisco il cointreau» non ho il tempo di replicare alcunché che mi sbatte il telefono in faccia.

Non è mica colpa mia se si è preso le ferie i giorni sbagliati e se i documenti sono arrivati in ritardo e con poco preavviso. Non ho neppure il tempo di metabolizzare o di contestare la sua scelta di avermi pagato o biglietti che me li invia. Fortunatamente oggi era il mio ultimo giorno di lavoro, anche se avrei comunque dovuto lavorare domani per ore extra per questa faccenda. L'ufficio è praticamente quasi deserto, sono andati tutti in ferie, e quelli che non sono andati è perché sono rientrati oggi. Manco solo io all'appello.

«Camilla, concludo io la questione del contratto, ho prenotato un volo e raggiungo Romano. Lo spedisco domani in giornata» riferisco alla mia collega. Lei ed Elia non hanno un bel rapporto, meglio che mi prenda io le responsabilità e che non ne addossi a lei ulteriori.

Lo ringrazio con un messaggio, è inutile mettersi a discutere, naturalmente sono in debito con lui.
Ho il volo di andata domani mattina alle sette. Riuscirò a fare tutto in giornata, il ritorno è segnato per il giorno successivo. Dovrò trovarmi un alloggio per la notte... guardo subito su internet e i prezzi sono alle stelle, va bene è solo una notte. Prenoto un bed and breakfast vicino all'aeroporto di brindisi.

Dopo un po' di minuti Elia mi fornisce la via del suo alloggio.
Tutto è pronto per questo viaggio all'ultimo.

***
Arrivata all'indirizzo fornito, mi ritrovo davanti ad una casa enorme, una mini villa con giardino. È molto bella. Si dovrà sentire un po' solo lì dentro.
Suono il campanello, che riporta il cognome "Privitera". Spero sia quello giusto.

Subito dopo vedo Elia uscire dalla casa, e aprirmi il cancello. Mi aspetta sulla soglia.

«Entra, su» mi invita dentro. Il salotto è enorme e abbastanza disordinato, sembra che ci abbia dato una festa stanotte.

«Non guardare il disordine, deve arrivare la donna delle pulizie a breve» apre una lattina di birra.

«Sì, tranquillo. Ho le carte da firmare» mi appresto a tirare fuori il malloppo dalla borsa, e glielo appoggio sul tavolo.
Mentre le legge velocemente parliamo un po' su come è andato il viaggio e gli dico che ho prenotato un hotel di fianco all'aeroporto.

«Non serviva. Ho tre stanze degli ospiti, potevi dormire qua» mi dice mentre firma l'ultimo documento.

«E approfittare ancora della tua disponibilità? No grazie. Ho anche già fatto il check-in.»

«Non sarebbe stato un problema, tanto sono solo. Ho dato una festa ieri sera se non si fosse capito, ma niente di impegnativo» minimizza.

«Ho notato... mi sa che i padroni di casa andranno su tutte le furie quando gliela riconsegnerai» ridacchio.

«Il padrone sono io» mi fissa negli occhi.

«Ah, io non pensavo... sul campanello c'è scritto un altro cognome» sono un po' confusa.

«Sì, quello di mia madre. La casa ufficialmente è la sua, ereditata dai parenti, ufficiosamente è mia visto che ci passo le vacanze quando posso» si passa una mano tra i capelli.

«Che fortuna, è proprio di fronte al mare» mi guardo intorno.

«Già, che fortuna...» ripete, rassegnato.

«Ecco le tue carte, ti accompagno a spedire il fax, so dove andare» mette in ordine le carte e me le da in mano. Finalmente, ho dovuto percorrere mezza Italia per queste, Rizzi mi deve un aumento.

Una volta completata la missione Elia mi riaccompagna a casa sua con la scusa di farmici fare un tour, dove all'ingresso troviamo la donna delle pulizie che ci guarda furbescamente.
Si presenta, si chiama Maria. E conosce la famiglia di Elia da sempre, lo ha visto crescere.
Elia mi porta al piano superiore facendomi visitare tutte le camere. Una volta arrivati nella stanza padronale, la sua, mi accorgo che c'è anche una terrazza, con una yacuzzi con la vista sulla città.
Questa casa non smette di sorprendermi.

«Hai il costume?» Costume? Va bene che mi sono portata mezzo armadio, ma il costume proprio no. La mia idea era quella di fare toccata e fuga, non stare qui un mese.

«Direi proprio di no, domani devo partire» dico seria.

«Okay, vorrà dire che faremo il bagno vestiti» sorride.

Accende la yacuzzi, e ci si tuffa dentro, io rimango in piedi, a fissarlo. Mi incita un'ulteriore volta. Mi sembra di essere tornata una ragazzina, e rivivere quell'adolescenza che non ho mai vissuto abbastanza.
Non me lo faccio ripetere e mi immergo con lui. I nostri corpi sono così vicini che è inevitabile il bacio, e così accade. Il suono delle bolle riempie il silenzio che cala tra di noi tra un bacio e l'altro.
La passione ci pervade, e ci spingiamo oltre. Non mi era mai successo, in questo frangente. Mi fa sempre scoprire cose nuove.
Una volta terminato, mi sussurra all'orecchio: «Resta qui per qualche giorno».

***
È sera, e stamattina dovrei partire, non so come mi alzerò dal letto, ma nonostante io mi sia rifiutata Elia, pur avendo accettato controvoglia, mi ha obbligata ad andare con lui a locali. È davvero piena di gente questa città in questo periodo dell'anno, non so perché non ho mai considerato di andarci in vacanza.

Mentre sorseggiamo i nostri cocktail passeggiando sulla riviera iniziamo a parlare del più e del meno. All'improvviso un ragazzo con un monopattino elettrico mi urta, facendomi cadere.
Non mi sono fatta niente di che, oltre che essermi rovesciata la bevanda addosso, ma Elia inizia a litigare con il ragazzo, che, dopo essersi accertato che tutto vada bene se ne va.
«Che coglione, lo vado a picchiare se lo rivedo in giro» urla, nella speranza di farsi sentire da lui.
«Lascialo stare, sto bene, davvero» lo rassicuro.

«Ho avuto paura, che potesse farti del male. Io... è come se avessi avuto un deja-vù. Non voglio che ti accada nulla non voglio perderti» una lacrima gli solca il viso e mi si stringe il cuore. Sento che le nostre anime si stanno avvicinando sempre di più, ci stiamo legando inevitabilmente. E io tengo a lui come lui tiene a me, e rimango molto sorpresa da questa sua reazione, inizio a capire ogni sua fragilità, e a sentirlo sempre più vicino.
Lo abbraccio, inevitabilmente e gli asciugo le lacrime.

«Non ti devi preoccupare per me, davvero. Dai adesso rientriamo» lo rassicuro, e annuisce.

Prendiamo un taxi, che mi accompagna al mio alloggio.
«Perdonami per stasera» mi dice prima di lasciarmi. È sulla soglia della porta del palazzo, il tassista se ne è appena andato, ne chiama subito un altro.

«Non devi scusarti, veramente. Sei stato in grado di aprirti, mi ha fatto piacere, davvero» gli sorrido, accarezzandogli il viso.

«Non so cosa mi stia succedendo, e non so se lo senti anche te, ma sta cambiando qualcosa dentro di me. Aspetto ogni giorno quello successivo per vederti in ufficio, prendo il caffè alla tua stessa ora, le dieci della mattina. Mi manchi quando non sei con me. Mi piace vedere i lineamenti del tuo viso mentre dormi, adoro accarezzarti i capelli, sentire il tuo profumo che pervade le mie narici. Vorrei sentire tutto di te, ascoltare ogni tuo racconto, anche se sciocco. Ho paura di perderti, non mi piace quando lasci il letto e te ne vai prima di me, ho amato stare con te a Parigi. Sono geloso se altri uomini ci provano con te. Sei così bella, dentro e fuori. Amo il tuo modo di vestire, il tuo modo di fare, quando arricci il viso mentre ridi, le tue mani che s'intrecciano alle mie mentre lo facciamo. Io non so cosa sia questo nuovo sentimento, anzi lo so, sta nascendo pian piano ma ho paura di ammetterlo a me stesso ed a te, però, ecco io... io mi sto innamorando di te» i nostri occhi ancora immersi gli uni negli altri. Mi si gela il sangue nelle vene, non so cosa rispondere. Anche i miei sentimenti stanno crescendo, ma non so se sia un falso allarme o se sono sulla sua stessa lunghezza d'onda. Forse è troppo presto per dirlo.

«Io non so e non voglio sapere se è così anche per te, ma sappi che mi farò indietro se necessario. So che nulla tornerà come prima. Ma dovevo dirtelo, per liberarmi da un peso che mi opprime da troppo tempo» aggiunge infine. Mi ammutolisco, letteralmente, per la prima volta.
Continuo a fissarlo negli occhi, finché sento un auto avvicinarsi: il taxi è venuto a prenderlo.
Non deve andarsene, non ora. Ma sono troppo pietrificata per fare o dire qualsiasi cosa. Chi lo avrebbe mai detto che sarei arrivata a questo punto? Doveva essere solo sesso, ma ci siamo entrambi cascati.

«Io vado, buonanotte e buon viaggio» abbassa lo sguardo, rassegnato, visto che non riceve risposta da parte mia.

Poco prima di aprire la porta dell'auto, corro verso di lui. Ho visto un'opportunità sfumare, un'occasione sprecata per colpa della mia indecisione e inerzia. Basta osservare, devo agire. E ho deciso.
«Starò qui, per qualche giorno. Non me ne vado domani» gli dico, con un sorriso a trentadue denti, dopo che lui si è voltato a guardarmi.
E ci baciamo appassionatamente. Ho voglia di stare con lui, non solo perché mi piace, ma anche per capire se tra di noi potrebbe funzionare. Posticiperò il volo, a costo di fare qualsiasi cosa, non rinuncerò a passare del tempo con lui.

***
È l'ultimo giorno che sono a Gallipoli con Elia, e la situazione procede bene, anche se ci sono svariati alti e bassi. Non pensavo che dietro a quella scorza dura si celasse un animo così buono e gentile. Mi ha sorpresa, in positivo. E con lui, mi sembra di essere ringiovanita, scherziamo, ridiamo e a volte litighiamo. Ma non c'è mai niente di piatto tra di noi, e questo mi piace, c'è molta intesa. Ovviamente al momento è troppo presto per capire se ci possa essere qualcosa di serio, io sono appena uscita da una relazione e lui lo sa, non vogliamo correre ma goderci i momenti.

Ma c'è un problema, è come se al momento sentissi una mancanza, che si è fatta sentire nelle ultime ore, in realtà non smetto di pensare a lui da quando l'ho lasciato a Bologna, è un pensiero fisso. Ho bisogno di parlare con una persona.
Ora mi trovo sola, in camera da letto. Elia se ne è andato in giardino. Colgo l'occasione per trovare il contatto e chiamarlo.

«Ciao Alessandro, sono Matilde»

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