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2 agosto

Sono giorni che non ho notizie di Elia. Non so cosa sto iniziando a sentire dentro di me, se sta iniziando pian piano ad interessarmi dopo il nostro viaggio di lavoro a Parigi, oppure è pura e semplice attrazione fisica. Probabilmente è stato il nostro dialogo di quella notte ad avermi avvicinata a lui. Non pensavo che avesse dovuto affrontare quella sciagura, e portarsi sulle spalle il peso di un dolore che non scomparirà mai.
E incredibilmente non so neanche io come ho fatto ad aprirmi con lui in quel modo... neanche mia sorella ha mai saputo dell'accaduto. Solamente lui. Penso che sia stato terapeutico per entrambi quel discorso.

Oggi decido di andare a fare le spese, il frigorifero è praticamente vuoto. In questi giorni non mi era proprio passato di mente.

Passo tra una corsia e l'altra, e il carrello si riempie velocemente.
Io odio fare la spesa, mi annoia enormemente, ma naturalmente non posso farne a meno.
Mi fermo un attimo a guardare un pacco di pasta nella corsia dedicata, e quando decido di metterla nel carrello, il mio sguardo inevitabilmente si sposta davanti a me, ed Ale è lì, che posa i suoi occhi azzurri su di me.
Ci salutiamo, entrambi contemporaneamente.

Mi avvicino a lui «Non pensavo di trovarti qui» asserisco.
In questo supermercato andava sempre lui a fare le spese, io lo accompagnavo alcune volte. Pensavo che avesse totalmente cambiato supermercato avendo cambiato quartiere, e invece no.
«Io, ero abituato a venire sempre qui, le abitudini sono abitudini» ride infine in maniera nervosa.
Mi passo una mano tra i capelli, lo vedo così spento... non me lo sarei mai aspettato.
«Vivi ancora nei paraggi?» chiedo, tranquillamente.
«Non proprio, ho trovato un appartamento in affitto a qualche chilometro da qui... è una sistemazione provvisoria» replica. Vorrei tanto sbagliarmi, e spero non sia così, che lui venga qui nella speranza di incontrarmi. Cioè, sì, un po' l'ho sempre sperato anche io dopo la nostra rottura, ma lo amo ancora tanto da dire che spero che lui se la stia cavando meglio di me, e che non stia così male, come sono stata e come sto ancora.

«Non puoi proprio fare a meno del sugo al pesto» sorride, dopo aver guardato il carrello. È il mio sugo preferito, ed è stata una delle prime cose che ha visto dentro lì.
E inevitabilmente iniziamo a fare la spesa quasi insieme, come ai vecchi tempi, parlando di quello che è accaduto negli ultimi mesi, e percorrendo le corsie del supermercato. Mi sembra di essere tornata indietro, e vedere i suoi occhi riaccendersi di quella luce che ho tanto amato, mi sento così serena, sto così bene con lui. È come se sentissi che questa complicità non fosse mai terminata, e sento tanta nostalgia.

«Sei a piedi?» mi domanda, ma forse non si ricorda che il supermercato è a pochi passi da casa, infatti non vedendo una mia risposta immediata torna sui suoi passi e si corregge «scusa, hai ragione, sei a pochi passi da qui.»
Sorrido come per dire: "non ti preoccupare."

«Ti accompagno io se vuoi, non, non mi costa niente» si avvicina alla sua clio bianca, e mette nei sedili posteriori la spesa.
Non dovrei accettare, anzi non devo. Dovrei andare a casa da sola, rifiutarmi di salire in macchina con lui, non devo dare false speranze a nessuno dei due. Ma non posso fare a meno di pensare che forse in realtà vorrei tornare indietro, accettare il suo passaggio e vedere cosa succederà. Mi manca innegabilmente.
«Non serve, davvero» dico, anche se non sembro tanto convinta.
«Insisto» io non riesco a rifiutare, cedo, ed entro nella sua macchina. Il profumo dell'arbre magique che inonda l'auto, i sedili ben curati, il cruscotto pieno di cd degli Arctic Monkeys. Sì, me la ricordavo così la sua Clio bianca.

«È rimasta uguale» mi lascio sfuggire soprappensiero.
«Già» risponde, con le mani sul volante.
Un minuto dopo arriviamo al parcheggio sotto casa mia.
«Ti aiuto a portare su la spesa» spegne l'auto.
«Hai fatto già abbastanza... faccio io» sorrido.
«Insisto. Ormai sono qua.»
Esco dall'auto, senza rispondere, e lui mi segue, prendendomi dalle mani una delle borse della spesa.
«Spero di non darti fastidio» abbassa lo sguardo.
«No, Ale. Ma non voglio approfittare della tua disponibilità, tutto qui» asserisco mentre apro il portone d'ingresso del condominio e inizio a salire le scale.
«So che non lo faresti, io ti aiuto volentieri, non è mai stato un problema» il suo tono di voce alla fine si abbassa, come se avesse paura di dire queste ultime affermazioni.
E inevitabilmente mi ricordo della promessa che gli avevo fatto "ci penserò", gli avevo detto. Non l'ho più fatto, seriamente. Non ci ho più pensato. E lui era qui ad aspettarmi. Mi sento così terribilmente male.

Arrivo alla porta di casa mia, e dopo aver girato la chiave nella serratura, e finalmente entro in casa.
«Entra a bere qualcosa» non glielo chiedo, glielo ordino, letteralmente.
Alessandro entra, a distanza di mesi.
«È così ordinata ora» nota, mentre tiro fuori dal frigo una bottiglia di coca cola, la sua bevanda preferita. Mi era rimasta solo questa, non gli chiedo neanche se la vuole, perché so già la risposta. So già quello che dirà, come lui sa quello che sto per dire, perché è così. Noi ci parliamo ancor prima di farlo, i nostri sguardi dicono tutto, le nostre intenzioni tradiscono le nostre parole. Gli porgo il bicchiere.
«Non mi devi dire che ti dispiace per quel fatto del pensarci. Non c'era scadenza, Matilde» guarda le bollicine che scoppiano, mentre io bevo il mio bicchiere d'acqua del rubinetto.
«Lo so, ma... io oggi, non lo so, mi sono sentita nostalgica. Mi manca quello che c'era tra di noi, allo stesso tempo però... non so ancora cosa voglio» sono sincera, è vero. Naturalmente non deve sapere di quello che c'è stato tra me ed Elia.
«È stata colpa mia, vero? Io, rimedierò» sembra sincero.
«Non è quello. È stata colpa di entrambi» è la verità. Abbiamo sbagliato entrambi. Lo guardo, ho gli occhi lucidi, mi risovvengono alla memoria tutti quei bei ricordi e mi ricordo di tutto l'amore che provo ancora per lui. Non riesco a trattenermi.
«Non guardarmi così, ti prego. Io ai tuoi occhi che mi guardano così non riesco a resistere» appoggia il bicchiere sul tavolo, sa che stiamo entrambi per cedere. Lo so anche io, stiamo per arrivare al punto di non ritorno. Potrei starmene zitta,
«Neanche io» dico a bassa voce.

Lui si avvicina a me, in maniera molto pericolosa. I nostri occhi si incontrano, come non lo facevano da tantissimo tempo. Mi sposta una ciocca dietro i capelli. Inevitabilmente mi scende una lacrima, e lui la asciuga prontamente, sorridendo per rassicurarmi.
«Non piangere» sussurra. Mi era mancato questo, la sua dolcezza, la sua prontezza, le sue rassicurazioni, il suo prendersi cura di me.

E così le nostre labbra si uniscono in un dolce bacio, che mancava da tempo. Davvero da tanto. Non ricordavo quasi più il sapore delle sue labbra, le sue mani tra i miei capelli.
Quando ci stacchiamo è come se ci fossimo baciati per la prima volta, nella stanza compare un imbarazzo impossibile da nascondere.
Forse ci siamo pentiti entrambi? O ci siamo dimenticati come fosse?
Ma forse è meglio che ora se ne vada, sono ancora più confusa di prima.
«Io... forse...» è così imbarazzato.
«È meglio che te ne vada» dico secca.

Non aggiungiamo altro, e questa volta mi ascolta seriamente. Che situazione!!

Appena se ne va, Prendo in mano il cellulare per chiamare mia sorella, e dirle l'accaduto, ma arriva un messaggio da Elia.
"Senti ragazzina, chiamami quando puoi."
Ho paura che sia una questione lavorativa, e lo faccio subito. Inconsapevole di quello che sarebbe successo poi.

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