17 maggio
Ho ignorato tutti i suoi messaggi. Non posso tornare indietro, e ricadere in quel circolo vizioso. Dobbiamo riflettere, e così faremo. Io ho bisogno di tempo, e di solitudine.
Nel frattempo oggi ho deciso di passare una mattinata con mia sorella, prima di fare il turno pomeridiano a lavoro. Abbiamo deciso di fare colazione insieme, dopo aver accompagnato la piccola Eleonora all'asilo.
Quanto è cresciuta la mia nipotina!
Mi sembra ieri quando è nata, era così piccolina, con la testolina piena di capelli castani.
Rebecca ha sei anni in più di me, e ha avuto sua figlia a ventitré anni, ho avuto la fortuna di diventare zia a diciassette anni, prestissimo! Lei e il suo compagno, Daniele, stanno insieme dai tempi del liceo, e diciamo che l'avvento della piccolina è stato per entrambi improvviso e meraviglioso. Stavano traslocando per andare a vivere da lui, quando hanno scoperto che mia sorella era incinta. Quanta gioia ha portato quella notizia in casa!
Mia madre era al settimo cielo e pure mio padre.
Sono già passati quasi cinque anni da quel momento, ed Eleonora a quattro anni è più sveglia di qualsiasi bambino della sua età.
È così felice, vivace, e intelligente. Circondata d'amore.
La amo immensamente, e forse è riduttivo.
«Allora, dovrò aspettarmi il secondo nipote, sorellina?» ridacchio, dopo aver sorseggiato il mio caffè espresso.
Sorride a sua volta «Mi sa che dovrai aspettare, prima di tutto c'è Ele, e poi si vedrà...» addenta la sua brioche.
Io e mia sorella abbiamo un rapporto davvero speciale, io per lei ci sono sempre, ed è lo stesso a parti invertite. Nonostante gli anni di differenza, che si facevano sentire soprattutto in tenera età, sin da subito tra di noi c'è stato il rapporto perfetto e una comprensione che non ho mai più trovato nella mia vita. È sempre pronta a supportarmi, ed a rimproverarmi se sbaglio, ma senza giudicarmi. È la mia migliore amica, l'unica costante della mia vita.
«Piuttosto, come sta andando, Mati?» abbassa lo sguardo. Sa benissimo la sofferenza di questi ultimi giorni, anzi di questo periodo in generale, nonostante le soddisfazioni lavorative. È stata l'unica a starmi vicino tutto il tempo, di giorno di notte, tutti i giorni. Ad ascoltarmi, ad asciugare le mie lacrime, a comprendere i miei tormenti. Mi ha detto che ho fatto la scelta giusta a lasciarlo andare se non mi sentivo più felice con lui. Sebbene lei lo adorasse. Sa quanto è stato difficile lasciarlo andare, ma ora lo ho quasi totalmente accettato.
«Bene, credo» replico «cioè, mi ha mandato qualche messaggio, di incontrarci, di parlarne. Ma non ho risposto. Non ce la faccio Rebe, non posso guardarlo in faccia dopo tutto quello che è successo. Non voglio crollare di nuovo, ho bisogno di altro tempo per poter parlare con lui lucidamente» sospiro. Chissà quando non sarò così vulnerabile, solo ora capisco cosa significa soffrire dopo aver lasciato una persona che hai amato tanto, e auguravo a me stessa di non provarlo mai.
***
«Quindi, io devo inserire questo documento in questa cartella... giusto?» chiedo a Tania, indicando col dito sul monitor del computer. Oggi sono un po' tra le nuvole, sarà la terza volta che glielo chiedo, ed è un'operazione così basica da compiere, perché non me lo ricordo?
«Sì, ma te lo avrò ripetuto tre volte... sicura che vada tutto bene?» mi chiede Tania con aria preoccupata.
«Sì, scusa, sono solo un po' distratta...» rispondo.
«Guarda, se vuoi qui finisco io, vatti a prendere pure qualcosa alle macchinette e fatti una pausa» mi sorride. È così gentile, e mi dispiace approfittarne, ma forse devo davvero prendermi cinque minuti per riordinare le idee. Tornerò il prima possibile, non ho intenzione di darle troppe preoccupazioni.
La ringrazio, e mi dirigo a prendermi un caffè.
«Già in pausa?» mi chiede una voce famigliare. Mi giro, Elia.
Il cuore salta un battito, e non so perché. La sua presenza è così insopportabile. Al tempo stesso però, ho paura che mi rimproveri perché non sono a lavoro.
«Sì, cioè, no... mi sono presa due minuti per bermi un caffè e per riordinare le idee. Ora torno subito a lavorare, scusa» abbasso lo sguardo, il contatto con i suoi occhi non mi piace. Con lui possiamo dargli tutti del "tu", ricordo ancora la prima volta che gli ho dato del "lei": ha spalancato gli occhi come se avessi detto un'enorme sciocchezza, e poi si è lasciato andare ad una risata, infine come se non bastasse mi ha presa in giro chiedendomi se fossi qui da un giorno, visto che era palese il fatto che dovessi rivolgermi a lui con il "tu" e che odiava tutte quelle formalità.
Ecco perché lo detesto: è così maledettamente arrogante e pieno di sé, che ogni volta mi verrebbe da prenderlo a sberle.
«Matilde, puoi dirmelo anche in maniera più sicura, sembra che io ti stia torturando» ridacchia. Ecco, odio quella sua risatina da presa in giro, non vedo l'ora che se ne vada. Anzi, che dico, me ne vado io ora.
«Sì, scusa, adesso però torno a lavoro... ho perso troppo tempo» me ne vado prima che lui possa ribattere.
Che persona irritante. Meno sto a contatto con lui e più sto meglio.
Non capisco cosa ci trovi di divertente ad importunarci, almeno, spero non lo faccia solo con me, è proprio fastidioso.
«Eccomi, scusa. Grazie mille, adesso continuo io» dico subito a Tania, poco dopo essermi riseduta sulla mia sedia.
«Va meglio?»
«Sì, grazie mille» quel breve scambio di battute mi ha dato la scossa giusta per ripartire, facendomi risvegliare dal mio "torpore".
Mentre metto apposto le ultime cose, Elia passa tra le varie scrivanie a dare una rapida occhiata su come stiamo procedendo. Lo fa ogni tanto, sia per metterci ansia, sia per controllare il nostro operato: deve essere come dice lui, sennò sei pronto a rifare tutto daccapo, e lì è una vera perdita di tempo.
«Bravo Tommaso... Fabiana, i grafici li voglio impeccabili... Matteo rispondi alle ultime mail e poi puoi andare» oggi sembra abbastanza soddisfatto.
E poi, arriva da me.
Sento il suo fiato sul mio collo, il suo sguardo giudicatore che mi spoglia fin dentro l'anima.
Si avvicina al monitor.
«Matilde...» è indecifrabile questo suo tono di voce.
Vedo il suo viso improvvisamente di fianco al mio, fisso sul monitor. E improvvisamente si gira a guardarmi, i miei occhi iniziano a fissare i suoi. La sua mano mi prende il mouse dalle mani, le nostre dita si sfiorano, ed io sento un leggero brivido percorrermi la schiena. Perché il tempo sembra essersi fermato?
«Sti cazzo di bilanci falli bene, non vedi che l'ultima cifra è errata, come fa a venire questo numero?» lo segna con il cursore «Dai!!!» mi urla nelle orecchie infine. Sobbalzo dalla sedia. Ecco, pareva strano.
Inizia a battere le mani in maniera molto rumorosa davanti alle mie orecchie. Quando fa così significa che una persona si deve dare una mossa, ed è quello che devo fare io.
Non ha tutti i torti. Perché sono così distratta?
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