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14 - 17 luglio

Oggi in ufficio Elia è venuto a disturbarci per pochi minuti, poi è dovuto andarsene, chiamato da Mara, non so dove esattamente, forse dal direttore.
Non abbiamo avuto nessuna occasione per parlarci, e questo va a mio vantaggio in quanto meno ci interloquisco meglio sto.
Le uniche parole che ci siamo scambiati negli ultimi giorni sono stati di puro interesse lavorativo: qualche urla da parte sua, rimproveri, e tutto è tornato come sempre. Anche se sento che tra di noi c'è quel velo di imbarazzo, che percepiamo per fortuna solo io e lui.

Dopo un quarto d'ora arriva la stessa Mara a chiamarmi mentre sono al pc. Ma cosa è successo?
«È successo qualcosa?» le chiedo subito.
«No, tranquilla, adesso vedrai» mi sorride, prima di accompagnarmi alla porta dell'ufficio del signor Rizzi. Sto iniziando ad agitarmi... vorranno forse licenziarmi? No, ma Mara ha detto che non è nulla ed io mi fido.
Appena entro il mio sguardo si posa sul viso di Elia. È la prima persona che vedo, lì, in piedi ad accogliermi, seduto dall'altra parte del bancone del direttore. E subito dopo Rizzi, che mi sorride.

«Oh, Moretti, prego prego, siediti pure» mi dice.
Immediatamente mi siedo, agitata.

«Ti dico subito di tranquillizzarti, non è niente di grave, anzi... il tuo lavoro qui è sempre eccellente» chino il capo in segno di ringraziamento «Tant'è che, io e Romano abbiamo convenuto che potresti sostituire la sua segretaria nel meeting a Parigi con i dirigenti di un'azienda straniera. La signorina Bortoluzzi è a casa in malattia, come forse avrai avuto modo di notare negli ultimi giorni, e per la nostra azienda è necessario tenere questo meeting per espanderci oltre i confini nazionali, e non possiamo permetterci di annullare tutto. Per questo abbiamo scelto te come sostituta: non sarà nulla di troppo impegnativo, anzi prendila come una vacanza dal lavoro che fai. Ti sostituirà Tania Valeri nel lavoro che dovevi svolgere in questi giorni» scherza «ah, e naturalmente verrai pagata per i tre giorni in cui sei via, ed è tutto pagato dall'azienda»

«La ringrazio molto per questa offerta, ma mi scuso se posso sembrare inopportuna: quando dovremmo partire?»

Sento Elia ridacchiare. Idiota.
«Domani» replica il direttore.
Spalanco gli occhi. Domani? Grazie del preavviso!!! Alla faccia! Però, wow, tre giorni a Parigi. Non posso dire di no... ma c'è anche Elia, forse non dovrei... al diavolo quell'arrogante! Non posso perdere questa opportunità.
«Va bene, sarò presente. Non so davvero come ringraziarla...» ho già detto che amo Rizzi? Venero quell'uomo. Sicuramente è stato lui a spingere per farmi partire, figurarsi, Elia avrà quasi vomitato a sentire il mio nome.

***

Sono le quattro del pomeriggio e alle cinque e mezza abbiamo il volo per Parigi. Se tutto va bene dovremmo essere lì un ora e cinquanta dopo la partenza. Mi ha portato mia sorella fino all'aeroporto, per non far muovere la mia auto. E sempre lei mi verrà a prendere tra due giorni. Sono un po' intimorita. Con Elia dovremmo trovarci già al gate, almeno, così ci siamo accordati al telefono ieri sera.

Appena entrata in aereoporto faccio il check -in, e mi arriva un messaggio da Elia.
"Io sono già al gate. Ti aspetto"

Faccio tutte le procedure necessarie, controllo bagagli a mano e quant'altro, e poco dopo mi trovo al gate anche io.

Me lo ritrovo davanti.
«Ah, eccoti» dice con noncuranza.
«Sì, scusa il ritardo ma...» non mi fa finire, che mi interrompe subito «Sì, okay. Meglio che ci imbarchiamo» che maleducato, davvero.

Una volta dentro l'aereo ci dirigiamo verso i posti assegnati, lui si mette dal finestrino mentre io di fianco a lui. Di fianco a me il posto è vuoto.
Era da molto che non prendevo un aereo: che emozione! Quando lo vedo decollare sembro quasi una bambina, emozionatissima.
«È da tanto che non sali su un aereo?» mi chiede Elia.

«L'ultima volta che ci sono stata avevo sei anni» replico.
Lui annuisce col capo, e prende dalla sua ventiquattr'ore il pc.

«Scusami, ma devo rispondere a delle mail»

Che maleducato, non lo sopporto proprio! Secondo me si diverte ad essere così.
Inizio a leggere un libro, quando accendo il cellulare e vedo che è scarico.

«Potresti prestarmi un secondo il tuo caricatore? Ho il cellulare scarico»

«Sì, eccolo» me lo porge.

Non gli rivolgo più la parola, anzi, decido di fare un pisolino.

Una volta arrivati in hotel, un quattro stelle, Elia dà i nostri nominativi, e la ragazza della reception ci assegna le chiavi.
Per lui una suite al quinto piano, mentre per me una camera standard al quarto, la 701.

Quando entro nella mia stanza mi sembra di stare in paradiso! È enorme, mi butto sul letto king size e ci rimango per un po' prima di visitare il resto della stanza.
La cena la serviranno in camera, guardo il menù: sembra tutto buonissimo. Decido di alzare la cornetta e ordinare.
Poco dopo arriva un cameriere con le ordinazioni, e inutile dire che finisco tutto.

Successivamente decido di andare a guardarmi un film su Netflix dal mio iPad, ma quando apro la borsa mi ritrovo tra le mani anche il caricatore di Elia. Accidenti! Mi sono scordata di ridarglielo!
Cosa devo fare ora? Andare nella sua stanza? Non ci voleva proprio.
Che numero aveva? 809? Sì, mi sembra di sì.
Prendo l'ascensore e vado nel suo piano. Una volta davanti alla porta della sua stanza busso.

Mi apre la porta: solo un asciugamano gli copre le parti intime. Non può farmi questo.

«Io, sono venuta per... mi sono scordata di ridarti il caricatore, in aereo»

«Oh, sì. Lo avevo scordato, vero, grazie. Entra pure» ammicca un sorriso.

«Mettilo pure là» mi dice.

Io lo appoggio sul tavolino di fianco alla porta.

Il suo sguardo è penetrante, magnetico. Mi fissa e non distoglie lo sguardo. Io distolgo lo sguardo e non posso fare a meno di guardare il suo fisico scultoreo. È impossibile guardare altrove.

«Stavo per farmi una doccia« asserisce.
«Sì, lo avevo notato» replico, deglutendo sonoramente.

«Bell'appartamento» aggiungo, a bassa voce. Lui ammicca un sorriso provocante «Se vuoi te lo faccio vedere» propone.

"No, no" ripeto nella mia mente: "devo dirgli di no".

«Okay, mi farebbe molto piacere» maledizione!! Mi odio!

Mi porta a vedere la stanza: è estremamente spaziosa, il letto matrimoniale ha la vista sulla grande terrazza, inoltre ci sono due divanetti e un tavolino. E poi, mi porta a vedere il bagno. Socchiude la porta alle sue spalle.
«Altro che la mia stanza, questa è il triplo più grande » mi lascio sfuggire.
«Sì, è molto spaziosa» si passa una mano fra i capelli.

«Bella, sì. Ora vado...» dico. Non posso stare un minuto di più qui: il caldo, la doccia, lui mezzo nudo. Devo andarmene o farò danni.

«Ti accompagno»
«No» ribatto secca «sono capace di farcela anche da sola».

Si morde il labbro inferiore, lo sento, anche lui come me è ardente di passione, e se non me ne vado andrà a finire male.
«Va bene» dice, non molto convinto. Faccio per aprire la porta alle mie spalle, poggiando la mano sulla maniglia, che la sua mano mi precede, e si posa sopra la mia «Lascia, faccio io»

Mi giro per ringraziarlo, ma non so cosa succede, il punto è che le nostre labbra si uniscono di nuovo. Il sapore delle sue labbra, unico, e devo ammettere che mi era mancato. Il tutto è molto sensuale, a tratti delicato. Le sue dita tra i miei capelli, le mie mani sui suoi fianchi...

E poi Inizia a spogliarmi: e la storia si ripete. Non riesco a trattenermi. Biascico dei "no, non dovremmo", che lui ignora. E dopo un po', ignoro anche io tutto. Mi tolgo gli ultimi vestiti rimanenti, lui lascia cadere l'asciugamano. E tra un bacio e l'altro entriamo nella doccia.

L'acqua calda bagna i nostri corpi. Il suono del suo scroscio accompagna i nostri gemiti. Le sue mani percorrono ogni centimetro del mio corpo, accarezzano il mio seno, e scendono sempre più. Il tutto accompagnato da questa cascata di acqua che scende imperterrita sui nostri corpi.
Io non riesco a trattenermi, ansimo, sto per venire quando Lui toglie la sua mano, e io per ricambiare inizio a baciarlo ovunque. Sento i suoi gemiti, entrambi siamo bollenti, di passione.

E poi succede.
***
Ci siamo appena svegliati, sono distesa sul suo letto, lui è ancora di fianco a me. Ci giriamo entrambi di fianco e ci guardiamo negli occhi.

«Matilde ammettilo che ti piace tutto questo, puoi rifilarmi tutte le stronzate che vuoi, ma ti piace» asserisce con tono di sfida e arroganza, e lo odio per questo. Ma ha ragione. Mi piace. Mi piace sentirmi come mi fa sentire lui, mi piace fissarlo negli occhi, baciare le sue labbra, esplorare ogni centimetro del suo corpo e desiderare che lui faccia lo stesso. Mi piace farlo attendere mentre mi spoglio davanti a lui, vederlo mordersi il labbro inferiore mentre mi faccio desiderare, e farlo spazientire. Ho mentito su tutti i fronti e lo faccio da giorni, da quando siamo stati insieme la prima notte, io sono letteralmente rapita dal suo modo di fare, dal suo modo di toccarmi, baciarmi. E sono convinta di non essere stata l'unica a pensarlo, tra le sue vecchie e nuove fiamme. Ora capisco il perché della sua fama da don Giovanni.

«Non sono in vena di scendere in certi argomenti...» sbuffo.
Ride. Pensa di avere in pugno la vittoria?
«Non pensare che io sia la tua schiavetta e che sia caduta ai tuoi piedi, perché se lo pensi, stai facendo male. Sai perfettamente cosa c'è tra di noi: sesso. E basta»

«Ed è già qualcosa, no? Fino a pochi giorni fa non potevamo neanche guardarci in faccia, e ora non mi sembra che tu ti faccia troppi problemi ad infilarti sotto le mie lenzuola»

«Le tue lenzuola? Sei ridicolo. Ma ti senti? Vedi perché non posso essere innamorata di te? Sei così terribilmente arrogante e...» mi blocco a fissarlo negli occhi. Il suo sguardo mi ipnotizza, e lo sta facendo di proposito a fissarmi così, in modo provocante, con le labbra socchiuse.

«Cazzo se ti odio» sospiro, rassegnata. Sa anche lui che non è vero, non ci credo più neanche io.
Mi prende il viso tra le mani e mi bacia con foga.

«Anche io penso lo stesso» dice infine, prima di alzarsi dal letto senza aver vergogna di nascondermi la sua nudità, quasi come se non fossi presente nella stanza.

«E ora devo prepararmi per il meeting se mi permetti, chéri» mi fa l'occhiolino.

Ed effettivamente ha ragione, questo sarebbe dovuto essere stato un viaggio di lavoro, ed è iniziato in maniera diversa a quanto sembra.

«Dovrei fare lo stesso, effettivamente» aggiungo. Mi alzo dal letto, anche io nuda, e vado a cercare i miei vestiti. Sento il suo sguardo addosso.

«Vorrei tanto continuare quello che abbiamo lasciato ieri. Ma ahimè il lavoro ci chiama. Oggi giornata piena. E stasera... andiamo a mangiare in centro. Offre l'azienda» fa l'occhiolino infine.

Perché mi cedono le ginocchia ora? Accidenti. Mi fa sempre questo strano effetto... ora il cuore mi sta battendo all'impazzata.

Poco dopo esco dalla sua stanza per recarmi nella mia, a prepararmi per questa giornata che sarà impegnativa.

La giornata prosegue senza troppi intoppi, è tutta occupata dal lavoro. Il mio compito è quello di annotare ogni cosa, guardare i documenti utili, e sostanzialmente fare da segretaria ad Elia. Durante tutto il tempo non succede niente di che, entrambi manteniamo un profilo molto professionale.

Giunta la sera, verso le otto, mi porta in taxi in questo ristorante con vista sulla Senna. Siamo entrambi vestiti in maniera molto elegante, in conformità con il luogo. Io indosso un vestito aderente blu, mentre lui un completo nero.

«Quindi spiegami... mi stai dicendo che non esci a cena con una donna da quanto? Un mese? Non ti credo» inizio la conversazione dopo aver ordinato.

«Credimi, non ho più le energie di accompagnarvi a cena fuori, almeno per ora...»

«Il gigolò di Bologna è stanco? Shock!» ironizzo.
Arriva un cameriere a servirci del vino. Elia aspetta che se ne vada prima di rispondermi.

«Una delle prede è caduta nella mia trappola. È così che bofonchiate tra di voi quando scoprite qualche nuovo gossip su di me, vero?»

«Pensi che non lo sappia? In quell'ufficio girano di quelle voci... e pensi che non lo faranno anche con noi? Sono quattro repressi lì dentro, non hanno altro di cui parlare»

«A me piacciono i nostri colleghi»

«Sì, perché non li devi dirigere, poi vedrai, quando diventi un superiore si inizia a farsi rispettare, hai il controllo, ma a che prezzo? Dietro le spalle te ne dicono di cotte e di crude. Ma è così che funziona, e per questo bisogna avere le palle di fare questo lavoro»

«Ti piace questo lavoro?» chiedo, quasi senza rendermene conto.

Lui si immobilizza. Lo vedo a disagio, forse non avrei dovuto.
«Scusa, non volevo essere invadente...» abbasso lo sguardo.

«Mi piace sì, anche se le circostanze non sono delle migliori. Insomma, non fraintendere, a ventinove anni avere un posto del genere molti se lo sognerebbero, sono molto grato a Rizzi. Ma alcune volte penso che forse se fossi stato in un altro paese avrei avuto un altro tipo di trattamento... certe volte mi capita di pensare di trasferirmi, magari al nord Europa. Però poi cambio idea»

«Perché?»

«La mia famiglia. Non voglio lasciare mia madre e mia sorella, o semplicemente non ce la faccio... potrei benissimo andarmene all'estero, ma c'è sempre qualcosa che mi tiene legato a loro. Dopo tutto quello che abbiamo passato, non mi sento ancora pronto»

«Se vuoi parlarne, io...»

«No, tranquilla » taglia secco.

Mi sento un po' triste a sentire queste cose. Non pensavo avesse questo passato poco gradevole, chissà cos'è successo. Non so se sarà mai in grado di dirmelo, ma in ogni caso lo ascolterò, mi sento sempre un po' più legata a lui, non ne sono innamorata, però non nego che mi sto avvicinando sempre un po' di più e che il nostro rapporto forse potrebbe non essere solo sesso. Ma solo il tempo ce lo dirà.
«D'accordo» finisco quello che ho sul piatto.

La cena procede tutto sommato bene, parlando del più e del meno, senza però mai accennare alla nostra situazione sentimentale, lui non mi parla delle sue ex, ed io nemmeno. Qui ci siamo solo noi due e così deve essere.

Una volta rientrati in hotel, ci dirigiamo entrambi nell'ascensore.
«È stata una serata molto piacevole» dico mentre premo il pulsante numero quattro.
Le porte si chiudono.
«Già, sei meno odiosa di quanto pensassi quando non ti ci metti» scherza.
«Ti chiudo dentro l'ascensore se non la smetti» sbotto acida.
«Ora ti riconosco» siamo al secondo piano.

Si avvicina di nuovo a me, e questa volta senza pensarci due volte mi fiondo su di lui e inizio a baciarlo con foga.
Lui mi avvicina a sé, infilandomi una mano sotto al vestito blu.

«Sei così sexy stasera con questo vestito» mi sussurra all'orecchio, dopo aver finito di baciarmi.
Questa frase pone fine alla mia razionalità. Riprendo a baciarlo.
L'ascensore arriva al quarto piano, e anziché darci la buonanotte usciamo entrambi da esso e ci dirigiamo in camera mia, dove concludiamo la serata materializzando la nostra passione.

Ma nessuno dei due riesce a prendere sonno durante la notte, ci giriamo e rigiriamo nel letto svariate volte.

«Neanche te riesci a dormire, vero?» chiedo, fissando il buio.

«No» replica «stavo pensando a ciò di cui abbiamo parlato stasera a cena. Di mia madre e mia sorella. Non ti ho raccontato di loro perché normalmente non mi va di parlarne, è difficile» sospira «sai, papà è morto durante un incidente in moto, un camion gli è andato addosso e non c'è stato nulla da fare. Da quel momento siamo rimasti in tre in famiglia e mi sono sempre sentito in dovere di prendermi cura di loro due, anche durante tutti i miei viaggi, non c'è stato un secondo in cui non pensassi a loro, e le ho sempre telefonate per sapere come stessero. Io sarei pronto a tutto pur di farle vivere serenamente, so quanto hanno sofferto, per loro nostro padre era tutto. E anche un po' per me» quando finisce di parlare, il silenzio. Non so come rispondere per farlo sentire meglio, è dura perdere qualcuno, e io lo so bene. Soprattutto se quel qualcuno stava per crescere e nascere dentro di te. Perdere un padre ed un marito è atroce, tanto quanto la perdita di un figlio.

Un "mi dispiace" sarebbe riduttivo e quasi una presa in giro.

«Io, posso capirti. Ho perso un bambino qualche anno fa» un silenzio assordante riempie la stanza. Lui non risponde, non sa cosa dire, mi lascia spazio per continuare «stavo insieme col mio ex ragazzo da sei o sette mesi, quando ho scoperto di essere incinta. Non ho voluto dirglielo, per fargli una sorpresa da quando sarebbe tornato dalle sue vacanze a Corfù con i suoi amici, e poi, era sempre così preso dall'università in quel periodo, si meritava quei dieci giorni di stacco. E poi, con la stessa rapidità con cui l'ho scoperto, se ne è andato. Il giorno prima che Alessandro tornasse» una lacrima mi riga il volto. Riaprire questa ferita mi provoca un dolore allucinante, indescrivibile. E così inevitabilmente, mi sento un po' più vicino ad Elia. Abbiamo perso entrambi qualcuno di importante nelle nostre vite. E nessuno potrà portarcelo indietro.

«Non lo avevo mai detto a nessuno, neanche a lui» concludo.

«Neanche io avevo mai detto a nessuno del mio malessere» replica. E in questo momento mi sento così unita a lui, almeno per questa notte, e tra di noi si apre uno spiraglio di un qualcosa di indecifrabile ancora, ma che ci sta legando un po' di più.

Si avvicina a me, prendendomi sotto braccio. Appoggio la testa sul suo petto, proprio come se fossimo una coppia, sento il suo cuore, la prima volta che succede.
«Non ti ho mai odiato veramente» mi sussurra.
«Neanche io» questo è il nostro modo di dirci che forse ci vogliamo un po' bene. E a me, sta benissimo così.

***

La mattina seguente ci alziamo, memori del nostro dialogo notturno, ma decidiamo di non proferirne più parola. Lui se ne torna nella sua stanza a preparare le cose per il check-out e io faccio lo stesso.

Dopo aver lasciato le chiavi in reception, usciamo dall'hotel. Mi mancherà Parigi, anche se l'ho vista davvero poco.
Prima di prendere il taxi Elia si avvicina a me.
«Senti, quello che è stato a Parigi, rimane a Parigi, intesi?» il suo sguardo è tagliente, penetrante, ed estremamente serio.
Annuisco «Certo, è meglio così per entrambi»

Passiamo davanti alla Tour Eifel prima di giungere in aeroporto, la vedo benissimo dal finestrino. È così maestosa.

Durante tutto il tragitto in aereo rimaniamo in silenzio. Non abbiamo più nulla da dirci. Lui estrae il suo pc dalla ventiquattr'ore e lavora, l'unica cosa che ci diciamo è riguardante una questione lavorativa di questi due giorni.
Io, inizio a scrivere sull'ipad la relazione del meeting.

«Cos'è successo Matilde?» mi chiede mia sorella appena salgo in macchina.
Non rispondo.
«Lo avete fatto di nuovo, vero?»
Annuisco debolmente, per poi spostare lo sguardo fuori dal finestrino. Mi conosce sempre troppo bene.

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