63 - Epilogo
Mi rigirai tra le mani le chiavi della mia nuova casa, emozionata all'idea di cambiare, di iniziare qualcosa di nuovo, con le possibilità economiche che aveva ricevuto, potevo veramente fare quello che volevo, potevo tornare alla mia vita di prima. Forse anche meglio.
Mentre infilavo la chiave nella serratura, mi ritrovai a pensare che, ciò che avevo sempre sognato, era diventato realtà.
Aprii la porta con calma e osservai ciò che mi circondava, annuendo in maniera impercettibile, approvando ciò che vedevo. Era proprio come me l'ero immaginato, come avevo voluto.
Chi poteva mai pensare che una vecchia vicina di casa si sarebbe rivelata una ricca signora con una tale quantità di soldi da potermi permettere di cambiare vita totalmente.
Avanzai all'interno del salotto e spostai lo sguardo al di fuori della finestra che illuminava la stanza, trovandovi una vista familiare.
Peccato che, quella stessa signora, era diventata più che una vicina di casa, e aveva cambiato i miei sogni.
Spostai la mia attenzione sulla foto incorniciata che era ancora appesa al muro dove era sempre stata. Una giovane Lina sulla spiaggia mi restituì un sorriso felice, accanto a lei, una coppia innamorata con la stessa ragazza dell'immagine precedente, ricordava quanto amore quella casa avesse ospitato.
Un amore che non si era mai affievolito, che aveva regalato tanti momenti di gioia, sicuramente qualche momento di tristezza, ma che aveva superato ogni cosa, persino la morte.
Avevo deciso di tenere l'appartamento di Lina, avevo deciso di trasferirmi in quella casa, proprio come Lina aveva fatto, nonostante tutti i suoi soldi. Avevo imparato che non derivava da loro la felicità, ma dai luoghi che ci facevano sentire bene. E dalle persone che ci circolavano.
Due braccia apparvero alle mie spalle e si chiusero davanti a me, avvolgendomi in un abbraccio caldo, mentre la voce profonda di Guido raggiungeva il mio orecchio: "Casa nostra"
Un sorriso spuntò sulle mie labbra, mentre la mia concentrazione si spostava sulle altre due foto appese accanto a quelle di Lina, una ritraeva me e lei alla sua festa, mentre nell'altra c'ero io con Guido, sdraiati sul letto, scompigliati ma felici.
Avevo deciso di lasciare la disposizione delle stanze come erano sempre state, ma alcuni mobili e alcuni oggetti erano logori e un po' antichi, così avevo pensato di rimodernarli, in maniera tale da dare un tocco personale a quella casa, che era ancora di Lina, ma stava diventando anche un po' mia.
"Fai attenzione con quel muro!" esclamò una voce maschile, che giungeva dal pianerottolo.
"È colpa tua che non riesci a spostarti con maggiore velocità" ribatté un'altra voce, dalla stessa distanza.
"Scusate" Federica apparve sulla porta con uno scatolone tra le mani "dove vanno queste cose?"
Mi voltai verso di lei e le mostrai un sorriso riconoscente, subito dopo le indicai la porta della cucina, dove lei scomparve poco dopo.
"Inclina il piano, altrimenti non passiamo per la porta" stava dicendo Nicola che intanto era arrivato all'ingresso trasportando qualcosa di più ingombrante.
"Non è così facile come sembra" gli rispose di rimando Lorenzo, sorreggendo dall'altra parte un tavolino dalle gambe corte.
"Vic" esclamò poi Nicola, girando la testa verso la mia direzione "dimmi che questo va qua in salotto"
Mi lascia sfuggire una risata, notando la sua espressione supplichevole, così mi affrettai a rispondere: "Sì, questo va messo davanti al divano"
"Non aiutarci troppo, Guido" lo sgridò Lorenzo, passando di fianco al ragazzo che osservava la fatica che stavano facendo i due amici.
"Mi sembra un po' storto" commentò poi Guido, guardando con occhio critico la posizione del mobile che i due avevano appena poggiato sul pavimento ma, dopo aver ricevuto uno sguardo di fuoco da entrambi, lasciò che un sorriso divertito sputasse sulle sue labbra.
"Vic" la voce di Chiara mi raggiunse dal pianerottolo "lascio qua questo scatolone, devo andare su perché sta per arrivare la nuova coinquilina"
La raggiunsi e la ringrazia per l'aiuto che mi aveva dato con il trasloco, poi aggiunsi: "Spero ti capiti una coinquilina migliore di me"
Chiara si lasciò sfuggire un sorriso, ma allo stesso tempo alzò gli occhi al cielo: "Sei stata una vera lagna"
Ridacchiai in risposta, non sapendo cosa ribattere perché, effettivamente, era la verità. Tuttavia, non mi sarei mai aspettata la sua reazione successiva, Chiara non era mai stata particolarmente espansiva nei miei confronti, ma aveva sempre ascoltato le mie lamentele e le mie bizzarrie. Anche se poteva sembrare strano, era stata una convivenza che, nonostante le nostre differenze, aveva funzionato.
Chiara mosse qualche passo per avvicinarsi a me, allungò le braccia e mi avvolse in un abbraccio, mormorando al mio orecchio: "Mi mancherà sentire le tue grida sotto la doccia fredda"
Allargai il mio sorriso ripensando a quante volte avevo maldette quell'impianto idraulico, ricambiai l'abbraccio e mormorai: "Tranquilla, le sentirai anche dal secondo piano!"
Chiara poi si allontanò da me, salutò anche gli altri e sparì al piano superiore, in attesa della sua nuova compagna di casa.
Rimasi sul pianerottolo a controllare lo scatolone che aveva portato Chiara, per capire quali oggetti conteneva e dove andavano posizionati.
Dall'interno della casa, sentivo voci allegre che scherzavano tra loro e fui felice che quell'appartamento, così caro per Lina, non fosse rimasto vuoto, ma fosse ancora pieno d'amore.
Qualsiasi tipo di amore, in ogni sua sfumatura, in ogni sua intensità, in ogni sua forma. Ogni tipo di amore che, prima di arrivare in quel palazzo sgangherato, non conoscevo, non comprendevo, non volevo.
Sinceramente, l'unica cosa che non capivo in quel momento, era come avevo fatto a vivere fino ad allora senza queste sensazioni.
"Qualcuno ha acceso il bollitore?" domandò Federica, alzando la voce per farsi sentire dalla cucina.
"Sì" gridai di rimando dal pianerottolo "volevo preparare del tè"
"Il Tè?" domandò confuso Lorenzo dal salotto "è primavera e fuori fa caldo!"
"Non contraddire Vic, non sul tè" lo ammonì Guido saggiamente, aveva imparato a conoscermi ormai.
"Qual'è il problema con il tè?" ribattei, affacciandomi dall'ingresso per mostrare il mio viso contrariato.
"Che fa caldo" sentenziò ingenuamente Lorenzo, non avendo afferrato il consiglio di Guido.
"I beduini nel deserto mica bevono acqua fredda!" ribattei, addolcendo poi la mia espressione perché quella frase mi ripotava alla mente ricordi amati.
"Io bevo volentieri un tazza di tè caldo" intervenne Nicola, non avrei saputo dire se per assecondare me o per indispettire Lorenzo.
Il bollitore fischiò, interrompendo la nostra conversazione, mentre Federica annunciava che avrebbe servito a breve quella bevanda calda in salotto, così uscii sul pianerottolo per prendere lo scatolone che mancava e portarlo all'interno della casa.
Proprio mentre mi stavo piegando per afferrarlo, sentii dei passi pesanti sulle scale e una voce lamentosa che si faceva sempre più chiara e vicina.
"Dannate palazzo!"
Mi raddrizzai curiosa e tentai di sbirciare oltre la rampa di scale che portava al piano inferiore e poco dopo notai una testa bionda che sbucava, la piega da parrucchiere disegnava morbide onde oro che ricadevano sulle spalle della ragazza.
"Dannate scale" gridò ancora, arrancando a fatica, un gradino dopo l'altro, con due pesanti valigie trascinate sul pavimento.
"Dannate valigie" disse ancora, raggiungendo il mio pianerottolo, così che riuscii a vederla bene. Era una ragazza giovane, la pelle chiara e liscia, truccata perfettamente ma distorta da un'espressione di fatica. Le lunghe ciglia finte colorate di mascara le donavano uno sguardo da cerbiatto, la sua corporatura era esile, avvolta in un vestitino leggero rosa, scandali aperti ai piedi e smalto laccato sulle unghie.
Al collo portava un ciondolo con una fragola che si muoveva ritmicamente a ogni suo movimento, sbatacchiando sulle sue clavicole tese per la fatica di portarsi dietro le grosse valigie.
Quando alzò la testa e mi vide, si bloccò improvvisamente e mi rivolse un'occhiata critica.
"Ciao" la salutai educatamente, mostrandole anche un sorriso cordiale. In qualche modo, aveva un aspetto familiare. Mi ricordava la vecchia me stessa.
"Possibile che non ci sia un cavolo di ascendere in questo posto assurdo?" mi rispose lei acida, spostandosi dalla fronte un ciuffo ribelle con un movimento stizzoso.
Va bene, era esattamente come la vecchia me stessa.
"Vedrai che con il tempo, ci farai l'abitudine" cercai di rincuorarla, mentre il sorriso che avevo sulle labbra cominciava ad affievolirsi.
"Non credo proprio" sentenziò lei, squadrandomi da capo a piedi. Percorse con gli occhi la mia figura da capo e piedi. Era vero che indossavo dei leggings e una canottiera bianca molto semplice, ma stavo facendo un trasloco, era un abbigliamento giustificato. E poi ero favolosa anche con abiti tanto sportivi.
Nonostante questo, quando finì di studiarmi, notai una scintilla critica passare per i suoi occhi e, dal momento che prima ero io a fare quel tipo di espressione, sapevo esattamente cosa significava.
Mi stava giudicando, e lo stava facendo male.
Ero diventata più matura, avevo imparato tante cose e avevo ristabilito i valori della mia vita, ma la vecchia Victoria non era scomparsa del tutto, qualche aspetto del mio carattere era ancora presente dentro di me. Forse non si mostrava così spesso come in precedenza ma, all'occorrenza, era pronto per tornare.
"Senti" riprese a dire la ragazza, poggiando una mano sul fianco dopo aver mollato una delle valigie sul pianerottolo "non vorrei rovinare questo vestito" continuò poi, indicando il suo outfit "non è che potresti portarmi sopra queste valigie?"
La osservai con uno sguardo scettico, se non avesse parlato così tanto, mi sarei proposta io stessa di aiutarla con le valigie, ma una richiesta del genere, a me... va bene l'umiltà, ma non potevo accettare tanto.
Raddrizzai ulteriormente la schiena, sollevai un po' il mento per conferire alla mia figura una certa altezzosità, assunsi l'espressione glaciale della vecchia Vic e, con un movimento veloce della mano, indicai il mio scialbo outfit e risposi: "Scusa, anch'io non vorrei rovinare i miei leggings"
La ragazza spalancò gli occhi sconvolta, fissò ancora qualche secondo i miei vestiti, poi sul suo volto si dipinse un'espressione irritata e, dopo aver afferrato nuovamente le valigie, mi superò con una certa fatica, cominciando a salire la rampa di scale.
Mi volai per prendere il mio scatolone e rientrare in casa, ma proprio mentre ero in procinto di sparire oltre l'ingresso, mi bloccai. Un sorriso divertito e un po' malinconico spuntò sulle mie labbra e, con un ricordo lontano nella testa, tornai a guardare la ragazza che stava ancora affrontando quella faticosa salita e dissi a voce alta, rivolta verso di lei: "Le avversità temprano il carattere, cara"
Care mie lettrici, eccoci qua all'ultimo angolo dell'autore di questa storia. Devo ammettere che mi sono divertita molto a scriverla, in particolare per il personaggio di Lina e per Victoria. Ho adorato il loro odio che piano piano si è trasformato in amore, tanto che la storia con Guido poteva anche passare in secondo piano (e no, dai... qua sto esagerando!)
Ma ciò che ho amato davvero è la crescita personale del personaggio di Vic, la sua trasformazione durante la storia e, in particolare, come il vostro parere nei suoi confronti sia cambiato. Chi non la adora adesso?
Mi piange il cuore a dovervi salutare, perché la vostra compagnia mi piace troppo e sono triste che non leggerò i vostri commenti il prossimo giovedì, ma non è un addio. È solamente un arrivederci!
Sto già scrivendo una nuova storia che non ha ancora un titolo ma avrà alcune novità e posso farvi un piccolo spoiler. Sarà la prima storia che scriverò in terza persona. Spero di trovarvi ancora tra i commenti futuri, perché senza di voi, non sarebbe la stessa cosa. E spero di tornare il prima possibile :)
Vi amo tutte <3
Baci baci, Zia Yetta
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