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60 - Grazie, Lina


In macchina, tornando dalla spiaggia, cercai di asciugarmi il viso come meglio potevo, ma era difficile ignorare gli occhi gonfi e il cuore trafitto dal dolore. Mi sentivo devastata, frastornata, ma allo stesso tempo, ero fiera di me stessa, perché finalmente avevo cominciato ad affrontare ciò che provavo, anziché fuggire.

Mi voltai per osservare il viso concentrato di Nicola alla guida, i capelli biondi scompigliati sulla testa, gli occhi rivolti davanti a sé, il profilo del naso un po' storto, le labbra chiuse.

Mi aveva trascinato fin qua di sua iniziativa, mi aveva obbligato a guardare in faccia la realtà, mi aveva aiutato a smettere di essere codarda. Come la prima volta che ci eravamo buttati insieme dal quel ponte, quando non avevo trovato il coraggio di fare il primo balzo, così anche in questa occasione, lui era stata la spinta di cui avevo bisogno.

Nicola era un vero amico e, dopo la signora Lina, forse era la persona che riusciva a capirmi meglio senza che io dicessi nulla.

O forse non mi capiva, ma sapeva quello di cui avevo bisogno.

"Nico" sussurrai con la voce ancora un po' tremante "grazie"

Lui distolse velocemente l'attenzione dalla strada per porla su di me, la sua espressione si addolcì e sulle sue labbra si formò un sorriso sollevato.

"So che stai male adesso" disse con voce sicura "ma provare dolore è meglio che non provare nulla"

"L'ho capito, ora" risposi a bassa voce.

"Vedrai che la sofferenza piano piano si affievolirà e poi, resteranno solamente i bei ricordi" spiegò lui, tornando a guardare la strada, mantenendo quel suo sorriso sul volto.

Forse Nicola aveva ragione, speravo tanto che avesse ragione, perché un dolore come quello che stavo provando in quel momento, non sapevo se avrei potuto reggerlo per sempre. E la cosa peggiore era che, paradossalmente, l'unica persona che avrebbe potuto placare quel dolore, era la stessa che l'aveva causato.

***

Passai le settimane seguenti a disperarmi, piangevo per qualsiasi cosa, il caffè finito in cucina, il vestito macchiato di sugo, il ritardo al lavoro, l'ordine sbagliato, il viso di Guido nei miei ricordi.

Quando Nicola era con me cercava di consolarmi, spesso abbracciandomi o accarezzandomi la testa, sussurrando parole di conforto al mio orecchio, come si faceva con una bambina che aveva perso il suo palloncino.

Sapevo di essere irrazionale, ma sembrava quasi che tutte le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento, avessero deciso di uscire, dal momento che la diga che le bloccava, era crollata.

Un giorno, dopo l'ennesimo pianto per aver sbagliato a comprare il bagnoschiuma, sentii il bisogno di un po' di tranquillità, la pace interiore che tanto mi era mancata in quell'ultimo periodo.

Quasi senza pensarci, uscii sul pianerottolo e percorsi le scale che mi conducevano al piano di sotto, fermandomi davanti alla porta della signora Lina.

Era difficile stare ferma lì di fronte e, solamente il pensiero che non ci fosse nessuno al di là di quella porta, mi fece tornare le lacrime agli occhi. Ma appena infilai la chiave nella serratura e aprii la porta, quel luogo familiare e tanto amato, bloccò il dolore che mi stava risalendo lungo il corpo e lasciò spazio alla solita sensazione: la pace.

Avanzai nel salotto che non era cambiato, nulla era ancora stato toccato dalla sua morte, probabilmente perché Lina non aveva parenti che si occupassero dei suoi beni. Mi portai di fronte al divano e osservai il tavolino basso dove Lina poggiava sempre le tazze di tè.

Ricordai lei seduta di fronte a me che mi offriva quella bevanda calda per alleviare la mia sofferenza e, quel pensiero che facevo ancora tanto male dentro al mio cuore, improvvisamente mi fece spuntare un sorriso sulle labbra.

Era doloroso, ma era anche tanto bello.

Mi guardai intorno cercando di imprimere nella mente ogni dettaglio, se respiravo interamente, potevo ancora sentire il suo profumo, se mi concentravo, potevo percepire le sue carezze sulla mia pelle e la sua voce gentile che mi parlava.

"Le avversità temprano il carattere, cara"

"Oh, non ti piace il risotto?"

"Cara, non dovresti rincorrere ragazzi già occupati"

"Poi mi racconti, cara?"

"Perché piangi, cara?"

Quella frasi che fino a qualche giorno prima mi avrebbero fatto scoppiare a piangere, creavano ancora tanta tristezza dentro di me, ma non c'era solamente questo. Non era solo dolore. Provavo anche tanta felicità. Per averla conosciuta, per aver passato del tempo con lei, per averle voluto bene, per aver ricevuto conforto da lei, per essermi sentita amata.

Stavo affrontato il più grande dolore della mia vita, ma finalmente avevo capito che ne valeva la pena. Avrei sofferto mille volte tanto, piuttosto che rinunciare a tutto il bene che mi aveva dato Lina quando era ancora in vita.

Stavo realizzando che la felicità superava la sofferenza. Che vivere era meglio che sopravvivere.

"Quando senti che tutto sta diventando troppo complicato per te, vieni da me. Berremo insieme una tazza di tè"

Mi spostai in cucina e feci partire il bollitore, aspettando quel suono familiare inondasse la stanza, poi mi versai il liquido caldo in una tazza e mi sedetti sul divano, sorseggiandolo con calma.

"Grazie, Lina" sussurrai a bassa voce, lasciando che tutto ciò che stavo provando fluisse dentro di me, come quella bevanda calda che era davvero la cura per tutto. 

Dolore, gioia, tristezza, felicità, malinconia, speranza. Si potevano provare tante cose tutte insieme?

Come avevo fatto quando lei era ancora tra queste mura, decisi di pulire casa sua per un'ultima volta, così da trascorrere un altro pomeriggio insieme, nonostante fosse solamente una mia illusione. Passando lo straccio sopra i mobili del salotto potevo sentire la sua voce alle mie spalle.

"Cara, credo che sopra quel mobile ci sia ancora un po' di polvere"

Riponendo il tè rimasto negli scaffali, potevo provare ancora la dolce sensazione di un suo abbraccio davanti a una tazza fumante, percorrendo il corridoio che portava alla sua camera da letto, riuscivo a respirare ancora il suo profumo che ricordava tanto casa.

Arrivai davanti alla suo letto e mi sedette sul bordo del materasso, vagando con lo sguardo in quella stanza che racchiudeva più fotografie del resto della casa.

La signora Lina in vacanza in mezzo al deserto, lei e il suo secondo marito in posa davanti a una cattedrale, lei e il suo terzo marito sul parapetto di una nave durante una crociera. Ma sul suo comodino aveva riposto il suo amore più grande, lei e Andrea abbracciati, in piedi nel bel mezzo di un giardino fiorito, i volti sorridenti e i cuori palpitanti.

Eccola la lì in quella camera, la vita di Lina, i suoi rimpianti e i suoi desideri, i suoi amori e i suoi dolori... io con cosa avrei riempito la mia di stanza?

Abbassai lo sguardo affranta e notai che il cassetto del comodino era leggermente aperto, così spinta dalla curiosità, allungai una mano verso il pomello e lo aprii.

Davanti ai miei occhi apparve una fotografia che non avevo mai visto prima, ma che ricordavo di aver scattato. Il giorno del suo compleanno la signora Lina era andata in giro per il salotto con una macchinetta a scattare foto con tutti gli invitati ed era riuscita a catturare anche me.

Su quel foglio di carta lucida c'era il viso sorridente della signora Lina e di fianco il mio con un sorriso sbieco e sorpreso sul volto. Lei aveva conservato la foto nel suo cassetto, là insieme ai grandi amori della sua vita, c'ero pure io. Nel cuore della signora Lina, c'ero anch'io.

Sollevai la fotografia con mani tremanti e la osservai con una stretta al cuore. Come avrei voluto averla al mio fianco in quel momento, proprio come in quell'immagine davanti ai miei occhi.

Proprio mentre sospiravo con tristezza, qualcosa nel cassetto attirò la mia attenzione e fu allora che notai che, proprio sotto a dove si trovava la fotografia, c'era una busta bianca, con sopra scritto il mio nome.

Sentii un tuffo al cuore e ogni cosa intorno a me scomparve, riuscivo solo a vedere quella busta bianca, avevo dimenticato pure di respirare, tanto che quando mi decisi a prenderla, i polmoni reclamavano aria più che mai.

Era una lettera... per me? 

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