52 - Sfiga o fortuna
Un'ora prima della mia uscita con Guido, mi piazzai davanti allo specchio dopo aver fatto la doccia e cominciai a truccarmi, applicando prima il fondotinta, poi l'eyeliner e infine il mascara. Mentre passavo l'ultimo strato nero sulle ciglia, le mie pupille si inchiodarono all'immagine riflessa davanti a me.
Mi bloccai con l'applicatore a mezz'aria e mi concentrai su ciò che vedevo.
Una ragazza con uno spesso strato di trucco sulla superficie, a coprire una pelle delicata e genuina. Mi ero sempre nascosta dietro al mio carattere forte, alla mia sicurezza, alla mia lingua tagliente, ma volevo provarci. Almeno una volta nella vita volevo provare a essere davvero me stessa, senza protezioni.
Feci dei respiri profondi, ricordando a me stessa come procedere, poi aprii il rubinetto e lasciai scorrere l'acqua fredda, mentre con le mani mi lavavo il viso dal trucco appena applicato.
Quando ogni traccia di fondotinta fu sparita dalla mia pelle, tornai a guardarmi allo specchio e vidi una ragazza semplice, fragile, bella, umana.
Asciugai i capelli lasciando che ricadessero in morbide onde intorno al mio viso, misi una collana con delle stelline argento, indossai un abito a fiori con la gonna che seguiva le forme del mio corpo e lo abbinai con degli stivali alti, ma dal tacco basso, che mi arrivavano poco sopra il ginocchio.
Mi corpii con un capotto nero perché era marzo e faceva ancora freddo, poi presi la mia borsa Louis Vuitton e mi piazzai davanti alla porta, indecisa su quale fosse la mossa successiva.
Dovevo uscire io sul pianerottolo o suonava lui alla mia porta? Solitamente non ero mai pronta all'orario giusto, quando mi venivano a prendermi i ragazzi, perché non mi importava di farli aspettare.
Anzi era quasi una regola.
Ma, contro ogni mia abitudine o convinzione, stavolta ero perfettamente in orario: era un territorio inesplorato, come se ogni altra novità non fosse già abbastanza.
Rimasi a fissare la porta di legno davanti a me e, stavo per prendere il cellulare e controllare se ci fosse qualche suo messaggio, quando qualcuno bussò, facendomi trasalire.
Era lui!
Mi agitai più del dovuto, non potevo aprire subito la porta, avrebbe pensato che lo stavo aspettando esattamente lì dietro... che effettivamente era quello che stavo facendo, ma non era necessario farglielo sapere!
Abbassai le palpebre e feci dei respiri profondi, tentando di trovare un po' di controllo.
Vic, ti devi calmare!
Guido bussò nuovamente alla porta, facendomi trasalire ancora. Accidenti, mi serviva un momento per ritrovare la razionalità, ma come potevo farlo se lui era esattamente al di là di quello strato di legno?
La serata non sarebbe stata semplice per niente...
Con un'ultimo respiro profondo, mi stampai sul volto un'espressione più sicura, mi sistemai il vestito sul corpo e infine aprii.
Lui era lì, in piedi di fronte a me, le mani infilate nelle tasche dei jeans, le solite scarpe da ginnastica ai piedi, una camicia bianca sotto al maglione leggero blu, la giacca di pelle scura che gli fasciava le spalle larghe.
Inclinò leggermente la testa di lato quando posò i suoi occhi su di me e i suoi capelli si spostarono sulla sua fronte, i suoi occhi sembrarono illuminarsi e le sue labbra accennarono un sorriso mentre diceva: "Ciao"
Ciao.
Una parola tanto semplice. Una parola tanto breve. Pronunciata da quella bocca era capace di ipnotizzarmi all'istante.
"Ciao" risposi, restituendogli il sorriso. Uscii sul pianerottolo con lui e insieme iniziammo a scendere le scale, in silenzio, ma scambiandoci continuamente occhiate complici.
Guido era sempre stato una persona enigmatica e imperscrutabile, la prima volta che l'avevo conosciuto, non ero riuscita a inquadrarlo e anche dopo, ci avevo messo diverso tempo per capirlo. Ma ora, con una semplice occhiata, intuivo che anche lui era un po' agitato, forse non quanto me, forse lo nascondeva meglio... anzi sicuramente.
Ma avevo imparato a cogliere alcuni piccoli segnali sul suo volto, ad esempio i muscoli della sua mascella che si tendevano quando era nervoso, oppure la mano che si passava tra i capelli quando era imbarazzato, il labbro che si mordeva quando voleva trattenere una risata inappropriata.
Una volta usciti dal palazzo, guardai interrogativa il ragazzo e domandai: "Dove andiamo?"
"C'è un ristorante carino qualche strada più in là" spiegò lui, indicandomi con un cenno della testa la direzione da seguire "possiamo raggiungerlo a piedi. Va bene?"
Annuii e, passo dopo passo, ci incamminammo verso la nostra destinazione, chiacchierando di argomenti futili ma divertenti, mentre il cielo stellato sopra di noi ci accompagnava.
Il ristornate era un locale piccolo ma accogliente, con le cupole a volta sul soffitto, fatte di pietra e tante lucine che percorrevano ogni angolo, creando un'atmosfera suggestiva e romantica.
Un cameriere ci accolse con gentilezza e ci condusse al nostro tavolo, porgendoci i menu dopo che ci fummo seduti uno di fronte all'altro. L'atmosfera tra me e Guido era tesa, non avevamo parlato molto, continuavamo a osservarci di nascosto, o forse ero solamente io quella a disagio, Guido sembrava solamente impassibile come sempre.
Solitamente uscire con i ragazzi era come scendere sul campo di battaglia, indossavo la mia armatura scintillante, inforcavo le mie armi migliori e mi comportavo come un condottiero, portando a compimento ogni mio obiettivo.
Sapevo come muovermi, come parlare, come gestire le mie emozioni.
Ma con Guido niente era normale, neanche ciò che provavo, ed era per questo motivo che la mia agitazione mi rendeva tanto goffa. Mi trovavo in un territorio inesplorato e non avevo una guida su cui fare affidamento.
Il cameriere ci portò l'acque e del pane, che pose al centro del tavolo. Mentre stavo ancora scorrendo il menù, decisi che mangiare qualcosa mi avrebbe aiutato a comportarmi più naturalmente, così allungai una mano vero il cesto, ma anziché un pezzo di pane, sfiorai la mano di Guido.
"Scusa" mormorai, ritraendola all'istante. Mi maledissi da sola mentre Guido mi lanciava un'occhiata interrogativa per la mia reazione esagerata.
Insomma, ci eravamo baciati... più volte. Avevamo dormito insieme e lui si portava sempre a distanze ravvicinate da me. Non era davvero il caso di fare la timida scolaretta.
"Tieni" mi disse Guido, allungandomi un pezzo di pane con un mezzo sorriso. Lo presi senza aggiungere altro e tornai a guardare il menù.
"Ah" esclamò d'un tratto il ragazzo, facendomi sobbalzare leggermente sulla sedia "c'è la pasta al pesto" sollevò gli occhi su di me e continuò "ti piace, giusto?"
Aggrottai le sopracciglia perplessa, era vero che mi piaceva, ma non ricordavo di averglielo mai detto.
"Sì" risposi confusa "come lo sai?"
"Quella volta al supermercato" iniziò a spiegare lui "avevi lasciato tanti barattoli di pesto alla cassa"
Avvampai ricordando la pessima figura che avevo fatto quella volta davanti a lui, quando la mia vita stava andando a rotoli e non avevo nemmeno i soldi per comprarmi da mangiare.
"Già" ribattei affranta "quella volta non ho mostrato il meglio di me"
"Neanche le volte successive, in realtà" puntualizzò lui con un sorriso divertito sulle labbra e il sopracciglio destro sollevato come per rimproverarmi.
Effettivamente non potevo dargli torto, ma improvvisamente realizzai che lui non aveva lasciato quei barattoli di pesto sulla cassa, ma aveva fatto in modo che arrivassero fuori dalla mia porta di casa. E, a distanza di mesi, si ricordava ancora che mi piaceva il pesto. Aveva notato che mi piaceva il pesto. Un sorriso ebete spuntò sul mio volto...
Oh, andiamo, Vic. Ti stai facendo un film mentale sul pesto? Ripigliati!
Scossi leggermente la testa per scacciare qualsiasi pensiero che stesse annebbiando la mia ragione e risposi: "Forse ho avuto qualche momento critico, ma come mai tu eri sempre presente?"
Lo dissi con un tono di voce quasi esasperato, seguito da un sorriso scherzoso, come per rendere la frase meno seria di quello che voleva sembrare, ma quando la mia attenzione ricadde su Guido, notai la sua espressione.
Aveva la fronte distesa, ciuffi di capelli che ricadevo su essa, gli occhi puntati su di me con una tale intensità, la bocca chiusa in una linea sottile, la mascella leggermente tesa.
"Era sfiga..." disse con voce profonda, senza interrompere il nostro contatto visivo "... o nel mio caso, fortuna"
Care mie lettrici, stasera con tremendo ritardo! Ho avuto delle giornate piuttosto intense, per vari motivi, ma voglio farmi perdonare. Per questo motivo, tra pochissimo pubblicherò il seguito di questo appuntamento, che avete aspettato anche troppo!
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