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45 - Lupo e cacciatore


Il resto della settimana passò tra ansie e strani pensieri. Barcollavo tra il bisogno di tornare a spegnere le mie emozioni e il desiderio di liberare ogni mio blocco, ma non riuscivo a trovare un modo per fare ne l'una ne l'altra cosa, quindi rimanevo in bilico, insicura su quale strada prendere, indecisa su quale mossa fare.

Era logorante, era stancante, era stressante, così tanto che il lavoro non mi sembrava più un peso, ma anzi era diventato un momento di fuga. Mentre servivo ai tavoli o pulivo la casa della signora Lina, non avevo tempo per pensare ai miei problemi e il tempo trascorreva con meno angoscia del solito.

La sera era il momento peggiore, quando stavo sdraiata nel mio letto fissando il soffitto, la mia mente era costellata di soluzioni che non ero poi in grado di attuare, di fughe che non avevo il coraggio di compiere.

Era poi così difficile ammettere di amare qualcuno e lasciare che i proprio sentimenti prendessero il sopravvento sulla propria ragione?

Era così difficile accettare una probabile felicità e di conseguenza una possibile sofferenza?

Era così difficile lasciarsi andare al presente senza pensare al futuro?

Lo era.

Sospirai affranta.

Lo era.

Lo era davvero per me. Avevo sempre pensato di avere il controllo di tutto il mio corpo e di tutto il mio spirito, mi ero abituata a gestire qualsiasi cosa, convinta che avrei potuto decidere io cosa provare e quando provarlo, purtroppo mi ero sbagliata. 

Quella che credevo essere la mia più grande forza, si era trasformata nella più grande debolezza e, la cosa peggiore, era che non ne avevo alcun controllo, non era razionale, era come un blocco nella mia testa e nel mio cuore.

Mi addormentai pensando al viso di Guido che non vedevo da diverso tempo perché avevo provato a evitarlo in qualsiasi maniera, ma sfortunatamente, quando piombavo nel sonno, nessuna fuga poteva potarmi lontano da lui.

Con mio grande disappunto, nemmeno nella vita reale avrei potuto stare lontano da lui, infatti quel sabato mi ero presa un giorno libero dal lavoro per festeggiare il compleanno della signora Lina, che aveva organizzato nel suo appartamento uno degli eventi della giornata che preferiva, l'ora del tè.

La signora Lina mi aveva raccontato di essere figlia unica, perciò non aveva più parenti stretti in vita, inoltre aveva avuto tre mariti, che aveva amato in diversi momenti della sua vita, ma che avevano finito per uscirvi per svariati motivi. Il suo primo marito, Andrea, si era ammalato ed era morto quando ancora era giovane. Il secondo marito, Fabio, l'aveva lasciata perché Lina non voleva avere figli, sfortunatamente non era stata una rottura indolore, perciò non erano rimasti in buoni rapporti. Infine il suo terzo marito, Luca, era rimasto vittima di un incidente d'auto. 

Lina aveva amato e sofferto con tutto il suo cuore per ognuno di loro, era cresciuta e aveva imparato a conoscere sé stessa nel profondo e, alla fine, aveva compreso che non aveva bisogno di nessuno al suo fianco, tranne gli amici. L'amore era stato così intenso che pensava di averne già fatto il pieno e adesso le bastava l'affetto dei cari per essere felice.

E il tè.

Per questo motivo quel pomeriggio ci ritrovammo tutti nella sua casa, Giulia seduta sul divano con un biscotto al burro in mano e gli occhi puntati su Guido che si trovava vicino al tavolo imbandito di torte e teiere fumanti.

Chiara su una delle due poltrone intenta a parlare con quella del primo piano, il suo nome mi sfuggiva continuamente, ma era così difficile ricordarlo?

"Clara, cara, vuoi altro tè?" le domandò la signora Lina, chinandosi vicino a lei e toccandole delicatamente una spalla.

Clara! Ecco come accidenti si chiamava!

Mentre ero persa in questi stupidi ragionamenti, non mi resi conto che Guido si era girato verso di me e aveva cominciato a muovere qualche passo per venire nella mia direzione.

Da quando ero entrata in quel posto, avevo fatto in modo di trovarmi sempre alla giusta distanza da lui, perciò quando Guido si spostava verso la cucina, io mi allontanavo vicino alla porta d'ingresso, che era davvero una tentazione, ma avevo deciso di restare almeno un'ora, lo dovevo alla signora Lina.

Mi ero pure ritrovata a chiacchierare con il marito di Clara, il cui nome mi sfuggiva ancora una volta, pur di spostare la mia attenzione dal ragazzo dei miei desideri.

E avevo notato che lui aveva compreso il mio gioco, ma la cosa non pareva infastidirlo, sospettavo quasi che lo trovasse divertente perché l'avevo beccato a sorridere più di una volta. Era un po' come una caccia tra il gatto e il topo.

E sì, io ero il topo.

E sì, mi ero accorta dei suoi sorrisi perché troppe volte mi cadevano gli occhi su di lui.

Dannazione.

Guido mi aveva puntato e, inesorabile, si stava spostando dal tavolo dei dolci alla zona cucina dove sostavo, esattamente sulla soglia.

Mi guardai intorno alla ricerca di una via di fuga, ma la signora Lina lesse il panico nel mio sguardo e, da bravo segugio, mise il gatto in fuga. Con un movimento troppo agile per la sua età, si raddrizzò e scattò verso il ragazzo, bloccando la sua avanzata.

"Guido, caro, hai assaggiato qualche dolcetto?"

Guido rimase ancora qualche secondo con gli occhi puntati su di me, mentre io mi affrettavo ad abbassarli sulle mie scarpe di Stuart Weitzman, poi lentamente voltò la testa verso l'anziana e, con un sorriso cortese, le rispose: "Certo, sono ottimi, come sempre"

Lina allargò le sue labbra soddisfatta, ma dietro quell'espressione dolce, si celava una vera cacciatrice, alla quale non sfuggiva un singolo movimento. Compresi quelli del cuore.

"Ma prova anche questo gelato, è davvero buono" continuò poi, prendendolo a bracciatto e riportandolo verso il tavolo dei dolci.

Finalmente tirai un sospiro di sollievo e ne approfittai per sgattaiolare verso il centro della stanza, sperando di raggiungere la poltrona e poter parlare un po' con Chiara, in maniera tale da avere una reta di sicurezza.

Mentre attuavo il mio piano, sentivo gli occhi circospetti di Giulia su di me e le voci di sottofondo di Lina e Guido che stavano ancora discutendo del gelato.

"Che gusto ti piace, caro?" domandò la signora Lina, afferrando una coppetta e un cucchiaio per prenderne una porzione dall'apposta confezione aperta sul tavolo.

Guido sembrò rimetterci qualche secondo, spostando gli occhi dalla vaschetta al soffitto, poi la sua bocca formò un sorriso furbo e infine la sua attenzione cadde totalmente su di me, che stavo passando dalla sua visuale proprio in quel momento, a qualche passo di distanza.

Il suo sguardo intenso mi bruciò come fuoco ardente e la sua voce profonda mi esplose dentro come una bomba.

"Ultimamente" disse con sicurezza "ho scoperto che mi piace il gelato al limone"

Quasi inciampai nel tappeto tanto fui destabilizzata da quelle parole, ma riuscii a mantenere un'apparenza normale, affrettandomi a raggiungere la poltrona di Chiara e poggiandomi con tutto il peso sul suo schienale.

Che diavolo, voleva forse farmi venire un infarto?

Erano queste frasi da dire alla festa di una vecchietta?

Erano queste frasi da dire da qualcuno che era stato praticamente respinto?

Ma soprattutto, era questa la dannata reazione che il mio cuore doveva avere?

Lina affondò il cucchiaio nel gelato al limone e con un movimento esperto lo sportò nella coppetta che poi porse a Guido ma, prima di mollare la presa su di essa, lo fissò in volto e dichiarò: "Mi raccomando, ragazzo, è un gelato che va gustato con calma. Prenditi il tuo tempo"

Guido corrugò le sopracciglia perplesso, forse non aveva compreso le parole della donna, forse si stava domandando che tipo di gelato fosse, o forse sospettava qualche significato nascosto in quella frase.

In qualsiasi caso, decise di accogliere il consiglio appena ricevuto e andò a sedersi in una delle sedie vuote poste vicino al tavolo dei dolci, cominciando a mangiare il gelato senza prestare attenzione a nessuno in particolare.

Mi sembrò di ricomciare a respirare in quel momento, soprattutto quando la signora Lina mi passò di fianco e mi strinse leggermente il braccio con la mano. Avevo lei dalla mia parte, avevo la sua comprensione e avevo la sua astuzia. 

In qualche modo, mi faceva sentire al sicuro, anche sotto lo sguardo del lupo.

Perché lei era il cacciatore.

Qualche volta però, per mia sfortuna, il lupo si mostrava più astuto del cacciatore stesso. 


Mie care, carissime lettrici, siamo ormai a più di metà storia, vi svelerò che non manca molto alla fine, una ventina di capitoli circa. Che però ho già scritto... un applauso per me! 

Continuerò a mantenere questi giorni per le pubblicazioni perché non voglio salutarvi troppo velocemente, mi manchereste troppo davvero! Stasera però metterò un capitolo aggiuntivo per festeggiare la stesura completa di questa avventura e per dare un giusto seguito a questo capitolo un po' includente. 

Inoltre, forse è un po' prematuro, ma ci tengo a farvi sapere che non vi libererete di me tanto facilmente, ho già qualche idea per una nuova storia, ma è ancora tutto da creare, perciò ne approfitto per farvi alcune domande, alle quali potreste rispondermi per aiutarmi, se ne avrete voglia! 

Prima di tutto, non sarete mica stufe se creo una nuova storia? 

Seconda domanda, cosa vi piacerebbe leggere, che ancora non avete trovato nelle mie storie? Qualche relazione particolare, qualche aneddoto, qualche avventura, o altro? 

Terza domanda, e qua mi rivolgo in particolare a coloro che hanno letto tutte le mie storie o almeno un paio, tra tutti i miei personaggi, qual'è stato il protagonista maschile che avete preferito? 

E quale quello femminile? 

Per ora mi fermo a questo interrogatorio, ma magari nel prossimi capitoli troverete altre domande, vi rubo un po' di aiuto <3

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