30 - Da nausea
Dopo aver riposto le lasagne in cucina, Guido mi raggiunse sul pianerottolo e insieme scendemmo fino all'ingresso, attraversando poi la strada e arrivando al negozio di fronte che vendeva il gelato anche durante il periodo invernale.
Per tutto la strada nessuno dei due parlò ma, a differenza mia, Guido non sembrava per niente a disagio, anzi appariva calmo e sicuro di sé.
Anch'io mi sforzai per mostrarmi in questo modo, ma dentro di me mi sentivo all'opposto.
Ci sedemmo al tavolo dopo aver preso le nostre coppette, stessi gusti della volta precedente, stessa atmosfera strana.
Questa tensione che c'era tra noi mi rendeva nervosa, così mi guardai intorno per trovare qualcosa da dire che alleggerisse un po' l'atmosfera e constatai che nel locale c'era solamente un'altra coppia che stava bevendo una cioccolata calda.
Guido imitò il mio gesto e spostò lo sguardo a destra e a sinistra, infine disse: "Siamo gli unici che mangiano gelato a dicembre"
Abbassai gli occhi sulla mia coppetta al limone e mi lasciai sfuggire una risata spontanea, prima di replicare: "A me il gelato nemmeno piace!"
Guido sollevò le sopracciglia sorpreso, poi le sue labbra si allargarono in un sorriso divertito: "Forse perché scegli gusti come il limone"
Lo fulminai con lo sguardo e ribattei: "Parla quello che ha scelto il gusto più dolce. Da nausea"
Accidenti, l'avevo portato fuori per tirargli su il morale e stavamo già battibeccando... non ero affatto brava a consolare le persone.
Guido tuttavia non sembrò turbato dalla mia risposta, anzi pareva divertirsi sempre di più "Il cioccolato fondente?" domandò scettico, sollevando il cucchiaino pieno dalla coppetta "Guarda che è amaro"
"Sarà anche amaro" mi affrettai a sostenere "ma non sarà mai buono come il gusto che ho scelto io"
Sembravamo due bambini, intenti a discutere su quale gusto del gelato fosse meglio, ma chissà come, mi sentivo nel posto giusto, anche se era una gelateria da quattro soldi, in un quartiere osceno.
Anche se ero con un ragazzo con il quale non sarei dovuta essere.
Guido inclinò leggermente la testa di lato e fissò i suoi occhi nei miei, poi spostò la sua attenzione sulla mia mano che reggeva il cucchiaino con sopra il gelato al limone.
"Sentiamo allora" dichiarò con sicurezza poi, senza lasciami il tempo di realizzare quanto stava accadendo, si sporse verso di me, sopra il tavolo e allungò un braccio, afferrandomi con la mano per il polso.
I miei occhi si incollarono su di lui e la mia mente fu totalmente stregata da ogni suo movimento, ero come un automa, incapace di ragionare.
Guido portò delicatamente la mia mano con il cucchiaino verso la sua bocca e senza scomporsi più di tanto, mangiò il mio gelato.
Dopodiché lasciò andare il mio polso e si poggiò nuovamente con la schiena alla spalliera della sedia, sollevando gli occhi verso l'alto con fare pensieroso, assaporando il gelato.
Lentamente riportai la mano davanti a me, con quel cucchiaino che ora sembrava tanto peccaminoso eppure così bramoso.
"Non mi è mai piaciuto il limone" sentenziò infine Guido, tornando a inchiodare le sue pupille su di me "ma credo di aver cambiato idea adesso"
Istintivamente spalancai gli occhi più di quanto già non fossero e il mio cuore prese a battere troppo forte. Che accidenti stava cercando di dire?!
No, no, no... perché ero felice di queste parole?! Non andava bene, non andava per niente bene!
Mi schiarii la voce e affondai nuovamente il cucchiaino per prendere altro gelato che mi affretti a mangiare, ma quasi mi andò di traverso quando mi ricordai che poco prima l'aveva messo in bocca Guido.
La situazione mi era sfuggita di mano, dovevo ritrovare il controllo, dovevo tornare ad essere la solita Victoria, sicura e calma.
Guido intanto stava cercando di trattenere una risata, probabilmente dovuta alla mia reazione fin troppo trasparete e fin troppo fuori luogo.
Dannazione...
"Vuoi assaggiare il cioccolato?" mi chiese improvvisamente Guido, allungandomi il suo cucchiaino con un'espressione maliziosa sul volto.
Iniziavo a irritarmi, mi stava sicuramente prendendo in giro, ma quel suo modo di guardarmi mi confondeva.
"Finisci il tuo gelato in silenzio" ordinai, rifilandogli un'occhiataccia, ma ottenendo come risposta da parte sua un sorriso ancora più ampio.
Odioso. Ma adorabile.
No, solo odioso, Victoria. Solo odioso.
Dopo aver finito di mangiare, tornammo verso il nostro edificio e, una volta arrivati al nostro pianerottolo, dopo aver discusso per tutte le rampe di scale su quale fosse il gelato più adatto da mangiare a dicembre, ci fermammo davanti alle rispettive porte e lo salutai prima far degenerare la situazione: "Allora, buonanotte"
Guido infilò la chiave nella sua serratura e rispose semplicemente: "Notte"
Girai la maniglia e feci per entrare in casa, ma la voce del ragazzo alle mie spalle mi richiamò: "Vic"
Mi girai verso di lui con un misto di paura e di speranza, e lo vidi in piedi davanti alla sua porta aperta, la mano sulla maniglia e lo sguardo improvvisamente dolce.
"Grazie" sussurrò con riconoscenza, mostrandomi un sorriso sincero "lei adorava il gelato"
L'espressione sul mio viso si addolcì, ma non dissi una parola, mi limitai a sollevare le labbra e bastò il nostro contatto visivo per sostituire qualsiasi altra parola.
Lui sapeva che avevo cercato di farlo stare meglio, a modo mio, e io sapevo che ci ero riuscita, almeno un pochino.
Poco dopo mi ritrovai stesa sul letto con il pigiama addosso e nessun segno di stanchezza, ero perfettamente sveglia, così finii per riempirmi la testa di pensieri e tra questi c'era anche quello della madre di Guido.
Come avevo potuto intuire, forse Guido non conosceva suo padre o forse era semplicemente una figura poco presente nella sua vita, non me ne aveva ancora parlato, ma immaginavo che il rapporto con sua madre fosse stato stretto e che la sua morte l'avesse fatto soffrire molto.
Non sapevo cosa significava perdere un genitore, ma non ero in grado di capire nemmeno cosa volesse dire averne uno, quindi i miei ragionamenti non mi avrebbero portato lontano.
"Non credo che le sarei piaciuta" mormorai, rivolgendomi alla madre di Guido, come se lei avesse potuto in qualche modo sentirmi.
Stavo praticamente vaneggiando da sola.
"Ma" continuai, assorta nei miei pensieri "a me piace suo figlio..."
Non appena pronunciai quelle parole, realizzai ciò che stavo dicendo e mi sollevai di scatto dal cuscino, con un'espressione sconvolta e spaventata sul volto.
Che accidenti stavo blaterando?!
Respirai prima affannosamente, poi mi portai una mano sul petto e mi imposi di fare respiri profondi, finché non ritrovai la lucidità. Ma certo, era innegabile ormai che ci fosse attrazione fisica tra di noi, ma finiva lì.
Era solamente questo, puro istinto. Mi tranquillizzai e tornai a sdraiarmi sul letto, ruotando poi con il corpo di lato e cercando una posizione comoda per dormire.
Solo attrazione finisca...
Continuai a ripetermelo nella testa mentre mi addormentavo, ma stranamente, più cercavo di convincermene, più lo sentivo sbagliato.
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