28 - Contatto avvenuto: missione compiuta!
Dimesticare tutto... ma come avevo fatto a permettere che accadesse una cosa del genere? Come eravamo arrivati a tanto? Perché mi aveva baciato?
Forse non ero stata abbastanza chiara quando avevamo parlato nel suo appartamento? Ma lui aveva detto che era solamente un bacio, perché diavolo me ne aveva dato un altro?
E perché diavolo non voleva andarsene dalla mia testa quel ricordo?
Mi picchiettai la mano sulla fronte mentre percorrevo il marciapiede verso il supermercato, qualche giorno dopo il nostro incontro di fuoco.
Quando avevo chiesto a Guido di dimenticate tutto, lui aveva assottigliato gli occhi, forse cercando di capire cosa mi stesse passando per la testa, ma poi aveva detto qualcosa che mi aveva lasciato interdetta: "Perché non lo consideri semplicemente per quello che è"
"E cos'è?" mi era venuto da domandare, prima ancora di pensare a quello che stavo dicendo.
"Un bacio" aveva tagliato corto lui, lanciando un'occhiata alla sua lavatrice per controllare a che punto fosse il lavaggio.
Io neanche mi ricordavo per quale motivo mi trovavo lì, e lui controllava il lavaggio... forse stavo davvero ingigantendo la cosa.
"Va bene" avevo concluso, ma in qualche modo c'era qualcosa che non si incastrava nel modo giusto dentro di me, c'era qualche sentimento sbagliato.
Avevo concluso dicendo che sarei tornata più tardi per prendere le mie cose e ero andata via, nel tentativo di allontanarmi da Guido il prima possibile.
Non riuscivo a capire me stessa, ma non capivo nemmeno lui. Sembrava così preso dal nostro bacio, l'avevo sentito, l'avevo capito... ma poi era in grado di mostrarsi totalmente distaccato e liquidava il tutto come un bacio.
Era stato davvero solo questo?
Fortunatamente trovai il modo per distrarmi da tutti questi pensieri ingombranti quando arrivò il giorno della grande avventura, ovvero il canyoning. Nicola venne a prendermi come al solito e poi ci trovammo con Lorenzo e Federica per andare al fiume dove avremmo dovuto affrontare una serie di prove che speravo di superare.
Per tutto il viaggio in macchina, Federica non fece che parlare del suo lavoro e di quanto quella settimana fosse stata pesante, descrivendo una serie di emergenze che avevano dovuto affrontare e più di una volta menzionò Guido. Fortuna che mi dovevo distrarre...
Perciò fui felice quando giungemmo a destinazione, così non l'avrei più sentita blaterale di infermieri e ospedali. Gli addetti alla discesa ci fornirono l'attrezzatura necessaria e ci invitarono a cambiarci negli apposti spogliatoi, ma quando finii di vestirmi, volevo quasi rifiutarmi di uscire.
Come potevo farmi vedere conciata in quel modo da Lorenzo? Come?!
Avevo indossato un costume carino a due pezzi per l'occasione, ma era completamente coperto da una muta orrenda, nera e arancione, che andava dalle caviglie, fino al collo, con tanto di maniche lunghe.
Era oscena. Ero oscena.
Mi osservai allo specchio con una smorfia, mentre finivo di sistemare i capelli in una treccia alta, poi con uno sbuffo uscii e raggiunsi gli altri che almeno erano conciati quanto me. Ci diedero anche delle scarpe apposta e un caschetto da tenere sulla testa, oltre che un giubbotto salvagente.
Di male in peggio. Non l'avrei creduto possibile.
Quando fummo pronti, ci portarono sulla cima del torrente e ci affidarono alle mani esperte di Nicola che aveva già fatto quest'esperienza più volte.
"Allora ragazzi" esordì lui entusiasta, spostandosi i capelli biondi dalla fronte, con un movimento della mano "state sempre attenti a dove mettete i piedi e cercate di lasciarvi guidare dal percorso"
Che accidenti voleva dire lasciarsi guidare dal percorso?
Corrugai le sopracciglia, per nulla convinta da quella spiegazione, ma notai che Federica e Lorenzo erano impazienti di iniziare, così evitai di chiedere ulteriori spiegazioni.
Grosso errore.
La prima parte della discesa fu abbastanza facile, camminavamo nel letto del fiume, ma l'acqua era bassa e c'erano pochi ostacoli, quindi era più una passeggiata un po' umidiccia.
Niente di trascendentale, forse mi ero allarmata troppo.
Poi il percorso iniziò a farsi ripido, la corrente più forte e le rocce più alte e appuntite.
Al diavolo il canyoning e questo dannato fiume...
Decisi che, se dovevo sembrare imbranata, tanto valeva approfittare della situazione, così quando vidi che Federica era avanti, intenta a discendere una piccola cascata, cercai di cogliere la mia occasione.
Mi avvicinai a Lorenzo, che era davanti a me, e gli feci una serie di domande sul fiume che stavamo attraversando, alle quali lui non seppe rispondere, ma non era questo il mio scopo. Proprio mentre lui era un po' girato verso di me, simulai un urto tra il mio piede e la roccia che avevo davanti e mi buttai in avanti, facendo finta di cadere.
Lorenzo sollevò le sopracciglia sorpreso, ma grazie ai suoi riflessi pronti, si sporse verso di me e aprì le sue braccia, afferrandomi al volo e impedendomi di finire in acqua.
Contatto avvenuto: missione compiuta!
"Scusa" mormorai con fare civettuolo, poggiando poi una mano sul suo avambraccio per risollevarmi, ma facendo pressione per sottolineare quel contatto tra noi.
"Tranquilla" rispose lui, tornando poi a guardare davanti a sé.
Poteva andare meglio, ma non mi sarei scoraggiata per così poco.
Avanzai lungo la strada, seguendo i movimenti che facevano gli altri, ma mentre stavamo camminando in un punto del fiume con l'acqua così alta che mi arrivava ai fianchi, misi male un piede sui ciottoli sottostanti e scivolai in avanti.
Atterrai con il petto e il mento sulla schiena di Lorenzo, questa volta con poca grazie e con poca pianificazione, anzi presi pure una bella botta.
Lui si voltò verso di me con un mezzo sorriso e mi chiese: "Stai bene?"
"Sì" risposi, massaggiandomi il mento e tentando di ritrovare un po' di contegno.
Ma la situazione non era destinata a migliorare e, ancora non lo sapevo, ma non avrei più potuto complottare alcuna caduta perché ci avrebbe pensato il fiume a fare tutto il lavoro.
Così mentre ci calavamo in un tratto ripido, una mano arpionata a una roccia sporgente e un ginocchio piegato per controllare la discesa, persi la presa e rotolai nell'ultimo tratto che era meno in pendenza, finendo però contro Federica con tutto il mio corpo.
Il canyoning non era decisamente il mio sport.
Era vero che non volevo averla intorno, ma sicuramente non volevo ucciderla.
"Scusa" esclamai una volta rialzata, cercando di aiutarla a fare altrettanto. Lei si mostrò molto carina nei miei confronti e si assicurò anche che non mi fossi fatta male da nessuna parte.
Dannazione mi stava quasi simpatica.
A un certo punto, ci trovammo sopra al punto più alto della strada, si trattava di una cascata a strapiombo, che convergeva in un laghetto tranquillo sottostante, raggiungibile solamente saltando.
Certo non era così alto da risultare pericoloso, ma in ogni caso faceva un po' paura, soprattutto perché una volta arrivati in fondo, saremmo finiti sott'acqua per un bel pezzo e la cosa mi creava non poco disagio.
Mi affacciai sul bordo e guardai giù con un'espressione perplessa sul viso, quando Nicola apparve al mio fianco, elettrizzato all'idea.
"Non c'è un percorso alterativo?" domandai secca, lanciandogli un'occhiata.
"No" sentenziò lui "è questa la parte più bella della giornata"
Lo guardai scettica, avevamo opinioni differenti su quello che poteva definirsi bello.
Federica e Lorenzo ci raggiunsero e senza attendere troppo, si presero per mano e si lanciarono insieme con un grido, atterrando poco dopo e scoprendo nelle profondità dell'acqua.
Osservai con il fiato sospeso finché non vidi le loro teste riemergere, ma ancora non trovai il coraggio di compiere quel piccolo salto che mi avrebbe permesso di avvicinarmi alla fine di quella tortura.
Nicola mi osservò di traverso e capì che ero titubante, così si fece più vicino a me e disse: "Affrontare ciò che fa paura, libera l'anima"
Rimasi con gli occhi fissi in quel rilesso cristallino, non l'avrei mai ammesso, ma le parole del ragazzo mi avevano colpito. Ciononostante risposi: "Non è il momento della filosofia spicciola"
Nicola allargò le sue labbra in un sorriso divertito e poi tese il suo braccio verso di me, mostrandomi la mano aperta e invitandomi ad afferrarla: "Sei pronta?"
Spostai la mia attenzione sul suo palmo in attesa, riflettendo, poi lo guardai negli occhi e infine infilai la mia mano nella sua.
"Se salti tu, salto anch'io, Jack" mormorai, stringendo forte la presa.
Nicola ampliò il suo sorriso, poi si diede lo slancio e, prima di saltare, disse: "Speriamo di non fare la fine del Titanic"
Fui trascinata da lui verso il bordo e saltai istintivamente, ritrovandomi a cadere nel vuoto. Il contatto con l'acqua fu quasi immediato e mi ritrovai ad affondare, circondata da quel liquido freddo.
Pensavo che ne sarei stata terrorizzata, invece aprii gli occhi sott'acqua e provai un senso di pace assoluta, come se qual silenzio che mi avvolgeva, avesse riempito anche la mia testa e il mio corpo. Come era accaduto quando mi ero lanciata nel vuoto, provai la stessa sensazione di liberazione.
Come potevo spiegarla questa leggerezza?
Care lettrici, stasera con un po' di ritardo, ma sempre presente! Colgo questo spazio per ringraziarvi tantissimo di tutti i commenti che mi lasciate e del modo in cui seguite questa storia. Adoro tantissimo il successo che sta riscuotendo Guido tra di voi, come ho già detto, vi amo!
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