26 - Non ti piace il risotto?
Il mattino seguente aprii gli occhi e mi ritrovai a fissare il solito soffitto azzurro, non avevo idea di che ore fossero, ma avevo passato una nottata agitata e le labbra di Guido continuavo a ritornare tra i miei pensieri.
Ma come mi era saltato in testa di baciarlo? Come?!
Questo gesto non mi avrebbe portato da nessuna parte, anzi forse mi avrebbe condotto verso una strada che non avevo alcuna intenzione di percorrere. Era il mio vicino di casa, era un infermiere, era povero, era così dannatamente bello...
No, Victoria, controllati!
Dopo quella sfrontatezza da parte mia, ero fuggita come una scolaretta, ma che accidenti mi combinava nella testa quel ragazzo?
Avevo girato un po' per il locale con il cuore in confusione, avevo bevuto due shot e alla fine avevo deciso di tornarmene a casa, dopo aver salutato Chiara, che si era trattenuta fino a notte fonda.
Sapevo di dover chiudere questa faccenda prima che degenerasse, era meglio interrompere tutto sul nascere, prima che qualcuno si facesse male. Mi alzai, mi lavai e indossai un paio di jeans e un maglione arancione, poi feci una rapida colazione e infine uscii sul pianerottolo e mi piazzai davanti alla porta di Guido.
Lo volevo fare sul serio?
Strinsi i pugni, abbassai le palpebre e sbuffai.
Dovevo farlo.
Riaprii gli occhi e bussai con convinzione, restando poi in attesa, con il piede che non voleva saperne di starsene fermo.
Guido venne ad aprire poco dopo, con i capelli un po' arruffati, una maglietta a maniche corte bianca, la tuta grigia e i piedi scalzi.
Oddio, come poteva essere così sexy di prima mattina?
Mi presi mentalmente a sberle per quel pensiero e mi affrettai a dire: "Ciao, possiamo parlare?"
Guido corrugò leggermente le sopracciglia, probabilmente non si aspettava una mia incursione dopo il modo in cui ero scappata la sera prima, ma non aprì bocca e si spostò di lato per invitarmi a entrare.
Avanzai di qualche passo e mi guardai intorno curiosa, l'appartamento sembrava grande tanto quanto il nostro, ma era uno spazio unico tra cucina, salotto e sala da pranzo e aveva un arredamento migliore. Sulle pareti erano appese alcune foto che ritraevano Guido da bambino, lo stesso sguardo serio che aveva adesso e una bella donna dai capelli scuri che immaginai essere sua madre.
Attraverso una porta aperta intravidi degli attrezzi da palestra e vicino alla televisone notai che c'era un libreria piena di volumi di medicina e infermieristica.
"Va tutto bene?" mi domandò lui, restando in attesa davanti a me con sguardo perplesso.
"Sì" risposi subito, ancora distratta dal fatto di trovarmi in casa sua, poi mi ripresi e mi corressi: "No"
Lui piegò leggermente la testa di lato, sempre più confuso, poi si avviò verso la cucina chiedendo: "Vuoi un caffè?"
Non risposi neanche a quella proposta, volevo chiudere la questione e andare via da lì, prima che i miei ormoni prendessero il sopravvento un'altra volta.
"Senti" esordii, muovendo qualche passo verso di lui "riguardo a ieri sera..."
Cercai le parole giuste per continuare mentre lui mi dava le spalle e armeggiava con la caffettiera vicino al lavandino.
Oh andiamo, Victoria, questo tentennamento non era normale! Sveglia!
"Insomma, è stato un errore del momento" continuai, provando a ritrovare un po' della sicurezza che mi contraddistingueva solitamente.
Guido mise sul fuoco il caffè, poi si girò verso di me con un lieve sorriso sulle labbra, ma non disse nulla per aiutarmi.
"Intendo dire" riprovai, facendo un profondo respiro "possiamo far finta che non sia successo nulla?"
Guido sollevò un sopracciglio, ma sul suo volto rimase un'espressione divertita, che fece sollevare le sue labbra in un sorriso mentre diceva: "Successo cosa?"
Lo leggevo nei suoi occhi che sapeva benissimo di cosa stavamo parlando, ricordava il nostro bacio perché mi guardava con la stessa intensità della sera precedente, ma aveva deciso di assecondare i miei vaneggiamenti e per questo gli ero grata.
"Bene" esclamai, sentendo un gran sollievo dentro di me "allora io vado"
Mi avviai verso la porta, ma proprio mentre avevo la mano sulla maniglia, sentii la sua voce calma alle mie spalle: "Vic..."
Mi voltai con la testa verso di lui mentre continuava: "...rilassati. Era solamente un bacio"
Vic...
Mi affrettai a distogliere lo sguardo e senza aggiungere altro, uscii sul pianerottolo, chiudendo la porta dietro di me.
Vic...
Mi appoggiai allo stipite e sollevai la testa verso l'alto.
Come diavolo potevo rilassarmi se mi chiamava Vic con quella voce profonda?!
***
"Cara, non credi che sia il caso di passare lo straccio anche in quel punto del salotto?" mi domandò la signora Lina, indicando un angolo che mi era sfuggito.
"Ricevuto, capo" mormorai a denti stretti, avviandomi a passi pesanti verso il punto indicato.
"Mi domando come mai Giulia sia così di cattivo umore in questi giorni" si fece pensierosa l'anziana, portandosi una mano sotto al mento "non mi ha nemmeno salutato ieri"
La ignorai e mi affrettai a riporre lo straccio nell'armadio, dopo aver pulito tutto.
"È forse successo qualcosa alla festa di Chiara?" azzardò la signora, rivolgendomi un'occhiata curiosa, che mi fece quasi inciampare nel tappeto.
Ma aveva un radar? Come faceva a sapere tutto?
"Cosa dovrebbe essere successo?" risposi ironica, senza far trapelare il mio disagio.
"Non saprei" continuò lei "oh, cara, potresti aiutarmi con la cena?"
"Come?" ribattei allibita, pure cucinare era una delle mie mansioni?
"Quel Guido è proprio un bel ragazzo, capisco perché Giulia si sia innamorata di lui" riprese a dire lei, avviandosi verso i fornelli.
Non perdeva un colpo, la vecchia.
"Non mi importa di nessuno di loro" tagliai corto, affiancandomi a lei e aspettando istruzioni, dal momento che non avevo la minima idea di cosa fare.
"Giulia ha sofferto molto quando Guido l'ha lasciata" andò avanti lei, come se nemmeno avessi parlato "ah, cara, cosa vuoi per cena?"
La guardai confusa e mi affrettai a correggerla: "Non ceno qua"
"Ma anche Guido, povero ragazzo, non ha avuto una vita facile" blaterava da sola, mentre io tentavo di farle capire che forse era arrivato il momento di andarmene.
"Un bel risotto ai funghi può andare?" mi domandò Lina, senza prestare attenzione a una sola parola che usciva dalla mia bocca.
"No, cioè sì" ma che accidenti rispondevo?
"Signora Lina, non mi fermo a cena da lei" dichiarai decisa mentre le passavo la pentola che mi aveva indicato.
"Oh" esclamò lei con tristezza "non ti piace il risotto?"
"Non è questo..." provai a spiegare, allungandole il coltello che mi aveva suggerito con un cenno della testa.
"Ah bene" replicò lei senza avermi lasciato finire "apparecchia per due, cara"
Era una battaglia persa, questa vecchia era più testarda di me. Stavo per replicare qualcosa, quando la signora mi chiese di prendere i funghi dal frigorifero e, una volta tirati fuori, sentii quel profumo così invitante che decisi di smetterla di oppormi e farmi offrire questa benedetta cena.
Era da così tanto che non mangiavo funghi...
"Non trovi che Guido sia un bel ragazzo?" tornò all'attacco lei, versando il riso nella pentola.
Sbuffai sfinita, non accennava a mollare la presa, così mi arresi: "Senta, non ho interesse per Guido, mi piace qualcun altro. Si chiama Lorenzo"
La signora Lina spalancò gli occhi per la sorpresa e replicò: "Lorenzo? Chi è?"
"Un buon partito" tagliai corto.
L'anziana sbuffò sonoramente e io le risposi con un'occhiata confusa, così lei disse: "Che peccato, eravate così carini insieme"
Arricciai il naso confusa, quando mai ci aveva visto insieme?
Quando il risotto fu pronto, ci sedemmo a tavola, una di fronte all'altra, e la signora Lina mi tartassò di domande personali, alle quali cercai di non rispondere.
Il risotto era davvero buono, ma non ero sicura che valesse quell'interrogatorio. Nonostante tutto rimasi seduta composta, contando fino a tre svariate volte per evitare di risponderle male, anche se non sempre riuscii nel mio intento.
Mentre la signora Lina parlava, commentava, domandava e spettegolava, notai che i suoi occhi avevano una nuova luce, sembravano quasi più vitali e divertiti.
Mangiando un boccone di riso dopo l'altro, realizzai che non mi aveva invitato a cena per gentilezza, ma perché si sentiva sola.
E io conoscevo bene quella sensazione.
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