1 - Fortuna
Una volta, un vecchio proverbio giapponese, recitava la seguente frase: tieni la fortuna dentro casa e scaccia la cattiva sorte.
Che grandissima cagata. Ma i vecchi giapponesi non avevano altro da fare nella vita che inventare detti idioti?
Io avevo sempre tenuto tutta la mia fortuna dentro casa mia, o meglio dei miei genitori. Anzi l'avevo sempre custodita con grande attenzione nell'armadio. I miei cappotti Burberry, gli abiti di Valentino, le scarpe di Gucci, i maglioni di Prada, le borse Louis Vuitton, le mie Jimmy Choo.
Non avevo mai comprato un vestito che non fosse di marca, non avevo mai indossato un capo d'abbigliamento che non fosse alla moda e, ogni volta, avevo riposto tutto con attenzione nella mia stanza.
Possedevo una vera fortuna, eppure non era bastata per tenere alla larga la cattiva sorte.
Sbuffando diedi uno strattone alla mia pesante valigia di cuoio firmata Louis Vuitton, la quale fece un balzo improvviso in avanti, liberandosi dal buco sul marciapiede che la tratteneva. Mi ritrovai sbilanciata in avanti e mossi velocemente un piede davanti all'altro, barcollando sulle Loboutin troppo alte che avevo deciso di indossare nel giorno sbagliato.
Come diceva sempre mia madre, non importava dove andavi o cosa facevi, non importava se soffrivi o se stavi male, non dovevi mai essere sciatta in nessuna occasione. Nemmeno davanti al tuo riflesso nello specchio.
Riuscii a ritrovare in qualche modo il mio baricentro e mi fermai qualche secondo tra il viavai di persone che mi passavano di fianco, lanciandomi occhiate confuse.
Non era esattamente il quartiere dove giravano i ricconi questo. Non era decisamente il luogo dove volevo essere, e nemmeno quello che mi meritavo di frequentare ma, mio malgrado, era qua che mi trovavo.
Ero sempre stata una ragazza agiata, molto agiata. Ero figlia unica e vivevo in una villa lussuosa, servita e riverita, qualsiasi mia richiesta veniva sempre esaudita, non avevo mai dovuto lavorare nonostante i miei ventitré anni e non ero mai stata toccata da alcuna preoccupazione, se non quella di scegliere quale borsa abbinare all'outfit della giornata.
Anche se non l'avrei definita proprio una preoccupazione... ero favolosa in qualsiasi occasione!
Ma un giorno, un funesto giorno, la cattiva sorte aveva deciso di bussare alla porta della nostra famiglia, così quel cretino di mio padre aveva dovuto dichiarare bancarotta fraudolenta e tutti i nostri beni erano stati confiscati.
Ero riuscita a salvare giusto un paio di valigie ricolme dei miei vestiti, ma io e mia madre avevamo dovuto lasciare la villa, mentre papà era finito in carcere. Mamma era disperata, non aveva fatto che piangere per giorni e questo non era certo un bene per la sua pelle che era già cosparsa da qualche ruga.
Mi scostai una ciocca di capelli castani che era sfuggita dalla coda di cavallo alta e la portai dietro le spalle con un gesto di stizza.
Quanto diavolo era lontano l'edificio che stavo cercando?
Frugai nella Balenciaga che portavo al braccio e tirai fuori un foglietto spiegazzato con sopra un indirizzo scritto a mano. Sollevai gli occhi e mi guardai intorno, nella speranza di trovare qualche indizio che mi indicasse la direzione da seguire, non volevo parlare con nessuno in questo posto malfamato.
Appena i miei occhi si posarono sulla fila di squallidi condomini che si affiancavano al marciapiede sul quale mi trovavo, il mio cuore ebbe un sussulto. Erano orrendi. Non avevo pianto nemmeno per l'arresto di papà, ma adesso era davvero difficile trattenersi. Non volevo vivere in un posto del genere, ma non avevo altra scelta.
Mamma era tornata nella casa dei nonni, almeno finché non avesse trovato una soluzione, o un po' di soldi, ma io mi rifiutavo di lasciare la città per andare in uno sperduto paesino di campagna, a spalare la merda delle mucche e vedere il sole tramontare sui campi pieni di letame.
Per nulla al mondo avrei permesso al destino di allontanarmi da qua, ero una ragazza da metropoli non da campagna. Ero disposta davvero a tutto pur di restare dov'ero, ed ero fiduciosa che, presto o tardi, le cose sarebbero migliorate.
Improvvisamente la mia attenzione fu catturata dal nome della via che capeggiava sul muro proprio di fronte a me e, subito dopo, notai il numero civico del palazzo davanti al quale mi ero casualmente fermata.
Era il mio.
Rimasi a fissare l'ingresso con disgusto per diversi secondi, mentre pensavo che le cose non sarebbero migliorate tanto presto, quando il portone si spalancò e da esso uscì una ragazza bassa ma formosa, con dei lunghi capelli biondi e un abbigliamento sportivo addosso.
Ehww. Che schifo lo sport.
Mi avvicinai al citofono e ripetei mentalmente un'esclamazione di ribrezzo mentre constatavo che ogni singolo tasto era sporco di muffa o polvere o chissà che altra porcheria. Frugai ancora una volta nella borsa, alla ricerca di un igienizzante o di un dannato fazzoletto, ma più cercavo, più non trovavo e più mi innervosivo.
Non ero a mio agio in questa situazione. Non ero a mio agio ad essere povera.
"Cerchi qualcuno?" una voce, all'apparenza gentile, mi fece sussultare e interruppe la mia frenetica indagine all'interno della Balenciaga, facendomi sollevare il viso.
Di fianco a me c'era la ragazza che era uscita dal portone poco prima e mi stava mostrando un sorriso cordiale mentre teneva la testa leggermente inclinata di lato, come a provare ad interpretare la mia presenza lì.
Ci stavo provando pure io.
"Sì" risposi con titubanza, non ero sicura di potermi fidare delle persone in questa circostanza "abita qua una certa Chiara...?" mi fermai e istintivamente portai il pollice e l'indice alle labbra, riflettendo sulla conclusione della domanda.
Come accidenti si chiamava di cognome questa Chiara?
"Siamo in pochi in questo palazzo" intervenne la ragazza, salvandomi dalla mia confusione "sono solamente tre piani. Chiara abita all'ultimo"
"Ah" risposi con poco entusiasmo "grazie allora" accennai un misero sorriso di circostanza e la superai, dirigendomi verso il portone ancora socchiuso.
"Buona fortuna con quelle" commentò la ragazza con un'espressione divertita, poi alzò la mano per salutarmi e infine si mise a correre lungo il marciapiede, infilandosi gli auricolari nelle orecchie.
Spinsi la pesante porta che cigolò con un suono inquietate e mi ritrovai in un atrio angusto e deprimente, davanti a me una rampa di scale che portava al piano superiore e di fianco una serie di cassettone che ospitavano la posta dei coinquilini.
Mi fermai sul pavimento grigio e girai su me stessa, convinta di trovare il pulsante dell'ascensore da qualche parte, ma non c'era.
Non c'era!
Tornai a guardare gli scalini che incombevano minacciosi davanti a me e poi osservai le mie pesanti valigie piene di vestiti. Ora capivo a cosa si riferiva la frase della ragazza. Sempre quella maledetta fortuna!
Dopo venti minuti, che a me erano sembrati tre ore, mille scalini e più esercizio fisico di quello che avevo mai fatto in vita mia, riuscii a raggiungere il terzo piano con tutto il mio carico, emotivo e materiale.
Trovai il citofono e suonai con le ultime energie che mi erano rimaste, mentre tentavo di sistemare i miei capelli per tornare ad avere un aspetto presentabile. Chiusi gli occhi e mi ripetei mentalmente: Victoria, sei sempre favolosa.
Quando li riaprii, davanti a me apparve una ragazza alta e magra, con i capelli neri a caschetto, gli occhi castani truccati di nero e un piercing al naso.
"Sei Victoria?" mi chiese con tono piatto, lanciando uno sguardo frettoloso alla mia figura, ma soffermandosi sulle mie scarpe con un sorriso divertito.
"Sì" sussurrai con il poco fiato che mi restava.
"Benvenuta" replicò quest'ultima, aprendo poi le braccia verso l'interno dell'appartamento e facendomi cenno di entrare. Fissai i miei occhi in quel buco che era grande tanto quanto il mio vecchio salotto e feci un profondo respiro. Stavo per farlo, stavo per diventare povera.
Superai la porta verde, anch'essa scrostata, che portava all'interno della mia nuova casa e mi ritrovai in un minuscolo salotto, con un misero divano blu, logoro e una televisione che funzionava per miracolo. Trovai il coraggio per avanzare nella stanza successiva e vi trovai una cucina con il minimo indispensabile, un ridicolo frigorifero e infine un tavolo di legno che poteva ospitare al massimo quattro posti.
"Se qualcuno si siede sul davanzale della finestra ci stanno anche cinque persone" intervenne la mia coinquilina, apparendo al mio fianco.
Oh accidenti, mi leggeva nella mente?
La fissai sconvolta e lei non riuscì a trattenere una risata, probabilmente ero così sbalordita che si capiva dalla mia espressione quello che stavo pensando.
"Stavo scherzando" si affrettò ad aggiungere, notando che avevo ancora gli occhi spalancati, pieni di orrore.
"Dal momento che mi sembri di poche parole, continuerò io" tornò a dire, sollevando le labbra in una smorfia divertita.
Non ero di poche parole, ero semplicemente senza parole. Ero pronta al peggio, ma il peggio nella mia testa non era mai stato all'altezza di questo.
"Allora" disse lei con voce decisa "io mi chiamo Chiara, per gli amici Kia. La casa l'hai già vista, quello là in fondo è il bagno e di fianco c'è la tua stanza. L'altra camera è la mia. L'affitto si paga all'inizio di ogni mese, niente ritardi e niente scuse. Ti devi comprare il tuo cibo e non si condivide nulla a meno che non ci sia un accordo prima" fece un attimo di pausa, aspettandosi un mio intervento, ma io stavo ancora pensando che non c'era nemmeno una macchinetta per fare il caffè decente in quella cucina, così Chiara proseguì il suo monologo: "Quando fai la doccia l'acqua calda si alterna a quella fredda senza una logica, per favore non urlare quando succede, non vorrei che la signora al piano di sotto avesse da ridire per il casino"
"L'acqua f-fredda?" balbettai, incapace di elaborare un concetto del genere... potevo ritrovarmi a congelare mentre facevo la doccia?!
"Ora ti lascio a riordinare la tua roba, mi sembri già abbastanza provata, ti spiegherò dopo le altre cose" concluse infine, e senza darmi ulteriori dettagli, si avviò verso la sua stanza e si chiuse la porta alle spalle, lasciandomi sola con la mia disperazione.
La fortuna era davvero una grande bastarda.
Cari lettori... che bello essere tornata! Sono super carica per questa nuova storia e spero che l'inizio sia piaciuto anche a voi. Se pensate che questo capitolo sia divertente... aspettate i prossimi!
Alla fine di ogni capitolo, vi lascerò gli aesthetic dei personaggi che sono apparsi, così potrete farvi un'idea. E già, mi dispiace... per questo capitolo niente giovanotti! Non disperate...!
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