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Capitolo 8

                                                    Capitolo 8

Laura

Se ci penso stò passando una giornata molto piacevole non sembra neanche che io sia qui per lavoro.
Non ho scattato neanche una foto.

Ma perché sono qui?

Sergio ha ripreso la strada per far ritorno a casa, ma decide ad un tratto di fermarsi, scende dalla moto si toglie il casco e con naturalezza mi dice:
“Facciamo due passi, ti va?”

Annuisco mi tolgo il casco e mi avvio al suo fianco, rimanendo in silenzio entriamo in un parco, non so neanche di preciso dove mi trovo, non conosco queste parti, ma sinceramente non importa.

Seguo Sergio che silenziosamente cammina fendendo i suoi pensieri, l’aria è piena di gradevoli profumi per me stare nel verde è vita.
Tutto attorno è pieno di colori, aria e serenità.

Camminiamo per un bel po' senza scambiarci una parola, ogni tanto lo guardo.
E’ molto bello, i suoi lineamenti scuri risplendono al riflesso del sole tra gli alberi.
Si dirige verso una panchina, mettendosi poi seduto, il prato davanti a noi risplende di un verde quasi fosforescente, il mio sguardo vaga in lontananza e i miei pensieri si mescolano tra il cielo e le nuvole facendo fremere il mio cuore.
Tutto attorno c’è movimento di persone che parlano, corrono, giocano.

Chiudo gli occhi per un attimo e all’improvviso il mio stomaco si contorce, riapro gli occhi e tutto è offuscato e bagnato.

“Laura?”

Mi volto verso Sergio e anche lui è offuscato e mi accorgo di star piangendo.

Oh Cazzo!
Che figura!

Svelta mi asciugo con imbarazzo e sorpresa.

“Stò bene” mi presto svelta a dirgli

“Non mi sembra a dire la verità” mi risponde

Sembra che sia preoccupato

“No, no ti sbagli stò bene” ripeto

Sergio si volta del tutto verso di me.
“Non stai bene Laura è talmente evidente. Stai piangendo anche adesso”

Smette di parlare sembra veramente turbato dal mio stato, e cerco di scusarmi palesemente senza guardarlo.

“Penserai che io sia completamente pazza, e faresti bene a pensare di cercare un altro fotografo”

La mano di Sergio mi accarezza un braccio, alzo lentamente lo sguardo senza respirare, i nostri sguardi s’incontrano. Un piccolo lampo d’odio mi colpisce l’addome.
Lui ha un’espressione sul suo bellissimo volto di preoccupazione per me, e lo odio, mi odio, perché tutto questo non sembra per niente una giornata di lavoro.

“Stò bene Sergio, davvero, ed è questo il punto” gli dico con sincerità e parlo liberando le parole:
“Ho iniziato a guardarmi attorno, i miei occhi sono finiti tra il cielo e le nuvole. La natura mi piace, vivo per stare in mezzo alla natura. Sono una fotografa che lavora con la natura… ma ad un tratto ho sentito qualcosa spezzarsi. Proprio qui” e mi tocco il cuore e la testa per poi continuare:
“E per la prima volta dopo varie settimane un pensiero mi ha attraversato la mente come una saetta. Quel pensiero diceva:
Maurizio Russo è solo un bambino capriccioso. Devi andare avanti con la tua vita!... Ecco tutto qui”

Mi asciugo altre lacrime.

“Scusami mi rendo conto che tu a questo punto mi consideri una stupida e che sicuramente vorrai cambiare fotografo”

“Non sono il tipo che licenzia una ragazza solo perché i suoi occhi restano asciutti se è triste, o piangono se sé felice. O perché si atteggia a osso duro quando, in fondo assomiglia ad un folletto” mi risponde sorridendo.

“Guarda che gli occhi grandi sono un pregio. Non sono un folletto” rispondo di getto

“Mi sembrava che un alieno mi avesse detto che lo fossi” ribatte divertito.

Mi scappa una risata.

“Attento potrei incenerire la tua carriera con le mie foto” ribatto con divertimento

“Sei un folletto mica una strega” controbatte ridendo

Poi tornando serio, mi domanda:
“Che ti ha fatto quello stronzo di Maurizio?”

Mi prendo del tempo, sospiro e con la voce ben salda gli dico:
“Mi ha sempre preparato la colazione quando dormivo da lui. Facevamo l’amore anche quando non avevamo tempo. Mi consolava quando ero triste. E mentre io per lavoro ero lontana è andato a letto con una che ritenevo un’amica. E il mio cuore è andato in frantumi”

Sergio tiene il suo sguardo fisso su qualcosa in lontananza. Non ho che la ben minima idea di cosa stia pensando. Resta fermo con le sue lunghe gambe distese, fasciate da un paio di jeans che non potevano trovare migliore collocazione.

“Sergio?” lo chiamo con delicatezza

Lui si volta e con molta calma mi dice:
“Col cazzo che non cercheremo una strega per fargli fare un sortilegio, una bella paralisi delle sue parti virili”

Scoppio a ridere mentre lui rimane serio, il mio sguardo si abbassa sulle sue bellissime mani chiedendomi all’istante come riesca a trasformare il cibo in opere d’arte.
Riesco per un breve attimo a immaginare come le sue mani potrebbero essere in altre circostanze e i miei ormoni vanno in subbuglio.

Cazzo Laura frena la libido!

Sento dei brividi caldi mentre ci alziamo per ritornare alla moto, pensando che dovrò abbracciarlo per molti chilometri.

Prima di risalire sul potente mezzo lui guardandomi mi dice:
“Grazie per essere venuta con me qui, oggi”
E s’infila velocemente il casco.

“Non c’è di che. Grazie a te di esserti fidato di me” rispondo diretta.

Poi un dubbio mi assale
“Sergio?”

“Sì Laura?” mi risponde tranquillamente

“Nessuno ha ucciso tuo cugino, vero?”

Lui sogghigna dentro il casco e mette in moto.

Sergio

Avevo riempito alla cieca il mio zaino grugnendo come un leone inferocito come tutte le volte che “Lui” mi faceva incazzare.
Fingevo, ogni volta che uscivo da casa che fosse per sempre, ma ero sempre spaventato al pensiero di farlo definitivamente.
Non era certo il fatto di affrontare il mondo a spaventarmi, ma l’idea di lasciarmi il tutto in modo drastico e definitivo.
Ogni volta che l’idea mi attanagliava dentro di me si scatenava il divario, perché c’era chi avrei voluto lasciare visto, che l’odio che provavo per quella persona, era immenso.
Ma c’era chi invece non avrei MAI potuto abbandonare.
E questo collegamento mi mandava al manicomio, facendomi riempire lo zaino e poi me lo faceva svuotare all’istante sul pavimento, con la collera bruciante che solo un’adolescente è capace di provare.
Ero solo un ragazzino incazzato e spaventato.
Avevo i capelli lunghi, l’espressione scura e le ragazze che mi giravano attorno non mi mancavano.
Mentre gli adulti avrebbero voluto prendermi a schiaffi, perché non volevo mai abbassare il mento di fronte ad uno sbaglio.
Decisi di accettare il consiglio che mi aveva dato il fruttivendolo e mi presentai al ristorante “Kyros” una sera prima che aprisse al pubblico.
Fuori un uomo di circa cinquant’anni, con una camicia a righe bianche e blu stava spazzando nel pergolato e appena si accorse di me la sua domanda fu repentina:
“Ragazzo cerchi qualcuno?”
Poi prese ad esaminarmi.
“Ti senti bene? Ti sei fatto? Hai gli occhi rossi, ragazzo”
Guardandolo in malo modo gli risposi:
“Stò benissimo, sono allergico al polline”
Lo guardai più intensamente
“Ho sentito dire che cerchi un aiuto”
Mi guardò da capo a piedi
“Non si può fare sei troppo giovane”
“Ho bisogno di lavorare. Ho veramente bisogno di lavorare”
Scuotendo la testa continuò a dirmi:
“Mi dispiace non voglio mettermi nei guai. Ripassa tra qualche anno”
“Vuoi scherzare spero, io non posso aspettare due anni” cercai di controllare la voce dalla rabbia che provavo, ero incazzato e mi riusciva difficile trattenermi.
“Capisco che assumermi come dipendente potrebbe essere un problema, ma potrei aiutarla in altro modo. Avrà delle agevolazioni in cambio”
L’uomo continuava a guardarmi, mentre esaminava il rossore nelle mie iridi…
In quel periodo non c’era alcun polline!
“Non creerò problemi. Verrò la sera, la domenica e tutta l’estate. Accetterò qualunque paga”
Lui beffeggiandomi sorridendo mi disse, facendo leva sull’ultima frase:
“Accidenti ragazzo che determinazione! Vuoi davvero diventare uno chef?”
Lo guardai sgranando gli occhi e risposi diretto:
“Ma neanche per sogno! Io sono un pittore ed è proprio così che diventerò ricco. Ma adesso mi serve della grana, per poi potermene andare da questo cazzo di posto”
Lui mi studiò a lungo con i suoi occhi scuri.
“Di preciso da cosa scappi ragazzo? Perché se non mi sono spiegato bene NON VOGLIO grane nel mio locale”
“Voglio solo trasferirmi per fare carriera. Non voglio scappare da niente” risposi con strafottenza
Continuò a guardarmi e a studiarmi, il fatto che la mia vita facesse schifo non mi autorizzava a rispondere a testa di cazzo col prossimo.
Ma ormai l’avevo fatto e forse mi ero bruciato da solo.
“Porti pistole con te?” chiese guardando il mio zaino
“Assolutamente no”
“Usi droghe?”
Scossi la testa
“Entra dentro metti quella specie di zaino dove non dia noia, lavati le mani e comincio a sbucciare le carote e le patate. E per tua informazione, sappi che sei in prova!” esordì esplicito
“E quando si supera la prova?” chiesi
Lui scoppiò a ridere e mi vergognai
“Verrò tra poco a controllare lo spessore delle bucce delle patate per cominciare. Io mi chiamo Kyros e con chi ho il piacere di avere a che fare?” mi domandò serio allungando una mano.
Prontamente allungai la mia stringendo la sua.
D’improvviso mi sentivo leggero forse avevo trovato il posto che mi avrebbe regalato il biglietto per la vita.
“Sergio. Sergio Mantovani”

P.s.

Un altro pezzo della vita di Sergio ci fa scoprire chi è.

Sergio si fa conoscere a Laura, ma perché con lei?

Se la storia vi piace ricordatevi la ⭐😍⭐⭐

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