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NELL'ANTRO DELLA STREGA // @TheNorthStar_03


PROMPT: ESPERIENZA EXTRACORPOREA

CARATTERISTICA: IL PERSONAGGIO E' SUPER SCARAMANTICO E PIENO DI RITUALI PER SCACCIARE IL MALOCCHIO

DOVE O QUANDO: IN SOFFITTA

TheNorthStar_03

Se mi chiedessero in che modo mi sono ritrovato sul cadavere della mia fidanzata a giurarle eterno amore, con la testa mozzata di Lando Norris che rotola accanto a me, giuro che probabilmente non saprei rispondere.

La pioggia battente contro il mio viso si confonde con le lacrime disperate. È una visione terrificante. Sto per diventare il criminale più ricercato della storia, il quattro volte campione del mondo che si trasforma in una specie di joker contemporaneo.

Sento le sirene della polizia in lontananza. Mi giro a guardare l'altra metà del corpo di Lando che rimane distesa per terra. Chissà se un giorno sarebbe davvero riuscito a battermi e conquistare il suo desiderato mondiale. Chissà cosa ne penseranno i miei compagni di griglia.

Vi starete sicuramente chiedendo come siamo arrivati a tanto, ma per spiegarvi cosa è successo, dobbiamo tornare indietro nel tempo, a quel giorno in cui ho ceduto a tutte le mie superstizioni, che nella concezione del tempo per come lo intendiamo tutti è più o meno ventiquattro ore fa.

Londra, Regno Unito. 2 ore prima della strage.

«Possiamo far finta che l'idea sia stata tua ed evitare di dirle che ci sono venuto di mia spontanea volontà?»

Passeggio con Meg lungo il viale di ingresso che ci conduce alla nostra destinazione. Ho dannatamente paura che qualcuno possa riconoscermi e farsi strane idee, ma questa via è più deserta dei peggiori dei film horror. Inizio a pensare che la nostra streghetta voglia fare ambiente e sia venuta ad abitare qui di proposito.

«Cambierebbe qualcosa, Max?» domanda Meg con tono retorico. Tutti i torti non ce l'ha, ma forse la prima persona a cui vorrei mentire sono me stesso. Si ferma improvvisamente davanti ad una palazzina con le finestre tutte in fila. Più che una casa stregata sembra un manicomio. «Eccola, dovrebbe essere questa» afferma dopo aver controllato sul suo navigatore.

La scruto dal basso. È tutto troppo normale, sento che qualcosa andrà storto.

«Sembra una casa normale» constato a voce alta, pensieroso e dubbioso al tempo stesso. Ho davvero una brutta sensazione, per fortuna che ho in tasca il ciondolo contro la sfiga che mi ha regalato Daniel.

«Che ti aspettavi? L'antro delle streghe di Salem?» mi prende in giro Meg, rivolgendosi a me con un'occhiataccia davvero paurosa.

A dire il vero sì. Era proprio quello che mi aspettavo, ma a quanto pare sto per essere smentito. O forse no. Il portone di ingresso si apre senza che nessuno di noi due suoni il citofono e già questo è abbastanza inquietante. Ripenso a quante volte alla settimana rischio di morire. Cosa sarà mai una consulenza con la nipote matta di Christian Horner che si sente la protagonista di beetlejuice?

Meg mi precede e sale le scale fino al quarto piano davanti a me. Quando arrivo in cima per poco non rischio un infarto con Morgan, la nostra streghetta matta, che mi fissa con uno sguardo inquietante completamente vestita di nero e il viso pallido. Sembra il cosplay di Morticia Addams dopo un rave.

«Siete in ritardo» ci accoglie tuonando da dietro alla porta.

Ogni volta che quella donna apre bocca mi trema l'anima. È tanto bella quanto inquietante, lo giuro su quello che ho di più caro. Aspetta che oltrepassiamo la soglia, su cui è cosparso forse del sale e ci segue con un palo di legno che puzza di incenso, affumicandoci con quell'odore terribile che mi fa tossire un paio di volte. Mi fulmina con lo sguardo e mi sento in colpa pure per la mia esistenza. La casa è piena di peperoncini appesi e in ogni dove c'è un dettaglio rosso.

O è una grande fan della Ferrari o Meg aveva ragione quando diceva che Morgan avrebbe attuato qualche rito contro il malocchio. Inizio ad avere qualche ripensamento, ma se il sangue Horner non mente – e Morgan è proprio una di loro – temo sia troppo tardi.

«Scusa, Morgan, la colpa è stata mia» esordisce Meg, la mia ragazza, prendendosi tutta la responsabilità. Quanto la amo! Peccato che la padrona di casa, sembra non cadere nella menzogna.

«Tu le bugie non le sai dire», dice mentre si volta di scatto puntandole un dito contro. «Seguitemi!»

Nessuno dei due osa controbattere e camminiamo dietro di lei in silenzio. Non c'è un angolo di questa casa che non urli stregoneria. È tutto dannatamente tetro e dannatamente ordinato. Ci sono oggetti che non riesco nemmeno a identificare, per non parlare del buio, che si fa man mano sempre più fitto, specie quando imbocchiamo delle scalette di legno che risalgono all'anteguerra e si fanno sempre più strette.

«Bene, ora inizia ad essere inquietante» sussurro tra me e me, evidentemente non troppo forte perché non arrivi a Meg. Si gira a guardarmi e mi lancia un'occhiataccia, mentre la nostra streghetta pazza prosegue senza sbattere ciglio.

Finalmente arriviamo agli ultimi gradini e per poco, poggiando il piede sul legno antico, non rischio di spaccarmi una gamba. La cosa più paurosa non è nemmeno quella, però. La porta che scricchiola fa solo da atmosfera per qualcosa di semplicemente più inquietante. Siamo sotto un soppalco che probabilmente non viene usato da anni, con scatoloni impilati, ragnatele con ospiti speciali e un banchetto allestito al centro, circondato da candele e oggetti strambi.

«Solitamente accolgo nel mio salotto, ma oggi dovremo usare la soffitta. È un posto molto intimo per me, abbiatene cura» annuncia Morgan, per poi posizionarsi a gambe incrociate dietro il tavolino.

«Spero sia lei ad avere grazia di noi!» esclamo a voce bassa, scambiandomi un'occhiata di intesa con Meg, che finalmente sembra stranita quanto me.

Morgan ci invita a sederci davanti a lei con un cenno della mano e noi non la contraddiciamo e facciamo come ci ha detto. Mi sento scomodo con tutte queste candele che potrebbero far prendere fuoco a tutta casa in meno di un secondo, ma incrocio le gambe e aspetto che sia lei ad interpellarmi.

«Bene, Max, perché sei qui? Vuoi che ti dia un altro amuleto o faccia qualche altro incantesimo di protezione? Che ti serve? Su, voglio fare in fretta!» Morgan parte all'attacco con le domande ed infrange già la prima parte del nostro patto. La mia ragazza si volta immediatamente verso di me con aria interrogativa ed io mi strofino una mano sul viso. «Che c'è Meg? Non sapevi che il tuo fidanzato fosse il più scaramantico del pianeta?»

È vero, ho chiesto altre volte a Morgan qualche consulenza. Mi ha letto le carte, purificato da qualcosa e lanciato qualche incantesimo per proteggermi da qualcosa, ma soprattutto mi ha tolto il malocchio dopo ogni gara andata male. Perché sì, a volte penso che tutto il paddock mi lanci malocchi solo per le mie vittorie con ampio margine.

Non volevo che Meg lo sapesse non perché non mi fidi di lei o perché tema il suo giudizio – in fondo lei basa la sua vita sull'astrologia – ma perché non volevo si sentisse sminuita. Le ho sempre dato della matta perché cerca ogni risposta nelle stelle ed ora viene fuori che io mi affido alla magia, a cui non credo nemmeno.

«Potevi risparmiarti questi particolari» rimprovero Morgan, che però non sembra esserne toccata. Se ne sta lì con il suo sguardo sadico, mentre io afferro la mano di Meg con la promessa che più tardi le spiegherò tutto. «Ultimamente mi sta andando tutto male, il mio mondiale è a rischio. Voglio che tu mi tolga il malocchio o mi dica cosa devo fare.»

Non serve aggiungere altro. Morgan inizia con le sue mani a fare le sue magie. Getta delle gocce d'olio in acqua, che si allargano come frittelle in padella, e mi guarda perplessa. Mi bagna la fronte con l'acqua piena di olio e recita preghiere in una lingua antica che non so nemmeno decifrare. Sento un forte mal di testa e all'improvviso una pressione dirompente. Mi viene da urlare, ma sono troppo confuso.

«D'accordo avevi un po' di fatture addosso, lo ammetto. Tuttavia...» lascia la frase a mezz'aria e prende a mescolare il suo mazzo di carte. Accende uno di quei bastoncini di legni che puzzano di incendio e sono arrotolati nella salvia come se fossero pronti a finire in forno e mi apre un paio di carte davanti. Fa dei versi di assenso che capisce solo lei, ma non mi azzardo a chiederle spiegazioni, potrei finire incendiato in meno di tre secondi. «Sì... Chiaro... Ci sono errori del tuo passato che influiscono sul tuo presente e influiranno sul tuo futuro, ma non penso tu voglia davvero cambiarli.»

«lo voglio.»

Ribatto con prontezza senza quasi farle finire la frase. Sia Meg che Morgan posano i loro sguardi su di me, entrambe esterrefatte dal mio atteggiamento.

«Lo vuoi?» mi chiede la strega, con un tono retorico quasi come se volesse ammonirmi. «Max, l'unico metodo per cambiare il modo in cui gli eventi passati influiscono sul nostro futuro è estremamente pericoloso.»

Un fulmine squarcia il cielo dopo quest'ultima frase. Sembra quasi che abbia scatenato l'ira degli Dei. Inizia a piovere a di rotto ed un brividino mi percorre la schiena. Morgan ha sempre la tendenza ad ingigantire tutto quanto e secondo me niente è così pericoloso come dice.

«Cosa sarà mai? Guido a trecento chilometri orari vuoi che mi spaventi qualche rito?»

«Max! Non sminuire la magia» mi ammonisce immediatamente Meg, tirandomi uno schiaffo sul braccio.

Morgan mi guarda di traverso alzando un sopracciglio e scuotendo la testa, mentre si strofina una mano sul volto. Io alzo gli occhi al cielo. Queste due insieme sono un mix prepotente.

«Non imparerà mai!» esclama la padrona di casa.

Inizio a spazientirmi. Sono venuto fin qui per un motivo ben preciso, non di certo per mettere su questo ridicolo teatrino. Mi sembra tutto un po' troppo esagerato, soprattutto l'atmosfera che si è creata. Mi farò fare qualche stupido incantesimo e il mio cervello si autoconvincerà che è tutto a posto e potrò tornare a vincere indisturbato.

«Parla, strega!» esclamo, sbattendo una mano sul tavolo. Morgan punta un coltello a pochi millimetri dalle mie dita ed io ritraggo il palmo tirando un urlo ben poco virile.

Questa donna è pazza! E mi terrorizza.

«Porta rispetto, idiota!» mi risponde, per poi tornare calma in un lasso di tempo che risulta davvero inquietante. «Devi uscire dal tuo corpo.»

«Come?» chiediamo in coro io e Meg.

La tranquillità con cui Morgan fa uscire quelle parole dalla sua bocca è disumana. Io e la mia ragazza ci guardiamo scioccati. Spero di non aver sentito bene, ma sono alquanto sicuro che il mio udito non mi abbia tradito. La nostra streghetta pazza inizia a sbuffare incrocia le braccia spazientita. Non so se farla incazzare sia proprio una buona idea.

«Il rito extracorporeo ti permette di tornare al momento esatto in cui la tua vita sta prendendo il corso sbagliato e cambiare la linea temporale. Ci sono però delle regole molto precise, un piccolo errore e il tuo futuro è compromesso per sempre.» La sua spiegazione è leggermente vaga e parla come se tutto ciò che sta dicendo fosse realmente scontato.

«L'ho visto ritorno al futuro, so di cosa parli» ribatto spazientito.

«Sono seria, Verstappen, potresti addirittura morire. Con la magia non si scherza» mi ammonisce lei.

Posso quasi giurare che per un attimo i suoi occhi siano diventati vitrei. Quando fa così sembra Satana. Non che io abbia visto le sue sembianze, ma da come lo descrivono potrebbe benissimo essere il genitore nascosto di Morgan. Alla fine suo padre nessuno lo ha mai conosciuto, nemmeno Chris ne ha mai parlato.

«D'accordo, Max, un incantesimo di protezione andrà più che bene» si intromette Meg, cercando di liquidare la questione il più presto possibile, ma io non ho alcuna intenzione di farlo. Perché se posso cambiare qualche evento del mio passato non farlo?

Ho tante cose che mi hanno segnato nella vita e magari cambiandone una di queste potrei avere un'esistenza del tutto felice, risanata da ogni ferita.

«Facciamolo!» esclamo con vigore, come se avessi appena scoperto la cosa più bella della mia vita.

«Sei impazzito?» Meg mi guarda con un'occhiata di rimprovero durissima, ma io la ignoro completamente.

«Altri rischi oltre la morte?» chiedo per essere sicuro di non andare incontro ad altro di più grande.

«Rischi di non riuscire più a riconciliarti con il tuo corpo e vagare per sempre nel mare di anime perdute.» Morgan fa spallucce e risponde come se stesse elencando i prodotti della lista della spesa.

Cala il silenzio per qualche secondo e ci guardiamo tutti e tre, io e Meg un po' spaesati, mentre la strega con quel suo sguardo sadico e misterioso con cui guarda chiunque.

«Basta che mi facciano giocare alla play. Facciamolo» rispondo con uno sguardo menefreghista.

Meg mi guarda, è a dir poco allibita. Non capisco tutto questo clamore, sarà uno degli stupidì riti di Morgan. Non c'è da preoccuparsi. Mi girerà attorno con aglio, peperoncini, un po' di salvia scaduta e qualche formula in lingua antica, dirà che la mia anima sta vagando nell'aldilà, io sarò più tranquillo e ognuno andrà a casa sua più contento di prima.

La strega si alza, fruga in una scatola dall'aspetto tetro e tira fuori un paio di pietre. Chiede a Meg di uscire dalla stanza per la durata del rito e lei lo fa senza sbattere ciglio, rivolgendomi uno sguardo omicidio che sa di "te la farò pagare". Attorno a me vengono posizionate delle candele e Morgan lo chiede di stendermi. Faccio come mi dice, contraddirla sarebbe da matti, ma devo trattenere a stento una risata.

«Sarò al tuo fianco in questo viaggio, vagheremo insieme, ma devi ascoltare ciò che ti dico, d'accordo?»

Mi spiega tutte le regole del gioco. Scandisce bene ogni frase come se fosse la cosa più seria del mondo.

Regola numero uno: non interferire con il me passato.

Regola numero due: posso solo spostare oggetti nello spazio per far cambiare gli eventi in modo casuale.

Regola numero tre: non devo mai separarmi da lei o perdere la pietra che mi mette in tasca.

Tutto chiaro. Sarà un gioco da ragazzi.

«Max, ti prego, fa' attenzione, non ne vale la pena» è il commento di Meg prima di chiudersi la porta alle spalle.

«Ci vediamo tra qualche minuto, stellina» le rispondo, rivolgendole un occhiolino e mandandole un bacio volante.

Morgan inizia a dire delle parole in una lingua sconosciuta e muove le mani sopra il mio corpo. La guardo con un occhio chiuso ed uno aperto, chiedendomi quanta convinzione serva per fare una cosa del genere.

Non si poteva limitare a togliermi il malocchio?

La luce nella stanza si spegne, le fiamme delle candele tremano, sento qualcosa fluttuare. Poi il buio. Un dolore forte all'altezza del peto e una sensazione di vuoto.

Mi risveglio dopo qualche secondo con una luce fortissima. Ho sbattuto la testa e non sono più in soffitta?

Fa caldo, estremamente caldo, vedo la gente passeggiare in canottiera e... parlano in italiano?

Mi guardo attorno e noto che sono vestito con un maglione pesante. Ho un maglione pesante e non sto sudando. E fa caldissimo, il sole brucia. Mi volto di scatto e quasi cado a terra quando vedo Morgan che fluttua nell'aria, a qualche centimetro da terra, con lo sguardo vitreo.

«Siamo nel tuo passato, Max. Da adesso in poi devi fare attenzione a qualsiasi cosa dici o fai» mi spiega.

Le scoppio a ridere in faccia. Non può fare sul serio. Credevo che lo scherzetto dell'esperienza extracoporea sarebbe durata poco. Mi fa così male la pancia mentre rido che mi appoggio ad un ripiano e... lo attraverso e cado a terra!

Smetto immediatamente di ridire e osservo le mie mani sbiadite. Faccio per sbatterle tra di loro davanti si miei occhi e i miei arti si trapassano tra loro.

Sono diventato un maledetto fantasma! Come cavolo ci è riuscita?

Non credo ai miei occhi fino a quando non sento dei singhiozzi provenire dietro di me. Mi giro e quasi perdo tutti i battiti. Quel bambino che piange, con un casco sotto il braccio e il borsone sulle spalle. Siamo in una pompa di benzina. Quel bambino sono io.

Ho un tuffo al cuore. Mi manca il respiro.

Quel giorno lo ricorderò per sempre. Mio padre mi ha appena buttato a calci fuori dalla macchina e mi ha lasciato lì. Il motivo? Ho perso la gara di kart.

Guardarmi da fuori è un'immagine raccapricciante. Il me bambino ha le guance tutte rosse e i singhiozzi che gli squarciano il petto. Stringe forte tra le mani i suoi capelli biondi e si prende a pugni sulle tempie incolpandosi di cose di cui non ha colpe.

Faccio uno scatto per rincorrerlo e consolarlo, ma Morgan, ancora fluttuante dietro di me. Mi ferma.

«Max, non farlo! Non devi interagire con lui.»

Le maledette regole!

Trovo strano che siamo finiti proprio qui, in quello che ricorderò sempre come uno dei giorni più traumatici della mia vita. Poi però ripenso al vero motivo per cui abbiamo dato vita a quest'esperienza: rimediare ai miei errori del passato per correggere il presente e il futuro.

Quel giorno me ne sono rimasto a piangere fino a quando mio padre non è tornato indietro ed ha ricominciato ad insultarmi proprio perché piangevo. Il piccolo Max non meritava quel trattamento. Nessun bambino meriterebbe quel trattamento. Da quel giorno ho interiorizzato una rabbia feroce dentro di me, che sono riuscito a tirare fuori solo con la vittoria del mondiale.

Guardo Morgan e afferro la pietra che ho in tasca. Lei capisce le mie intenzioni, ma non fa in tempo a fermarmi. Scusami piccola streghetta, viaggeremo insieme la prossima volta. La butto per terra e la schiaccio con il piede e mentre il cristallo va in frantumi il suo corpo si dissolve in una nuvola di fumo.

Ottimo, finalmente da solo.

Mi avvicino al me bambino in modo silenzioso. Muovo una mano davanti al su volto per verificare se può vedermi – Morgan non è stata chiara su questo – e a giudicare dalla sua espressione confusa e dal fatto che la smetta di piangere, può farlo.

«Ehm... Ciao! Sono il te del futuro» esordisco. Il me bambino mi osserva come se fossi matto, con gli occhi fuori dalle orbite. Se non mi ha traumatizzato mio padre lasciandomi alla pompa di benzina, mi sono appena traumatizzato da solo. Non il modo migliore per iniziare la conversazione con un bambino.

«Ascolta, non abbiamo molto tempo.» Devo sbrigarmi prima che succedano altre sciagure – sempre che sia tutto vero – e cambiare le cose. Tutte le mie sciagure sono iniziate in questo istante. «Smettila di piangere, tuo padre tornerà a breve a riprenderti e tu da grande sarai un pluricampione di Formula Uno. Sei forte Maxie!»

Avrei voluto sentirmelo dire non so quante volte quando ero piccolo e forse era proprio il caso che qualcuno lo dicesse al me bambino. Gli tiro una pacca amichevole sulla spalla e lui sembra illuminarsi.

«Saremo in Formula Uno e papà non sarà più arrabbiato con noi?» mi chiede con la sua vocina stridula e rotta dal pianto.

Gli sorrido. Esatto Maxie, sarà proprio così.

Non faccio in tempo a rispondergli però. Una strana sensazione mi pervade e sento la mia anima sgretolarsi sotto di me. Mi gira forte la testa, la dimensione intorno a me comincia a deformarsi. Vedo un potente fascio di luce e poi il buio. Vuoto. Nulla.

Sono a terra, metà conficcato nel suolo, quando mi accorgo di essere caduto. Riapro gli occhi e cerco, inutilmente, di massaggiarmi la testa dolorante. È notte e sono fuori ad una villa.

Del bambino e della pompa di benzina non c'è più traccia. Che strano. Sono io a sentirmi strano a dire il vero. Mi sento quasi pesante.

Non riesco a riconoscere la stradina dove mi trovo. Forse è buio e Morgan mi ha fatto ritornare a casa. O forse no, dato che sono ancora un dannato fantasma! Mi guardo le mani quasi trasparenti e sbuffo sonoramente. Forse se mi avvicino alla casa riuscirò a capirci qualcosa.

A giudicare dalle zucche intagliate e le bare e i fantasmini seminati nel patio, deve essere la notte di Halloween. Che strano. Forse sono finito in un altro episodio passato, ma non ho molti ricordi delle mie feste di Halloween.

Quando mi avvicino al portone di ingresso la scritta sul campanello mi fa sobbalzare. Norris. Che diamine ci faccio a casa Norris? Era già nato quando io sviluppavo i miei traumi?

Prima di suonare e fare altri danni mi avvicino alla finestra e do un'occhiata, magari riesco a capirci qualcosa. Alle mie orecchie arriva il suono di una risata di una donna che mi è familiare e le urla di bambini che corrono per casa. Mi arrampico alla finestra. Una chioma castana che mi sembra di conoscere è alle prese con delle candele da mettere dentro una zucca e ride di gusto rivolta verso qualcuno.

Quel qualcuno è proprio Lando Norris – decisamente più grande di adesso, ma invecchiato piuttosto bene – fa il giro dell'isola della cucina e abbraccia da dietro la donna con la zucca in mano. Le lascia una scia di baci sul collo e lei scoppia a ridere per qualcosa che lui le ha sussurrato.

Hai capito Norris! Ma quando è successo? Quando si è sistemato?

Anche perché subito dopo le due pesti urlanti che girano per casa corrono dalla donna e la chiamano mamma. E chiamano lui papà! Rimango incollato alla finestra e quasi lascio la strisciata di bava sul vetro. Quando è diventato padre?

La cosa più scioccante deve ancora accadere. Subito dopo la donna si gira e davanti a me vedo una scena raccapricciante. Quella è la mia Meg!

Cosa ci fa Meg nella cucina di Lando con i suoi figli spuntati da non so dove? E perché la stanno chiamando mamma? E perché lui la sta baciando appassionatamente?

Lando tieni immediatamente giù le mani dalla mia Meg!

Preso da un istinto omicida inizio a picchiare contro i vetri. Sono esterrefatto. I due si voltano intimoriti e non appena mi vedono sgranano gli occhi. Sembra abbiano appena visto un fantasma. Che poi è quello che sono.

Lando corre in giardino ad aprirmi e Meg lo segue dietro di lui. Si tengono perfino per mano ed io mi scaglio contro di lui senza alcun successo. Gli passo attraverso.

«Metti giù le mani dalla mia Meg» urlo imbestialito.

«La tua Meg?» chiede lui confuso. Perché è confuso?

«Max, io non sono mai stata tua. Che stai dicendo?» ribatte lei.

Non so chi tra i tre abbia l'espressione più confusa o gli occhi fuori dalle orbite, specie quando si accorgono che il mio corpo fluttua. Meg si ripara dietro Lando impaurita ed io preso dalla rabbia mi scaglio contro il boia finto che hanno in giardino e inaspettatamente prendo vita.

Mi fiondo su Lando e rotoliamo a terra, azzuffandoci come due ragazzini, con Meg che ci urla di smetterla. Lui è talmente confuso che risponde in ritardo ed io continuo a stordirlo con i miei pugni.

«Max! Che cosa vuoi? Sei impazzito per caso?» mi urla l'inglese quando riesce finalmente a bloccarmi a terra.

«Voi due cosa ci fate assieme?» chiedo stizzito.

«Siamo sposati» mi rispondono in coro con fare ovvio.

Sono sposati. Il mondo mi crolla addosso.

La prima domanda che mi viene in mente è relativa all'anno in cui ci troviamo. Duemilatrentaquattro. Assurdo.

Chiedo immediatamente spiegazioni, perché qui ci deve essere un errore e a quanto pare nessun errore. Io vengo dal passato e ho appena modificato il corso degli eventi. Morgan aveva ragione. Ho fatto un errore fatale.

Il cielo inizia a tuonare e Lando mi spiega la storia della vita che mi sono perso negli ultimi dieci anni.

Non ho mai vinto un mondiale, ero troppo spocchioso per stare in qualsiasi scuderia. A me hanno preferito Carlos, che è passato in red bull insieme a Daniel e hanno fatto vincere qualcosa come tre campionati costrutti alla scuderia. Carlos è poi andato a fare il secondo di Hamilton dopo che Rosberg si è ritirato – questo me lo ricordo – e la red bull ha deciso di acquistarmi in scuderia solo nel duemiladiciannove, quando sembrano essermi calmato. Eravamo forti, poi però ad Abu Dhabi Lewis ha vinto il suo ottavo mondiale per un errore mio di valutazione, si è ritirato subito dopo e Leclerc ha avuto una scia di annate vincenti fino a che la Red Bull mi ha appiedato, ha preso Lando che è attuale campione del mondo e ad oggi la sua spina nel fianco sono io in Mercedes, ma lui sta per ritirarsi.

Mi scoppia la testa.

Troppe informazioni e tutte distorte. Sono a pezzi. La mia vita fa schifo.

E lui e Meg si sono conosciuti esattamente come ci siamo conosciuti noi e si sono sposati ed hanno due bambini. Questo non lo accetto.

Mi scaglio di nuovo su di lui, preso dalla rabbia e tutto ciò che accade dopo è così veloce che non me lo so spiegare.

Lando inciampa e cade su una delle lapidi finte che però sono un po' troppo vere. Sbatte la testa e Meg urla, ma per lui è già tardi. Una pozza di sangue scorre dietro di lui. E come se non bastasse l'accetta piantata lì vicino gli mozza il collo e fa rotolare via il capo.

Una scena raccapricciante. Ho appena ucciso uno dei miei migliori amici.

Meg urla come una disperata e stringe tra le mani il corpo di Norris. Il cielo si apre ed inizia a cadere giù una pioggia battente come il peggiore dei film horror. Lei, presa da una rabbia cieca, si alza e mi minaccia con un coltello.

Ci sono addobbi troppo veri in questa casa, Meg e Lando sono dei genitori davvero irresponsabili.

Indietreggio, mentre lei avanza contro di me dicendomi cose orribili. Non è la persona che conosco e per come mi descrive per lei vale lo stesso.

Alla fine, presa da un raptus, pronuncia delle parole che non faccio in tempo a contraddire e rotea il coltello per ficcarselo dritto nel cuore. Ora sono io ad urlare.

La afferro prima che cada a terra. È tutto così sbagliato. Non posso credere di averla morente tra le mie braccia, per un mio stupido errore. Ho modificato il corso degli eventi, Morgan mi aveva avvertito di non farlo ed ora sono qui, in una realtà surreale in cui sono intrappolato come spirito.

«Max!» sento qualcuno che mi chiama in lontananza, ma non mi importa, voglio solo che le mie lacrime continuino a mischiarsi con la pioggia battente.

Ho appena perso l'amore della mia vita e scopro di essere un fallito. Non c'è esistenza peggiore a cui potrei andare incontro ed è tutta colpa mia. Continuo a stringere il corpo di Meg tra le braccia. Con le sirene della polizia che sono ormai vicine. Chissà come saranno i primi titoli dei giornali domattina.

«Max!» di nuovo qualcuno che mi chiama. Alzo le mani quando l'agente esce dalla volante e chiudo gli occhi.

«Max, dannazione!»

Mi sveglio di soprassalto con Morgan e Meg che mi prendono a schiaffi. Sono di nuovo nella soffitta. Mi alzo di scatto, con il fiato corto e sposto lo sguardo sulle due donne che sono di fianco a me. Meg è viva. Respira e mi guarda con aria terrorizzata.

La bacio quasi violentemente, preso da un impeto di nostalgia. Le sue labbra sono calde, è qui con me. Non so come sia possibile, ma l'importante è che sia qui con me.

«Sei viva!» esclamo con la voce tremante e gli occhi lucidi. Entrambe mi guardano stranite e sconvolte.

«Sei pronto o no ad iniziare quest'esperienza extracorporea?» mi domanda Morgan. La guardo confuso.

Scatto in piedi e mi allontano da lei come se fosse stata appena posseduta da Satana in persona. Non ho alcuna intenzione di ripetere quello che è appena successo, sono già fortunato ad essere tornato.

«Spero tu stia scherzando, io lì non ci torno!» rispondo in modo un po' troppo irascibile.

Morgan si alza e mi osserva come se fossi un caso clinico, un matto appena evaso dal manicomio. Fa qualche passo verso di me ed io indietreggio fino a sbattere contro la parete.

«Ma lì dove? Se magari eviti di addormentarti mentre stiamo iniziando il rito possiamo andare da qualche parte» ribatte inacidita, scuotendo la testa e allontanandosi in direzione opposta.

Ora sì che sono confuso. Non capisco dove voglia arrivare. Siamo partiti assieme e il ricordo di quel che è successo ancora mi terrorizza. Tutto il mio futuro cambiato era così terribile che già mi ritengo fortunato ad essere tornato indietro con le cose al proprio posto.

«Addormentarmi?» chiedo, mentre mi strofino la nuca per capirci qualcosa in più.

«Max, ti sei addormentato mentre Morgan preparava il rito ed hai cominciato ad urlare come un matto, non riuscivamo a svegliarti» interviene Meg.

Ed è tutto improvvisamente chiaro. Era solo un sogno. Un dannatissimo e spaventosissimo sogno. Niente di tutto ciò che ho immaginato è successo davvero. È sono sollevato, sul serio. Sarebbe stato uno scenario tremendo.

Stringo forte la mia Meg e nel momento di gioia mi lascio andare anche ad un abbraccio con Morgan, dalla quale però mi separo subito dopo aver ricevuto la sua occhiata truce.

Sono felice, al settimo cielo.

D'improvviso veniamo interrotti dalla porta della soffitta che si spalanca e una voce familiare.

«Morgan sei qui?» sulla soglia compare Lewis Hamilton con solo un asciugamano in vita, le gocce d'acqua che gli scorrono lungo il petto e i nostri sguardi stupiti che si incrociano.

Guardo le guance di Morgan colorarsi di bordeaux e finalmente collego i puntini. Altro che rito speciale in soffitta! La streghetta non voleva che scoprissimo della sua tresca. Se non mi facesse realmente paura potrei farle qualche battutina sconcia.

«Ah, ci siete anche voi» constata Hamilton, guardando me e Meg. «Perché non vi unite a me e Morgan per cena?»

La padrona di casa si sbatte una mano contro la fronte e Meg inizia a saltellare e sbattere le mani, confermando la nostra presenza per entrambi. Non posso declinare l'invito e non appena lui si richiude la porta alle spalle per rivestirsi e Morgan esce dalla stanza presa dalla vergogna, realizzo tutto.

Siamo venuti fino a Londra per una consulenza magica che mi ha quasi fatto prendere un infarto e finiamo a cena con la streghetta pazza ed il pilota a cui ho soffiato l'ottavo mondiale.

Se quello di prima non era l'incubo a cui sono destinato, questo deve decisamente esserlo. E non ci sarà nessuno a portami via. 

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