PRESAGI D'AUTUNNO - @JLivingstone
GRUPPO FANTASMINI - PACCHETTO ROSSO
PERSONAGGIO: CHARLES LECLERC
PROMPT: CANDELE
CARATTERISTICA: IL PERSONAGGIO SI CREDE UN GRANDE ESPERTO NELL'EVOCARE I DEMONI
PRESAGI D'AUTUNNO
Martha stringe le labbra, come a voler soffocare qualcosa di davvero profondo, poi si gira, voltando le spalle al commissario, incamminandosi verso la porta.
Appoggia la mano sulla maniglia, gira debolmente il viso dai tratti marcati.
Alexander vede un'ombra solcarle il volto, immergendo per un attimo la stanza nel buio e nella solitudine, come se l'aria che si respira sulle scene del crimine si fosse ora impossessata dalla stanza.
"Sei libero di pensarla come vuoi, Alexander"
Il suo nome, pronunciato dalle labbra di Martha è duro e secco, non dolce e mellifluo, come richiedono i canoni della lingua francese, che la ragazza padroneggia molto bene, ma che tuttavia resta imbevuto delle sue origini americane.
Hanno appena finito di discutere, sul tavolo in metallo giace inerme un quotidiano di quella mattina, la prima di novembre, con a caratteri cubitali una scritta imbrattata di sangue.
TROVATI MORTI IN BEAUSOLEIL LECLERC E LA FIDANZATA
"Una probabile festa finita male per la giovane promessa della Ferrari come risveglio al seguito della notte più tenebrosa dell'anno?
La Surete Publique ha già dato avvio alle indagini"
Il commissario Alexander Hublot guarda la sua collega, l'americana Martha Marsalis, con un'aria da sufficienza.
"Non sarà di certo un caso mediatico a trascinarmi ancora una volta, proprio di domenica, tra sangue e corpi morti... soprattutto quando la causa è come sempre la droga, o il denaro, visto che da quelle parti ne gira di tantissimo" sbotta, con lo sguardo puntato sulla collega.
Nella stanza al secondo piano della sede della Polizia di Monte-Carlo, cala il silenzio.
"Di certo non sarò io a ricevere un richiamo dal capo, lunedì mattina..."
Martha si sospende un attimo, come se quello che sta per dire sia qualcosa di davvero profondo o di estremamente ragionato.
Poi le parole le escono affilate.
"Sono anni che faccio questo lavoro: e credimi, a New York ho visto le cose più orribili che la mente umana può immaginare. Si passava da sparizioni improvvise di bambini da parte di maniaci pedofili, a violenze di ogni genere a danni di giovani ragazze cadute nei giri di prostituzione nei luccicanti loft in Central Park, passando per serial killer degni di un romanzo poliziesco svedese"
Ancora una pausa.
Alexander nota che le nocche della ragazza, attorno alla maniglia, sono diventate bianche.
Abbassa lo sguardo, come se volesse cancellare qualcosa dalla memoria, come se effettivamente, quello che davvero ha visto in Beausoleil, poco prima, sia davvero così terribile.
"Eppure quello che ho visto qui... quello che ho visto qui, Alexander... non avrei mai pensato di vivere abbastanza a lungo da poter vedere qualcosa del genere"
"Cosa vuoi dire?"
"Che ci sono in gioco i fantasmi, Hublot"
Il giovane commissario dagli occhi di bronzo, rilassa le spalle: sta per mettersi a ridere davanti a quello scherzo di Halloween in ritardo, da parte della sua bella collega, ma poi, la voce atona di Martha demolisce le sue illusioni.
"I fantasmi del passato"
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Martha Marsalis sta sfrecciando verso Beausoleil.
Il rumore delle marce della Ducati 999 spaccano, letteralmente, il silenzio della domenica mattina nel principato, una domenica come tante, un Primo novembre come tanti, veterano di una notte di Halloween tranquilla, passata tra dolci, film di Dario Argento e feste in maschera nei locali più particolari.
Eppure, la giovane tenente, stenta a credere che quella mattina, qualcuno, dopo aver spalancato le tende di un elegante appartamento che si affaccia sulla baia, ha trovato stesi sul letto i corpi di due giovani ragazzi.
"Puoi rallentare?"
La voce di Alexander Hublot arriva ovattata, per via del casco integrale, alle orecchie di Martha, mentre mette la freccia per svoltare a sinistra ed imboccare la strada che porta all'abitazione dove è avvenuto il delitto.
"Paura, eh?"
"No, solo prudenza"
Alexander si appoggia alla schiena di lei, chiedendosi quanto sia assurda quella situazione: non avrebbe mai detto che avrebbe provato l'emozione di essere il passeggero e non il pilota, su una moto.
Eppure deve ammettere che Martha era incredibilmente brava su quella moto: si muove in sincrono con le curve, bilanciandosi alla perfezione come se lei e la Ducati, la bestia italiana, siano un tutt'uno.
Deve contare solo sulle sue forze, per non provare uno strano calore pervaderlo quando appoggia le mani sulla vita di lei, per tenersi nelle curve, pronunciate, simili a quelle dei fianchi di lei, che sporgono dai bordi della sella sportiva.
"Dicono tutti così..."
Alexander può quasi percepire il sorriso di lei oltre il casco integrale che le copre il viso, mentre i lunghi capelli castani, raccolti in una treccia, svolazzano trasportati dal vento e dalla velocità della moto.
Tuttavia, il forte vento non riesce a trascinare via l'odore di vaniglia emanato dalla chioma di Martha, che ad ogni curva penetra le fessure del casco di Alexander, inebriandolo.
"Ma se vuoi rallento, tanto ormai siamo arrivati"
La moto rallenta, mentre davanti a loro si apre uno spiazzo, alla fine della strada, dove si riescono a scorgere diverse auto della polizia, i mezzi della Scientifica e una piccola folla di giornalisti e membri della stampa, in attesa di nuove notizie.
Ancora qualche metro a velocità sostenuta e poi Martha ferma la moto davanti ad una villetta, confinante con quella dove, a notare dall'andirivieni di poliziotti, è stato commesso il delitto.
Alexander scende dal sellino scomodo, tornando con i piedi per terra, con un sospiro eccitato, un misto tra sollievo ed adrenalina.
E' troppo che non vado in moto.
Si toglie il casco, ravviandosi i capelli scuri, neri come la pece, luminosi sotto i raggi spenti del tiepido sole della mattina.
L'aria gli investe il viso, solleticandogli la pelle accaldata, e la prima cosa che vede è Martha, in piedi davanti a lui, mentre si scuote i lunghi capelli castani, sciogliendoli dalla treccia, lasciandoli cadere lucenti e fluidi sulle spalle coperte dalla giacca in pelle, mentre sfiorano la scritta 'Dainese' argentata a livello del torace.
"Da quanto tempo era che non andavi in moto, commissario?"
Alexander si riscuote, mentre guarda estasiato la bellezza di Martha.
"Abbastanza da non ricordare più quanto fosse bello"
Lei sorride, mentre lega il casco al telaio della moto, consapevole che nessuno probabilmente lo toccherà, vista la notevole presenza della Surete Publique.
Alexander fa lo stesso, per poi sistemarsi meglio il giubbino in pelle, sopra i pantaloni beige, per poi avviarsi verso l'ingresso dell'abitazione, spalleggiato da Martha. "Dunque sei venuto per il delitto o per la corsa in moto?"
Per il profumo dei tuoi capelli.
"Per il delitto, che domande... anche se non nego che quattro sgasate per la Provenza, dopo, non sarebbero male, no?"
Il suo umore è notevolmente cambiato, mentre superano l'auto della polizia parcheggiata poco prima del cancello in ferro battuto e lavorato che separa dal giardino della villetta.
Dopo la fredda affermazione da parte di Martha riguardo quello che era successo, si era lasciato pervadere da una strana sensazione di disagio, forse dovuta al fatto che stesse davvero per declinare un suo dovere o forse perché si era spaventato.
Ma lui era il commissario Alexander Hublot, non poteva di certo spaventarsi davanti ad una stupida storiella di fantasmi che Martha aveva buttato lì.
Eppure ce li ha impressi anche adesso, mentre mostra il distintivo al piantone in divisa che sorveglia l'ingresso, gli occhi di lei, mentre pronuncia quelle parole: le iridi scure della ragazza, sempre sveglie e vigili su quello che accadeva intorno, sembravano essersi di colpo raggelate, come se davvero avessero assistito a qualcosa di terrificante.
E non era facile, spaventare il tenente Marsalis di New York, con una semplice storiella degna della notte di Halloween.
Ci vuole un attimo, la questione di un secondo quantistico, e la testa ha un capogiro.
Marie-Ange, con i lunghi capelli biondi e lo sguardo mellifluo, si incammina verso l'ingresso della casa del suo ragazzo, con in mano una zucca scavata, al cui interno brilla una candela, lasciandosi alle spalle il crepuscolo del tramonto.
La strada di Beausoleil è un andirivieni di ragazzini, che girano per le case con i costumi ed i travestimenti più particolari che ci possano essere: si passa da piccole streghette e fantasmini, ad adolescenti che non perdono l'occasione per imitare i propri attori preferiti.
Anche lei si è travestita: indossa un corto abito di pizzo, che da un colorito ancora più etereo alla sua pelle già abbastanza bianca e rosea, da cui sbucano le gambe lunghe ed affusolate, fasciate da un paio di calze rovinate, in tema per la notte degli spiriti. Sui capelli regge una corona di edera e frutti autunnali, comprata da un fiorista sulla Princesse Grace, confezionata apposta per quella serata.
La classica sposa cadavere di Tim Burton, con un omaggio all'autunno, dato dalla sua corona di foglie e frutti sul rosso e l'arancio.
Suona il campanello, dopo essersi abbassata ed aver appoggiato la zucca lanterna sul pavimento di marmo davanti alla porta.
Si chiede cosa ne penserà Charles di quel costume, si chiede se sarebbe una perfetta sposa cadavere.
E, mentre se lo immagina correre ad aprirle, quasi scorge uno strano volto, osservarla dietro l'angolo della casa.
Alexander si porta una mano agli occhi, fermandosi all'improvviso.
"Ti senti bene?" Martha si ferma di fianco a lui, qualche passo più avanti.
"Mh... solo una fortissima fitta alla testa, credo sia..." si guarda attorno.
Gli occhi incontrano una zucca abbandonata fuori dalla casa, una di quelle che si intagliano ad Halloween e che fungono da lanterne.
Giace desolata, sola.
"... solo la stanchezza, avanti, prima verifichiamo questo delitto e prima me ne torno a casa davanti ad una tazza di caffè"
Entrano nel giardino, solcato da una perfetta erba curata all'inglese, frutto di giardinieri veramente in gamba, interrotto solo dalla passerella in marmo che conduce fino alla grande veranda in open-space.
Sembrerebbe una casa come tante altre, lussuosa, tranquilla, con una possibile piscina sul retro, la classica casa che si trova sulla Costa Azzurra; ma l'esperienza aveva insegnato ad Alexander che le case dei delitti hanno sempre qualcosa di particolare, una sorta di strana aria che aleggia intorno, che le rende partecipi di una lunga scia grigia, a volte macchiata di rosso.
La bella villa tutta cristalli e finestre, che apparteneva al giovane e ben noto pilota di Formula1, la promessa della Ferrari, Charles Leclerc, agli occhi di Alexander, quella mattina, sembra aver perso tutto lo splendore.
Complice il cielo nuvoloso, con pochi stralci di luce che riuscivano a bucare la coltre di cumoli nembi e a riflettersi all'interno dell'abitazione, o forse complice ciò che è avvenuto al suo interno... ma Alexander sente subito arrivargli al naso uno strano odore.
Non riesce ad identificarlo, mentre cammina verso l'ingresso della veranda, dove riesce a scorgere due uomini della scientifica, nelle loro tute bianche, che parlottano guardando una reflex.
Un odore dolciastro, come la cera delle candele profumate quando cola sulla superficie su cui sono appoggiate, ma molto più penetrante. Si mischia al vento agitato che odora di sale e di arbusti, muove i capelli di Martha ed investe il viso di Alexander, arrivandogli con una nota amara e di cattivo presagio.
"Lo senti anche tu? Questo odore, intendo" domanda Martha, mentre superano i due della scientifica, in prossimità dell'ingresso.
Alexander annuisce, confuso, fermandosi sulla soglia per guardarsi attorno: il vento si sta alzando e muove le piante rampicanti di rose che costellano il prato inglese e il cielo è sempre più scuro.
Stanno per entrare in casa, quando sulla porta, sbuca un agente in divisa.
Ma un'altra, stavolta più accentuata, fitta, colpisce il giovane commissario.
Perché non mi viene ad aprire?
Pensa Marie-Ange, stringendosi le dita attorno al polso, ingannando l'attesa e l'aria fredda della sera.
Si guarda attorno: i bambini e i ragazzi sono meno ed il viavai sulla strada sembra essere giunto al termine, complice anche il freddo che sta calando.
Appoggia debolmente la mano sulla maniglia, ruotandola.
Sorpresa, la ragazza si accorge che è aperta.
Apre lentamente la porta e si ritrova nel salotto di Charles, stranamente vuoto.
Del ragazzo non c'è nemmeno l'ombra, ma a rendere tutto più strano sono le luci spente e l'innumerevole quantità di candele accese all'interno del salotto, che illuminano con il loro tremulo bagliore l'intero locale.
La porta dietro di lei si chiude, facendola sobbalzare.
"Charles?"
Si porta le mani al petto, istintivamente, martoriandosi ancora il polso, come di solito fa quando è preoccupata o agitata.
"Charles, se è uno scherzo sappi che non è divertente"
La cucina è immersa nell'oscurità, fa freddo e il suoi passi, attutiti dalle Nike bianche che indossa, risuonano desolati.
"Volevi spaventarmi? Mi sa che tu ci sia riuscito"
SI blocca, in mezzo a quelle candele sparse ovunque.
"Aspetta, aspetta" ridacchia la ragazza, anche se quella risata suona fredda e senza divertimento, nell'ambiente buio e cupo della stanza.
"Non dirmi che hai cercato di evocare ancora quello stupido demone come lo scorso anno!"
Sul viso di perla di Marie-Ange si è delineato un debole sorriso.
"Anzi, scommetto che insieme a te ci sono anche Pierre e gli altri e ve la state ridendo come pochi... com'era finita lo scorso anno? Alla fine il demone evocato era solo Lando con un lenzuolo addosso?"
Silenzio.
"Charles ora basta e vieni fuori, sto salendo le scale, ti assicuro che se scopro che mi stai facendo uno scherzo finisce male"
Si dirige verso la scala, anche quella illuminata solo dalle candele.
Sale i primi gradini, incrociando con lo sguardo le foto appese alla parete; tra gli scatti, che lei ormai conosce a memoria, c'è un piccolo specchio.
E' troppo presa dal forte odore di cera che si respira, per rendersi conto che nel riflesso, oltre che a lei, si può scorgere un volto demoniaco, che cauto e silenzioso, sta salendo dolcemente le scale con lei.
"Brutto vento, vero commissario?" ammicca al cielo che si sta annuvolando, mentre si toglie i guanti in lattice che devono sempre essere indossati sulla scena del crimine.
Alexander si risveglia di colpo da quella fitta lancinante che ha appena avuto, riportato alla realtà dalla voce dell'agente.
Ma che cazzo mi succede stamattina?
"Dicono sia Maestrale, il che è strano, perché non soffia mai in questo periodo e poi... se proprio dobbiamo affidarci alle credenze e alle leggende popolari, dicono che quando soffia Maestrale, la gente è più agitata, i mal di testa più intensi e i presagi... beh oscuri"
"Sono solo credenze" sbotta Alexander, anche se, più che una contraddizione alle parole dell'agente, suona più come una rassicurazione a se' stesso.
"Già, commissario... anche se dovrebbe davvero dare un'occhiata a quello che c'è là dentro"
Il viso del giovane agente è solcato da un'ombra.
Nello stesso istante una fortissima folata di vento gli muove la giacca della divisa, aperta sopra la camicia bianca.
Si allontana verso l'auto parcheggiata fuori dalla villetta, borbottando qualcosa riguardo "il verbale da fare in centrale" ad un collega, appoggiato alla portiera dell'auto.
"Entriamo?"
Martha lo riporta alla realtà, con la voce leggermente raspata.
"Sì, scusa"
Entrano dalla porta aperta, ritrovandosi in un ampio e vasto salotto ad openspace, collegato alla cucina, moderna e dai colori neutri, dalla quale si può accedere al piccolo patio che porta in piscina.
Sembrerebbe un normalissimo locale come quello di tante altre ville: la televisione all'ultimo grido, quadri d'autore alle pareti, tende color crema e divani in pelle scura, eleganti e chic, se non fosse per l'innumerevole quantità di candele sparse sulle superfici.
Alexander si guarda intorno e dovunque poggi lo sguardo, i suoi occhi incontrano una candela spenta, che probabilmente la sera prima doveva essere accesa.
Il basso tavolino da tè di cristallo ai piedi del divano, lo scaffale pieno di libri vicino alla televisione, la penisola della cucina, il piano bar... tutto, nell'ampio ed arioso locale, è caratterizzato dalla presenza di una o più candele spente.
Martha si avvicina al piccolo tavolino da tè, si inginocchia sulle lunghe gambe e dopo aver estratto dallo zainetto di pelle un paio di guanti in lattice azzurri ed esserseli indossati, sfiora con cautela lo stoppino di una candela bianca, quasi esaurita, sul bordo della superficie.
"E' strano"
"Cosa?"
"La candela: lo stoppino è ancora buono e da come puoi notare, ci vuole ancora molto prima che la cera si esaurisca, è come se qualcuno le avesse spente del tutto... e soprattutto, tutte quante nello stesso istante"
Martha con un cenno del viso indica lo spazio attorno a loro, movimentato dal via vai della Scientifica e di qualche agente incaricato di sorvegliare il luogo.
"Per farlo, dovrebbe esserci una terribile folata di vento, ma da quanto mi risulta, tutte le finestre erano sigillate al momento del delitto"
Alexander si accarezza debolmente un sopracciglio, come è solito fare quando la concentrazione viene a mancare o stenta ad arrivare, poi alza gli occhi sulla sua collega.
"Chi ha trovato i cadaveri?" domanda, dopo qualche istante.
"Il giardiniere che ogni mattina è solito passare per curare i fiori, è stato lui ad allarmarsi e a chiamare la polizia quando, dopo aver atteso al citofono per più di mezz'ora, nessuno gli è venuto ad aprire" "Capisco" sussurra impercettibile Alexander.
Il suo sguardo ricade sulla scala, che porta al piano superiore, contraddistinta dal sigillo giallo della scena del crimine e piantonata da un agente.
"Martha... ho intenzione di dare un'occhiata al piano superiore, nel mentre ti sarei grato se riuscisti a buttare giù dal letto il boss, spiegandogli la situazione, anche se è domenica, voglio che metta al corrente dell'accaduto la vicina Nizza... intanto che aspettiamo le prime rilevazioni sul campo"
Martha annuisce ed accenna ad un debole sorriso, prima di voltarsi ed uscire dalla casa.
"Oh, tenente..."
La ragazza si ferma, con un piede sul marmo della veranda, e si gira verso Alexander.
"Non correre con quel diavolo rosso"
In tutta risposta, Martha scoppia in una risata cristallina che però, dentro quel luogo in cui ha fatto visita la morte in persona, suona come un desolato grido.
Alexander resta da solo, nel grande salotto, mentre si avvia verso il piantone.
Non c'è nemmeno bisogno di sfilare il distintivo, che l'agente scatta sull'attenti, togliendo il sigillo per farlo passare.
Alexander lo ringrazia con un sorriso, mentre lentamente sale le scale che conducono al piano di sopra.
Mentre avanza sui gradini, non può fare a meno di guardare le innumerevoli foto appese alla parete delle scale: sono diverse e ritraggono, probabilmente, vari momenti della vita del pilota. C'è un giovane seduto su una grossa roccia, che domina tutta la baia, mentre alza le dita in segno di vittoria, poi due ragazzi sui quindici anni che mangiano un gelato con i piedi in ammollo in piscina, una foto che ritrae il pilota, da bambino, con un uomo che ha tutta l'aria di essere suo padre, mentre pescano seduti sul bordo di una barca a vela ed infine, prima che la scala finisca, il giovane Leclerc in tenuta da gara, con i capelli impregnati del sudore della tensione, mentre bacia appassionatamente una bella biondina, ripresa di spalle, che ha tutta l'aria di essere la povera malcapitata che quella notte è stata trucidata con lui. C'è anche uno specchio, un po' vintage, abbandonato tra le foto.
Perso tra quegli spezzoni di vita, Alexander non si rende conto di essere arrivato alla fine delle scale.
Davanti a lui, ora, si apre un corridoio costellato da tre porte, probabilmente una deve essere il bagno, l'altra la stanza degli ospiti e, quella socchiusa, la stanza del delitto.
L'occhio addestrato del poliziotto che è, lo spinge a cercare eventuali tracce dell'assassino, ma non nota niente, se non il solito e fortissimo odore di candele profumate e salmastro.
Avanza sul tappeto persiano appoggiato sul pianerottolo, sopra un parquet di afromosia tirato a lucido, per poi arrivare davanti alla porta della camera da letto.
Per terra c'è una corona, una di quelle che si usano per gli ornamenti, fatta di edera, di foglie scure e frutti in perfetto tema gotico-autunnale.
Probabilmente il resto di un travestimento.
Appoggia lentamente le dita sulla fredda maniglia e un pensiero corre a Martha, che poco tempo prima, quella stessa mattina, si è trovata nella sua identica situazione.
Marie-Ange è alla fine degli scalini.
La zona notte che si apre davanti a lei è immersa nel buio più pesto che possa esserci: le porte che costellano il corridoio sono sigillate.
Sul piccolo mobiletto tra la porta del bagno e la camera del pilota, ci sono due candele accese e tremolanti.
C'è un forte odore di cera e di... di qualcosa che non riesce a distinguere.
"Charles?"
La sua voce è sull'orlo del pianto, mentre si guarda attorno.
E' davvero spaventata, adesso che nemmeno l'ipotesi di uno scherzo si regge in piedi.
Ha paura, tanta, troppa forse, mentre si aggrappa all'illusione che dietro la porta che sta per aprire ci siano Charles, Lando, Pierre o chissà chi altro, pronti a dirle che lo scherzo è riuscito alla perfezione.
Appoggia le dita sulla maniglia, ma qualcuno la afferra ferocemente i capelli da dietro, trascinandola via dalla porta.
Marie-Ange urla, urla con tutta se stessa, mentre sente il cuoio capelluto venire tirato fino allo stremo e mentre sente cadere sul pavimento la corona che fino a pochi istanti fa faceva parte del suo travestimento.
Qualcuno l'ha tirata dentro un angusto spazio tra la porta ed il muro ed ora, le sta premendo una mano sulla bocca.
Gli occhi le si inumidiscono, forse per il dolore, forse per la pura o forse... per il sollievo, quando si accorge che è Charles.
E' premuto contro il muro e le sta facendo da 'cuscino' con il corpo, sempre tenendole una mano sulla bocca; nella penombra, gli occhi di lei abituati al buio incontrano quelli di lui.
"Zitta zitta zitta zitta zitta, non dire niente"
La voce è quasi impercettibile e il viso contratto in unna smorfia terrorizzata.
"Avevano ragione... esiste... ed ora è qui, l'ho evocato io..."
Marie-Ange lo implora con lo sguardo.
"Era tutto un gioco... doveva essere una cazzata tra amici, evocare un demone, Halloween, una scommessa... ed invece... è qui, è qui per prenderci"
Vorrebbe gridare "Chi? Chi ci sta per prendere?"
Ma poi gli occhi del giovane pilota della Ferrari si dilatano e sbarrano, mentre anticipano alla bella MarieAnge, cosa c'è davanti a lei.
Lei volta il viso.
Non ha nemmeno il tempo di gridare, non ha il tempo per capire, non ha il tempo per rendersi conto di quello che sta succedendo.
Resta solo il petto squarciato, il sangue sul vestito bianco, gli occhi verdi di Charles aperti in un grido senza voce.
Un volto demoniaco impresso per sempre nelle iridi squarciate da un grido silenzioso.
E la sua corona, che avrebbe tanto voluto mostrare a Charles, abbandonata sul tappetto.
Ha la nausea stavolta, mentre guarda quella corona, per terra, annebbiato dalle lancinanti fitte.
Poi prende coraggio e apre la porta.
La luce entra filtrata dalle tende tirate e i suoi occhi, poco abituati al buio, si posano sulle pareti dai colori tenui, tappezzate di poster e fotografie, sui mobili moderni, sulla scrivania su cui giace un computer all'ultimo grido, sulla chitarra acustica addossata alla parete sul suo apposito piedistallo, sull'impianto stereo spento.
Poi li vede.
Sono sdraiati sul letto, i volti inespressivi, gli occhi spalancati, le lenzuola perfettamente ripiegate, come se fossero stati adagiati su quel materasso immacolato.
Il giovane pilota ha il viso rivolto all'indietro, i capelli scuri sono imbrattati di sangue, gli occhi verdi, impassibili e vitrei, sembrano essere lo specchio dell'angoscia della morte.
La maglietta della Martini Racing che indossa, rivela un enorme taglio sotto la clavicola.
Lei, è sdraiata di lato.
Indossa un semplice abitino bianco, che nei suoi ultimi attimi di vita, si è alzato, mostrando le calze autoreggenti color carne e sfiorando, poco casto, il bordo delle mutandine chiare.
Alexander la guarda in viso.
E' bella.
I grandi occhi color miele sono spalancati e vitrei come quelli del ragazzo sdraiato di fianco a lei, le lunghe ciglia nere incorniciano uno sguardo che, una volta, doveva essere dolcissimo; i lunghi capelli biondi sono sparsi per il cuscino come un'aureola, imbrattati di sangue, sangue che scende lungo i lineamenti del suo viso, per poi incontrare un enorme taglio a livello della gola.
Mentre li guarda, non può fare a meno di pensare a quanto siano simili a due divinità infernali, con i loro occhi sbarrati, la pelle bianca, il sangue rappreso e il fascino di una bellezza persa, rovinata, senza tempo.
Il re e la regina della morte.
Il giovane commissario, riprende fiato, l'odore è talmente penetrante da fargli girare la testa.
C'è puzza di cera, di candele, di profumo costoso, di biancheria pulita, misto a sangue e misto a morte.
Alexander è abituato al sangue, eppure, è costretto a sedersi su una bassa poltroncina di pelle, perché le gambe sembrano non reggerlo più.
Sulla scrivania figurano svariate candele, così come sui comodini ai lati del letto.
Il commissario è costretto a chiudere gli occhi, per non incontrare di nuovo le due figure abbandonate sul letto come manichini in un film horror.
Si sente male, vorrebbe gridare ma non ce la fa.
La schiena ha un fremito, quelle candele e il loro penetrante odore gli sta dando la nausea, se non esce subito da quella stanza probabilmente vomiterà.
Si alza barcollante, mentre si dirige velocemente alla porta.
Ma suo malgrado, la trova chiusa.
La stanza si fa ancora più buia, un vento fortissimo fischia contro i ventri antisfondamento, dietro le tende che oscurano la visuale su quella scena macabra.
Rivede Martha uscire dalla porta con i capelli che ondeggiano, la vede voltarsi, si gira, gli sorride, come in una sequenza a rallentatore di un film muto, poi un flash improvviso, un volto che non ha mai visto, una macabra espressione si inserisce come un frame tra le immagini di Martha sorridente, con i capelli mossi dal Maestrale, di nuovo quel volto, vorrebbe urlare, sta per vomitare, di nuovo Martha, il vento urla contro i vetri affacciandosi ad una scena di pausa eterna, Alexander si volta, Martha, il volto demoniaco, si gira e...
Se qualcuno avesse chiesto al commissario Alexander Hublot come fosse fatta la morte, mentre il sangue iniziava a scorrergli dall'enorme taglio al livello della spalla, avrebbe sicuramente detto che è bella.
Bella e giovane.
Elegante, realizzata.
Profuma di candele, di vento freddo e di sangue seccato.
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