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TO YOU, ALWAYS

EREN

L'ossigeno umido fluisce nei polmoni spossati ad ogni respiro profondo che mi concedo. A fianco a me il busto di Levi si alza e si abbassa allo stesso ritmo del mio. Mi è mancato anche questo. Il modo in cui i nostri respiri pesanti riempiono la stanza dopo che abbiamo fatto l'amore. L'esatto momento perso nel tempo in cui i nostri corpi sudati e l'aria impregnata dalla nostra unione sanno di casa. Levi sa di casa con la sua colonia mista al tabacco che non riesce ad abbandonare e gli aromatizza i bordi nivei dell'indice e del medio della mano destra. Lo guardo di sottecchi, ammirando il viso coperto proprio da quella mano abbandonata svogliatamente sugli occhi. Non saprei dire se le guance sono rosa dallo sforzo o dall'imbarazzo. Forse come per me è un misto di entrambi. D'altronde non mi era mai capitato che lo facessimo così, senza conoscere le intenzioni l'uno dell'altro. Sarà su questo che riflette il corvino, chiuso in un silenzio tutto suo? Non avrei voluto prendere in mano la situazione. Sapevo che se l'avessi fatto poi sarebbe stato più difficile capire i piani di Levi e a quali conclusioni sia giunto in questi tre mesi separati.

"Scusa."

Sussurro, un po' per insicurezza e un po' per la gola secca che smorza le parole. La sua mano sussulta accanto alla mia. Prendo quelle dita fredde che si lasciano catturare senza opposizione e me le porto alle labbra, riscaldandole con piccoli baci mentre il viso del corvino resta immutato.

"Non volevo...saltarti addosso in quel modo."

Levi si inclina con la testa verso di me, sollevando appena il dorso della mano per rivelare un occhio che osserva divertito il solco rammaricato tra le mie sopracciglia.

"Sei il solito ragazzino arrapato."

Scherza, dissipando le mie paranoie con una risata che lascio andare contro alla mano ancora a portata di labbra. Quando distendo la bocca per parlare sfioro brevemente la meravigliosa, fredda pelle diafana.

"Disse quello che ha bocciato i preliminari."

Gli rubo un ghigno. Uno di quei stupendi sorrisi sghembi che fa quando si sente a disagio. Scosta la mano dal viso per guardarmi dritto negli occhi e riprendere il suo ruolo.

"Sei diventato arrogante, Jaeger."

Sibila in modo provocatorio, ma la sua espressione perde malizia quando si focalizza sulla mano che gli sto baciando. Anche io mi sento strano se mi guarda mentre gli faccio le coccole. Non che non sia spontaneo, ma entrambi sappiamo che manca ancora qualcosa per ricucire del tutto lo strappo. D'altronde non abbiamo ancora parlato seriamente da quando è arrivato.

"A che ora hai esattamente il volo?"

Mi alzo dal pavimento, lasciando a malincuore quella dolce presa che avevo conquistato e inumidisco una salvietta nel lavandino sgombro dai miei ex-capelli.

"Parte alle 19. Alle 17 devo essere in aeroporto. In sostanza mi restano sei ore."

Espone analitico. Mi inginocchio vicino al suo ventre e passo la salvietta umida sugli addominali tonici così diversi dai miei, appena accennati. Levi sussulta lievemente al mio tocco, ma dubito che sia il tessuto bagnato a fargli questo effetto.

"Guarda che so pulirmi da solo."

Il tono sprezzante cozza con il viso imbarazzato. Sono contento che anche lui soffra le tipiche reazioni umane. Non può fare niente per fermare i muscoli che si agitano, quando passo sulle cicatrici e sulla pelle liscia in mezzo, attento a ripulirlo al meglio.

"Eddai, lasciami fare il buon padrone di casa."

Accenno un sorriso, ma sicuramente ora nota le mie guance accaldate con gli occhi plumbei fissi sui movimenti accorti delle mie mani solitamente impacciate.

"Intanto non è una casa, ma un hotel e poi offri questi servizi a tutti quelli che girano qui dentro?"

"Ho detto la stessa cosa a mia madre prima al telefono!"

"Che fai così con quelli che ti scopi qui?"

Chiede tra il divertito e lo spiazzato. Tuttavia ridiamo come prima. Alla fine la chimica è sempre la stessa e allora il resto si può risolvere. In sottofondo cullo questa considerazione.

"Scemo! Intendevo la cosa sull'hotel."

Spiego tra una risata e l'altra. Levi si mette seduto. E' la seconda volta in poco tempo che ride con le lacrime agli occhi e posso affermare che sia davvero la cosa più bella che potessi vedere. Chissà se apprezza come me la sensazione dei polmoni che bruciano in mancanza d'aria o le fitte agli addominali contratti troppo a lungo... Si asciuga gli occhi mentre io mi sistemo i capelli ormai asciutti. Mi alzo in piedi quando lo fa anche lui.

"In ogni caso lo sai che quello non mi basta."

Indica serio l'asciugamano.

"Lo so. Ti conosco, maniaco. La doccia è tutta tua. Intanto sistemo il bagno."

Fa scorrere il vetro senza pensarci due volte, ma lo fermo prima che entri, approfittando dell'ondata di coraggio sicuramente dovuta all'atmosfera leggera che ci stiamo concedendo.

"Lev..."

Si gira di scatto verso di me già timoroso di quello che sto per dire, ma la ruga sulla fronte sparisce al nascere del mio sorriso e al tono rassicurante con cui gli dico quello che muoio dalla voglia di fargli sapere.

"Non c'è stato nessuno in questi mesi."

E per te? Vorrei aggiungere. Blocco in tempo la lingua, ma dovrei saperlo che il corvino legge senza problemi tutto quello che passa sul mio viso.

"Beh lo sai Ren... negli archivi delle biblioteche si rimorchia un casino e poi mi conosci... Sono così solare ed espansivo che è difficile starmi lontano."

Sparisce in doccia con un occhiolino, lasciandomi in piedi a sorridere come un ebete. Ora che ce lo siamo detti molta della tensione è già scomparsa. Non che avessi pensato di potermi prendere di qualcun altro e ad essere sinceri non l'ho mai pensato neanche di Levi, ma si dice spesso che i bisogni fisici non vadano di pari passo con quelli emotivi... Anche se io non vorrei mai nessun altro, in nessun senso, in nessuna circostanza. Mi chiedo se a Levi questo sia chiaro come lo è per me.

***

Dopo un'ardua pulizia del bagno e la seconda doccia della mattinata torno in camera. Levi sul letto mi aspetta con la solita aria imperturbabile. Cerco di non soffermarmi troppo sulla sua parte alta ancora scoperta.

"Prestami qualcosa. Questa è andata."

O almeno ci ho provato... Solleva con l'indice la maglietta più stropicciata che io abbia mai visto. Arrossisco alla testimonianza di quanto io sia stato poco delicato solo un'oretta fa.

"Ah..s-sì... certo."

Faccio andare abbastanza ossigeno al cervello da aprire il cassetto e prendere una semplice t-shirt nera, evitando senza dubbio quelle troppo stravaganti. Con mio sollievo, Levi sembra apprezzare abbastanza da non fare nessun commento acido sul mio abbigliamento.

"Senti... Vorrei portati in un posto se ti va. E' qui vicino, quindi abbiamo il tempo necessario prima del tuo volo."

Trattengo il fiato, approfittando dei pochi secondi in cui Levi è nascosto dalla maglia che sta indossando per azzardare la richiesta che mi gioca sul cordolo delle labbra da quando ha varcato la soglia. Non appena rispunta dal colletto che sistema meticolosamente mi dà un'occhiata strana, forse un po' guardinga. Sicuramente non capisce perchè io sia così teso per una proposta da nulla. Si passa una mano tra i capelli e annuisce lentamente sotto al mio sguardo cristallizzato nella spasmodica attesa di risposte.

"Fammi strada, francesino."

Rilasso le spalle e accenno un sorriso alla sua battuta con cui scaccia tutta l'apprensione.

"Questo dovrei dirlo io a te, Monsieur Ackerman."

"Hai un accento pietoso."

Scherziamo così per buona parte del tragitto. Parigi di Sabato è letteralmente invasa dai turisti, ma per me è come se fossi su un pianeta disabitato. Non vedo atro che Levi con il suo viso luminoso. Levi che inala il profumo della mia maglietta quando pensa che non lo stia guardando. Anche lui sembra troppo preso da altro per fare i soliti commenti scorbutici sul caos e sulla folla. Lo vedo perso nell'orizzonte, rimirando qualcosa nella sua mente a cui nessuno ha accesso e torna su di me solo ai vari angoli in cui aspetta che gli indichi se andare a destra o a sinistra. Involontariamente accelero il passo, assoggettato al bisogno di arrivare che si intensifica man mano che il silenzio alimenta le nostre riflessioni. Non so descrivere il sollievo quando finalmente arriviamo all'ultima svolta prima della destinazione.

"Di qua!"

Preso dall'entusiasmo gli afferro la mano. Il corvino si lascia trascinare senza opporsi, stringendosi intorno alle mie dita. Camminiamo così veloce che manca poco ad una vera e propria corsa. Affiancati dal vento fresco dell'estate parigina, ad un passo dal momento che ho tanto sognato e su cui ho fantasticato nell'ultimo periodo, ho paura di guardare Levi alle mie spalle. Decido solo di godermi la sua mano nella mia, fredda anche in una tiepida giornata di fine Agosto.

"Mi vuoi dire dove mi porti così di corsa?"

Chiede, quando rallento l'andatura parzialmente rassicurato dal gigante ingresso che torreggia sulle nostre teste. Siamo arrivati. Lo invidio per non avere il mio stesso fiatone, ma d'altronde lui non può essere agitato come lo sono io.

"È la mia scuola."

Indico il grande portone in ferro battuto a cui ormai siamo davanti. Levi lo squadra senza emozione, sebbene ci sia qualcosa che minaccia la sua indifferenza.

"Beh tutta questa fretta e adesso non entriamo?"

Mi provoca. Con le nostre mani ancora intrecciate lo tiro a me. Gli accarezzo il viso, leggermente corrugato per i miei gesti improvvisi. Ho così paura che mi sfugga di nuovo che ogni secondo inizia ad essere fondamentale. Mi appoggio alla sua fronte, partecipando del vago sussulto che gli smuove la schiena. Chiudo gli occhi, incidendo nella mia memoria le nostre temperature mischiate, le dita intrecciate e i cuori che sicuramente vanno all'unisono.

"Vieni, entriamo."

Gli soffio sulle labbra e giuro di vederlo tremare poco prima che mi volti per farmi seguire in silenzio. Saluto velocemente il portiere, spiegandogli nel mio francese stentato che mostrerò l'aula al mio amico. E' abituato alle visite dei parenti vari, ma per fortuna mi dice che questa mattina non c'è nessun altro. Lungo il corridoio in marmo bianco, mi decido a rompere la bolla in cui siamo ovattati. Mi fermo bruscamente, facendo stridere il pavimento lucido e deserto e, approfittando nuovamente del nostro intreccio, faccio arrestare anche Levi tirandogli dolcemente il braccio. Mi ritrovo a dover rispondere al suo sguardo interrogativo, resistendo alla tentazione di mordermi il labbro e cancellare la domanda che sto per fargli.

"Levi, posso chiederti... della terapia?"

Sembra un po' sorpreso, ma niente che non reprima con un'alzata di sopracciglio mentre io combatto come posso il rossore in viso.

"Sta funzionando davvero?"

Chiedo, titubante e bisognoso al contempo. Levi guarda in basso, meditando sulle parole da usare. Gli lascio il suo tempo, tornando sull'attenti nell'istante in cui mi trovo catapultato nei suoi occhi profondi.

"Sì, Eren. Mi aiuta molto. Ho capito che non posso fare granchè per il passato, ma Mike mi aiuta a valutare meglio le decisioni riguardanti il futuro. Tutta quella rabbia che sentivo dentro... Io... io mi sto davvero impegnando, Ren."

Mi fissa intensamente in un disperato bisogno che io gli creda. Sospiro, alleggerito. Ora so che qualsiasi cosa succederà sarà lui a volerlo e non un momento di crisi. Gli faccio un sorriso, semplicemente, senza ottenerne uno in risposta dal suo viso adombrato.

"Bene, sono contento. Vieni."

Sussurro. Nei pochi passi che mancano all'entrata in aula, Levi è più perso di prima. Qualcosa nella mia domanda deve averlo scosso a tal punto da incrinare la freddezza del suo volto. Lo sento più incerto quando ci fermiamo davanti alla porta. Resta dietro di me. La schiena brucia lì dove immagino i suoi occhi pensierosi a guardarmi insieme ai sospiri troppo pesanti che mi arrivano alle orecchie.

"Allora... volevo mostrarti ciò che ho fatto come prog-"

"Ti amo."

Ogni parola in sospeso si dissolve nell'aria che viene a mancarmi. Ogni funzione nel mio corpo si è arrestata. Con un tremendo fischio alle orecchie e un freddo innaturale che mi fa venire la pelle d'oca le gambe ruotano su se stesse, vacillanti e ancora più instabili una volta che si fermano davanti al loro obiettivo. E' Levi, lo so che è lui, ma non metto subito a fuoco il suo viso. Mi ci vuole un po' per riconoscerlo con le labbra pressate e lo sguardo incerto che vaga veloce tra me e il pavimento. Credo di tremare impegnato come sono ad arrestare il cuore impazzito, ma osservo le nostre mani intrecciate e mi accorgo che è la sua ad essere instabile.

"Che cosa hai detto?"

Mormoro, guidato da un automatismo di emergenza che si attiva con un fil di voce dopo che tutto l'ossigeno dell'ambiente è scomparso dai polmoni. Levi, gli occhi dilatati dal puro terrore, mi guarda.

"Sì insomma... ti amo, Eren. Non che non ti amassi prima, però... non volevo dirtelo. Era stupido dirtelo senza sapere se saresti stato sempre con me. Invece adesso è diverso..."

Si porta una mano dietro al collo e prende una boccata d'aria che sembra vitale. Lo invidio perché riesce a respirare mentre io ormai vivo solo delle sue parole. Unisce la mano alle nostre già intrecciate come per farsi forza. Quando parla la sua voce è ferma, a dispetto del resto.

"Anche se non mi volessi più, a me sta bene amarti. Sono venuto fin qui solo per dirti questo. Non vorrei amare nessun altro, quindi sono contento così. Perciò te lo ripeto e non mi serve una risposta. Te lo dico e basta. Ti amo."

Butta fuori d'un fiato per poi lasciarmi le mani e portarle sul viso per catturare un sospiro stanco. Ha gli occhi imploranti fissi nei miei, paralizzati al punto che cerco a tentoni la maniglia dietro alla schiena perchè non riesco a staccarmi dal ragazzo spaventato che per la prima volta sperimenta la leggerezza di togliersi un gran peso dal cuore, distruggendo completamente la forza di gravità che faceva battere il mio.  Forzo la maniglia che ho stretto fino a sudare e lo trascino in aula, costringendolo a scoprire il viso ancora sconvolto per la confessione dalle ciocche inchiostrate. Lo lascio al centro della stanza, andando verso il progetto che tengo ben nascosto dagli sguardi indiscreti. Le gambe percorrono molli quei pochi, decisivi passi.

"Beh Levi, anche se non vuoi una risposta, io te l'ho già detto una volta."

Lo guardo più concentrato che mai su di me che aggancio il telo al mio fianco quasi per sorreggermi. Non sa cosa aspettarsi, non lo so neanche io, ma nessuno teme più il futuro.

"Con te non si può proprio fare altrimenti."

Tiro giù il drappo bianco sotto al quale riposa il dipinto a cui ho lavorato negli ultimi tre mesi. Non ho mai saputo se fosse una buona idea. Non sapevo neanche se Levi sarebbe mai venuto qui per vederlo. So solo che quando soffrivo e ogni cellula del mio corpo desiderava che lui stesse meglio, le mie mani non hanno saputo fare altro se non questo. Questo disegno a cui Levi si avvicina. La bocca dischiusa e gli occhi sgranati sono una reazione che non riesco a definire. In un silenzio religioso raggiunge la tela, scorrendo i polpastrelli sul colore asciutto. Ripassa i lineamenti del proprio volto. Sfila delicatamente le labbra sottili e il naso decisamente alla francese. Traccia gli occhi di cui non riuscirò mai a riprodurre la tonalità mozzafiato per poi dedicarsi alla figura accanto con un tocco più deciso, più bisognoso. Accarezza i capelli neri quanto i suoi. Gli occhi azzurri, di un azzurro normale che ho dipinto senza difficoltà. Il viso fine ed elegante come quello del figlio. Studia la figura che ho visto solo in quell'unica foto sul suo comodino, ma che per lui avrà un valore inestimabile e per me altrettanto. Lo guardo perdersi nel ritratto con la schiena che si solleva per i respiri profondi e cadenzati. Per me questa è vera arte. Lo ammiro in tutta la sua bellezza, quando si gira con gli occhi lucidi e le labbra tremanti. La mano ancora sulla tela. Non riesce a parlare. Muove solo il capo, confuso, ma io lo capisco. So che non se lo aspettava, che ancora stenta a crederci.

"Levi, ma tu credevi veramente che io ti avrei dimenticato? O che ci avrei anche solo provato? Non ho fatto altro che aspettarti."

Allargo le braccia, dicendo definitivamente addio alla paura quando Levi mi si getta al collo, stringendomi fino a soffocarmi. Barcollo, ma rido nel mentre.

"Non ci credo che mi hai perdonato sul serio."

Soffia contro alla mia pelle ancora pervasa da brividi di gioia. La voce sommessa tradisce emozione e mi stringe più forte, finendo avviluppato nel mio abbraccio possessivo e rassicurante che ho temuto troppe volte di non potergli più dare.

"Non ce n'era bisogno. Non sono mai stato arrabbiato, Levi. Mi sei mancato e basta."

Gli prendo il viso umido tra le mani e premo le labbra piegate in un sorriso contro alle sue, salate dalle lacrime che ormai scorrono libere. Ci assaggiamo con foga fino a scoppiare in un vero e proprio bacio. Il primo senza timori e paure a guidarlo. Solo le nostre lingue che si cercano per mischiare i nostri sapori e annullare i mugolii di piacere che ci sfuggono. Disegniamo sulle nostre schiene righe immaginarie, strofinando la stoffa dei nostri jeans. Ridiamo tra un bacio e l'altro, stretti e consumati dall'euforia dello stare di nuovo insieme e stavolta per sempre.

***

"Cosa fai?"

Chiedo curioso, vedendolo cercare il cellulare alla rinfusa nelle tasche. Nel frattempo apro la porta della stanza e senza pensarci due volte ci porto sul letto

"Cancello il volo per stasera. Che lo prenda qualcun altro. Io non mi muovo più dal tuo culo, Jaeger"

Scoppio a ridere, contento per il buon umore che fa a gara con il mio e divertito dall'espressione confusa mentre scorre veloce la casella delle mail per leggere quella più recente di cui io conosco già il contenuto

"Non ce n'è bisogno, Lev. Non hai nessun volo per stasera"

Lo informo, aiutandolo a mettere insieme i pezzi di quello che in altre circostanze avrebbe già capito. Il modo in cui tenta di non cedere allo sconcerto mi fa ridere ancora di più e mi guadagno un'occhiata truce, ma che sa ben poco di intimidazione. Nessuno dei due potrebbe essere più felice dell'abbraccio in cui ci metto, cingendogli la vita da dietro e trovando un comodo posto per il mio mento sulla sua spalla destra

"Eren Jaeger, tu mi devi una spiegazione e alla svelta"

Continuo a ridere finchè mi tempesta le braccia di pugni sicuramente calibrati. So che se ci si mettesse davvero, non la passerei così liscia

"Sputa il rospo, moccioso"

Mi minaccia. Per tutta risposta  lo butto a schiena sul materasso e gli salgo sopra sempre agevolato dall'assenza di opposizione con cui potrebbe facilmente scaraventarmi  a terra. Ricopro le sue guance di baci, lasciando per ultimo il naso, ma il sorrisetto compiaciuto proprio non vuole lasciarmi

"Sai io credevo che avresti avuto qualche sospetto, ma Hanji mi aveva assicurato che non ti saresti accorto di niente"

Un cipiglio di confusione gli corruga le sopracciglia sottili. Tuttavia asseconda le mie carezze, portando la mano tra i miei capelli. Mi chiede con gli occhi che mi scrutano attenti di vuotare il sacco. E non so descrivere il senso di liberazione nel rivelare anche le ultime
omissioni che in questi tre mesi mi sono costate tante notti insonni e silenziose preghiere disperate

"Subito dopo essere partito, Hanji mi ha chiamato per chiedermi di aspettarti. Mi ha detto che avresti iniziato la terapia e che eri corso in aeroporto. Ovviamente non sapeva del messaggio che mi hai lasciato. Ti avrei risposto, ma quando mi ha spiegato tutto ho preferito ascoltare mia madre. Mi ha detto che dovevo lasciarti il tempo di gestire da solo le tue cose e migliorare anche se volevo starti vicino. Ho chiesto ad Hanji di tenermi aggiornato però..."

Sospiro, rivivendo senza volere la sofferenza per la scelta presa al mio arrivo a Parigi. Levi si ferma tra le mie ciocche disordinate, ipnotizzato dagli occhi che sbatto per tornare al presente. La linea seria delle labbra minaccia un sorriso, volto a tranquillizzarmi e sotto quell'espressione tanto riconoscente e grata, il dolore è un ricordo lontano

"Ero davvero contento di sapere che miglioravi e tre settimane fa mi ha detto che saresti venuto da me. Mi ha anche detto che avresti fatto un viaggio breve perché non eri sicuro di come sarebbero andate le cose e saresti volato subito a casa...."

Il suo viso si tinge di imbarazzo che tampono con un bacio casto sulle labbra

"Le ho chiesto se poteva cambiarti il volo. Non ti avrei mai lasciato andare via se non fossi stato tu a volerlo. E' stato un po' azzardato perché non ero sicuro che volessi tornare con me, non ancora... Però alla fine abbiamo rischiato e ha funzionato..."

Mi concentro sul suo viso ormai strabordante di imbarazzo, ma anche di devozione. Gli occhi lucidi per quello che gli sto raccontando. Probabilmente assomigliano molto ai miei, pervasi dalla gioia che un racconto tanto sofferto appartenga ad un passato che abbiamo sconfitto, insieme

"Torni con il mio stesso volo tra una settimana, Lev"

E perdo di vista quello strano candore che iniziavo già ad amare in favore di un terrore che si rifà vivo e mi getta in faccia, osservandomi spaventato e sollevandosi per raggiungermi come se fossi lontano mille miglia

"Ma il tuo quinto a Parigi? Erwin mi ha detto che ti hanno selezionato"

"Levi io voglio stare con te. Voglio tornare a casa"

Gli sussurro sulle labbra prima di coprirle con le mie. Ci baciamo, lentamente, senza darci tempo di elaborare le nostre reazioni. Sorpresa, sollievo, leggerezza, protezione. Esplodono tutte nelle ore in cui facciamo l'amore e ci coccoliamo, cancellando con ogni carezza le insicurezze dei mesi precedenti. Abbiamo creato qualcosa di speciale, qualcosa di nostro, abbattendo le mura che minacciavano di dividerci o di farci soccombere insieme. Amerò sempre Levi per le fragilità che la vita gli ha imposto e per la forza impetuosa con cui le ha affrontate. E lui amerà sempre me, non so se per la grinta che riesco a infondergli o la sicurezza che gli do, prendendomi cura delle sue ferite senza che debba sentirsi minacciato.
Non so se riuscirò mai a smettere di dirgli che starò sempre con lui. Che lo aspetterò sempre. Non so se mi abituerò mai a ricevere le stesse promesse da lui. A vederlo in imbarazzo, ma sempre più avvinghiato al mio corpo per immergerci il viso, chiudendo gli occhi e addormentandosi cullato su di me che per la prima volta lo guardo dormire sereno con un sorriso che sfodera dopo aver sussurrato per un'ultima volta

"Per sempre, Eren"

NOTA: La storia, con l'epilogo che seguirà, sarà conclusa. Potete dare un'occhiata alle altre ERERI se vi va. Questa era la mia prima Ereri e ci tengo particolarmente perciò vi ringrazio davvero per essere arrivati alla fine. Spero di avervi lasciato qualcosa ❤️

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