THREE WEEKS
LEVI
Nell'aula buia risuona incerta la voce di Eren al centro dell'attenzione della classe di astronomia. C'è chi è attirato dalle sue lunghe braccia che esplorano il disegno della Via Lattea, in bella vista sulla lavagna al mio fianco. Altri sono ipnotizzati dalle varie stelle e pianeti che sto proiettando sui muri. Quella svampita di Hanji sembra l'unica che non ci degna di attenzioni o meglio non di quelle che dovrebbe riservare alla nostra presentazione. I suoi occhi vispi saettano continuamente tra me e il mio compagno con tanto di ammiccate maliziose. Né lei né il marito accennano mai all'argomento, ma nessuno si preoccupa più di fingere. Erwin è stato più che esplicito con me ed Eren in infermeria e il giorno stesso anche sua moglie non si è trattenuta. Quando abbiamo portato Eren all'ospedale non gli è sfuggito il modo in cui l'ho tenuto stretto per aiutarlo a camminare e le nostre mani intrecciate più volte in macchina. C'è di buono che sembrano molto contenti della nostra relazione; a volte persino troppo. L'effetto che Eren ha su di me dev'essere più evidente di quanto mi piaccia pensare. Mi illudo di padroneggiare la mia espressione piatta, ma mi sbaglio. I sorrisi che mi deformano il viso e la perdita di autocontrollo quando siamo vicini sono a disposizione di tutti. Anche ora che Eren agita il corpo dinoccolato e stropiccia i capelli per scacciare l'imbarazzo, i miei occhi sono solo per lui. Non importa se Hanji ci tiene d'occhio, o se gli altri vedono quanto sia catalizzante la sua sola esistenza. Non posso fare a meno di orbitargli intorno. E allora cosa succederà quando se ne andrà? Sono preparato a perderlo, mi dico. Ho perso tante di quelle persone che ormai ci ho fatto l'abitudine, ma proprio non riesco a sciogliere il nodo allo stomaco ogni volta che si accenna alla sua partenza imminente. E' inutile. Per quanto proviamo ad evitare l'argomento, Eren sta per lasciarmi.
"Bravissimi ragazzi."
Squilla Hanji, riaccendendo le luci. L'ultima diapositiva rimane fissa alle mie spalle finchè non torno al presente e spengo il computer. Eren mi batte un cinque per il nove appena guadagnato. Escludendo arte, credo che questa sia la sola altra materia in cui non ha una misera media del sette.
"Non vedo l'ora di dirlo a mia madre. Così finalmente le andrà via il broncio per quella storia con Reiner."
Bisbiglia soddisfatto una volta tornati al nostro banco.
"Non le è ancora passata?"
"Mmh, è ancora irritata. Inizia a fare la gentile solo perché sa che manca qualche settimana alla partenza."
Risponde sovrappensiero, tappandosi la bocca subito dopo per l'argomento complesso. Ormai non è più un segreto di stato eppure non possiamo fare a meno di guardarci, complici di un triste timore che lascia l'amaro in bocca ad entrambi e trova sfogo in un silenzio pesante ed opprimente. Siamo diventati un ammasso di discorsi da evitare e frasi ammazza conversazioni. La sua mano raggiunge timidamente la mia sopra al banco. Ci stringiamo, consolandoci con reciproche, affrante carezze finché l'ora arriva al termine. Una volta salutata Hanji, non ci penso molto prima di trascinarlo attraverso il corridoio fino all'infermeria. Incredibile che lascino una stanza con dei medicinali aperta senza sorveglianza. Dio benedica le scuole pubbliche.
"Levi perché mi hai portato qui?"
Eren mi ha seguito confuso e in silenzio per tutto il corridoio. Gli lascio il polso solo quando lo metto a sedere sul lettino dove l'avevo raggiunto qualche settimana fa. Istintivamente si mette comodo, stendendo le gambe e appoggiandosi alla spalliera in acciaio. I suoi occhi smarriti non mi lasciano un secondo mentre prendo posto accanto a lui. Scorro l'indice sul bordo della sua maglietta nera, attirandolo lentamente verso di me. Solo quanto sento il suo fiato caldo sulle labbra decido di rispondergli.
"Tra quanto arrivano i tuoi amici?"
Chiedo con voce più bassa del dovuto. Il mio sguardo già sulle sue labbra carnose.
"Non so. Mezz'ora più o meno."
I suoi occhi verdi passano ai raggi laser la distesa diafana che ospita le mie labbra; le stesse che lo intimano a leccare le sue quando vi posa lo sguardo. Mi chiedo se sappia quanto sa essere sensuale.
"Allora? Non... non mi dici cosa facciamo qui?"
Il respiro affannato rende evidente che conosca già la risposta. Questa è un'altra cosa in costante evoluzione tra di noi. Man mano che i dialoghi si fanno spinosi la comunicazione non verbale diventa più spontanea, più necessaria. I silenzi che celano tutte le nostre paure non trovano che questa liberazione. Non che sia un problema farci sentire quanto ci vogliamo e quanta paura abbiamo di perderci. Solo che una punta di dolore squarcia sempre il velo di idillio sotto al quale ci rannicchiamo per sfuggire alla dura realtà. Cerco di reprimere i pensieri tenebrosi che minacciano l'atmosfera e sorpasso i suoi occhi lucidi di fronte ai quali crollerei sicuramente, per poi avvicinarmi al suo orecchio.
"Finiamo quello che abbiamo iniziato l'altra volta."
Con una carezza veloce arrivo al bordo della sua maglia e gliela sfilo dal corpo teso senza troppi preamboli. Placo i suoi brividi, stringendo il suo corpo caldo e agitato tra le braccia prima di tuffarmici a capofitto come il più profondo degli abissi.
"Adesso nessuno verrà a interromperci, Ren."
"Ma Lev – ah."
Blocco le sue proteste, baciandogli lentamente il collo. Insisto, ascoltando ogni mugugno che tenta di sopprimere, mordendosi il labbro. Non passa molto prima che smetta di opporsi, sciogliendosi completamente sotto agli schiocchi sonori che produco succhiando la pelle olivastra. Il suo sapore mi manda fuori di testa tanto quanto i suoi sospiri che sono diventati più essenziali di una boccata d'aria. Scendo più in basso, verso i pettorali accennati.
"Oh Levi..."
Mi invoca e freme, sfilandomi la maglia che finisce a terra con la sua. Soddisfatto, lo costello di segni violacei fin sotto l'ombelico dove le anche si inarcano, cercando più contatto con le mie labbra. Trattengo un sorriso compiaciuto ad ogni bottone dei jeans che si apre sotto al comando delle mie dita bramose. Incateno i nostri occhi, mentre tasto con forza le sue gambe sode e snelle che si allargano alle mie carezze nell'interno coscia. I suoi occhi verdi sono sempre più annebbiati dal desiderio. E' così impaziente Eren. Sembra quasi che si trattenga dall'insultarmi, quando gioco con l'elastico dei suoi boxer senza toglierli. Ascolterei i suoi lamenti disperati per ore.
"Sei così bello, Ren."
Sussurro contro la sua intimità ancora ricoperta. La sfioro con il palmo, facendolo gemere. Poi proprio quando, preda della stessa impazienza, mi decido a sfilargli l'intimo le sue dita mi fermano.
"Aspetta... Levi, aspetta."
Lo guardo spaesato, ma la sua espressione è ancora la stessa. Mi vuole con tutto se stesso e mi blocca, aprendo un solco tra le mie sopracciglia. Aumenta la mia confusione staccandosi dalla spalliera e avvicinandosi. Appoggia il mento sulla mia spalla, facendo scontrare i nostri petti nudi. Resto fermo, godendo della perfetta fusione delle nostre carnagioni. Tutto mi è più chiaro quando il rumore metallico della fibbia riecheggia nella stanza, seguito dalla cerniera aperta e dal fruscio dei miei pantaloni lungo le gambe. Li getta per terra insieme agli altri indumenti e i suoi occhi sono di nuovo nei miei, carichi di lussuria.
"Adesso puoi finire di spogliarmi."
Si flette verso di me, intingendo la richiesta di un piacere imbarazzato che mi inchioda sul posto e mi fa maledire il tessuto che mi stringe all'inguine.
"Spogliami, Levi."
Mi implora, scuotendomi dalla paralisi. Archivio come posso l'eccitazione del suo corpo così vicino e mi concentro sul bacino sollevato che mi aiuta a togliergli i boxer. Mi godo la vista del suo bellissimo corpo senza niente a coprirlo. La sua erezione che svetta turgida in mezzo alle gambe è una tentazione perenne verso la quale lui stesso mi guida.
"Ti prego, Levi. Fai qualcosa."
Le sue suppliche mi manovrano come un marinaio in balia di una sirena. Me la sono cercata e non mi resta che sottomettermi al suo comando, mi dico. Mi metto sulle ginocchia, restando al suo lato e faccio scorrere la lingua su tutta la sua lunghezza per poi avvolgerla nella mia bocca. Mi muovo su e giù, allargando le guance per fargli spazio e alimentando il godimento in cui voglio vederlo perdersi. I capelli cadono nella stretta nervosa delle sue mani che vi si ancorano come ultimo appiglio di lucidità. Si agita scomposto, gemendo il mio nome ad ogni lappata e avevo quasi scordato l'erezione che mi pulsa nei boxer finché la sua mano non la sfiora. Inaspettatamente non fa nulla se non allontanarsene e tracciare la mia spina dorsale, arrivando al bordo dell'intimo sul fondoschiena. Afferra l'elastico e lo tira giù quanto basta per esporre i glutei. I suoi sospiri si interrompono quando si lecca le dita, inumidendole.
"Dove hai imparato queste cose esattamente?"
Chiedo, fermandomi a qualche millimetro dalla sua erezione. Non lo guardo volutamente, ma immagino senza sforzo il viso rosso d'imbarazzo che accompagna la risposta esitante.
"Beh... ho guardato qualcosa. Per... per essere pronto per quando... faremo di più."
Giuro che se non fossi già al limite mi diventerebbe ancora più duro.
"Ah sì? Ma guarda un po'... Io che ti facevo un moccioso dipendente dai videogiochi... e invece ogni tanto ci pensi a scopare."
Lo provoco, con un'occhiata di sbieco che rifugge all'istante, vergognoso, ma non voglio. Gli lascio un bacio sulla punta pulsante nella mia mano, strozzandogli il respiro. I suoi smeraldi tornano su di me più liquidi che mai. Riafferra le mie ciocche spettinate quanto le sue e si lascia dominare da quell'impulsività che gioca con il mio spirito dominante.
"Cazzo Levi, ci penso ogni giorno."
Grugnisce e rientra nella mia bocca con una spinta decisa. Tra un ansimo e l'altro si avvicina alla mia apertura, stimolandola con carezze circolari. Mugugno di piacere contro alla sua intimità ai brividi che mi strizzano dalla schiena fino alla base del collo. Quando Eren spinge lentamente l'indice all'interno provo uno strano fastidio, ma presto le mie pareti si adattano al corpo estraneo e al lieve bruciore, intimandolo ad andare avanti. Ho l'impressone di prendere fuoco, quando aggiunge un secondo dito e prende a muoversi al mio interno, dilatandomi. Con la mano libera segue la mia schiena che si inarca sotto alle sue spinte cadenzate. Scendo più a fondo, ingoiando tutti i gemiti provocati dalle sue dita calde dentro al mio corpo. Eren invece non si trattiene, accarezzandomi le orecchie con la voce armoniosa sfalsata dal piacere che gli sto dando. Aumento l'intensità dei miei assaggi e lui risponde inserendo un terzo dito. Va a fondo, toccando un punto che mi fa perdere la lucidità per un attimo. Un piacere devastante mi mette gelatina al posto delle ossa. Oscillo avanti e indietro sulle sue dita, insistendo sul quel fulcro di estasi. Galvanizzato dalla mia perdita di controllo Eren insiste, cercando di stare al passo con il mio e il suo godimento. Mi perdo nel calore della sua mano e nel dolce sapore che mi lascia in bocca. Fitte di piacere mi attraversano il basso ventre intorno all'erezione che preme sui boxer. Perso nel ritmo frenetico che ci conduce, annaspo per un po' d'aria.
"Eren, devi smettere. Se continui così vengo."
Ansimo. La voce totalmente spezzata dalla lussuria, ma Eren entra di più, costringendomi ad allargare le gambe.
"E quindi? Voglio che vieni Levi. Voglio che vieni con me."
Boccheggia sull'orlo della disperazione. Lo guardo serio. La sua bocca dischiusa e i capelli arruffati mi fanno perdere la ragione.
"Non ho niente per cambiarmi, Ren. Non posso."
I suoi occhi persi si rianimano. Mi osserva, determinato come sempre e si sfila da me, facendomi gemere di un doloroso piacere.
"Scusa."
Bofonchia mentre si sposta dalla mia bocca e mi chiede di stringere le gambe per fargli spazio sul lettino.
"Che cosa fai?"
Chiedo, assorto nei suoi gesti imprevedibili. Si stende sul fianco, davanti a me. Le sue lunghe gambe occupano lo spazio libero di fronte al mio viso. Non una traccia di incertezza mentre libera finalmente il mio membro dolente dalla stoffa che lo ricopre.
"Io vengo dentro di te e tu dentro di me. Okay?"
Chiede, ma non è una domanda. Sotto alla mie espressione attonita, il suo viso arrossato ingloba la mia erezione. Lascio perdere la sorpresa nel vederlo così spigliato e lo riaccolgo nella mia bocca. Io seguo il suo ritmo e lui il mio. Ogni volta che la sua lingua percorre la mia intimità, io faccio lo stesso con la sua. Ci testiamo a vicenda, tenendoci avvinghiati l'uno all'altro con le mani salde sulle reciproche natiche. Ingoiamo i nostri aliti di piacere e in pochi minuti il ritmo aumenta. Andiamo sempre più veloci, schiavi delle scosse che ci tintinnano i nervi. Con spinte scomposte, affondiamo nelle nostre bocche. Eren stringe la presa sul mio bacino. Fa quello che può per non agitare troppo le gambe, ma capisco dalla perdita di controllo che è arrivato al limite. Poco dopo lo sento sciogliersi sulla mia lingua e scorrermi giù per la gola. Qualche istante e mi libero a mia volta nel suo antro caldo, troppo assuefatto dalla tenerezza con cui crolla su di me per resistere ancora.
Ci accarezziamo pigramente le gambe, complici del piacere che ci siamo donati, in un silenzio più leggero, spezzato dai respiri ancora pesanti. Solo il calore che evapora dai nostri corpi ci spinge a rivestirci. Eren mi abbraccia. Poi le sue labbra sono sulle mie in un bacio casto, ma colmo delle emozioni intensificate dal nostro atto. Il cuore rallenta sotto al peso del suo sguardo profondo. E' così che mi comunica da settimane ciò che gli impedisco di dire a parole. Io lo so, lui lo sa. Eppure non ho il coraggio di ascoltare perché non potrei custodire gelosamente quella confessione senza la paura che un giorno, lontano da me, tra le vie ammalianti di Parigi, lui se ne dimentichi.
"Levi, io ti-"
"Shh."
Gli poso gentilmente un dito sulle labbra, ignorando la frustrazione che si fa viva sul suo volto affranto.
"Non puoi dirmi certe cose dopo una sessantanove."
Mi stacco da lui e mi avvio verso la porta, lontano da quell'espressione distrutta. I suoi passi strusciano pesanti sul pavimento insieme ad un sospiro rassegnato.
"Coraggio, i tuoi amici ti aspettano."
Lo sprono ad uscire, titubante. Mi guarda sconsolato, illuminandosi un po' al lieve sorriso che gli rivolgo. Si volta verso il corridoio e poi ancora su di me, incerto e insicuro.
"Tu... non vieni?"
Chiede, timoroso della risposta. Gli sistemo i capelli dietro all'orecchio.
"Recupero le mie cose e arrivo. Tu intanto raggiungili all'entrata."
"D'accordo."
Sorride contro alla mia mano. Sento freddo quando mi lascia per andare incontro agli altri. Con un bel respiro vado dalla parte opposta. Il cuore è ancora in subbuglio per la sua mancata dichiarazione. Prendo giacca e cellulare e mi richiudo l'armadietto alle spalle, frustrato. Mi detesto per come lo tratto. Se solo fossi convinto di essere quello giusto per lui potrei ascoltare quello che ha da dire senza timori. Invece, per le mie insicurezze, oscilla sempre tra lacrime e sorrisi.
"Levi!"
Una vocina squillante, ma più moderata di quella di Hanji mi riscuote dai miei sensi di colpa. Mi giro per vedere un caschetto biondo che mi corre incontro.
"Ciao Armin."
"Ciao, sono arrivato ora. Eren è già all'ingresso?"
I suoi occhi celesti sprizzano gioia da tutti i pori.
"Sì, andiamo."
Ci incamminiamo insieme, parlando del più e del meno. O meglio Armin parla mentre io rispondo nel modo meno intimidatorio possibile. Ho sempre avuto una buona idea di lui visto il modo in cui Eren me ne parlava. Dopo l'incontro a casa sua l'altra sera poi mi sono convinto. Il biondino è un ragazzo intelligente ed estremamente accorto. Il totale opposto di quella testa calda del moccioso. Forse è per questo che sono così affini. Potrei quasi essere geloso. Reprimo un sorriso, evitando lo sguardo indagatore del mio vicino. Mi fissa divertito per un po' e la cosa stranamente non mi turba finché d'un tratto la sua espressione si fa scura. Forse nello stesso momento in cui la mia si indurisce. Ci guardiamo per un istante prima di metterci a correre verso l'uscita. Gli insulti e le grida arrivano chiaramente da lì. Una volta fuori un tizio biondo e piazzato si rialza da terra e carica verso qualcosa o qualcuno. Una chioma castana vola in aria prima di cadere di schiena sull'erba. Non capisco più niente. Scendo veloce gli scalini e afferro quell'ammasso di muscoli per il colletto della giacca da Football. I suoi occhi piccoli che mi guardano in cagnesco sono benzina sul fuoco che è divampato nel momento in cui ho visto Eren a terra. Le nocche sbiancano per quanto stringo i pugni. Ne scaravento uno contro la sua mascella larga, ma non mi fermo a godere dei suoi gemiti strozzati. Il suo stomaco rientra sotto la spinta del mio ginocchio. Crolla a terra con un lamento soffocato, sollevato solo dalla mia mano aggrappata ai corti capelli biondi. Gli sferro un altro pungo in pieno viso, disgustato dal sangue del naso che mi imbratta la pelle diafana.
"Tch, sei disgustoso."
Mi guarda dal basso e serra la mascella in risposta. Vorrebbe spaccarmi la faccia, deduco, ma non ne avrà il tempo. Gli blocco il braccio alzato, stritolandogli il polso. Per essere così robusto, ha le ossa di cartavelina. Una volta che il braccio è fuori asse urla di dolore per la spalla incrinata. Questo è un suono che mi eccita abbastanza da sputargli ancora addosso tutto il mio ribrezzo.
"Dovrei proprio spaccarti la faccia, cazzo."
Ottengo di nuovo la sua attenzione. Il suo volto contratto dal dolore e dalla rabbia è estasi per la furia cieca che mi infiamma le vene. Potrei continuare all'infinito su questa folle ondata di adrenalina, ma un gemito alle mie spalle mi riporta alla realtà. Lascio Reiner a contorcersi per terra, stordito e corro verso Eren in procinto di rialzarsi. Gli prendo le braccia e me le porto sulle spalle per stringerlo sui fianchi, attento a non premere troppo.
"Tutto bene?"
Chiedo mentre ispeziono il viso con mio sollievo pulito.
"Sì, mi ha colpito allo stomaco, ma non mi fa poi così male."
Si massaggia la parte lesa, regalandomi un sorriso pensieroso. Ricambio, ma i suoi occhi guizzano alle mie spalle.
"Levi, attento!"
Mi giro di scatto. La mano chiusa di Reiner a pochi millimetri dal viso. Sposto Eren dietro di me. Alzo il pugno, ma il colosso ci fissa attonito prima di cadere ancora a terra con un tonfo pesante.
"Questo è per l'altra mattina. Coglione!"
L'altro amico di Eren, Jean mi pare, si strofina le nocche insanguinate contro ai pantaloni poi si abbassa e afferra Reiner per il colletto.
"Se dici qualcosa al preside Pixis con quella tua bocca larga andrò dritto da mia madre, Reiner. Mia madre, il giudice. Sarà contenta di vedere le tue foto mentre ti fai in discoteca con gli altri ragazzi della squadra di Football. Magari potrai stare in cella con Berthold, che dici?"
Jean sibila feroce contro al muso insanguinato di Reiner che si alza, scansandosi dalla presa dell'altro. Ci osserva uno ad uno indeciso se ribattere, ma il panico è evidente mentre di sicuro pondera bene la minaccia del ragazzo. Passano alcuni istanti in cui né io né gli altri abbassiamo la guardia. Alla fine, sotto al peso dei nostri sguardi taglienti, mastica qualche imprecazione e sparisce in fretta dalla nostra vista.
"Ragazzi, tutto bene?"
Armin corre da noi. Abbraccia Eren che nel frattempo ringrazia Jean con un saluto segreto incomprensibile per cui si porta una mano al petto e l'altra dietro alla schiena.
"Ma di che. Quel tizio se l'è meritato. Vedrai che ora smetterà di darti fastidio."
Faccia da cavallo, mi pare che Eren lo chiami così, si appoggia sicuro e vincente alle spalle del biondo, lasciandomi di nuovo campo libero con il castano che cingo intorno alla vita.
"Sicuramente. Beh ragazzi a questo punto preferisco andare a casa. Ci vediamo stasera magari?"
"Certo Eren, riposati. Ci vediamo più tardi. Ciao Levi."
Li saluto con un cenno, sorreggendo Eren per un fianco. Appena sono fuori dalla nostra visuale però il moccioso mi guarda torvo, staccandosi bruscamente da me.
"Si può sapere a cosa pensavi?! L'hai picchiato. Se non fosse stato per Jean ora saresti dal preside ed Erwin ha detto che non devi metterti nei guai."
Urla, accusandomi con l'indice puntato sul mio petto e richiamando subito la rabbia di qualche secondo fa, che non è del tutto svanita.
"Grazie tante, mamma. La prossima volta che il mio ragazzo le prende, starò seduto a guardare-"
Il mio sarcasmo acido non fa che inasprire il cipiglio di rabbia tra le folte sopracciglia. Io, dal mio canto, stento a credere che mi stia davvero rimproverando per una cosa del genere.
"Levi ti ho detto mille volte che me la sbrigo io e qualche cazzotto non ha mai ucciso nessuno. Devi avere più riguardo per te stesso. Sembra che tu lo faccia apposta a comprometterti!"
La sua critica, sputata fuori in preda all'esasperazione, mi punge fastidiosamente nel petto.
"Come ti permetti di dare giudizi del genere, Eren? Fatti gli affari tuoi. Non ti racconto i cazzi miei perché tu possa urlarmi addosso quando cazzo ti pare!"
Ora sono io che urlo. Dentro di me so cosa cerca di dirmi e so che si preoccupa, ma non sopporto più la continua pressione a cui tutti mi sottopongono. Sono così stanco di essere sempre sbagliato in tutto.
"Fantastico. Allora continuiamo così, okay? Saltiamoci addosso tutti i minuti, basta che evitiamo di parlare, giusto?"
Chiede, infastidito. A quanto pare non sono l'unico che reprime la rabbia sotto a finti sorrisi. Sono così abituato alla trasparenza di Eren che dimentico che è un essere umano come tutti gli altri. Uno che si è tenuto un viaggio a Parigi nascosto per mesi.
"Parlare è ammesso, Eren, ma dipende sempre da cosa vuoi dirmi. Se sono stronzate che perderanno valore due minuti dopo averle dette, preferisco evitare di stare a sentire."
Rispondo acido. E lo so. Anche se non mi guardasse inorridito, capirei comunque che ho appena detto una cazzata. Vedo il dolore negli occhi scuri e nella smorfia abbattuta che mi rivolge. Lo sento penetrare in tutte le pieghe dell'anima così annerita che ho deciso di fargli vedere.
"Come fai a sapere se sono stronzate? Perché decidi sempre tutto tu, Levi?"
Si ferma, provando inutilmente a nascondere la voce che inizia a tremargli e che anche dentro di me distrugge l'impalcatura che sosteneva i miei sentimenti occultati.
"Non ti interessa proprio sapere come mi sento? Sapere cosa provo riguardo alla tua situazione o a cosa sento per te in generale?"
Mi guarda ferito e tira su con il naso. Le labbra strette per bloccare il pianto imminente. So cosa dovrei dirgli, cosa vorrei dirgli, ma non posso. La paura cambia le parole prima che possa pensarci ancora su.
"No. Tanto in tre settimane non sarai più qui e niente di tutto questo avrà avuto importanza-"
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