STOP WITH A KISS
EREN
"E alla fine ho dovuto ospitarlo sul divano di casa mia. Al mattino mio nonno se l'è trovato davanti ricoperto di lustrini e crema colorata."
Armin ride a crepapelle, asciugandosi le lacrime agli occhi. Due pozzi azzurri e annacquati che cercano complicità con i miei.
"Già. Se fossi tornato a casa così ubriaco sarei ancora in punizione adesso!"
Rido anche io, facendo a gara con i respiri spezzati del biondo. Non riusciremo mai a stancarci di tutti i ricordi che ci legano dalla culla.
"Beh, Jaeger fino a prova contraria le cose non sono cambiate molto."
L'ironia tagliente di Levi mi fa passare il buon umore per mezzo secondo, ma Armin scoppia di nuovo a ridere, trascinandomi ancora con sé. Il corvino si gode gli effetti del suo umorismo su di noi, limitandosi ad un ghigno fugace. Ero davvero nervoso all'idea che si conoscessero. Arm non ha fatto altro che esprimermi a gran voce tutta la sua ansia verso il mio ragazzo e Levi... Beh Levi è Levi. Non ero per niente sicuro che le cose sarebbero andate bene stasera. Soprattutto considerando che l'incontro organizzato alla sala giochi è stato inevitabilmente spostato in camera mia. Dopo la scazzottata con Reiner, mia madre ha pensato bene di negarmi ogni uscita anche se negli ultimi giorni ha allentato la presa. Mi è vietato mettere piede fuori di casa fino a domenica, ma ha concesso le visite. Dunque le presentazioni ufficiali tra due delle
persone più importanti nella mia vita non sono state rimandate. Se tre ore fa quando sono arrivati la tensione poteva tagliarsi con il coltello, ora siamo tutti più che rilassati. Armin ha sopportato bene l'aria inquietante del corvino. D'altronde mi sono fatto in quattro per spiegargli quanto sia morbido sotto alla scorza dura che si porta sempre addosso. Anche di Levi non posso lamentarmi. Certo è sempre riservato, ma ho notato subito gli sforzi per risultare gentile e le risposte meno coincise del solito. Si è davvero impegnato perché sa bene quanto tenga ad Armin e sapere che fa tutto questo per me non può che rendermi felice. Così continuiamo a sommergerlo di racconti sulla nostra infanzia e adolescenza; la maggior parte dei quali mirati ad umiliare il sottoscritto. A quanto pare Armin ha un vero e proprio talento per ricordarsi tutte le situazioni ignobili in cui vado a cacciarmi. Levi ascolta ogni dettaglio completamente rapito. Si concentra sui racconti di Arm per poi guardarmi come se cercasse di immaginarmi nelle situazioni descritte. Ogni volta mi gratto nervosamente la nuca, tentando di scacciare l'imbarazzo mentre Levi scuote la testa in una finta esasperazione. In realtà credo si stia divertendo più di quanto ammetterà mai nell'apprendere quanto io possa essere sbadato o incredibilmente sfortunato.
"Ah e poi è arrivata Mikasa. Lì sì che... oh."
Gli occhi celesti del biondo saettano sulla mia espressione contrita. In poco ci ritroviamo tutti e tre a guardare le nostre gambe incrociate sul letto per sviare una parentesi pesante. Sono passate già tre settimane da quando Mikasa ha smesso di parlarmi e la situazione non è migliorata. Non ha fatto altro che ribadire il concetto ad Arm. Per quanto provi ad evitare l'argomento, sia lui che Levi sanno perfettamente quanto stia male per la questione e apprezzo il tatto che hanno nel non chiedere mai troppo a riguardo. Il biondo mi osserva rammaricato, ma cerco di rassicurarlo.
"Arm, Mikasa ha fatto parte della nostra esistenza fino a pochi giorni fa. E' normale che salti fuori il suo nome ogni tanto. Non guardarmi con quell'aria da cucciolo smarrito."
Gli do una pacca sulla spalla alla quale risponde con uno dei suoi sorrisi teneri. Levi lo guarda con un'espressione apparentemente indecifrabile. Mesi fa mi sarei scervellato per venire a capo dei suoi pensieri, finendo probabilmente a brancolare nel buio e con un gran peso sullo stomaco. Ora invece leggo facilmente sul suo volto inespressivo le riflessioni su cui si sta concentrando. Armin non saprà mai quanto Levi apprezzi la sua amicizia nei miei confronti e le sue premure per i miei sentimenti. Di sicuro è rimasto impressionato dal vincolo che ci lega e ora è davvero convinto che Armin sia un ottimo amico. Anzi, conosco abbastanza bene il corvino da scommettere che potrebbe arrivare ad ammirare il biondo per la sua sensibilità e intelligenza.
"Eren, tra poco saluti i tuoi amici."
La testa mora di mia madre fa capolino dalla porta, mandando in frantumi ogni traccia di divertimento sul mio volto.
"Oh mamma, ma sono arrivati alle nove!"
Protesto, guadagnandomi un sorriso divertito da parte sua che non gradisco per niente, mentre i miei ospiti si voltano quasi inconsciamente verso di lei.
"E ora è quasi mezzanotte. Direi che ti ho concesso tempo a sufficienza vista la tua situazione."
Risponde soddisfatta. Non so come non si senta sotto pressione con tre paia di occhi puntati addosso. Al contrario il pubblico deve dare man forte alla sua determinazione. D'altronde imporre la propria autorità di fronte a testimoni incuriositi dev'essere un buon incentivo, ma vale lo stesso per il sottoscritto che non ha intenzione di cedere davanti ai propri amici.
"Situazione? Ho fatto a botte con uno stronzo e vengo trattato peggio di un pluriomicida!"
Se mi impegnassi forse potrei risparmiare a tutti la soap opera, ma non ne ho alcuna intenzione. Di solito non contesto le punizioni di quella santa donna, ma questa volta non sono per niente d'accordo e glielo ripeterò fino alla morte. Sono settimane ormai che discutiamo della cosa, ognuno fermo sul proprio punto. La cocciutaggine di cui si lamenta tanto l'ho sicuramente presa da lei.
"Eren Jaeger smettila subito di fare la vittima! Con me non attacca. Tanto per cominciare il preside mi ha detto che sei stato provocato verbalmente. Il primo ad alzare le mani sei stato tu, come al solito e guarda come ti sei fatto conciare..."
Punta al taglio quasi cicatrizzato sul mio sopracciglio che istintivamente corro a coprire con la mano. Quello sulla guancia per fortuna si è già rimarginato così ora godo nuovamente di un aspetto umano.
"Oltretutto ti presenti a casa così e ti ostini anche a non dirmi il motivo di un gesto tanto stupido. E io dovrei essere clemente? I tuoi amici li hai visti. Chiedere che vadano a casa dopo tre ore mi sembra più che ragionevole."
Continua a colpo sicuro con la sua argomentazione. Non un'ombra di incertezza mentre appoggia la mano al fianco e batte la ciabatta in quel linguaggio non verbale che conosco fin troppo bene. A questo punto sono spacciato e la cosa non fa che irritarmi ancora di più.
"Ma-"
"Ma niente!"
Mi blocca sul nascere. Il suo bel dito indice puntato addosso mi fa tornare a quando avevo sei anni e l'unica cosa che mi resta da fare è abbassare il capo per ignorare l'attenzione dei presenti che ora sento addosso in modo più che mai ingombrante.
"Tra poco tutti a letto. Fine della storia!"
Sparisce così com'è arrivata, lasciandomi in un silenzio imbarazzante che dissipo come posso. Spero vivamente che abbia sentito il mio grugnito di disapprovazione. Gli sguardi dei miei ospiti bruciano su di me. Su entrambi si palesano rassegnazione e compassione per il povero pazzo che hanno incontrato sulla loro strada. Fantastico...
"Beh a questo punto ragazzi, sarà meglio levare le tende."
Armin si alza dal letto, seguito da un mio sospiro spazientito.
"Arm, ha detto tra un po'. Non ora!"
"Eren, comunque i miei mi vogliono a casa per mezzanotte. Ho il coprifuoco nei giorni di scuola."
Spiega a Levi che lo sta osservando vagamente sorpreso dall'informazione. Per quanto Levi possa apparire sorpreso, si intende...
"Se ti serve un passaggio ho l'auto qui fuori."
Levi ci lascia tutti di stucco. Impossibile evitare uno scambio di sguardi tra me e il biondo a quella proposta che ha fatto uscire come la cosa più naturale del mondo. Porca miseria, non l'ho mai visto così gentile con qualcuno da quando lo conosco. Non si scompone neanche quando io e Armin ci mettiamo a fissarlo a bocca aperta come fosse un alieno. Probabilmente è ben conscio delle reazioni che avrebbe suscitato una volta fuori dal suo involucro di intimidazione o semplicemente mantiene la sua aria indifferente, diversamente da noi.
"Ah ecco di chi era quella macchina nera qui nel vialetto. Non l'avevo mai vista. Ma quindi Levi hai già fatto i diciotto?"
Armin si scioglie dalla paresi e recupera con destrezza la conversazione mentre io lo prendo ad esempio e provo a riacquistare un po' di compostezza.
"A dire il vero ne faccio ventuno a Dicembre."
Nonostante il solito tono neutro che non lascia trapelare emozioni, mi tendo leggermente perché conosco abbastanza Arm da sapere che gli chiederà il motivo. Involontariamente trattengo il fiato, concentrandomi sulla conversazione che potrebbe farsi difficile.
"Oh, capisco. Sei ... sei stato bocciato?"
"No. Ho iniziato la scuola a otto anni."
La reazione spiazzata del biondo non passa inosservata a nessuno dei due. Fortunatamente la scaccia in fretta, riabbassando le palpebre che aveva spalancato senza volere.
"Ah... afferrato. Comunque grazie del passaggio, ma mi ci vogliono dieci minuti contati, quindi non disturbarti. Ci vediamo domani a scuola, ragazzi."
Armin ci rivolge un largo sorriso e con un nostro cenno della mano in risposta ci lascia soli. Per un momento ho temuto che volesse indagare di più sulla questione. Lascio andare il respiro trattenuto, rilassandomi per l'espressione di Levi che non tradisce alcun tipo di emozione. Da quando mi ha confessato di più sul suo passato e sul suo tentativo di suicidio non posso fare a meno di preoccuparmi per lui, più di quanto non facessi già. La sua fragilità diventa più chiara man mano che mi fornisce i vari pezzi del puzzle che l'hanno costruita e più unisco i frammenti, più i contorni si fanno nitidi. L'empatia tra noi non è mai mancata, ma con la condivisione dei suoi ricordi avverto la sofferenza in modo diverso. Penso spesso a come si sia sentito, a come si senta ancora e con un opprimente peso nel petto e una fitta al cuore, soffro fisicamente come se quelle esperienze mi fossero passate attraverso insieme alle sue parole. Di recente tutto ciò che mi lega profondamente a lui è amplificato.
"Tra poco andrò anche io, Ren."
Mi mostra l'ora sul display, riportando l'attenzione sui problemi del momento. Accidenti a mia madre. Preso dalla fretta gli getto le braccia al collo, prendendolo alla sprovvista per i primi dieci secondi in cui le nostre labbra si toccano. Ben presto però le sue mani mi finiscono sui fianchi e la lingua incontra la gemella. Inutile dire che la mia punizione ha messo a dura prova la dipendenza fisica da Levi. La scuola ci permette solo qualche bacio veloce e con tutte le uscite proibite la nostra intimità ne ha davvero risentito. Questa è la prima sera in cui riusciamo finalmente a toccarci con un po' di calma, in un posto che non siano gli armadietti o i bagni. Assaporo ogni attimo delle nostre effusioni, contento di constatare che anche a lui sono mancato. Posso dedurlo dalle mani che mi scorrono voraci sul corpo, spiegazzando il cotone leggero della mia maglietta per rinfrescare la pelle al di sotto. Reagisco istintivamente alle sue carezze decise, voltando la testa di lato quando lascia la mia bocca per proseguire sulla mascella. Gli infilo le mani nelle ciocche setose, godendomi i suoi gemiti soffocati nell'incavo del mio collo. Non smette di tastarmi, spingendomi ad infilarmi a mia volta sotto alla sua camicia bianca. Nonostante sia un maniaco dell'ordine non credo che baderà troppo alle pieghe questa volta... Presto il calore dei nostri corpi a contatto prende il sopravvento. E me ne infischio se la porta è solo socchiusa e mia madre sta sicuramente in all'erta per controllare che anche l'ultimo invitato torni a casa. Ho agognato troppo questo momento per zittirmi. Libero i miei sospiri di piacere, rispondendo a quelli di Levi. Chiudo gli occhi, pensando solo al suo corpo agitato sopra al mio, a come si muove sotto ai miei tocchi famelici. Continuo ad accarezzargli la schiena fredda, perdendomi nei suoi sussurri. Levi mi dice quanto gli manco, mandando a fuoco ogni centimetro di pelle che tocca con le labbra. Gli stringo le gambe intorno alla vita per avvicinarci, quando mi dice quanto lo faccio impazzire. La sua voce bassa e arrochita mi dà i brividi. Si può essere dipendenti da qualcuno a tal punto da andare a fuoco anche solo sentendone la voce? Non ho il tempo di rispondermi. Levi mi lascia baci poco casti sul petto, disegnando una scia umida che lo porta fino all'ombelico. Mi aggrappo alle sue spalle e inarco la schiena, intimandolo ad andare più giù. Quasi svengo quando lo sento sogghignare sulla mia pelle. Il fiato caldo che riscalda le anche scoperte.
"Non se ne parla."
Si limita a dire, inchiodando i suoi occhi nei miei con una determinazione maligna. Lo guardo con tutto lo sconcerto di cui sono capace. Soprattutto perché non ne vuole sapere di togliersi dal mio basso ventre ancora sensibile ai suoi respiri misurati.
"Come sarebbe a dire?!"
Chiedo a voce più alta del dovuto. A dirla tutta credo che mi abbia sentito l'intero vicinato. Levi si sposta, lasciando che un gran freddo si sostituisca alla sua presenza.
"Jaeger, non posso mica succhiartelo in cinque minuti di orologio."
"Levi ma cosa dici?!"
Ho assodato che il corvino ha un talento naturale per mettere in imbarazzo la gente nei momenti meno opportuni. Si sdraia al mio fianco, ghignando compiaciuto per il mio viso evidentemente paonazzo.
"Gu-guarda che... non... non stavo pensando a quello!"
Balbetto in mia difesa. Il viso se possibile prende ancora più fuoco. Dal cuscino, un occhio grigio di Levi finisce dritto dritto al centro delle mie gambe.
"Ah no?"
Chiede, palesemente divertito. Sarei davvero contento del suo buon umore se non fosse dovuto alla presa in giro del sottoscritto.
"C-certo che no."
Mormoro, osservando ogni sua espressione per prevedere la prossima battuta. Il corvino si alza, facendo leva sui gomiti. In poco tempo il suo viso è a pochi millimetri dal mio e un calore diverso dall'imbarazzo si ripresenta tra di noi. Mi sfiora il naso con il suo, regalandomi la visione mozzafiato dei suoi specchi metallizzati. Poi si sposta di lato, sfiorandomi la guancia con le ciocche lunghe. Le sue labbra contro al mio orecchio mi solleticano.
"Ce l'hai duro, Eren."
Sussurra contro al mio orecchio con una delle inclinazioni più sensuali che abbia mai sentito. Sono sempre stato sensibile a Levi, ma di recente gli basta davvero un nonnulla per provocarmi. Mi mordo il labbro, bloccando appena il misto di eccitazione ed imbarazzo di cui il corvino fa bottino. Mi fissa a lungo, sorridendo maliziosamente.
"Non ridere di me. Non è carino."
Bisbiglio. Il fiato corto per un'eccitazione che non vuole passare. Non finchè ho il suo sguardo lussurioso addosso che vaga sul mio corpo con studiata lentezza come un laser intento a bruciare meticolosamente ogni poro della mia pelle.
"Non ti prendo in giro, Ren."
Mi afferra il polso fulmineo e mi preme la mano contro al cavallo dei suoi pantaloni, facendo sparire il sorriso dal viso che torna serio e smettendo di vagare su di me per tornare sui miei occhi.
"Ti capisco."
Mi sfugge un sospiro, sentendo la sua eccitazione attraverso la stoffa dei jeans e i suoi occhi sembrano accendersi ancora di più nei miei, ormai liquidi di piacere mal trattenuto.
"Lunedì sei ufficialmente invitato a passare la notte da me."
Dice. La risolutezza vacilla al pensiero che a entrambi passa per la testa. Potrei quasi perdermi in tutte le fantasie che le sue labbra peccaminose promettono se non fosse che un briciolo di lucidità intacca l'eccitazione del momento.
"Siamo solo a Mercoledì..."
Sbatto la fronte contro alla sua spalla conscio di quanto quattro giorni possano essere la fine del mondo se si tratta di passarli separati. Con le mani di nuovo libere gli cingo le braccia.
"Cazzo, è un'eternità, Lev."
Gli strappo un altro mezzo sorriso, lamentandomi come il peggiore dei disperati. Sollevo la testa per incontrarlo e incappo in uno di quei meravigliosi momenti in cui la sua maschera si ammorbidisce. Ultimamente tutto di lui sembra ancora più bello e perfetto e il solo pensiero mi spaventa. I suoi occhi lucidi e addolciti, la pelle candida ed eterea, le ciocche morbide al pari del velluto... Non avrei mai pensato che Levi potesse arrivare a farmi questo effetto. Ogni istante in cui il suo profumo intenso mi invade i polmoni insieme al calore della sua pelle fredda mi sento pieno, pregnante. È sconcertante come non riesca più a sentirmi completo quando lui non c'è. È assurdo il mondo che mi crea intorno e in cui mi avvolge con la sua presenza. Levi è tutto per me, tutto. Un infinita certezza e un inesorabile bisogno. Se mesi fa pensavo che la vita senza sarebbe stata diversa, ora sono assolutamente certo che non potrebbe essercene una. Io non potrei mai fare a meno di lui. Lo ammetto silenziosamente a me stesso mentre gli accarezzo dolcemente il viso, proprio lì sotto agli occhi fissi e persi nei miei.
"Hai idea di quanto sia difficile starti lontano?"
Chiedo. Il cuore che batte all'impazzata. Ormai dovrei essere abituato ad esprimere i miei sentimenti eppure le reazioni imprevedibili del corvino mi mettono sempre ansia. Anche ora non è da meno. Il volto rilassato si incupisce all'improvviso. La tristezza è evidente nel suo sguardo abbassato, mentre si riappoggia con la schiena alla spalliera del letto, sottraendosi delicatamente al mio tocco.
"Levi, cosa ti prende?"
Alza le spalle e sposta lo sguardo davanti a sé, fuggendo di nuovo e permettendomi così di leggere facilmente il dispiacere che l'ha spinto a riprendersi i suoi spazi. Purtroppo lo conosco troppo bene per non capire che si tratta di qualcosa di serio, altrimenti non sarebbe così difficile rispondermi.
"Coraggio. Lo sai che puoi parlarmi di quello che vuoi."
Faccio un tentativo fintanto che rimane ancora qui seduto accanto a me, dandomi la speranza che non scapperà come al solito. Sbircia l'ora sul telefono e ci si sofferma più del dovuto, articolando con studiata precisione ciò che poi mi comunica con troppa calma.
"Non adesso. Ci serve più tempo."
Sentenzia freddo e si alza dal letto, evitando accuratamente il mio volto.
"No, Levi, aspetta. Ora parliamo o mi preoccupo. Non mi farai chiudere occhio se vai via adesso."
Ammetto semplicemente. Tanto nascondere il mio stato d'animo non ha davvero alcun senso e in più sembra funzionare. Levi si ferma al centro della stanza, lasciando che lo raggiunga e si volta verso di me. Ancora un po' di esitazione gli fa pressare le labbra tra loro prima di vuotare il sacco.
"Quando hai intenzione di dirmi che stai per partire, Eren?"
Non so perché il cuore mi si fermi in gola e la domanda fischi nelle orecchie e mi vibri attraverso con una fredda promessa di distruzione. Levi non è arrabbiato dopotutto. Analizzo tutto velocemente e individuo troppo presto le sue vere emozioni. La tristezza e forse un po' di paura sfuggono ai suoi lineamenti rigidi, animando le tempeste nel blu opaco che amo tanto e per cui non riesco a placare il senso di colpa che mi divora.
"Mi dispiace davvero Levi... Come... Come l'hai saputo?"
Accenno con il respiro che arranca per la mortificazione.
"Hanji ed Erwin mi hanno accennato qualcosa. Non molto."
Fa spallucce. E' una delle poche volte in cui non sposta lo sguardo dal mio, mostrandomi l'avvilimento che lo affligge. Il desiderio di tornare indietro e gestire meglio le cose mi brucia fin nell'anima insieme alla consapevolezza che ormai è troppo tardi ed è solo colpa mia.
"E' un progetto di arte a cui mi ero iscritto in terza. Ero in gara con altri studenti. Ho saputo solo due mesi fa che l'ho vinto io... Dopo San Valentino, poco... poco prima della gita a Trost. Il preside ha avvertito mia madre, ma noi due non ci parlavamo. La situazione non era chiara... Non mi ricordavo neanche di essermi segnato, ci credi? Volevo dirtelo, ma sono successe tante cose, sai... Era un casino tra di noi, poi con Mikasa e l'altro giorno volevo parlartene, ma poi ho litigato con Reiner e poi-"
Il rigurgito di parole mi si ferma in gola. Ci guardiamo. Speravo che fermandomi in tempo gli avrei risparmiato ulteriore sofferenza, ma non ne faccio mai una giusta. Levi sospira dal naso, annuendo come se avessi già detto quello che stavo pensando.
"Poi io ti ho detto della mia situazione e allora hai deciso di startene zitto."
Conclude al mio posto con più grinta di quanta ne volesse mettere. E' chiaro che sta tentando in tutti i modi di controllare la rabbia sotto pelle. Per un po' non riesco a dire nulla, troppo colpevole per i suoi pugni chiusi e la mascella serrata di cui sono la causa. Gli occhi che vagano oltre alle mie spalle in una muta realizzazione dei fatti che lo spinge a parlarle quando dalla mia bocca non esce neanche un fiato.
"Quanto starai via esattamente?"
Non so come faccio a stare ancora in piedi. Questa è la domanda che speravo di evitare ancora per un po'. Forse per sempre, mi rendo conto. Raccolgo le poche forze rimaste. Lo sguardo fermo di Levi non mi dà modo di girarci intorno.
"Sicuramente da fine Maggio a fine Agosto. Poi... se otterrò punteggi particolarmente alti alla scuola d'arte di Parigi c'è come premio anche il quinto anno presso uno dei loro istituti."
Mi riduco a sussurri affranti man mano che Levi si scuote all'orrenda verità. Come biasimarlo? Anche io sono terrorizzato all'idea di stare divisi per così tanto tempo. La sua maschera di indifferenza incrinata in così tante sfumature di dolore mi spezza il cuore.
"Levi, mi dispiace. Volevo parlartene, ma con tutta la tua storia... Io... avevo così paura di ferirti... Non sapevo davvero come fare."
Scuoto il capo in lamenti del tutto inutili e vergognosi, ma che non posso evitare. Smetto solo quando Levi scansa la mano con cui provo ad accarezzarlo. Sospira esasperato, mettendomi in condizione di capire come possano sentirsi quegli insetti fastidiosi che vengono cacciati nel peggiore dei modi.
"Lo sapevo, cazzo. Lo sapevo che era un errore. Non dovevo dirti niente."
Alza la voce completamente preda delle sue emozioni. Fa schioccare la lingua sui denti per poi guardare ovunque tranne che nella mia direzione. La sua affermazione mi ferisce tantissimo. Il pentimento è inequivocabile. Si è fidato di me e non voleva.
"Perché dici così? Cosa ho fatto per farti cambiare idea?"
Stento a trattenere le lacrime che mi pungono gli occhi.
"E me lo chiedi? Ti ho detto che ho tentato il suicidio e ora fai come tutti gli altri. Mi rifili quella pietà del cazzo che è esattamente il motivo per cui mi tengo lontano dall'intero pianeta."
Risponde sprezzante, facendomi tremare il labbro per un pianto che sento spingere per riuscire anche se so che non dovrei concedermelo.
"Non ti osavi neanche dirmi che stai per andare via perché hai paura che faccia qualche cazzata? Porca puttana. E' successo sette anni fa! Mi hanno portato via da mia madre e sbattuto nel primo istituto che hanno trovato. Ho mandato giù un flacone di pillole e qualche idiota mi ha trovato in tempo. Fine della storia. Non ho due anni, Eren. Non trattarmi come uno schizzato che va maneggiato con i guanti. Vai a fare la balia a qualcun altro."
Parla a raffica tra i denti, camminando incessantemente sul poco pavimento della stanza. Non riesco a dire una parola per tutto il tempo. Ho paura di dare un nome all'emozione così chiara nel suo sguardo penetrante. Odio. Levi in questo momento mi sta odiando. Tutta la complicità di poco fa ha lasciato posto ad un gelo innaturale. Non so con che coraggio trovo il modo di rispondergli.
"Ma che cosa dici? Quale pietà? Lo sai benissimo che non ti ho mai trattato in quel modo, Levi. E' vero, ho pensato di rimandare la questione dopo che ti sei aperto con me, ma non mi fai pena!"
Quanto vorrei essere più convinto. Invece sono solo un mucchio di sillabe tremolanti. D'altronde il corvino che continua a scacciare le mie parole con sguardo duro non aiuta.
"Non ti faccio pena eh? E allora per che cazzo non mi hai detto niente? Prendi per il culo qualcun altro, Eren."
Sibila a mezzo centimetro dal mio viso. Con le mani mi tira il colletto della maglia e gli stringo i polsi in un tentativo di calmarlo misto ad un fuoco che smette di farmi tremare, travolto dalla mancanza di fiducia che sono sicuro di non meritarmi. E' sempre così. Lo so che non ragiona quando si sente offeso, ma non posso fare a meno di arrabbiarmi.
"Cazzo Levi, smettila di fare l'idiota. Non mi fai pena, okay? Non me ne frega niente. Ti è mai venuto in mente che sia che tenti il suicido o che prendi una storta sulle le scale io mi preoccupo perché tengo a te?! Indipendentemente da quello che fai, mi preoccupo dei tuoi sentimenti, coglione."
Lo spigo forte contro al muro, liberandomi dalla sua presa solo per andargli incontro pronto a discutere anche per tutta la notte se necessario.
"E perché dovresti?"
Chiede. L'ira visibilmente scemata mentre si appoggia al muro, sconfitto e con lo sguardo basso che rifugge qualsiasi sentimento prevaricante. Non credevo che l'avrei spiazzato tanto. Chissà perchè do sempre per scontato che Levi sappia esattamente cosa provo nei suoi confronti. Il suo bisogno di conferme mi lascia così interdetto da far svanire la mia rabbia insieme alla sua. Mi avvicino a lui. I nostri corpi ancora in collisione e ci guardiamo. Verde e blu in un'unione rassicurante. Appoggio la fronte sulla sua. Un leggero rossore gli colora le guance pallide anche se i suoi respiri sono ancora pesanti per l'accesso di collera.
"Perché è così che si fa per il proprio ragazzo, Lev."
Gli dico, quasi spazientito che non ci arrivi da solo e sorpreso dalla scioltezza che mi mancava poco prima, quando dentro di me ho dato un nome a ciò che provo davvero per lui.
"Perché è naturale preoccuparsi per la persona che-"
Mi bacia e nel trambusto chiudo gli occhi di riflesso. Il bacio è casto, ma ne approfitto per bearmi ancora del suo sapore afrodisiaco anche se so che è un mero palliativo per addolcire quanto è davvero successo. Levi mi ha tolto le parole di bocca e nessuno dei due oserebbe mai pensare che sia stata una coincidenza dettata dal caso. Quando ci stacchiamo tutto sembra quasi normale, tuttavia una strana pesantezza ha riempito l'aria.
"Ora vado, Ren o tua madre ti chiuderà in casa fino alla partenza."
Mi informa con uno strato di agitazione che ancora si muove sotto all'imperturbabilità che fa sua così bene. Annuisco debolmente, lasciandogli ancora un bacio sulla guancia al quale mi risponde con una carezza tra i capelli e se ne va, lasciandomi in sospeso. Mi stendo a letto, archiviando la lite scongiurata in favore di un'amarezza che cresce man mano che realizzo quanto accaduto. Cerco di addormentarmi e rigirandomi nelle coperte, provo a dimenticare la confessione che Levi ha prontamente interrotto con il suo bacio, senza ripensamenti. Forse è semplicemente troppo presto per dire certe cose.
NOTA: ok, sto faticosamente scrivendo dal cellulare visto che il pc ha deciso di rompersi, dunque perdonate gli eventuali errori. Ci vediamo domani con il prossimo capitolo che si dà il caso sia il mio preferito ❤️
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