SINCE WE FIRST MET
LEVI
Eren mi viene incontro di volata. Ha addosso quell'entusiasmo da quando, nel pomeriggio, gli ho chiesto di uscire. Se proprio vogliamo essere precisi ho prenotato un tavolo al ristorante più lussuoso di Shiganshina. Dopo tutto quello che abbiamo passato e l'orologio che ticchetta sulle nostre teste mi è sembrato il minimo. Nei pochi istanti che ci separano mi godo appieno la sua figura. Il moccioso ha preso sul serio il mio ordine di vestirsi elegante. Si muove sinuoso nei pantaloni di cotone nero che mettono in risalto le gambe lunghe. Sopra una camicia bianca che macchierà sicuramente durante la cena. Salta in macchina e si sporge automaticamente verso di me. Assecondo il nostro bacio di saluto, prima di essere vittima del suo sorriso compiaciuto.
"Allora, dove mi porti?"
Cinguetta, distendendosi sul sedile in pelle con gli occhi che vagano sognanti in quelli del sottoscritto.
"Non svenire, Jaeger. Potrai sfondarti lo stomaco con il menù del Wall Maria stasera."
Da buon bambino non manca di esultare come se avesse preso un dieci in pagella. La parte migliore però è l'abbraccio soffocante con cui mi toglie l'aria.
"Levi, ma quel posto è costosissimo! Non ci arriverei neanche con un mese di paghetta. Com'è che te lo puoi permettere?"
La voce ancora amplificata dall'eccitazione.
"Beh, l'eredità di quel poco di buono di mio zio servirà per una giusta causa. Salvo il mondo un affamato alla volta, Jaeger."
Metto in moto, accompagnato dall'ennesima risata di Eren che mai come stasera è il suono più bello del mondo.
***
"Ti verranno i crampi alla mano se stringi quel coso ancora un po'."
Due occhioni verdi fanno capolino dal menù che Eren stringe gelosamente da ben venti minuti.
"Non è colpa mia se non riesco a scegliere, dammi tregua."
Il tono colpevole mi costringe a trattenere una risata.
"Chi l'avrebbe mai detto che la tua attività preferita ti avrebbe messo in difficoltà?"
Lo stuzzico, deciso a non perdermi il fantastico broncio che sta mettendo su.
"Piantala! Il problema è che vorrei ordinare tutto quello che c'è scritto."
"Anche i piatti in francese di cui non capisci gli ingredienti?"
"Soprattutto quelli! Lo sai che sono curioso."
Mi rimprovera, determinato a spuntarla per ultimo.
"Più che curioso, direi che sei ingordo e... ignorante."
Lo sfido con l'espressione più meschina che riesco ad elaborare. Il volto gli diventa paonazzo. Sbatte il menù sul tavolo, attirando l'attenzione dei pochi presenti intorno.
"E sentiamo, perché sarei ignorante esattamente?"
Mi sporgo in avanti, accorciando la distanza con i suoi occhi accesi.
"Car tu comprends meme pas un mot de francais."
Bisbiglio. Un ghigno si palesa sulla mia faccia mentre il suo labbro inferiore si apre insieme agli occhi sempre più sgranati. Questi sono i momenti in cui rimpiango di non avere il talento per la fotografia.
"Tu parli francese?!"
Urla, quasi. Ormai siamo diventati l'attrazione principale della sala.
"Io sono francese. Con mia madre parlavo esclusivamente quello. All'istituto ho seguito la classe per non perdere la lingua."
Spiego senza troppi giri di parole. Eren nel frattempo cerca di ritrovare una parvenza di normalità, ma è chiaramente sconvolto dall'ennesimo dettaglio che mi sono tenuto per me.
"Levi, perché non me l'hai detto?!"
Abbassa la voce fino a un sussurro. L'interesse è palese sul volto incantato.
"Per momenti come questo, suppongo."
Appoggio la mano sulla sua sopra al tavolo. Si irrigidisce sulle prime, ma mi rilasso quando anche lui fa lo stesso.
"Ti insegnerò le frasi base così non ti perderai quando arriverai a Parigi."
Mi rivolge uno dei suoi sorrisi dolci. Di quelli che mi fanno sempre mancare qualche battito nonostante li abbia visti tante volte.
"Volentieri."
***
"Com'è che manca solo qualche giorno agli esami e sei così tranquillo?"
Chiacchiera Eren, mentre la cassa macina lentamente il lungo scontrino della nostra cena. Con tutte le portate che ha ordinato ci si potrebbe scrivere un libro.
"Perché ho studiato giorno per giorno e l'argomento a scelta è il Sistema Solare e l'incidenza sulla vita moderna. Metà della tesina in pratica l'ho già fatta con il nostro progetto di astronomia. Manca solo la parte più umanistica che conto di finire a breve."
Spiego sotto allo sguardo meravigliato del mio interlocutore. A quanto pare stasera sto facendo colpo. Pago il conto e lo porto fuori dal ristorante, mano nella mano. Le sue dita calde non mi lasciano finchè non saliamo in macchina.
"Non so come fai ad andare così bene a scuola."
Osserva, esprimendo l'ammirazione in un abbraccio che lo porta con il viso appoggiato alla mia spalla. Ne approfitto per sciogliergli la coda. Quasi mi spiace una volta tanto che i suoi capelli sono in ordine. Tuttavia non rinuncio a quello che è ormai è diventato il mio passatempo preferito.
"Ho già iniziato tardi e non ho intenzione di campare con i soldi di Kenny. Voglio uscire con un voto decente e sperare di combinare qualcosa, nonostante le limitazioni."
Inspiro frustrato al pensiero delle faccende che devo ancora sistemare, finendo per inalare il dolce aroma alla vaniglia del castano tra le mie braccia. Esattamente, da quando basta il suo profumo per calmarmi i nervi? Eren si scioglie nelle carezze che rivolgo ai ciuffi lunghi sulla sua nuca. Un silenzio carico di comprensione scende su di noi. Se solo sapesse quanto apprezzo la sua inaspettata delicatezza che si fa viva nei momenti più opportuni.
"Hanno... qualche novità, per caso?"
Da quando mi ha accompagnato alla Centrale chiede la stessa cosa tutti i giorni. L'ho visto molto scosso all'incontro con Nanaba. Non so se sia per la vicenda in sé, così distante dal suo mondo pacifico o per i sentimenti che ci legano. Dire che sono sorpreso del suo interessamento è riduttivo. So che mi ama, ma mai mi sarei aspettato di vederlo fremere tanto quanto me. Nell'ultima settimana ha condiviso con me il peso dell'attesa e la difficoltà del nutrire una speranza, rendendo tutto vagamente sopportabile. Crogiolarsi nel ricordo di una persona assente è disturbate, ma alimentarsi con la possibilità di rivederla e affogare nell'abisso dell'aspettativa è straziante. Sono convinto che nessuno possa capirlo finché non lo prova. Nessuno a parte Eren, che mi sostiene nonostante sia un fidanzato egoista e decisamente mancante sotto molti aspetti. Eppure lui mi ha davvero scelto e me lo ricorda tutti i giorni con i suoi gesti affettuosi e l'imbarazzo assolutamente sensuale con cui mi chiede di fare l'amore.
"Non ancora, ma è passata più di una settimana. Non dovrebbe mancare molto."
Mi stringe più forte, premurandosi di occultare il suo viso contro la mia camicia di lino. So per certo cosa vuole comunicarmi. Mi fa sentire la sua presenza, il suo sostegno. Scommetto che il suo cuore batte a mille contro alla mia mano perché è intenso il suo bisogno che il mio desiderio si realizzi. E' tremendamente spontaneo il modo in cui la mia mente si apre a lui sotto a questi attacchi di compassione. Tutto ciò che racchiudo gelosamente si libera in sussurri sulle sue ciocche ormai spettinate.
"Vorrei solo sapere se le manco. Se mi ha cercato come ho fatto con lei. Capire se sta bene. Io lo so. Lo so... che mi amava, ma vorrei... Sentirglielo dire. Solo una volta... Solo per... esserne sicuro."
Il tono fermo va a farsi benedire. Detesto come la mia emotività mi tradisca proprio sul finire. Difficile pensare a mia madre, mantenendo intatta la mia facciata. Ho sempre avuto bisogno di rendere reale la sensazione malinconica dei suoi abbracci, ma ultimamente la necessità si è fatta più intensa. Colpa del castano, mi dico, che ha smosso tutte le emozioni represse e ora sono un fiume in piena. Mi impedisco di parlare ancora, troppo vittima dei tremolii della voce. Eren però come prevedibile ha assorbito tutto quello che gli ho lasciato. Preme i palmi sui miei pettorali per farvi leva. Si raddrizza scompostamente, ostacolato dall'abitacolo stretto della macchina. Le sue dita passano morbide sulla guancia. Persino nel buio del parcheggio lo smeraldo dei suoi occhi mi trafigge con quella dolcezza tanto particolare. Presto le sue mani sono sulle mie spalle, rassicurandomi con massaggi circolari. Oltrepassa la leva del cambio, facendo scontrare le nostre fronti. In certi istanti guardarlo mi fa così male al cuore che potrei esplodere. Chiudo gli occhi quando vedo anche le sue palpebre serrarsi, troppo preda dell'emotività del momento. Non ci vuole niente perché i nostri respiri calcolati si sincronizzino.
"Sono certo che ti amava, Levi... Non si può fare altrimenti con te."
Ed ecco il colpo di grazia con cui mi uccide dolcemente. Gli bacio le labbra. Non saprei come esprimere altrimenti il modo in cui mi fa sentire. Ogni sfioramento delle mie labbra con le sue è un muto ringraziamento per essere così speciale. Io che avevo, che ho tuttora, tanta paura di farmi coinvolgere, sono totalmente dipendente dal suo amore incondizionato. Niente è più sincero di quelle due parole che Eren ha voluto confessarmi. Non so se abbia capito quanto mi hanno cambiato. Quanto l'hanno fatto ancora prima che le sentissi, quando già erano chiare nei suoi occhi impossibili. Ancora mi chiedo come faccia a spazzare via tutte le mie incertezze e andare così a testa bassa verso il fulcro delle mie emozioni. Eren si avvicina ogni giorno di più. Prende padronanza di me che da solo non riesco a gestirmi e mi spaventa. Sono ancora terrorizzato dal non saper ricambiare a dovere questo amore. Terrorizzato dal perderlo quando saremo lontani. Assolutamente sconvolto perché non avrei mai pensato che esistesse qualcosa del genere. Non dopo che ho perso mia madre. E allora mi dico, lo amo? Probabilmente sì. Perché la paura fa parte del gioco. Ma sarò mai abbastanza coraggioso da riuscire a viverlo con la spensieratezza con cui lo fa lui?
"Andiamo via da qui."
Torno al presente con una proposta che accetta di buon grado. Interrompiamo il nostro casto bacio per abbandonare il parcheggio del ristorante.
***
Eren si passa nuovamente la mano sullo stomaco. Siamo al terzo giro del parco, ma dubito che manderà giù tutte le portate con cui si è strafogato.
"Questo è il momento in cui ti infilo due dita in gola per non farti esplodere?"
Mi guarda schifato. La mano ancora ferma sulla pancia incredibilmente piatta
"Non parlarmi di cibo, ti prego. Neanche se si tratta di rigettarlo. Voglio morire."
Non posso evitare di ridere, mentre stendo il telo sull'erba lunga e mi ci accomodo insieme al castano.
"Ce la fai a stenderti?"
Chiedo premuroso, guadagnandomi un'occhiata dolce come quelle che mi ha rivolto tutta la sera.
"Vuoi scherzare? Non mi perderei per nulla al mondo la nostra serata sotto le stelle."
Sorride come un bambino prima di sdraiarsi accanto a me. Il naso perso nel cielo blu sopra di noi. Non so quante volte dopo la gita a Stohess mi ha detto quanto gli sarebbe piaciuto avere una serata intima al nostro parco. In serate come questa, con il caldo afoso di fine Maggio che ci inumidisce i vestiti, certi piani riescono facilmente. Trovo la mano di Eren accanto alla mia e la stringo piano. Non riesco ad abituarmi alla sua reattività nei miei confronti. In men che non si dica i suoi occhi assorti hanno già lasciato il panorama per finire sul sottoscritto. E io, che non sono messo meglio, mi volto subito perdendomi in quello sguardo luminoso che vale più dell'intero Sistema Solare. Mi godo il muto silenzio che ci avvolge, il suo viso infantile e le sue labbra invitanti. Questi sono gli istanti perfetti con Eren. Quando ci diciamo senza parlare tutto quello che intercorre nei nostri pensieri, certi di essere sintonizzati quanto basta da capirci con gesti insignificanti. Come un suo sorriso tenero o un mio sguardo più ammiccante. Ci giriamo all'unisono su un fianco, cercando la reciproca attenzione.
"Mi spiace non esserci per la tua maturità. Chiederò ad Hanji o Erwin di farti un video."
Mi sorride soddisfatto. Ho fin il sospetto che voglia minacciarmi. Sa bene quanto odi stare al centro dell'attenzione.
"Tu non farai proprio niente, radio ambulante. Pensa al tuo di esame piuttosto, che se continui a cazzeggiare come quest'anno, sarai ancora al liceo quando porterai il pannolone."
Sfodero l'espressione più seria che ho. È incredibile come si infiammi ad ogni mia provocazione. È proprio un moccioso.
"Sei un antipatico."
Bofonchia, imbronciato.
"E' per questo che ti piaccio."
Chiudo gli occhi, ascoltando solo il suono della sua bellissima voce che si arrochisce quando è infastidito.
"Scemo."
Bisbiglia e stavolta non mi nego un sorriso. Ancora ad occhi chiusi lo sento animarsi. Struscia i suoi vestiti eleganti sul telo finché il suo calore sovrasta quello denso dell'aria.
"Levi, mi verrai a trovare quest'estate?... Ho letto che a Parigi ci sono dei parchi bellissimi."
Il suo fiato mi riscalda la bocca. Apro gli occhi e vengo colpito dalle lunghe ciglia che si sollevano per guardarmi meglio.
"In realtà voglio trovarmi un lavoro, ma mi organizzerò sicuramente."
Gli accarezzo la guancia con la mano libera. Eren si nasconde nel palmo, smorzando un sorriso compiaciuto. Basta così poco per renderlo felice che quasi mi sento in colpa per quanto lo faccia sembrare complicato. Poi d'un tratto si intristisce, affondando ancora di più nella mia mano come se qualcuno minacciasse di portargliela via.
"Uh, non voglio tornare a casa stasera."
Sbuffa, cercando un po' di sostegno nel mio sguardo fermo. Sono giorni che si lamenta di non poter dormire fuori, perché la madre lo vuole a casa.
"Se avessi fatto prima la valigia adesso saresti libero e invece con il tuo culo pigro ti sei ridotto all'ultimo. Ben ti sta finire i bagagli prima di andare a letto."
Scherzo, tenendo lontana la tristezza che la sua partenza suscita. Ci siamo ripromessi o meglio Eren mi ha fatto spergiurare, di non intaccare i nostri ultimi incontri con il peso della separazione.
"Ah sei noioso. Noioso e irritante, proprio come mia madre."
"Tua madre è una santa donna. E io la apprezzo moltissimo, Jaeger."
Faccio scontrare le nostre fronti, alimentando il muso lungo con cui tenta inutilmente di farmi sentire in colpa.
"E infatti andreste d'accordo. Forse un giorno potrete discutere di me davanti a una tazza del tuo amatissimo tè."
Mi prende in giro. L'espressione offesa sta già tornando la solita faccia divertita.
"Se proprio vuoi che le dica quante volte scopiamo in un giorno, prima avvisala che sono il tuo ragazzo."
Tocco involontariamente un tasto dolente. Lo capisco dalla rara espressione di serietà che gli vedo addosso.
"Oi, stavo scherzando. Non metto bocca su come gestisci le cose con i tuoi."
"Io voglio dirglielo, davvero. I miei sono di mentalità aperta. Non temo un rifiuto, ma ho paura che mia madre si arrabbi perché le ho mentito. Guarda come è andata a finire con Mikasa. Alla fine si è arrabbiata perché le ho tenuto tutto nascosto e ora mi reputa un bugiardo. Con mia madre sto facendo lo stesso. Non vorrei che si sentisse ferita e leggesse le mie azioni come mancanza di rispetto o ... che ne so... fiducia."
Gli prendo il mento tra le dita, assorbendo i suoi respiri preoccupati. Se solo potesse capire quanto mi spiace vederlo star male. La storia con Mikasa non gli è andata giù. Non fa che parlarne ogni giorno, quando accenna alle uscite con i suoi amici o la incrocia in mensa. La ragazza ci è andata piuttosto pesante e a quanto pare neanche il biondino riesce a risolvere la questione. E' maledettamente frustrante non poter essere d'aiuto, soprattutto quando rientro in pieno nelle cause della rottura.
"Eren, Mikasa adesso è arrabbiata. Dalle tempo. Siete amici da un vita. E poi tua madre comprende le tue azioni più di chiunque altro. Quando sarai pronto, diglielo. E se pensi che sarà sorpresa ti sbagli. Lo sospetta già, credimi. E' tua madre."
Le sue braccia calde mi avvolgono e lascia andare un sospiro contro alla mia spalla. Mi avvicino tanto da avere i nostri petti l'uno contro l'altro. Eren rinsalda la presa, lasciandomi piccoli baci vicino alla rasatura, appena accanto all'orecchio.
"Glielo dirò, Levi. Voglio raccontarle tutto di te e dirle che persona fantastica sei."
Mi sciolgo sotto al peso delle sue parole. Non sono abituato ad essere definito così. So benissimo che, non aprendomi agli altri, ho poche occasioni di essere apprezzato e francamente non mi interessa. Eppure ogni minima parola detta da Eren mi sconvolge al punto da pensare di essere davvero perso senza di lui.
"Lev, posso chiederti una cosa?"
Sussurra, dopo svariati minuti in cui ci siamo persi nelle braccia l'uno dell'altro. Annuisco piano contro alla sua spalla, assecondandolo quando si sposta per ritrovare il mio sguardo. Le sue mani mi stringono, mentre si morde il labbro per mitigare l'imbarazzo.
"Perché la prima volta che ci siamo visti eri così arrabbiato?"
Dannato moccioso che gioca sempre con i miei punti scoperti. Rido attraverso il naso, sconcertato per l'incredulità della domanda.
"Oltre ai vari tentativi di Petra a scuola non parlavo con nessuno, come ben sai. Anche in estate mi ero rifiutato di uscire ed ero piuttosto incazzato col mondo. Hanji insisteva che mi facessi qualche amico e quel giorno in pausa mi ha parlato di questo ragazzo che voleva presentarmi. Detesto avere troppa pressione addosso e poi non volevo che mi appioppasse a qualche sfigato. Avevo i coglioni girati a mille quando ci siamo incontrati e allora... beh lo sai che non mi controllo quando sono arrabbiato."
Racconto d'un fiato. Sembra passato un secolo da quel giorno. Quasi non mi sembra vero che ora Eren sia qui con me a riempirmi di baci e a guardarmi con quella sua aria rapita dai miei racconti. Ogni minima cosa che gli dico lo incanta come se fosse acqua nel deserto.
"Oh wow... Capisco. E sai chi era quel tipo?"
Chiede, curioso come al solito e con una nota di gelosia nella voce che mi fa gongolare. Mi aspettavo che mi sarebbe venuto da ridere a questo punto, invece mi devo ricredere. Mentre gli rispondo, un brivido di consapevolezza mi scuote lo stomaco.
"Mi ha detto che si era iscritto ad astronomia, che mi sarebbe piaciuto e... che si chiamava Eren."
Il cuore mi si ferma in gola, certo che quello di Eren abbia fatto altrettanto. Mi guarda spaesato. Elabora lentamente il significato delle mie parole in quei suoi occhi che si allargano in sorpresa. Quando parla, il labbro gli trema leggermente.
"Ma... è per questo che ti ha detto di parlarmi alla prima lezione?... E' per questo che mi hai... chiesto di uscire dopo?"
Chiede, più a se stesso che a me. Sulle prime non riesco a fare niente se non annuire lievemente, ma a lui questo basta. Se dicessi di più si spezzerebbe la delicatezza con cui stiamo trattando la cosa, mi dico. Eppure l'assestamento dura poco. Appena Eren smette di trattenere qualche lacrima di commozione che gli scivola furtiva sulle ciglia, prendo a parlare. Devo proprio liberarmi di questo peso dal petto.
"Eren, credo che tu mi sia piaciuto dalla prima volta in cui ti ho visto."
E' strano che proprio io che rifiuto, rifiutavo, l'amore mi ritrovi a parlare di colpo di fulmine? Probabilmente sì. E' colpa di Eren? Decisamente. A cavalcioni su di me, con la sua lingua allacciata alla mia, mi dice che anche lui ha provato lo stesso. È assurdo e innegabile che noi due siamo destinati a stare insieme. Mi sbottona titubante la camicia per dirmi quanto sia contento di non essere andato in mensa quel giorno. Ed io gli afferro le ciocche lunghe e lo porto ancora sulla mia bocca per dirgli che provo lo stesso. E ci baciamo, più intensamente di quanto si dovrebbe fare in un luogo pubblico, ma non ce ne importa adesso. Non quando le sue mani arrivano ai miei pantaloni e i suoi respiri affannati si fermano a qualche millimetro dalle mie labbra umide.
"Levi, voglio fare l'amore. Qui, adesso."
Lo sguardo carico di un bisogno più intenso della lussuria.
"L'avevo capito."
L'ironia si perde nel ritmo erratico del cuore che non smette di accelerare. Eren mi ha guardato in tanti modi, ma mai così. E' profondo, intenso e brucia ogni centimetro di pelle dove posa il suo sguardo. La sua mano scende ancora, sfilando la cintura dai passanti.
"Levi... Vuoi sentirmi... dentro di te?"
Chiede in un sussurro che mi spezza più di tutto quello che ci siamo detti finora. Voglio donarmi completamente a lui? Mi spaventa, ma è così ovvio. Io sono già suo, in ogni modo in cui posso appartenergli. Annuisco, avvampando quando sussulta quasi non se lo aspettasse. Con le dita mi sfiora il basso ventre. Chiudo gli occhi, incapace di sostenere i suoi meravigliosi occhi cangianti. Il suo profumo mi riscalda e mi rilasso sotto alle sue carezze. Stento a crederci, quando un suono che non sento quasi mai manda in frantumi la nostra bolla. Ci guardiamo, confusi. Istintivamente mi muovo verso la tasca dei pantaloni. Eren si sposta di lato, seguendo con lo sguardo la mia mano che prende il cellulare. Ci stupiamo entrambi nel leggere il nome di Hanji sul display.
"E' meglio se rispondi. E' strano che ti chiami."
Non posso che essere d'accordo. Le conto sulle dita di una mano le volte in cui Hanji o Erwin mi hanno chiamato e purtroppo era sempre per cose importanti.
"Pronto?"
Mi riallaccio i pantaloni mentre Hanji dall'altro capo mi dice solo di andare a casa. Non accenna ad altro, ma l'assenza della solita cantilena fastidiosa nella voce mi preoccupa. Eren capisce tutto dai miei gesti. In troppo poco tempo siamo alla macchina. Nel ritorno la passione è svanita, costretta a rifugiarsi da qualche parte per far posto ad una strana ansia che ha colto entrambi. Una volta a casa, il castano mi saluta con un bacio.
"E' stata una serata stupenda. Mi raccomando dimmi se va tutto bene. Non farmi stare in pensiero."
Mi implora. Gli do un altro bacio, dimenticando per un attimo il mondo fuori e ringraziando per averlo accanto. Lo guardo sparire dietro la porta, prima di tornare a casa.
E' difficile togliermi il sorriso di dosso. Ho il profumo di Eren dappertutto e la pelle è ancora calda nei punti dove lui l'ha toccata. Dovrei contenermi di più mentre entro in casa, ma non ci riesco. Sulle prime penso che sia la mia aria spensierata a rendere Hanji ed Erwin così strani.
"Levi, eccoti finalmente. Mi spiace se ti abbiamo disturbato, ma non potevamo più aspettare."
Si scambiano uno dei loro sguardi d'intesa, simili a quelli miei e di Eren. Nonostante il biondo sia bravo a controllare la propria espressione, Hanji è ovviamente scossa. Istintivamente mi chiedo perché quando sto bene, debba sempre esserci qualcosa che mi riporta alla dura realtà.
"Allora, si può sapere cosa succede?"
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