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IF A LOOK COULD KILL...

LEVI

Eren si lascia andare contro al materasso. Le gambe lunghe che ancora mi ospitano si distendono pigre. Mi pulisco le labbra con il dorso della mano prima di solleticare ancora il suo corpo, strusciandogli addosso. Ho quasi paura di raggiungerlo sul cuscino, ma il suo sorriso imbarazzato ne innesca uno di rimando. I suoi occhi cangianti mi fissano. Eren con tutte le sue sfumature neutralizza ogni senso di allerta nel mio essere. Le pagliuzze dorate sparse nell'iride scintillano, incastrandosi nelle mie pietre ghiacciate. Mi sfiora il bordo della maglia. A questo punto sono sicuro che il mio terrore sia evidente. Ma so che la mia voglia di lasciarmi andare del tutto a lui lo è altrettanto. E allora le parole lo raggiungono prima che abbia il tempo di pensarle. No, se se ne andrà non avrò obiezioni. L'ho sempre saputo che Eren è troppo per me. Ne sono ancora convinto. Eppure lui con poco fa breccia nell'ennesima corazza che innalzo tra di noi.

"Sei bellissimo."

Sussurra mentre tengo il viso nascosto nella sua spalla. Troppo codardo per guardarlo mentre esplora i marchi intricati sulla mia pelle. Percorro la superficie liscia della sua schiena e mi accorgo che il calore in cui ci siamo avviluppati inizia a svanire. Resto fermo. Le sue mani ancora impegnate a sondarmi. Mi beo del contatto del suo petto contro al mio, quanto basta per inalare il suo profumo dolce contaminato da una vaga nota di sudore che su di lui sa comunque di buono. I suoi tocchi caldi proseguono pigri, giocando con le interruzioni frastagliate che si susseguono a ripetizione. Lascio baci casti sulla spalla che mi ospita. Potrei restare così in eterno, a godermi le sue carezze delicate che spengono le mie paranoie, ma Eren non sa che effetto mi fa. Non l'ha capito del tutto. I pantaloni si fanno stretti, quando azzarda un morso nel punto tenero tra il collo e la spalla. Insiste nel posto che ha scelto, curando le ferite dei denti con la lingua morbida. Un sospiro mi sfugge dalle labbra ancora impregnate del suo sapore unico. Mi guarda confuso quando interrompo le nostre effusioni. Mi alzo veloce dal letto e lo prendo per mano. I piedi nudi schioccano contro al parquet che ci guida verso il bagno. Apro il getto d'acqua della doccia, guadagnandomi una risata genuina da parte sua.

"Sei proprio un maniaco del pulito."

Scuote la testa, scombinando tutti i suoi fili color cioccolato. Non credo di aver mai visto niente di più bello. Testo la temperatura dell'acqua e una volta calda mi incrocio con due occhi verdi e gli faccio segno di entrare con un cenno del capo.

"Coraggio moccioso, dentro."

Eren esegue gli ordini, chiudendo per un attimo gli occhi quando l'acqua calda ricopre il suo allettante corpo nudo. Il suo viso quando è rilassato sembra splendere ancora più del solito. Mi restituisce le sue attenzioni, riaprendo le lunghe ciglia e non si risparmia di guardarmi divertito. L'ha sempre fatto ridere la mia fissa per l'igiene che definisce eccessiva. Mi godo il suo sorriso beffardo e ancora di più il modo in cui si morde le labbra per mitigare inutilmente la serenità che lo travolge.

"Te ne stai lì a guardarmi?"

Azzarda una provocazione con un'alzata di sopracciglio.

"Non era proprio quello che avevo in mente"

La zip dei jeans che si apre ci getta nel silenzio più totale. Faccio scivolare a terra i pantaloni e i boxer e mi guarda colpevole. Sembra un bambino che sa che sta per fare qualcosa di proibito, ma non riesce a farne a meno. Adoro il rossore che gli inonda il viso. Amo il modo inconsapevolmente sensuale in cui si morde il labbro quando i suoi occhi percorrono tutto il mio corpo, fermandosi sulla mia intimità chiaramente stimolata dai suoi gesti. Cammino verso di lui, chiedendo spazio nella doccia senza dire una parola. Gli occhi gli lacrimano ancora di lussuria malcelata. Se solo sapesse quanti brividi mi innesca con il suo solo guardo addosso. L'acqua scorre tra i nostri volti distanti pochi millimetri. Mi trattengo dal baciarlo per memorizzare le sue labbra dischiuse dall'eccitazione. I nostri respiri si fanno più sottili. Poi le sue mani tornano sul mio petto. La lussuria nei suoi occhi si impregna di curiosità. Non mi chiede niente, ma passa le dita su ogni cicatrice che ho messo alla sua mercé, scrutandomi per capire se è il caso di fare domande. Mi verso un po' di bagnoschiuma sulle mani e inizio a passarglielo addosso, cominciando dalle spalle. Guardo ogni tanto i miei movimenti su di lui per distogliere lo sguardo ed evitare che legga troppo facilmente il fastidio sul mio volto.

"Molte le ho guadagnate da piccolo. Mia madre ospitava i suoi clienti nell'unica stanza libera del monolocale che avevamo; quella vicino alla mia. Alcuni erano gentili, ma altre volte la sentivo urlare o pregarli di fare piano. Non potevo passare la notte accasciato al muro senza fare niente. Comunque avevo solo sei anni. Di certo non ero di molto aiuto. Tutte le volte che ho provato a difenderla mi urlava solo di lasciarla stare e tornarmene in camera. Non capivo quanto soffrisse nel vedere suo figlio venire maltrattato senza poter fare niente. Una cosa è certa. Io e lei abbiamo sempre condiviso il sentimento dell'impotenza anche dopo che me l'hanno portata via."

Mi copro il viso con le mani, soffocando un gemito di frustrazione. Non voglio rovinare il nostro momento. Non adesso. Blocco tutti i ricordi della mia infanzia. La rabbia che mi ribolle nello stomaco come acido delle batterie. Penso solo ad Eren. Al suo abbraccio caldo e ai teneri baci di cui mi dissemina i capelli umidi.

"Eren ci sono altre cose... Cose che devo gestire adesso e di cui vorrei parlarti, ma—"

Un nodo alla gola mi blocca. Mi stacco dal suo petto, ma continuo a focalizzarmi sul piatto bianco della doccia. Provo a riaprire la bocca. Provo disperatamente a dirgli quello che gli devo dire. Sono convinto che meriti di saperlo, ma inaspettatamente il suo dito mi blocca. Il suo tocco caldo mi chiude le labbra e i nostri occhi si incatenano.

"Sshh, basta Levi. So che c'è di più, ma adesso non sei pronto. Quando sarà il momento, ti ascolterò."

Con il pollice mi strofina il labbro inferiore. Il cuore salta più di un battito. Dai suoi occhi strabordano solo calore e comprensione. Questo ragazzo è come il sole in estate. Capace di scaldare ogni antro del mio animo e portare via la tempesta emotiva che mi tira sempre verso il fondo.

"Sei dannatamente perfetto, Eren."

Le sue labbra trovano le mie in un bacio impetuoso. Mi ruba le tracce del suo sapore in baci roventi. Mi avvinghio alle sue spalle e lui rinforza la presa sulla mia vita, stringendoci l'uno contro all'altro. Tutta la timidezza che gli appartiene se n'è andata. Mi mostra i suoi occhi scuri di desiderio e si muove sinuoso contro alla mia erezione. La soddisfazione nel vedermi sospirare gli fa reprimere un sorriso. Incoraggiato dal mio godimento, scende sul mio corpo. Cosparge di carezze umide tutte le mie cicatrici come a volerle cancellare e con loro eliminare tutto quello che si portano dietro. I miei respiri si fanno più intensi man mano che scende, sorpassando la pelle morbida vicino alle anche. Gli avvolgo tutte le sue ciocche in una spirale che stringo tra le dita. Evita di guardarmi, sicuramente per l'imbarazzo che torna a farsi vivo ora che si avvinghia ai miei glutei per sostenersi. Si sistema sulle ginocchia e di rimando allargo le gambe, pronto a fargli spazio. Con la lingua tasta la morbidezza delle sacche, tanto sensibili da farmi inarcare la schiena, stringendo il sedere avviluppato dal suo tocco caldo. Ansima liberamente contro alla mia pelle bollente. Ad occhi chiusi lo seguo, mentre mi esplora. I suoi assaggi si spingono più in là. Con la punta della lingua traccia i confini della mia entrata. Mi porto una mano alla bocca, raccogliendo come posso i lamenti eccitati che premono per uscire. Assecondo le sue lappate, ondeggiando sulla sua lingua vorace che mi rizza ogni poro con sferzate di goduria. Mantengo al lucidità finchè posso, ma si fa difficile man mano che il membro pulsante tra le gambe richiama la mia attenzione. Lo prendo in mano e inizio a pomparmi, cercando un po' di sollievo, quando Eren si interrompe e mi fissa con sguardo indecifrabile.

"Dimmi cosa vuoi Levi e lo farò io."

Biascica tra sospiri eccitati e respiri affannati. Gli accarezzo le labbra gonfie e bagnate, perdendomi nel suo sguardo trasognato. Calmo il petto ansante con una nuova ondata di sangue pulsante nelle vene al solo pensiero di quello che sto per dirgli.

"Voglio scoparti in bocca."

Quasi svengo a vederlo liquefarsi in un misto di pudore e lussuria per la mia richiesta soffocata. Resisto solo per godere della sua bocca che mi avviluppa. Non avevo assolutamente idea che le ginocchia potessero cedermi così. Appoggio forte la mano al vetro della doccia, tentando come posso di non scivolare sulla parete che mi sostiene. Stringendogli i capelli, accompagno la sua testa che si muove ritmicamente su di me. Sento ogni dettaglio. Ogni gesto della sua lingua che percorre la mia lunghezza. Tutti i lembi di pelle che stringe morbidamente tra i denti. I suoi ansimi gli implodono nella bocca occupata mentre i suoi occhi ogni tanto guardano i miei, ubriacandosi del piacere che si libera in gemiti scomposti dalle mie labbra. Ormai neanche l'acqua copre più i ringhi bassi che mi gorgogliano in gola. Dalla bocca totalmente secca non fanno che uscire versi sempre più stranieri. Un calore sconosciuto mi urta i nervi.

"Eren... sto per venire..."

Ansimo. Quegli smeraldi provocanti si oscurano di una serietà raccapricciante. Eren si interrompe un secondo. Sussurra senza allontanarsi, sferzandomi la pelle con il suo fiato caldo.

"Lascia che ti senta, Levi."

E torna a torturarmi. La sua provocazione rimane sospesa a mezz'aria, penetrandomi nei timpani e mandando in frantumi ogni padronanza su me stesso. Mi spingo forte nella sua bocca, totalmente dominato dalla frenesia dei suoi gemiti su di me. Eren mi spinge a sua volta dentro di lui, incrementando la velocità delle mie mosse. Le sue labbra schioccano contro al mio pene, mischiandosi ai miei versi sempre più alti. Mi succhia con forza, leccando con avidità il liquido dalla punta. I muscoli perdono quella poca forza che ero riuscito a mantenere. Collasso sul fondo della doccia, infilando anche la mano libera tra i capelli di Eren, ormai determinato a portarsi via tutto il mio piacere. Scivola indietro seguendo il mio corpo che si abbandona sotto alla foga delle sue azioni. I suoi gesti sempre più irruenti e sgraziati.

"Oh Cristo, Eren."

E' l'ultimo pensiero che formulo. Sotto alle sue spinte inarco la schiena e vengo dentro di lui, riempiendo l'aria intorno degli ultimi aliti di piacere. Lo ascolto deglutire deciso per poi sciacquarsi con l'acqua che ancora ci investe e trovare sostegno sulle mie ginocchia. Ci fissiamo per un'eternità. Con il respiro ancora affannato, lo guardo prendere il bagnoschiuma e rovesciarlo copioso sul mio petto. Disegna cerchi invisibili sui miei addominali in evidenza. Trovo le sue spalle e lo trascino su di me. Restiamo abbracciati a fissarci con una serietà leggera. Persi nell'adorazione l'uno dell'altro finchè la serratura che gira al piano di sotto mi ricorda che è ora di cena. Scattiamo in piedi. Eren mi esprime tutto il suo disagio con un rossore violento e un cipiglio di preoccupazione che farebbe invidia anche alla miglior tragedia greca. In tutta calma e con i muscoli ancora intorpiditi gli allungo un asciugamano e poi faccio lo stesso con me. In poco tempo siamo asciutti e lo spingo di nuovo in camera per vestirci. Torniamo presentabili appena in tempo per Hanji che come sempre entra senza bussare.

"Levi, siam- Oh Eren, ciao! Allora sei venuto anche se Levi non era a scuola. Ottimo! Vi aspettiamo giù ragazzi. Ah, Eren sbrigati che abbiamo una cosa per te!"

Ci intontisce di informazioni e ci lascia, chiudendo la porta raggiante. Noto Eren ancora stordito dalla comparsata e dal fatto che Hanji abbia accennato a qualcosa per lui. Ed è ora che lascio da parte tutti gli scrupoli e forzo il cassetto della scrivania. Mi avvicino con il braccio dietro alla schiena e appena trovo il suo fianco sotto al palmo gli do un casto bacio sulla guancia.

"A proposito. Buon compleanno, moccioso."

Il suo volto si illumina per la sorpresa. Si getta sul tavolo scartando il pacchetto con l'entusiasmo di un bimbo di cinque anni.

"Levi non dovevi!"

Urla. Tenta per un attimo di bloccare l'emozione coprendosi la bocca con le mani, ma dura poco. Mi soffoca in un abbraccio energico, strizzando gli occhi splendenti per liberarli da qualche lacrima trattenuta. Non posso fare a meno di sorridere, vedendolo così entusiasta. Niente mi rende più contento che guardarlo rigirarsi il set da disegno professionale tra le mani.

"Ho pensato che fosse la giusta varietà di materiali per completare la tua Via Lattea."

Segue il mio dito che indica il grafico appeso al muro. Non manca tanto alla presentazione del progetto e non ho dimenticato il Giovedì di tre settimane fa, quando si lamentava di non poter dare le giuste sfumature di colore senza un kit più variegato. Annuisce con il largo sorriso che non se ne va più. Poi mi abbraccia ancora. Inalo il suo profumo, ora più simile al mio dopo la condivisione del bagnoschiuma. E' incredibile quanto sia morbida la sua pelle. Potrei tenerlo stretto così in eterno.

"Non me lo aspettavo proprio. E' stupendo."

Mi dà un bacio sonoro, impegnandosi per far vibrare lo schiocco in tutta la stanza. Gli sorrido di rimando, portandogli una ciocca di capelli bagnati dietro all'orecchio.

"Avanti, andiamo a mangiare."

***

La cena passa in un lampo. L'entusiasmo di Eren non fa che crescere quando i suoi professori imbandiscono la tavola con una decisamente enorme torta al cioccolato. Gli cantano la canzone, intimandolo a soffiare sulle forme di cera arrangiate in un diciassette argentato. Io mi limito ad applaudire. Eren esprime intensamente il suo desiderio ad occhi chiusi e quando li riapre mi guarda. Mi guarda senza nessuna espressione particolare se non che fa durare il contatto visivo per un'infinità, annullando qualsiasi presenza intorno a noi. Se uno sguardo potesse uccidere di dolcezza, quello apparterebbe sicuramente ad Eren Jaeger. Mi ricompongo quanto basta per brindare con i calici che Erwin recupera dalla cucina. Ignoro per tutto il tempo le occhiate di Hanji che non fa che ghignare. Siamo decisamente sotto osservazione, ma non mi impedisco di trovare la mano di Eren sotto al tavolo e massaggiargli il dorso con cerchi del pollice. Mi piace come cade subito vittima delle sue espressioni di stupore per poi impegnarsi a ritrovare la calma. Una volta finito, facciamo per alzarci. Con Eren già per le scale, Erwin mi blocca con una presa delicata, ma decisa. Mi riserva uno dei suoi sguardi perentori anche se il sorriso è sempre quello cortese che usa anche a scuola.

"Levi ora hai compagnia, ma quando saremo soli faremo due chiacchiere. Hanji mi ha detto come la pensi sulla decisione dell'Istituto. Non credere che non apriremo più la questione."

Il primo istinto è quello di liberarmi dalla sua presa e risolvere la cosa a pugni. Prendo un bel respiro. Non avrà modi troppo permessivi, ma Erwin parla in buona fede. Annuisco serio.

"Come vuoi. Ora torno di sopra."

Mi lascia andare. La sua espressione non si intacca minimamente alle mie reazioni. Entro in camera e trovo Eren assorto sul mio comodino. La mia attenzione va subito alla lettera che ho dimenticato aperta in bella vista. Sudo freddo, correndo ad analizzare la sua espressione. Mi rivolge un sorriso e batte la mano sul letto nello spazio accanto a lui. Prendo posto ancora irrigidito dal dubbio. Il suo viso è rilassato. Si accoccola sul mio petto. Forse mi sono preoccupato per niente. Mi rilasso contro ai cuscini e prendo ad accarezzargli i capelli, assicurandomi che siano asciugati. Le ciocche ribelli mi solleticano il naso. Gli lascio tanti baci tra la matassa indistricabile e a ciascuno lo sento ridacchiare. Lentamente il silenzio torna protagonista delle nostre coccole. Il naturale modo in cui ci siamo toccati in questi mesi si è notevolmente trasformato dopo l'avvicinamento del pomeriggio. Entrambi ci spingiamo più in là con carezze che prima osservavano certi limiti. E sicuramente siamo più reattivi all'influenza dell'altro. Eppure stare vicino ad Eren così semplicemente, partecipando della sua dolce essenza è il massimo a cui vorrei mai tendere. La sua sola presenza è linfa vitale a cui non posso più rinunciare. Eren è la mia estate. Con la sua carnagione abbronzata e i suoi occhi marini e i capelli sempre scompigliati da un vento immaginario. Questo ragazzo è il Sole attorno al quale ho preso ad orbitare senza neanche deciderlo.

"Levi..."

Mi chiama piano e solo ora realizzo di avere le palpebre praticamene chiuse, perso nelle sensazioni meravigliose della sua stretta.

"Sì?"

Sospira.

"Si sta facendo tardi. Dovrei andare a casa."

Mi informa stancamente. Il tono distorto in una cantilena lamentosa. Ho ancora gli occhi chiusi, eppure percepisco il broncio che gli occupa il viso infantile.

"Dormi qua. Domattina ci alziamo prima e passiamo a prendere le tue cose per andare a scuola."

"Va bene."

E ancora lo sento sorridere. Ci togliamo i vestiti e rimaniamo in boxer sotto alle coperte. Rinforzo l'abbraccio in cui si adagia, scaldando il mio corpo freddo. Spengo la luce. Nel buio avverto ancora di più la sua presenza accanto alla mia. Traccio la pelle soffice del braccio. Poi tocca alla linea appena accennata dei pettorali. Ripenso al suo corpo magro e longilineo, ancora in fase di sviluppo. Eren si contrae sotto ai miei deboli sfioramenti. Le sue mani raggiungono il mio petto, andando su e giù con i respiri sempre più pesanti.

"Levi... ti va di parlarmi di tua madre? Vorrei sapere com'era."

Bisbiglia. Ora capisco che cosa avesse catturato tanto la sua attenzione. In effetti la foto che tengo sul comodino non può dire molto della donna stupenda che vive nei miei ricordi sbiaditi.

"Avevo solo otto anni quando ci hanno separato. Non sono sicuro di cosa ricordo. Non so dirti cose banali. Quelle che sai sempre delle persone importanti per te. Non ricordo i suoi interessi o il suo colore preferito o se era brava a cucinare. So che aveva quattordici anni quando è scappata da un padre violento. La madre era morta anni prima. A quanto pare era succube del marito e voleva lasciare la figlia allo stesso destino. Credo che sia finita a fare quello che faceva suo malgrado. Alla fine era senza casa e senza lavoro. Qualcuno deve averne approfittato. Non so se fosse una brava persona. So solo che per me era la madre migliore del mondo. Non c'è stato un giorno in cui non mi sia sentito amato. Mi riempiva di attenzioni e tutte le sue energie le impiegava per istruirmi a casa e farmi avere un buon lavoro per quando sarei stato grande. Era dolce e gentile e che tu ci creda o no era molto allegra. Me la ricordo sempre sorridente. Per questo non sopportavo le notti in cui i suoi clienti portavano via quelle certezze. Fino a otto anni siamo stati noi due, rifiutati dalla società, ma a me non importava. Il nostro mondo era perfetto..."

Un suo sbuffo divertito mi interrompe. Il cuore sta battendo all'impazzata, provato dalle memorie che non avevo mai confessato a voce alta. Eren si muove delicatamente su di me. Mi accarezza il viso, continuando a riposare sul mio petto.

"Ti somiglia molto allora."

Esclama convinto. Ignorare lo stupore che mi fa alzare un sopracciglio è impossibile.

"Stai scherzando, spero. Cosa c'entra con me?"

"Ackerman sei tutta apparenza, ma ricordati che io ti vedo. Anche tu sei dolce, gentile e amorevole."

Mormora a fiato corto. Lo immagino arrossire, tanto quanto sto arrossendo io.

"Sai come stanno procedendo le sue ricerche?"

"Mio zio, quello che mi ha preso in custodia, aveva trovato una pista che l'ha portato a me. Dopo la sua morte tutto è passato alla polizia. Ci sono tanti casi di ragazze scomparse. Più di quanti avrei mai immaginato, ma molti sono stati risolti. Alla fine si rivelano spesso persone comuni. Cameriere nei bar o commesse in qualche supermercato. Chissà... Forse un giorno andrò a fare la spesa e la incontrerò alla cassa."

"Sarebbe bello, Lev..."

Mi accarezza ancora con le sue parole dolci e una certezza si infiltra nella malinconia che mi ha assalito. Ora so cosa Eren ha desiderato con quello stupido gioco delle candeline. L'anima si fa più leggera. Vinta dall'altruismo e dall'affetto genuino della persona stupenda che ho tra le braccia. Gli lascio un ulteriore bacio tra i capelli e gli accarezzo ancora il naso. Seguo il profilo della linea dritta. I suoi respiri si sono fatti pensanti e cadenzati. Mi allungo sulle labbra e le trovo dischiuse. Sorrido tra me e me.

"Buonanotte Eren. Ti voglio bene."

Passa quasi un minuto, prima che mi risponda. Ormai ero convinto che si fosse addormentato.

"Anche io ti voglio tanto bene. Buonanotte."

Sbadiglia sonoramente. Lo ascolto addormentarsi. Chiudo gli occhi e mi abbandono al dolce suono del suo sonno sereno.

***

"Eren, muoviti."

Ottengo l'ennesimo mugugno indistinto in risposta. Dopo il difficile risveglio della gita a Trost credevo che fosse stanco per l'escursione. Non potevo sbagliarmi di più. Il moccioso è un dormiglione patentato. Spalanco la tenda, neutralizzandolo con la luce del sole. Per tutta risposta infossa la testa sotto al cuscino con tanto di lamenti al seguito.

"D'accordo, moccioso. Se ti piacciono le maniere forti, basta chiedere."

Gli afferro le caviglie e tiro con tutta la forza che ho. Scivola inerme per un bel po' di centimetri. Mi allontano quando scalcia come un forsennato, ordinandomi di lasciarlo andare con la voce ancora impastata dal sonno. Ringrazio solo che Hanji ed Erwin siano già usciti per non dover assistere a questo spettacolo pietoso. Imperterrito, il castano artiglia il coprimaterasso minacciando di disintegrare il letto. Mollo la presa. Le gambe riatteranno con un tonfo. Il rumore che segue è un mix tra il suo urlo soffocato nel cuscino e lo schiocco delle mie cinque dita sulla sua natica.

"Muovi il culo, Eren. Dobbiamo anche passare a prendere il tuo zaino. Fammi fare tardi e ti prenderò a sculacciate da qui fino a Natale."

"Mmm va bene, va bene. Mi alzo!"

Si tira in piedi come una furia, urtando qualsiasi cosa incontri nella strada verso il bagno. Spero almeno che trovi lo spazzolino che gli ho preparato. Dopo ben venti minuti intervallati solo dallo scorrere dell'acqua e dallo svanire della mia pazienza, spalanco la porta del bagno. Eren mi guarda come se fossi un mezzo matto. Se ne sta lì a sistemare quelle ciocche indomabili, rimirandosi allo specchio. L'espressione totalmente disorientata dal mio evidente disappunto.

"E ora che c'è?!"

Chiede, petulante.

"Sei il cantante di una fottuta boyband, per caso? Lascia stare quei capelli e usciamo di casa, cazzo!"

Urlo, completamente esasperato e quanto mai convinto di non volere figli neanche sotto minaccia.

"Oddio, va bene. Andiamo."

Esce dal bagno, alzando le mani in segno di resa e scuotendo la testa, ancora sconcertato dalla mia reazione. Ma chi me l'ha fatto fare?! Salta in macchina, stiracchiandosi sul sedile prima di allacciarsi la cintura. Di solito vado a piedi a scuola, ma visti i ritardi cronici di Eren mi vedo costretto ad usare l'auto. Fortunatamente non c'è molto traffico a quest'ora. Dopo cinque minuti in cui mi concentro sulla guida, la sua mano calda raggiunge la mia sulla leva del cambio. Approfitto del semaforo rosso per guardarlo. Il suo sorriso e gli occhi ancora chiusi dal sonno annientano tutto il nervosismo. Le ciocche impossibilmente scombinate si sono infilate ovunque. Dietro e davanti alle orecchie, nel colletto della maglia e nel cappuccio della felpa.

"Comunque buongiorno."

Mi lascia un bacio sulla guancia e mi struscia la sua contro alla spalla, emettendo un mormorio che ricorda tanto le fusa di un gatto.

"Buongiorno a te."

Non so come riesco a rimanere serio, ma mi ci vuole tutta la concentrazione che possiedo per non accostare sul ciglio e farmelo direttamente sui sedili posteriori.

"Certo che sei bello nervosetto la mattina eh?"

Okay, scherzavo. Devo più che altro impegnarmi per non abbandonarlo con il suo culo pigro in mezzo alla strada. Ignoro il commento e il sorrisetto divertito. Ma a chi la do a bere? So già che ormai non riuscirò più ad arrabbiarmi e forse è questa la cosa che più in assoluto mi spaventa di lui. La facilità con cui influenza il mio umore è sconcertante.

"Puoi aspettarmi qui. Prendo lo zaino al volo ed esco."

Dice, mentre giriamo il familiare angolo di casa sua.

"Ai suoi ordini, soldato."

Ridacchia del mio sarcasmo e mi rifila un bacio veloce sulle labbra mentre parcheggio davanti a casa. I suoi occhi sorridenti mi abbagliano per un attimo, tuttavia la sensazione viene subito rimpiazzata da un panico che raramente ho provato in vita mia. Eren coglie il mio sguardo scioccato e lo segue d'istinto. Ora la sua espressione combacia con la mia.

"Cazzo! Cazzo!"

Si mette le mani tra i capelli e sospira rassegnato. Ci guardiamo un secondo. La preoccupazione gli evapora da tutti i pori.

"Senti, è meglio se mi aspetti a scuola, okay?"

Si morde il labbro, resistendo all'impulso di guardare ancora oltre al finestrino.

"Sei sicuro?"

Improvvisamente l'idea di lasciarlo mi spaventa a morte. Vorrei stargli sempre vicino in momenti come questo.

"E' la cosa migliore. La tua presenza complicherebbe le cose. Stai tranquillo, me la cavo."

Cerca di sorridermi senza successo. Do una stretta alla sua mano. Con un cenno di assenso lo osservo scendere lentamente dall'auto. Mi rivolge un ultimo sguardo quando si volta per chiudere la portiera. Prega per me è il messaggio evidente che mi lascia con i suoi occhi da cerbiatto. Con molta reticenza rigiro la chiave nel quadro e metto in moto. Prima di partire, do un' ultima occhiata al portico di Eren, dove una Mikasa tutt'altro che contenta mi rivolge uno sguardo letale.


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