Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

I'M NOT GONNA GIVE UP

EREN

"Tesoro, sei sicuro di sentirti bene? Sei così pallido..."

Mia madre mi accarezza la fronte. Mi godo il sollievo delle sue dita fresche mentre tengo lo sguardo sulla brioche che mi sto sforzando di mandare giù, evitando i suoi occhi ambrati.

"Sì, sono solo stanco."

Mi sento rispondere, privo di qualsiasi convinzione.

"Però sono due settimane che ti vedo in questo stato. Sarà il caso di farti visitare?"

Si circonda il mento con la mano, sospirando pensierosa e mettendomi abbastanza in allarme da arrivare a fissarla come se fosse un'apparizione. Non mi abituerò mai alla sua apprensione. Anche ora mi osserva inquieta neanche fossi ad un passo da morte certa.

"Mamma, è un periodo pesante a scuola. Sono solo stanco, te l'ho già detto. Ora vado.  A dopo."

Mi alzo di scatto, scappando senza troppi complimenti dalla sua espressione preoccupata e sbigottita. Infilo al volo il giubbotto e non mi volto neanche quando sento i suoi passi affrettarsi per starmi dietro. Le rifilo un ciao sussurrato del quale si accontenta, constatando che, come nei giorni precedenti, non otterrà molto di più. Lascio che chiuda la porta rassegnata una volta che varco la soglia, scontrandomi con l'aria un po' più tiepida di inizio Marzo. Mi dispiace farla preoccupare, ma non posso occuparmi anche di lei. Ci sono già troppe cose che non mi danno tregua e quel che è peggio è che non posso farci niente se il mal di stomaco non vuole passare e se sul mio viso i miei tormenti sono sempre più evidenti. Sono passati quattordici giorni da quando io e Levi ci siamo baciati. Ci ho messo esattamente nove giorni di mutismo e notti tuttora insonni per realizzare la cosa. Ora sono quasi in grado di ammetterlo senza farmi prendere da un attacco di panico. Ho baciato un ragazzo e mi è piaciuto. Per essere precisi ho baciato Levi e mi è piaciuto. No, se devo essere totalmente sincero, non mi ero mai sentito così prima. Il solo pensarci mi ribalta ancora lo stomaco in tutte le direzioni. Al solo vederlo il cuore inverte il ritmo delle sue pulsazioni e tutti i muscoli diventano pesanti e leggeri allo stesso tempo. Mi piace e credo di dover riconsiderare gli ultimi due anni in cui sono stato convinto di conoscere il significato di questo verbo. Tuttavia sopportare i miei sentimenti ingannevoli è la condanna più dolce perché di quel giorno Levi non ne ha più fatto parola. Da quel momento si è trasformato in un compagno di laboratorio che ho visto solo al Giovedì durante la lezione. Le nostre uscite, le nostre battute, persino le sue parole scontrose sono svanite. Da quando ho lasciato casa sua alle due del mattino, dopo tre ore trascorse avvinghiati l'uno all'altro, il Levi che stavo imparando a conoscere è totalmente scomparso. Da allora mi chiedo se la mia immaginazione sia davvero così fervida. Perché non posso credere che sia stata solo una mia percezione. I suoi meravigliosi occhi pieni di paura mi hanno guardato dentro così timorosi di farsi scoprire a loro volta. Le sue mani si sono mosse su di me incerte, ma strette al mio corpo; incapaci di lasciarmi andare. Le sue labbra hanno assaggiato le mie in così tanti modi che senza mi sento vuoto. Si è lasciato guardare da me. Mi ha permesso di calmare i suoi brividi insieme ai miei. Credevo che avesse finalmente sollevato quel velo di riservatezza sotto al quale mi ha scaldato, eppure il freddo domina costantemente le mie giornate. Da quella sera Levi non mi guarda più. Ed io non posso pensare che fosse tutto un suo piano. Non oso pensare che Levi abbia davvero voluto distruggere tutte le mie certezze per poi lasciarmi a raccogliere i cocci da solo. E anche se fosse non saprei cosa fare perché più in fondo della delusione che mi toglie il sonno e dell'avvilimento che abbatte tutte le mie energie, è rimasta solo una certezza a cui rimango ancorato con tutte le forze: io, Levi, non riesco a odiarlo neanche un po'.

***

"Salti il pasto anche oggi, Er?"

Armin fa scivolare il vassoio accanto alla mia Coca-cola. Ormai l'appetito è solo un vago ricordo. Quando sono a casa riesco a convincermi a mangiare quanto basta per sostentarmi, ma la pausa a scuola è diventata un vero inferno. Tra il brusio generale dei nostri compagni, il volto affranto di Mikasa padroneggia la mia visuale dal tavolo opposto. Due settimane fa, subito dopo San Valentino, le ho chiesto una pausa di riflessione. Sì, per me che sono così impulsivo e apparentemente deciso, questo concetto rappresenta il termine di una relazione. Detto questo, dopo gli ultimi eventi non sono neanche più sicuro di ciò che sento davvero. Non mi fido più di me per cui non posso davvero dire se io e Mikasa siamo arrivati alla fine. Soprattutto quando non vedo nessun altro inizio possibile. Faccio segno di no con la testa, cercando di spostare lo sguardo da Mikasa a quello apprensivo di Armin. Se non altro lui non mi ha ancora abbandonato.

"Capisco. Ero sicuro che qualcosa non andasse. Sono quasi due mesi che va avanti così, però non credevo che saresti stato ancora peggio. Eren, sono davvero preoccupato per te e... per il nostro trio. Mikasa sta davvero male, credimi. A scuola tiene le distanze, ma non credere che non ti pensi. E' a pezzi, tanto quanto lo sei tu. Io ho bisogno di fare qualcosa, Eren..."

La voce di Armin ha perso tutta la sua allegria. Mangia piano, senza smettere di osservarmi. Mi implora ormai da giorni per sapere qualcosa. Lo capisco. Non mi ha mai sentito così distante, così chiuso. Lui che ha mantenuto tutti i miei segreti e condiviso tutte le mie paure. Sapevo che sarebbe arrivato questo momento e ora non riesco a tirarmi indietro perché nella solitudine i miei tormenti mi stanno consumando. Riempio i polmoni come posso, appesantito da un gesto che fino a due mesi fa sembrava la cosa più naturale del mondo. Quando inizio a parlare, affondo la testa tra le mani.

"Armin, credo che mi piaccia un'altra persona."

Ho gli occhi fissi sul tavolo, ma è come se il suo sgomento impregnasse tutta l'aria intorno a  noi. L'ho chiaramente sentito smettere di respirare. Le sue mani lasciano il cibo che ha nel piatto. Qualsiasi rumore sembra essersi fermato. La sua voce incerta è tutto quello che sento.

"Oh... Già, effettivamente ha... senso. Mikasa... lei non sospetta nulla, Eren, ma tu che cosa hai intenzione di fare? Se vuoi stare con questa persona devi dirglielo, Eren. Non puoi mentirle."

"Non sto con nessuno, Armin!"

Armin sobbalza al mio pugno sul tavolo. Perfetto, ora tratto male anche il mio migliore amico. Stringo i pugni e presso le labbra in un impeto di frustrazione che continua a sfuggire al mio labile autocontrollo. Non ci vuole molto prima che le sopracciglia si pieghino in un'espressione di rammarico, addolcendo lo sguardo spaventato e preoccupato di Armin che subito si carica di tenerezza.

"Eren, dai calmati. Prova a spiegarmi per bene. Tu e questa persona non state insieme?"

La sua voce delicata arriva come una furia nelle orecchie. La sua domanda, ovvia e innocente, mi fa tremare da capo a piedi. Poche parole bastano per quadruplicare tutte le sensazioni sgradevoli che il biondo legge facilmente nei miei movimenti scomposti. Sospiro e scuoto la testa in diniego, torturando le ciocche consumante dalle mie dita spietate.

"No, c'è stato solo un bacio e... non credo si ripeterà. Però... ho comunque bisogno di riflettere su alcune cose."

La piccola mano del biondo raggiunge il mio avambraccio. La sua carezza è leggera sopra alla mia felpa grigia. Il suo caschetto biondo si muove appena, quando inclina la testa per cercare il mio sguardo vacuo, quasi del tutto coperto dai miei capelli disordinati. Sono confuso, triste, vuoto, a pezzi. Non ce la faccio più.

"Mi dispiace tanto che tu stia male, Eren. Sappi che io ci sono sempre, okay? Vedrai che in qualche modo si aggiusta tutto."

Armin, così comprensivo. Si è sempre fatto bastare la mia amicizia egoista e imperfetta, senza mai lamentarsi. Anche adesso mi dimostra la sua fedeltà ed io mi sento ancora più in colpa perché neanche le sue rassicurazioni riescono a farmi sentire meglio. Vorrei tanto che i suoi sforzi non fossero così vani. Vorrei tanto non dover mentire anche a lui.

"Ne sono sicuro, Arm. Grazie."

Ascolto impotente le mie bugie, prima di alzarmi svogliatamente con vere e proprie pietre al posto dei muscoli.

"Ora devo andare dalla prof. Hanji. Ci vediamo Lunedì, Arm."

Con il suo pallido sorriso in risposta mi avvio fuori dalla mensa. Due tristi occhi color pece mi osservano senza vergogna. E non posso far altro che abbassare la testa. Non potrò più guardarla finchè non saprò che cosa dirle realmente.

***

Spingo incerto la pesante porta a vetri, distraendo la professoressa da un'attenta analisi al microscopio. Con il camice bianco e il tavolo pieno di fialette sembra davvero una scienziata pazza. In altre circostanze riderei di gusto e probabilmente le farei una battuta stupida, penso con amarezza. Chissà se d'ora in poi il mio umore sarà sempre così grigio.

"Buongiorno Prof."

Accenno un saluto decisamente smorzato e quando tento di modellare le labbra in un sorriso fallisco miseramente, attirando la curiosità dell'insegnante a cui non sfugge la smorfia troppo seria che non mi si addice. Mi preparo mentalmente a finire sotto torchio, conoscendo bene i suoi metodi poco ortodossi e totalmente indiscreti e mi sorprendo non poco nel vedere i suoi occhi luminosi brillare di gioia e ignorare di peso la mia espressione affranta.

"Ah Eren, eccoti!"

Abbandona il materiale sul tavolo e rovista nella sua gigantesca borsa grigia. Non so davvero immaginare quante cose debbano esserci lì dentro per riuscire a riempirla tutta. Impegna i minuti di ricerca canticchiando un motivetto che non conosco e dandomi tempo a sufficienza per azzardare la domanda che mi frulla in testa da quando mi ha convocato questa mattina, irrompendo prepotentemente nell'ora di letteratura e facendo guadagnare una ruga di irritazione a quel noioso omuncolo del professor Reiss.

"Come mai voleva vedermi?"

"Aaaahhhh eccolo qua. Trovato!"

Esulta, sovrastando le mie parole timorose e guardandomi entusiasta mentre agita in aria un foglio di carta a dir poco striminzito.

"Volevo darti questo. E' il permesso da far firmare ai tuoi genitori per la gita di Giovedì prossimo. Ieri sei scappato così in fretta dalla lezione che non mi hai lasciato il tempo di dartelo."

Solleva appena la lente degli occhiali, indagando la mia espressione colpevole. Afferro il foglio e  lo metto alla rinfusa nello zaino, tanto non potrà uscirne più stropicciato di quanto non sia già. Con questo ne approfitto per concentrarmi sulla chiusura della cerniera, sperando che l'insegnante smetta di farmi sentire così sotto torchio.

"Sì, ero... di fretta. Grazie Prof. Lo riporterò subito firmato Lunedì."

Faccio per andarmene, pregando per un istante che la sua mano sulla spalla non mi stia veramente intimando di fermarmi.

"Aspetta, Eren. Volevo approfittare della nostra intimità per dirti una cosa."

Ride della sua frecciatina. Io invece non posso far altro che sudare freddo, girandomi ancora verso di lei e il suo sopracciglio inarcato in una piega soddisfatta. Sono in trappola.

"Ho come avuto l'impressione che tu e Levi steste facendo amicizia. Sai, non capita spesso che quel musone solitario esca con qualcuno o lo inviti a cena..."

Ride ancora, per poi gesticolare freneticamente come l'ho vista fare tante volte.

"Okay, ti sto indorando la pillola. In realtà non l'ho mai visto uscire tanto e nessuno dei suoi compagni ha mai messo piede in casa nostra. Neanche Petra, nonostante sia una che non demorde."

A questo punto sono ormai certo che un color porpora mi dipinga tutto il viso, dal mento alla punta dei capelli, di pari passo con le ondate di calore che si irradiano dal mio corpo in subbuglio. Trattengo il fiato, troppo spaventato dal chiedermi dove voglia arrivare. La prof mi guarda in silenzio, inspirando lentamente. I suoi occhi si fanno più comprensivi, quasi capisse la difficoltà nell'ascoltare le sue parole.

"Quello che voglio dire è che Levi è un ragazzo particolare. Non so quanto ti abbia detto e non sta a me raccontarlo, ma ha un passato difficile con cui tuttora sta facendo i conti. Pensa che quando a diciassette anni l'abbiamo adottato, non voleva uscire dallo stanzino che l'Istituto gli aveva dato. Abbiamo gestito l'adozione a distanza, andando a trovarlo tre volte a settimana e trascorrendo nella struttura il Sabato e la Domenica. Poi abbiamo scoperto l'interesse comune per l'astronomia e tra una cosa e l'altra alla fine ha deciso di venire qui con noi..."

Mi concede una pausa in cui provo a regolare il respiro diventato intenso e pesante durante il suo racconto. Sono stremato dall'energia che impiego per nascondere la mia curiosità e lo sconforto nel sentir parlare di lui che ora è così lontano. Gli occhi grandi della prof. si assicurano che io sia in grado di continuare ad ascoltare. Mi chiedo che cosa possa sconvolgermi ancora rispetto a quanto detto finora.

"Quando siamo arrivati non è uscito di casa per mesi. L'estate non l'ha neanche vista. Poi con l'inizio della scuola ha iniziato a... stabilizzarsi, se vogliamo dire così, ma non è finita, Eren. Quello che sto cercando di dirti è che vi ho visto in questo periodo e mi sembrate... compatibili. Non guardarmi così. Tu sei attento ai sentimenti altrui, anche se credi il contrario, ma sei anche svampito e assolutamente ingenuo e credo che una persona di cui prendersi cura faccia bene a Levi. Non penso che i caratteri troppo forti gli vadano a genio."

Mi mordo il labbro inferiore nel disperato tentativo di bloccare le lacrime che sento vicine ad uscire. La prof. Hanji mi parla entusiasta del nostro legame. Vedo nel viso compiaciuto la gioia per quel bel rapporto che entrambi abbiamo visto e vissuto, ma non c'è più niente, niente. Ho rovinato tutto e come glielo dico adesso? Come?

"I-io... non credo..."

Cerco di schiarirmi la voce, troppo arrugginita da un pianto che non vuole liberarsi. Sento che sto per essere travolto da tutto quello che mi porto dentro e dal nodo in gola che sale sempre più su. Mi aggancio il labbro inferiore in un ultimo, disperato tentativo di non cedere come le ginocchia barcollanti muoiono dalla voglia di fare. Ad un soffio dall'esplosione Hanji decide di proseguire, fin troppo accorta nel captare le mie emozioni. E per quanto mi faccia sentire a disagio essere così esposto, la ringrazio mentalmente per restare al comando della conversazione.

"No, Eren, lasciami finire. Ti sto dicendo queste cose per farti capire. Levi è abituato a stare da solo. Per molti versi è convinto che sia meglio così. Forse lo pensa sinceramente, ma uno non sa sempre cos'è meglio. A volte sono gli altri che non devono gettare la spugna, okay?"

Le sue dita agitate abbandonano le punte dei capelli disordinati per accarezzarmi la spalla, in un gesto traboccante di rassicurazione e conforto. Le labbra ormai sono un cumulo di tremiti impazziti.

"Forse cerca di allontanarsi, ma se anche tu tieni all'amicizia che si stava creando, ti chiedo il piccolo favore di non lasciar perdere. E per qualsiasi cosa, io ti darò una mano. D'accordo?"

Annuisco, sinceramente mosso e animato dal suo sorriso benevolo e dalle sue carezze rincuoranti. Ma è proprio per questo che mi vedo costretto a spostare gli occhi appannati sulle mattonelle quadrate dell'aula di scienze, scappando da quegli incoraggiamenti che portano allo scoperto la tristezza che tengo stretta nello stomaco e che ad ogni respiro scivola dalla mia presa instabile per darsi in pasto al mondo.

"D'accordo. Ora devo andare. Grazie Prof. Hanji."

Non sono sicuro che mi abbia sentito, ma mi precipito alla porta troppo in fretta perché non sia evidente il tentativo di fuga. Percorro veloce la strada fino a casa, sopraffatto dai bocconi affamati con cui tento di incamerare ossigeno. L'aria fredda nei polmoni scioglie a poco a poco il groppo nella gola chiusa e dolorante. Non posso dire lo stesso delle mani che non ne vogliono sapere di sciogliere la loro chiusura. So per certo che se stringo i pugni ancora un po' finirò per lasciare sui palmi i segni delle unghie, ma la mia resistenza è ben oltre il limite. Mi ci vuole tutto me stesso per assecondare gli ultimi passi frettolosi e fiondarmi dentro casa, più sconvolto e trafelato di criminale dopo una rapina. L'adrenalina scorre ancora nei muscoli, facendomi rimpiangere una postura ferma e ordinata. Sono ridotto ad uno straccio e vorrei solo scomparire, ma una volta superato l'ingresso qualcosa mi impedisce di rinchiudermi in camera. Sono troppe le paure che mi attanagliano per gestirle da solo. Io certamente non sono bravo come Levi a stare con me stesso. E da quanto ho appreso poco fa, forse anche lui non lo è poi così tanto. Mi ritorna in mente la sua ammissione Non sono perfetto Eren, è solo apparenza. Possibile che finora non abbia capito nulla di quel ragazzo apparentemente senza difetti? Credevo che si fosse aperto con me e invece è riuscito a nascondersi per tutto questo tempo. Oppure devo pensare che sono io a non saper guardare al di là di ciò che vedo e perché dovrei farlo poi. Cosa significa per me?

"Oh ciao tesoro, hai tardato. Stavo per scriverti."

Mia madre si accomoda sul divano accanto a me che senza neanche rifletterci sono crollato sui suoi cuscini morbidi, dando un minimo di sollievo al fisico provato dalla corsa. L'odore di pastella si libera dal suo grembiule da cucina, quando si fa più vicina per incontrare il mio viso scombinato. Per quanto mi sforzi non riesco a ricambiare il suo sorriso luminoso. In un attimo la sua mano ancora leggermente impolverata di farina raggiunge le mie dita rosse e ghiacciate. Nascondo un sussulto con la voce sotto sforzo per l'affanno recente.

"Sì, ho ritirato la delibera da firmare per la gita di Giovedì, sai quella tra i monti di Trost."

Cerco a tentoni il foglio nello zaino con la mano tremante per poi abbandonarlo sul tavolino, sperando inutilmente che mia madre si accontenti di quella prova e scelga di non approfondire le tracce di qualche lacrima che non sono riuscito a fermare in tempo e che temporeggia ancora sulle folte ciglia umide.

"D'accordo. Stasera lo firmo. Ora senti un po'. Ho una notizia che ti tirerà su il morale. Mi ha chiamato il Preside e mi ha detto che sei stato selezionato per il progetto di arte. Sono molto fiera di te."

La sua voce suona lontana, ovattata. Mi sorride, così orgogliosa, contenta. Gli occhi pieni di una luce calda che ne rinforza le sfumature ambrate. Capto qualche complimento, ma davvero non capisco cosa ci sia di così esaltante. Ultimamente la vita non fa che ostacolarmi. Mi ero completamente scordato di quel concorso e come se non avessi già abbastanza dubbi, ora sono davanti all'ennesimo rompicapo. La guardo affranto, sospirando e subito il suo viso gioioso torna accigliato.

"Tesoro... credevo ti avrebbe fatto piacere. Eri così entusiasta quando ti sei iscritto l'anno scorso. Mi vuoi dire cosa ti ha tolto il tuo buon umore? Inizio a preoccuparmi, Eren."

Le sue dita minute mi accarezzano, disegnando cerchi immaginari sul dorso della mano. Non c'è modo di aggirare la sua determinazione. Somiglia troppo alla mia perché io possa anche solo pensare di trovare una via d'uscita. Senza contare che non lo voglio davvero. Sono così colmo di tutto quello che mi porto dentro che ormai sento solo l'esigenza di liberarmene e tornare a respirare a pieni polmoni. A testa bassa sulle nostre mani unite, smuovo le labbra secche e screpolate, sperando solo di riuscire a parlare.

"Mamma, quanto pensi che sia giusto impegnarsi per qualcun altro? Se... se vuoi... bene... ad una persona è giusto starle vicino anche se questo ti fa stare male?"

I miei occhi si chiudono dalla vergogna nel pronunciare la parola bene, ma lei non può sapere il perché. Due mesi fa non avrei mai pensato che avrei legato questo concetto a Levi Ackerman e ora non posso far altro che rabbrividire per qualcosa che non posso evitare, che nonostante tutto suona così giusto, così reale. Mi sorprendo della reazione calma di mia madre che sembra perfettamente pronta per una domanda del genere. Lei è del tutto lontana dalle risposte sorprese e confuse di Armin e lo dimostra raddrizzando la schiena e rinforzando l'abbraccio delle sue mani con le mie.

"Eren, i rapporti con gli altri non sono mai facili, soprattutto quando i sentimenti che provi sono sinceri, ma è proprio questo che li rende tali. Solo se ti importa davvero di qualcuno non lo lasci andare alle prime difficoltà. In caso contrario allora una relazione, di qualunque tipo, non ha motivo di esistere."

Le sue constatazioni, espresse con voce limpida e sicura, scivolano tra di noi come una verità assoluta di cui sembra essere davvero convinta. Dunque è così, la sofferenza fa parte del pacchetto. E se è mia madre a dirlo posso anche accettare di doverci convivere, ma ancora mi chiedo se ne sia in grado. Ho così paura di essere inadeguato per qualcosa che ancora non capisco del tutto.

"Con questo non voglio dire che dovrai stare male fino alla fine dei tuoi giorni, però. Se non vedrò risplendere il tuo sorriso assonnato la mattina, faremo ancora due chiacchiere. Intesi?"

Mi solleva il mento per far incontrare i nostri sguardi. Il miele nei suoi occhi si scioglie amorevole insieme al suo sorriso affettuoso. Annuisco con tutta la convinzione che ho in corpo, riscaldato dalle sue premure e mi lascio andare al suo abbraccio. Chiudo gli occhi stanchi, abbandonandomi sulla sua spalla, tra i suoi capelli scuri a solleticarmi il viso. Cullato dal profumo rassicurante di casa, le paranoie si assottigliano e sotto a tutte le domande e ai dubbi si fa chiara l'immagine di Levi. Vedo la sua solitudine. Vedo i suoi occhi apparentemente spenti rinchiusi nella sua stanza. Vedo i suoi lineamenti perfetti e penso a quanto abbia dovuto lavorare per renderli così poco reattivi a quello che alberga dentro di lui. Penso che al di là di quello che io possa provare o desiderare, so per certo che voglio fare una cosa. E' qualcosa più forte di un desiderio. E' un bisogno viscerale che mi ribolle dentro, portandosi via il freddo che la sua lontananza mi ha iniettato. Voglio che Levi abbia qualcuno in cui cercare conforto quando da solo non può bastarsi e quel qualcuno voglio essere io.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro