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HAIR CUT

                                                                                        EREN

"Levi"

Mi sfugge. Il suo nome mi scivola tra le labbra facendomi riassaggiare quella sensazione dolceamara delle quattro lettere perfette che non ho più pronunciato negli ultimi tre mesi. Tuttavia l'urgenza di dirle è imponente, quasi avessi bisogno di constatare che si trova proprio di fronte a me. Levi, in carne ed ossa che accenna un saluto col capo e guarda alle mie spalle, ben lontano da me, facendomi agognare quella familiare sensazione di disagio che solo i suoi occhi sanno darmi. L'imbarazzo diventa tangibile, quando realizzo che siamo ancora fermi. Io accostato alla porta e lui sul ciglio, in attesa.

"Oh...ehm...entra pure."

Mi tiro mentalmente uno schiaffo per riprendermi dalla paralisi e mi scosto quanto basta per fargli spazio. Levi non indugia un secondo di più, ma entra con passi misurati come se avesse paura di sfiorarmi accidentalmente. O forse sono io ad essere così nervoso da percepire tutti i nostri movimenti assurdamente pesanti e rallentati tanto che il cuore sembra fermarsi per l'intensità di tutti questi gesti insignificanti. Il volto è ancora distante dal mio. Mentre richiudo la porta con fatica, neanche stessi  scassinando una serratura a cilindro, ne approfitta per sedersi sulla poltroncina di fronte al letto. Io prendo posto su quest'ultimo a passi misurati sul parquet che ha ospitato anche i suoi, il cui rumore riecheggia nelle orecchie come un meraviglioso e impossibile miraggio.  Non so come considerare il fatto che scegliamo di sederci distanti, ma dopo quella cosa che mi duole chiamare rottura e tre mesi di silenzio, devo ammettere che è normale. Archivio il fastidio ingoiando un sospiro e mi concentro sulle sue ciocche impeccabilmente ordinate.

"Allora... come va?"

Con sforzo solleva le palpebre quanto basta da puntare i suoi occhi nei miei ed ecco di nuovo la sensazione. Il verde nel blu in un contatto più che automatico, ma ancora timido che innesca in entrambi una nostalgia dolorosa quanto necessaria a scuoterci. E i nostri corpi si rianimano sotto alla speciale influenza che hanno ancora l'uno sull'altro. Levi si sfrega nervosamente i palmi mentre il labbro mi finisce tra i denti. Giuro che non potrò mai smettere di avere i brividi per la sua voce intensa.

"Tutto bene. Un po' stanco per la scuola, ma ormai manca solo una settimana. Tengo duro."

Sorrido, ma duro davvero poco. Il suo sguardo penetrante mi carica di tensione. Sembra che assorba ogni mia sillaba, ogni mio gesto. Mi sento più sotto osservazione ora che nei cinque mesi con lui. E' serio e impassibile. Il solito Levi, potrei dedurre, ma qualcosa è diverso. In qualche modo la sua espressione neutra e la sua calma imperturbabile sono più... morbidi. Sì, sto guardando una figura eterea contaminata dall'umanità.

"Capito... E sei contento?"

Chiede con tutta la nonchalance che è capace di fingere. Sento comunque che la domanda non è prettamente riferita alla mia estate artistica. Il corvino trasuda ansia. Forse la stessa che ho io. Forse anche lui lotta tra il bisogno di sapermi felice e il malsano desiderio di vedere che non lo sarò mai senza di lui.

"Sì, è stata una bella esperienza. Ho imparato tanto. Ora manca solo la valutazione del progetto finale, ma non me ne preoccupo troppo."

Ride attraverso il naso, attirando la mia attenzione che divampa in un'espressione stupita. E' sempre stato raro vederlo ridere e di certo non credevo che l'avrei sentito in un'occasione del genere. Anche lui tradisce sorpresa per un attimo, preso in contropiede dalla facilità con cui il suo autocontrollo abbassa la guardia in mia presenza, ma si ricompone troppo in fretta perché possa farglielo notare.

"Modesto..."

Scherza seppur con riguardo e il peso che ho sul petto si affievolisce. L'incertezza sul da farsi gli fa agganciare le ciocche corvine. Stento a credere che una mossa così innocua possa essermi mancata tanto.

"Beh una volta uno mi ha detto che a scuola faccio schifo, ma in arte sono un genio. Da quel giorno me ne sto tranquillo."

Mi spingo in là con l'ironia, incoraggiato dall'atteggiamento più rilassato del corvino. Levi sembra apprezzare la mia risposta. Lo vedo illuminarsi all'atmosfera che si alleggerisce. Trattiene a stento un ghigno. D'improvviso il suo sguardo è più malizioso, avvolgendomi con brividi caldi.

"Quel tipo doveva essere uno saggio."

Mi sfida, facendomi sorridere.

"Diciamo di sì... Un po' stronzo alle volte, ma tutto sommato ci stava."

Faccio spallucce. Le nostre risate sommesse sovrastano i pensieri rumorosi in sottofondo. Levi scuote la testa con finta disapprovazione e forse un po' per nascondere il bel sorriso che gli sta nascendo in viso. Io invece mi lascio guardare. Tanto non ho mai saputo nascondergli niente e non ho intenzione di farlo ora, quando risolini più o meno imbarazzati accompagnano le occhiate insicure che ci scambiamo, celati a malapena dalla testa che ci ostiniamo a tenere rivolta in basso, spaventati da un incontro troppo diretto.  Superato il momento ilare però torna il silenzio e vittime dello stesso campo magnetico che abbiamo creato, ci guardiamo a lungo in un modo strano. Alla fine i nostri occhi non ce l'hanno fatta a rincorrersi senza acciuffarsi. C'è tutta la familiarità del nostro contatto, sporcata da qualche paura che ci mette sull'attenti. Ci studiamo, gestendo alla meglio l'imbarazzo del silenzio che poco dopo spezzo, succube delle cose che ho bisogno di chiedere. Di ciò che mi ha abitato nel petto da quando sono andato via.

"Sai... mi piacerebbe... sapere come sta... quel tipo, intendo."

Provo, abbassando lo sguardo sulle mie mani sudate. E' così difficile sostenere la sua espressione quando infrango la freddezza che la compone. Lo sento sospirare.

"Sta... bene."

Sospiro anche io. Ormai sono un cumulo di nervosismo. Rialzo il viso con un leggero sussulto da parte sua. Deve aver capito dalla mia serietà che sto per rendere pesante la situazione.

"Sul serio... Come ti senti, Levi?"

La poltrona cigola quando si alza di scatto. Fa qualche passo avanti e indietro senza andare veramente da qualche parte. La sua agitazione aumenta la mia. Il labbro ormai è andato sotto ai morsi nervosi. Levi incrocia le braccia al petto. Mi guarda con espressione indecifrabile, ma è abbastanza perché il mio stomaco frema, scuotendomi.

"Sul serio... sto... meglio..."

Si appoggia con la schiena al muro. Effettivamente è vero. Ecco perché mi sembrava diverso. Ora noto che lo è davvero. Le occhiaie sono solo deboli sfumature e il viso è più luminoso. In qualche modo le sue ombre sono più rade. Quando non pensavo che potesse diventare ancora più bello, mi ritrovo a dovermi correggere. Mi viene quasi da ridere per quest'assurdità.

"Perché sorridi?"

Chiede, affilando gli occhi in un'espressione diffidente. Ingoio la vergogna deglutendo sonoramente.

"Nulla... pensavo che... è vero. Si vede che sei diverso. L'estate ti ha fatto bene."

Rimane stranito dalla mia affermazione ostentata o forse è la titubanza con cui glielo dico che lo fa reagire così. Come se non se lo aspettasse. Non risponde nulla, facendomi rimpiangere la solita impulsività. Torneremo mai come prima o questo è tutto ciò a cui possiamo tendere ora? Che poi Levi vuole tornare come prima? Reprimo l'angoscia che mi inumidisce gli occhi. Tiro via l'elastico, liberando i capelli. Ora sono io che ho bisogno di torturare le mie ciocche disordinate. Levi è ancora su di me. Il viso va a fuoco sotto al suo interesse disorientante.

"Che hai combinato ai capelli? Sono più lunghi degli Champs-Elysées."

Prova a scherzare, ma lo vedo. Scorre il mio viso e la lunghezza innaturale delle mie ciocche castane con un silenzio reverenziale. Il mio volto si fa serio e le guance vanno in fiamme. Quanto vorrei esprimere l'imbarazzo come lui che non tradisce quasi nulla se non una postura un po' rigida...

"Beh sai, non... non li ho più tagliati da quando sono qui. Sarebbe anche ora in effetti..."

Mi tiro alcune ciocche davanti, analizzando svogliatamente le punte rovinate. Tutto pur di evitare la sua attenzione che mi incenerisce.

"Lo faccio io."

Risponde di getto, impregnando tutta l'aria intorno. Posso immaginarlo respirare lentamente in quel suo modo così controllato che ha di mantenere la calma. Il mio cuore ormai è una bomba pronta ad esplodere. Lo guardo timidamente. Il labbro ancora tra denti con la testa abbassata sulle sue gambe coperte dai jeans.

"D'accordo."

                                                                                               LEVI

"Lavateli. Intanto chiamo Hanji."

Ordino in modo sbrigativo. Fortunatamente Eren sparisce in bagno senza obiezioni. Aspetto di sentire l'acqua scorrere prima di affacciarmi alla finestra aperta e inalare un po' dell'aria fresca di Parigi, sperando inutilmente che calmi la cassa toracica in procinto di frantumarsi. E' da quel dannato giorno all'aeroporto che penso a questo momento. Mi sono detto mille volte che avrei avuto tutto sotto controllo, ma vedo quegli occhi animati e come sempre crollo. Eren è ancora più bello di quanto mi ricordassi. La mia memoria non gli ha reso assolutamente giustizia. Devo calmarmi, mi impongo. Prendo respiri profondi, archiviando tutta la tensione con cui abbiamo saturato la stanza. Sei venuto per un motivo Levi. Vai fino in fondo e accetta le conseguenze. Me lo ripeto come ho fatto per tutto il viaggio in aereo e la notte in hotel. Dimentico il nodo allo stomaco che le reazioni di Eren mi provocano e mi avvio in bagno. L'acqua si è chiusa da qualche minuto. Quando entro lo trovo a tamponarsi i capelli con la salvietta. Mi guarda spaesato. Non aspetta altro se non un mio comando. Certe dinamiche non cambiano mai.

"Siediti con la schiena rivolta al lavandino."

Lo sento armeggiare con lo sgabello mentre rovisto nel mobiletto, armandomi di forbice e pettine. Ringrazio solo che non mi tremino le mani dalla tensione. Mi volto per trovarlo seduto in un'aura quasi meditativa con il viso interamente coperto dalla salvietta bianca in testa. Si agita incuriosito, quando gliela sfilo con un colpo secco, colpendomi ancora involontariamente con i suoi grandi occhi sbigottiti che mi costringono ad aumentare la presa sugli accessori che tengo in mano.

"La metto sopra al lavandino così non lo imbrattiamo con tutti i capelli che sto per tagliarti."

Suono volutamente minaccioso, scacciando il tremore che sento dentro e concentrandomi su quanto sia divertente come riesca a farlo scattare con così poco.

"Hey, attento a non accorciarli troppo! Li voglio com'erano prima che partissi, Levi, niente di più."

Dio, varrebbe la pena tagliarglieli tutti solo per sentire il tono drammatico che gli rende la voce così peccaminosa.

"Calmati, Eren. Fidati e soprattutto stai fermo se non vuoi testare l'efficienza degli ospedali europei."

Si rilassa come ha fatto anche prima. In effetti ho notato subito che il sarcasmo ci aiuta a scioglierci. Mi godo quel sorriso che ho già visto troppe volte da quando sono qui. Se va avanti così mi convincerò che mi abbia perdonato sul serio. Saggio la morbidezza delle ciocche bagnate sui polpastrelli, attirato da quelle fantasie seducenti. Non ha mai risposto a quel messaggio nella segreteria, mi ricordo. Devo concentrarmi sulla realtà. Niente spazio per vaneggiamenti e supposizioni, mi dico.

"Beh... dimmi del viaggio. Dove alloggi? Quando sei arrivato?... Quando riparti?"

Spezza il silenzio rotto solo dallo stridio delle forbici con l'imbarazzo nella sua voce instabile. Istintivamente gli massaggio la cute per tranquillizzarlo. Pessima idea perchè Eren si abbandona alle mie mani. Chiude gli occhi e gli sfugge un vago mormorio di apprezzamento che mi lusinga fin troppo. Lo vedo arrossire, mettendo a dura prova la mia serietà. Non che a me stia andando meglio. Il suo profumo basta per bruciarmi tutto il setto nasale fino al cervello.

"Sono arrivato ieri sera. Sto nell'hotel vicino all'aeroporto. Il volo di ritorno è stasera."

Sto al gioco. Alla fine una conversazione inutile è meglio del mutismo denso di significato che ci ostiniamo a portare avanti.

"Oh... proprio toccata e fuga. Come mai?"

Occulta il dispiacere mordendosi il labbro. Come se non lo conoscessi abbastanza bene da capirlo. Sono già in crisi. Vorrei cedere e dirgli quello che gli devo dire, ma di nuovo mi blocco. Calma Levi, calma.

"Ti avevo detto che mi sarei organizzato per venire a trovarti e l'ho fatto. Ho pensato di fare solo il weekend visto che hai scuola. Tutto qui."

"Avevi anche detto che avresti cercato un lavoro."

Schiva la mia risposta. Devo ammettere che è migliorato nell'aggirare i dialoghi e ancora non so se mi faccia piacere. Sarebbe dannatamente più facile se capissi meglio cosa prova nei miei confronti dopo quello che gli ho fatto. Un po' di rossore sulle guance e una tensione che toglie il fiato non significano abbastanza. Non significa che vorrà ascoltarmi, dandomi una possibilità che non mi merito, ma mi ero ripromesso che l'avrei fatto comunque. Sono qui per questo. Anche solo per toccare di nuovo i suoi capelli disordinati e assorbire il suo profumo dolce che è quanto di più prezioso io possa avere. Eren è così. La sua sola esistenza è più che abbastanza.

"E l'ho fatto. Ho passato l'estate negli archivi della biblioteca. Ho finito ieri."

Espongo mentre raggiungo le ciocche davanti. Si muove, agitato e il suo calore mi raggiunge. Faccio uno sforzo e mi mantengo stoico fino a sentire i muscoli pietrificarsi per la rigidità.

"Ah fantastico. Allora hai passato l'estate al fresco. Gli altri mi hanno detto che è stata un'altra stagione torrida."

Sussurra, perso da qualche parte tra i miei tocchi e la difficoltà nel non avere reazioni.

"Sì, è stato un buon modo per evitare i bimbi urlanti in piscina e assecondare il mio disturbo ossessivo compulsivo. E poi... gli orari erano perfetti per lasciarmi il tempo di andare a Trost."

Faccio una pausa. Vorrei leggere di più nelle sue risposte non verbali.

"A Trost?"

Taglio un altro ciuffo incastrato tra l'indice e il medio. Ora tocca alla frangia. Mi metto davanti a lui, nel poco spazio che timidamente mi concede tra le sue gambe. Tiene gli occhi strizzati per non aprirli e lo ringrazio mentalmente per non guardare il mio viso in tensione. Trattengo un sospiro.

"Sì. Io... alla fine... ho accettato la sentenza. Vado a Trost una volta alla settimana per farmi due chiacchiere con questo Mike che mi è stato affidato dal Tribunale."

"Oh be-bene. E... come ti sembra? Ti aiuta?"

Mi aspettavo di vederlo più sorpreso. Mi spaventa credere che sia diventato così bravo a dominarsi. Quella testa calda che mi dava il tormento dev'essere sepolta sotto questo ammasso di capelli o almeno così voglio credere.

"Il tizio sa il fatto suo. Non è stupido o menefreghista come pensavo. Diciamo che non posso lamentarmi."

Taglio l'ultima ciocca, agognando l'aria che una sana lontananza mi ridarebbe e iniziando già a rimpiangere il distacco dal suo corpo così vicino al mio.

"Ho finito."

Dico in fretta. Poso la forbice e mi ritrovo davanti i suoi occhi. Si tocca distrattamente i capelli umidi, restando con la mano sospesa lì dove ora non ci sono più. Mi osserva. Quegli smeraldi illuminati dal sole estivo sono pieni, colmi. Rimangono fissi su di me mentre si alza, riprendendo possesso della situazione.

"Grazie."

Dice solamente, confuso da qualcosa che non comprendo. Il cuore si mette ad accelerare ormai conscio della presenza pregnante di Eren tutt'intorno.

"Nulla. Ma perché speravi nella mia mistica comparsa per sistemare quella giungla?"

Si gratta la nuca, imbarazzato.

"Io... non so come si dice – Non tagliarmeli troppo- in francese."

Vuoto. Il bagno si riempie della nostra risata. Eren tra un singhiozzo e l'altro cerca i miei occhi. Ci connettiamo, complici e impossibilitati a fuggire da questa sintonia. Accetto gli spasmi addominali e il fatto di non riuscire a trattenere le lacrime agli occhi. Accetto di sentirmi esposto e di perdere i battiti nel guardarlo ridere con quelle labbra ammalianti. I denti bianchi in contrasto con la pelle abbronzata. Accetto che tutto ritorni, libero dalle paranoie con cui ho vi ho messo un freno. Sprofondo nel nostro principio di simbiosi, scivolando nella pericolosa, maledetta abitudine che mi fa parlare senza pensare.

"Cristo santo. Sei proprio un moccioso."

Mi blocco. Eren ha smesso di ridere. Nel silenzio mi asciugo gli occhi, ansioso di vedere cosa succede, ma quando rialzo lo sguardo  sussulto al gesto inaspettato. Le sue labbra sono sulle mie. In un secondo mi ritrovo travolto da lui che mi costella di baci discontinui, incessanti. Le mani mi finiscono tra le sue ciocche bagnate mentre mi stringe in vita. Respiriamo uno addosso all'altro, ansiosi e frettolosi e voraci. Mi morde il labbro inferiore per farsi spazio. Inutile spiegare quanto mi sia mancato. Intrecciamo la nostre lingue, avidi di razziare l'uno la bocca dell'altro. Il suo sapore mi manda fuori di testa. Ci tocchiamo così naturalmente... Come se non fosse passato un giorno dall'ultima volta. Risuonano nella stanza i rumori bagnati dei nostri baci sempre più aggressivi. Ci mordiamo le labbra, la lingua fino a farci male e ci stacchiamo solo per non soffocare, guardandoci affannati senza dire una parola. Le fronti a contatto e le mani sul collo. Crollo nei suoi occhi verdi tanto quanto lui si perde nei miei. Non serve altro. Riprendiamo a baciarci con foga. Eren si muove scompostamente lungo i miei fianchi. Lo seguo immediatamente quando mi tira via la maglia e io faccio seguire la sua. Lo stringo a me fino fargli male, artigliandogli la schiena nuda. Lo stritolo sul mio corpo, facendolo gemere nella mia bocca. Gli strattono i pantaloni della tuta, buttandoli a terra e spogliandolo dell'ultimo indumento superfluo. Gesti a cui Eren risponde con irruenza, slacciandomi maldestramente la cintura e levandomi tutto insieme. Si avventa sulla pelle morbida del collo, mordendomi. Lo stringo a me mentre afferra le nostre erezioni, pompandole insieme e imponendoci lo stesso ritmo deciso con cui massaggia lo strato morbido e sensibile con i palmi caldi e le dita affusolate. Ansimiamo l'uno sulla pelle dell'altro. Ci godiamo il contatto, diventando più rumorosi. Piano piano le gambe cedono. Crollo a terra e lui con me. Il pavimento è freddo sotto alla schiena. Eren sul mio petto però mi scalda. Nell'affanno accarezzo deciso i muscoli accennati delle braccia che sfuggono quando si solleva e mi allarga le gambe, mettendosi in mezzo. Si pianta nei miei occhi con le iridi appannate e si inumidisce le dita. Non provo imbarazzo mentre lo vedo scendere verso la mia apertura, ancora indeciso. Lo so cosa vuole. Mi chiede il permesso per finire quello che aveva iniziato la sera del parco. La nostra ultima sera insieme. Lo sa bene che non mi sono mai dato a nessuno così. Forse avrei preferito farlo con la certezza che fossimo insieme, ma che importa, mi dico. Se dopo non mi vorrà più ne sarà comunque valsa la pena. Catturo il labbro umido tra i denti e faccio un cenno d'assenso, rischiarando le sfumature cangianti dei suoi occhi con una sferzata di eccitazione che illanguidisce i miei. Eren supera il momento d'incredulità, infilando le dita dentro di me. Il fastidio me lo ricordo. Chiudo gli occhi per concentrarmi. Lo sento ansimare di impazienza sopra di me. Con la mano libera mi stringe la coscia disseminandomi di brividi elettrici. Mi rifiuto di perdermi ancora in queste sensazioni da poco. Accantono i nervi febbricitanti e i muscoli sciolti. Quando gli afferro il polso costringendolo a fermarsi, mi guarda confuso. Trafiggo la sua espressione disorientata con una che non ammette repliche.

"Fallo e basta."

Gli intimo con la voce sfalsata dai sospiri.

"Ma-"

"Fallo. Muoviti."

Lo tiro giù sul mio petto impazzito per l'esigenza pulsante di sentirlo dentro. Eren punta le ginocchia in quel poco spazio che gli serve per avvicinare la propria intimità alla mia apertura e poi via. Un colpo secco e tutto sparisce.

"Cazzo."

Impreco. Il dolore mi spezza in due. Eren stempera i suoi occhi liquidi nei miei.

"Levi... sei sicuro? Ti sto facendo male."

Dice a corto di fiato. Mi accarezza la guancia. L'espressione in un misto di desiderio e apprensione. Raggiungo la sua mano sul mio viso. Dimentico il male che mi fa sudare freddo. Con la mano libera faccio pressione sul suo fondoschiena.

"Vai avanti."

Senza aspettare risposta inizio ad oscillare su e giù sul suo membro, portandolo a muoversi con me dopo aver ceduto al piacere, chiudendo gli occhi e lasciando schiudere le labbra rosse e umide che raggiungo con le dita pallide.  I suoi ansimi si mischiano nei miei. Presto il dolore diventa piacere. Mi inarco. I nostri corpi a contatto. Freddo e caldo si strusciano insieme. Eren diventa più deciso man mano che i miei gemiti si intensificano. Ho i suoi respiri lussuriosi sul viso. Ad occhi chiusi mi lascio andare del tutto. Lo sento insistere quando mi sente così diverso dai miei soliti apprezzamenti bassi e rochi.

"Ah...Levi"

Mi chiama e ripete il mio nome, affondando dentro di me. Si abbandona sul mio petto, continuando a spingersi tra le mie pareti umide. Gli incrocio le gambe attorno alla vita in cerca di più frizione, inglobandolo fino in fondo con la sua mano bollente ad avvolgere il mio membro mentre le spinte diventano più scomposte. Lo assecondo, perdendo ogni traccia di padronanza su me stesso nell'istante in cui raggiunge un posto particolare. Adesso il dolore non c'è più. Tutto è piacere. Un assurdo godimento che mi arriccia le dita sulle spalle di Eren, amplificando i versi già acuti che mi grattano la gola e si infilano nei timpani del castano che fa a  gara con i suoi, intervallati da boccate d'aria che ingoia per rinvigorire le sue spinte, sempre più veloci ed energiche. L'ambiente è un cumulo di ansimi disperati e dei nostri corpi sudati che sgusciano l'uno sull'altro. Non ci vuole molto prima che i nervi vadano a fuoco, assoggettati dall'estasi che mi sconvolge i muscoli tremanti e riduce Eren ad un ammasso di singhiozzi spezzati e colpi maldestri e intensi.

"Eren... ci sono."

"Anche io."

Mi tocca con decisone, accelerando al limite delle sue forze con cui pompa il mio sangue ad un ritmo sovraumano in ogni vena fino ad arrivare nella virilità avviluppata nella sua mano. Vedo bianco per un secondo in cui vengo su di noi, sporcando i nostri ventri scombinati dal fiato corto. Ancora ad occhi chiusi sento il liquido di Eren scorrere caldo dentro di me mentre gli ultimi ansimi stanchi lasciano le mie labbra secche. Mi regala qualche sospiro soddisfatto, sfilandosi con gentilezza dal mio corpo a brandelli. Con un respiro profondo si mette al mio fianco e restiamo stesi sul pavimento ghiacciato contro alla nostra pelle surriscaldata, in compagnia delle gola riarse e dei muscoli doloranti. Il tempo si congela nel bozzolo che abbiamo tessuto con il nostro desiderio accecante e nel silenzio il dorso della sua mano sfiora il mio.

NOTA: Dalla prossima settimana inizierò a pubblicare "JUST FIVE DAYS", traduzione di una bellissima Ereri in inglese. Nel frattempo andrò avanti con l'altra Ereri che conto di iniziare a pubblicare in piena estate. Stay tuned. Come sempre vi ringrazio per leggere, commentare, votare e se avete qualche storia che vi piacerebbe proporre, vi prego ditemelo. Sarei felicissim* di leggere le vostre opere. A domani!

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