DRUNK THOUGHTS ARE SOBER
EREN
La labbra di Armin boccheggiano senza senso mentre con l'indice indica la cucina alle sue spalle.
"Cosa?"
Grido, mandando a fuoco le pareti della gola per lo sforzo. Di questo passo domani sarò sicuramente afono.
"Ho detto: prendiamo da bere?"
Mima, chiudendo il pugno e sollevando il pollice verso la propria bocca. Dopo un mio cenno d'assenso, io e Mikasa seguiamo il suo maglioncino beige in una forzata fila indiana. Chissà perché le urla sovraeccitate dei liceali che ci stanno ballando intorno arrivano fin troppo alte ai timpani.
Sasha ha la fortuna sfacciata di abitare in una villa megagalattica, apparentemente circondata da case disabitate. Non saprei spiegarmi altrimenti la libertà di tenere la musica così alta da risuonare in tutta Shiganshina. Per non parlare degli scalmanati che stanno giocando nella piscina del cortile sul retro, infischiandosene che proprio stanotte siamo scesi a zero gradi. Ad ogni modo la maggior parte degli invitati al compleanno di Historia decide di restare al caldo, infestando le innumerevoli stanze della casa. Vorrei sbuffare al pensiero dell'ennesima festa piena di gente ubriaca, ma devo trattenermi. D'altronde è un miracolo che sia ancora vivo. La mattinata è stata tutt'altro che una passeggiata. Ho fornito a Mikasa la stessa versione che ho rifilato ad Armin e a mia madre. Con non poche scuse e un suo silenzio durato fino all'ora di pranzo si è leggermente calmata. A dirla tutta, dovrei ringraziare Armin che aveva già fatto un buon lavoro prima che arrivassi a scuola, in ritardo di ben venti minuti. Ciononostante la tensione tra noi tre è tangibile, e un po' di alcolici sono l'ultima carta che ho per appianarla definitivamente. Entrambi hanno senza dubbio recepito il mio inusuale distacco. Mai avrei pensato di arrivare a mentirgli o omettere delle cose o addirittura negargli il mio tempo, tuttavia sono sconvolto quanto loro, al punto da non saper giustificare nessuno dei miei comportamenti o peggio, delle emozioni che crescono di minuto in minuto, trasformandomi in una persona diversa da quella con cui sono abituato a stare tutti i giorni. Sono stato letteralmente travolto da eventi che non comprendo fino in fondo, ma che in qualche modo non lasciano in pace la mia mente. Tanto per dirne una, siamo qui da un'ora e il mio collo vaga sempre più frequentemente in tutte le direzioni. Veniamo a tutte le feste di Sasha e posso affermare con certezza di non averlo mai intravisto neanche per sbaglio. Una piccola parte di me si dice che prima, non conoscendolo, possa semplicemente non averlo notato e l'ipotesi di poterlo incontrare proprio
qui mi solletica lo stomaco in modo tutt'altro che lecito.
"Allora dove vogliamo metterci?"
Mi chiede Mikasa, una volta che il biondo si è assicurato sotto braccio una bottiglia di Tequila e una di Vodka. Il tono meccanico nasconde un certo distacco insieme alla sua delusione. Guarda appena sopra ai miei occhi, non incrociandoli mai per davvero anche se mi parla come se niente fosse. Se solo potesse capire quanto sono dispiaciuto per questa situazione... E invece so che altre scuse insensate non farebbero che incrinare la labile pacatezza per cui mi impongo un'indifferenza che non mi appartiene, comportandomi come il più tranquillo dei fidanzati.
"Proviamo al piano di sopra."
Indico più volte il soffitto, sperando che abbiano interpretato il segno o letto il labiale. Mi incammino per le scale, ondeggiando tra i cadaveri dei vari bicchieri in plastica. È stupefacente come anche i gradini riescano a diventare luoghi di comodo nelle feste di noi adolescenti. Dopo essermi assicurato che il nostro trio sia ancora integro, raggiungiamo il piano superiore.
"Ma guarda chi si vede, i tre moschettieri!"
Salutiamo Jean in coro, ripetendo il rito anche per Historia che si fa abbracciare per ricevere gli auguri come si deve. Prima che qualcuno di noi possa cercare un posto tranquillo in cui appartarci, Jean mi rifila una pacca sulla spalla. È abbastanza forte da spingermi in quella specie di fila che hanno creato davanti ad una porta insieme ad un'altra decina di invitati sconosciuti.
"Historia, Jaeger è il prossimo candidato. Voglio vedere come se la cava senza la sua scorta al seguito!"
Jean agita la sua zazzera bionda nella mia direzione. Alzo gli occhi in risposta al suo tono strafottente, regalandogli la reazione che cercava e per cui non si risparmia un sorriso compiaciuto.
"Kirschstein, possibile che non mi lasci mai in pace? Ma cosa fai quando non ci sono io?!"
Gli levo la mano dalla spalla, fintamente scocciato da un contatto che invece è diventato più che naturale dopo quattro anni di amicizia. La mia replica non fa che aumentare il suo ghigno, preludio di un botta e risposta che solitamente finisce in una zuffa o in una più ragionevole gara di bevute.
"Ragazzi non cominciate! Niente risse alla mia festa."
Historia passa uno sguardo implorante tra di noi con le mani minute giunte davanti al cuore.
"Sentito dannato? Niente risse! Stai buono e vola dentro."
Jean mi urla nell'orecchio. Mi giro verso i miei amici mentre lotto in tutti i modi contro alla sua presa che mi trascina verso la porta misteriosa. Mikasa che come di consueto tende a non voler fare la fidanzata gelosa, se ne sta appoggiata al muro a braccia conserte. Mi degna di una fugace occhiata indifferente per poi concentrarsi su Armin che, divertito dal teatrino improvvisato, si gode la scena riempiendosi il bicchiere con un po' di Vodka.
"Ragazzi! Cosa fate lì impalati?! Datemi una mano!"
Piagnucolo, esasperato dalla mano molesta di Jean che si accanisce sulla mia maglietta di cotone pesante.
"Ti aspettiamo qui, Eren"
Armin con il suo bel visino d'angelo ridacchia malevolo. Begli amici...
"Dai Jaeger smettila di frignare. Non ti sto mica mandando al patibolo"
Non ho neanche il tempo di ribattere che quel prepotente di Kirschstein con il suo metro e novanta mi ha già spinto nello stanzino buio. Siamo alla festa da un'ora e ne ho già abbastanza. Mi lascio cadere su un angolo di pavimento, spazientito e quanto mai sfinito dal tempo che sembra sempre fermarsi quando vorresti solo che passasse in un lampo. Mi abbandono ad un sospiro svogliato, lasciandomi avvolgere dalla calma della stanza isolata in cui le mie preoccupazioni sembrano amplificarsi. Posso quasi sentirle rimbombare nelle orecchie, quando lo scatto della maniglia anticipa un fascio di luce dal corridoio che mi colpisce fulmineo per poi essere immediatamente oscurato da una sagoma in ombra. Chiunque sia, è abbastanza veloce nel richiudersi la porta alle spalle, impedendomi di vederlo in viso e aumentando a dismisura la curiosità che mi fa tendere le orecchie. Il parquet scricchiola sotto a passi indistinti che danno seguito ad un lento struscio sulla parete di fronte. Deduco che l'altra persona debba essersi accomodata di fronte a me, decidendo di non proferire parola e lasciando al sottoscritto l'arduo compito. Se devono essere sette minuti, cerchiamo di renderli il meno imbarazzanti possibili.
"Ehm ciao, ci... ci conosciamo?"
Chiedo a voce istintivamente bassa, immaginando la folla là fuori incollata alla porta e reso remissivo dall'idea di parlare con una sconosciuta.
"Oh Ciao... No, mi hanno detto il tuo nome. Eren, giusto? Piacere, io sono Petra. Non credo che ci conosciamo. Di che anno sei?"
Non riesco a vederla, ma la sua voce armoniosa e gentile non mi rende difficile immaginare un volto candido e dagli occhi dolci. Apprezzo decisamente che anche lei stia badando a non alzare troppo la voce, rincuorato da un atteggiamento accorto che mi fa ben sperare. Forse il tempo qui dentro filerà più liscio del previsto.
"Già, anche io non credo di aver mai sentito il tuo nome. Sono al quarto, tu?"
"Oh io sono già al quinto, Eren. Vieni spesso a queste feste?"
"Sì, prima di scegliere la sezione artistica ho fatto i due anni con Sasha, Jean e altri ragazzi con cui sono rimasto in contatto. Anche se dal terzo non seguiamo più lo stesso indirizzo. Però non ci siamo mai visti prima. Come mai?"
Tutta la gentilezza che mi arriva da questa ragazza è tale da farmi essere più chiacchierone del solito. Ultimamente la vita non fa che sorprendermi.
"In realtà non sono un'assidua frequentatrice di feste..."
Ammette, ridendo timidamente e guadagnandosi subito qualche punto da parte mia.
"Solo che sto cercando di far integrare un mio compagno che è arrivato quest'anno. Sai, Levi non è un tipo molto socievole. Ho pensato che questa fosse una buona occasione per smuovere un po' le acque."
A quell'informazione apparentemente banale un fischio alle orecchie non mi dà tregua. Mi spaventa il modo in cui il mio animo sia così reattivo ad una notizia che dovrebbe essere più che insignificante. Non sono mai stato bravo a capire le mie emozioni, tantomeno a controllarle. In balia di sensazioni sconosciute che intervengono sul mio consueto modo di fare, mi ascolto parlare impotente e imbarazzato dalla domanda che non riesco a ricacciare in gola.
"Ah capisco e... ti sta aspettando qui fuori?"
A quanto pare il quesito non sembra totalmente stupido e fuori luogo solo a me. Petra ride più intensamente di prima, sicuramente anche per il tono agitato con cui ho praticamente urlato, dimenticando i ficcanaso fuori dallo stanzino. Sarebbe più che naturale se mi preoccupassi che possano avermi sentito, ma la spasmodica attesa di una risposta occulta ogni pensiero vagamente razionale.
"No, assolutamente. Già è stato difficile trascinarlo in casa... Credo che abbia approfittato della mia assenza per isolarsi in una delle stanze qui di sopra. Credimi, non capirai mai quanto sia difficile!"
Ride ancora con una nota affettuosa, tranquillizzandomi quanto basta perché smetta di trattenere il respiro. Allo stesso tempo però, non posso non associare il suo modo di parlare di lui con le dolci sfumature nella voce di Mikasa quando restiamo da soli. Istintivamente e con una smania che stento a riconoscere, recupero le varie voci su Levi. Non ricordo di aver mai sentito dire di una fidanzata... eppure il sospetto non mi lascia in pace.
"Sì.. beh in realtà... posso immaginarlo."
Azzardo. Mi darei uno schiaffo per la mia stupidità, ma una stretta bruciante alla base dello stomaco mi impedisce di stare zitto.
"Ah... davvero? Che strano... E come?"
Mi chiede con genuina sorpresa, gettandomi nel panico più totale sebbene la risposta sia semplice e facile da elaborare.
"Beh... sono... sono il suo compagno al laboratorio di astronomia."
"Ah allora è con te che è uscito ieri pomeriggio!"
Perdo un battito. Di nuovo mi sento avvampare, in totale contraddizione con il sudore freddo che mi ricopre la schiena.
"S-sì, ma... come fai a saperlo? Lui... te l'ha detto?"
Faccio il possibile per non risultare troppo concitato. Tutta l'agitazione della notte scorsa mi torna su, aggiungendosi a quella già presente. Non so perché non riesco a liberarmi da queste sensazioni. È così frustrante.
"No, ma ero venuta a cercarlo dopo il laboratorio e la professoressa Hanji mi ha detto che era uscito con il suo compagno di corso."
Spiega, tranquillamente. Qualcosa in quello che ha detto però cattura tutta la mia attenzione. So già che anche stavolta sarà impossibile trattenermi dal chiedere. Tanto vale essere diretti.
"La prof. Hanji, hai detto? E lei come poteva sapere che io e Levi eravamo insieme?"
Una breve risata è tutto quello che sento, prima che la luce mi faccia strizzare gli occhi dal dolore e porti al limite il mio nervosismo per essere stato interrotto in un punto di vitale importanza.
"Tempo scaduto piccioncini!"
Faccia da cavallo, questo è il soprannome che si è guadagnato Jean con quel suo muso allungato, ci espone al corridoio ancora più affollato di prima. Di fronte alla realtà che mi viene risbattuta in faccia non ho scelta. Mi ricompongo il più possibile, cacciando l'agitazione sotto ai gesti automatici con cui mi alzo e lascio che Petra esca prima di me. È bassina proprio come Historia e Armin, ma avevo visto giusto. Ha un dolce viso arrotondato incorniciato da lisci capelli chiari e due dolci occhi del medesimo colore. Mi rivolge un sorriso genuino che ricambio, sperando che non noti il mio corpo in piena fibrillazione.
"E' stato un piacere, Eren."
Sfila la parete accanto, salutando con un gesto della mano i miei amici ormai già intenti a sorteggiare i prossimi candidati.
"Aspetta..."
Mormoro tra me e me, abbassando il braccio che stavo sollevando. Mi rendo conto che non saprei giustificare quello che vorrei chiederle e bloccato dalla paura del solo desiderio di farlo, presso insieme le labbra e allontano qualsiasi malsano proposito. Devo tornare in me e devo farlo subito.
"Eren, ci sei?"
La voce spazientita di Mikasa mi sollecita, dandomi la giusta spinta per tornare al mio posto. Li raggiungo, non senza prima cedere ai miei impulsi e dare un'ultima occhiata a Petra che, ignara della mia attenzione, svolta l'angolo a destra del corridoio.
"Cosa guardi?"
"Ni-niente, scusate."
Ignoro le labbra arricciate della mia ragazza che fissa il punto vuoto lasciato da Petra. Nonostante saperlo così vicino non mi faccia stare tranquillo, non posso fare nulla. Incamero una generosa boccata d'aria e con un sorriso tutt'altro che spontaneo raduno la poca concentrazione rimasta sul nostro trio.
"Allora, che ne dite di darci sotto?"
***
Sfilo di nuovo il cellulare dalla stretta tasca dei jeans scuri che ho tormentato tutta la sera. Due ore e mezza. Sono trascorse due ore e mezza da quando ci siamo rinchiusi nella stanza accanto allo sgabuzzino Paradiso. Abbiamo brindato a cose che non ricordo neanche nel tentativo di finire le due bottiglie che abbiamo rubato dalla cucina. A parte il corroborante passare del tempo, ho perso la cognizione di tutto quello che mi sta intorno. Il letto a due piazze che ci ospita rimbalza sotto alle scomposte risate di Mikasa e Armin. Non saprei dire se stanno rivangando i bei vecchi tempi o se sono semplicemente troppo ubriachi per restare seri. So solo che tutto questo trambusto mi sta dando allo stomaco mischiandosi al tumulto che già prima lo stringeva in una morsa disturbante.
"Er, credi di tornare tra noi prima o poi?"
Gli occhi celestiali di Armin si illuminano con la sua risata. Ho perso sensibilità alla faccia da un po', per cui osserva un viso privo di qualsiasi espressione umana che lo diverte parecchio.
"Hai guardato la porta tutta la sera..."
Beh, Mikasa non sembra trovarmi così divertente, dopotutto. Il suo sguardo rammaricato mi colpisce in pieno. Effettivamente potrei aver perforato la porta in legno chiaro secoli fa per quanto l'ho fissata. Reso decisamente idiota dalla Tequila, ho passato le ultime ore immaginando i suoi abiti troppo eleganti varcare la soglia e magari qualche accenno di insensate conversazioni a cui non dovrei aspirare con tanta intensità. In qualche vago pensiero lucido che ricordo a stento so per certo di essermi anche detto che è l' alcool a esagerare tutto, ma chissà perché non riesco a crederci fino in fondo.
"Scusate, non capisco più niente."
Farfuglio con le labbra troppo secche che faticano a staccarsi e la paura crescente che non mi credano.
"Certo... come se nei giorni scorsi fossi stato entusiasta di questa festa."
Mikasa ribatte stizzita. Dal modo in cui affonda le unghie nella sua giacca di pelle, posso dire che stia dando sfogo a quello che comunemente tiene per sé, mettendo in allarme sia me che il biondo accanto.
"Coraggio ragazzi, adesso non litighiamo. Siamo tutti storditi dagli alcolici."
Le mani di Armin si agitano imploranti tra di noi, pronte a disinnescare una bomba in procinto di esplodere.
"Ti diverti con un mezzo sconosciuto ad un corso di Astronomia, ma una festa con noi non la reggi?"
Continua Mikasa, ignorando Armin e la mia espressione attonita per l'argomento che sicuramente non sa essere così spinoso per me.
"Oh Mikasa, andiamo... Credevo che avessimo chiarito stamattina. E' stata una cosa imprevista!"
Rispondo. La voce che inizia a scaldarsi per l'agitazione. Così però non faccio che inasprire anche il suo, di tono.
"Abbastanza imprevista da darmi buca con una bugia! E dopo che ti ho perdonato mi tocca stare a guardare la tua faccia annoiata... Come se stare con noi fosse una tragedia."
Sbotta al culmine della frustrazione. Armin prova a fermarmi quando inizio a parlare, ma bloccare i miei scatti d'ira non è mai stato il suo forte e mai come ora vorrei che avesse più talento in certe cose.
"Non siete voi. Vi ho già detto un miliardo di volte che sono queste feste tutte uguali a darmi noia! E se uscire con un mezzo sconosciuto può essere più divertente allora ne approfitto!"
Scatto, rimanendo intrappolato dalle mie stesse parole. Lo sguardo stupefatto di Armin combacia con il mio. Tra di noi intercorre qualcosa che nessuno ha il coraggio di dire ad alta voce. Prego solo che anche lui non rimanga vittima delle mie offese involontarie. Gli anfibi di Mikasa sfondano il pavimento e spariscono dietro all'uscio che ho tanto tartassato. I biondi capelli di Armin si scuotono per la sua corsa nella stessa direzione. Se mi muovo subito, posso ancora rimediare. Per fortuna la maniglia in acciaio non mi rimane in mano. Ora che in piedi l'adrenalina sta facendo il suo corso, ho una percezione più corretta dell'alcol che ho ingerito. Le gambe strusciano cedevoli mentre cerco di dare un ordine all'insensato cocktail di voci nel corridoio.
"Eren, tutto bene?"
La parete bianca a cui mi appoggio rinfresca i miei palmi sudati. Vorrei che mi aiutasse a riacquisire un po' di sensibilità.
"Petra, s-sì, sì, tranquilla."
Si accontenta con un sorriso della risposta che si riversa scomposta sulle mie labbra scoordinate.
"D'accordo... Beh, io sto andando al piano di sotto a prendere un po' d'acqua. Ne vuoi un po' anche tu?"
Riesco a produrre un debole cenno con la testa, dandole il permesso di sparire con una lieve carezza sulla mia spalla. So perfettamente che dovrei scendere da quelle scale e immolarmi nel freddo per sistemare le cose, ma il mio corpo ha altri piani. Tra qualche passo sconnesso arriverò all'ultima stanza a destra del corridoio. Controllo solo, e se non c'è andrò via subito, mi dico, già pronto a tradire le mie stesse promesse. Inseguo i fasci di luci dell'eccessivo lampadario in cristallo. Lo stipite bianco scricchiola sotto alla mia presa maldestra. Per fortuna in questa stanza c'è la moquette. Le mie All Stars hanno molte meno difficoltà su questo tipo di superfici. Un letto con ricamate coperte arancioni, un armadio che ricopre l'intero muro di sinistra e un comodino infossato nella parete di fronte. Questo è tutto quello che si agita vorticosamente intorno alla mia testa resa troppo leggera dalle ore trascorse. E devo aver decisamente bevuto troppo per aver creduto di riuscire a trovarlo qui. Ora non mi resta che farmi forza e raggiungere le due teste calde che ho lasciato indietro, ingoiando un dispiacere che non capisco e che, di nuovo, deve essere più frutto dei pessimi alcolici dato che non c'è possibilità che il mio interesse per qualcuno che conosco appena possa gettarmi in una tale disperazione. Inerme di fronte al mio corpo sconvolto tanto quanto lo spirito, mi sostengo all'armadio per non cadere in avanti con il busto, determinato a farmi crollare a terra. La mano però stride sulla superficie legnosa. Il sudore che la impregna non le concederà mai l'attrito necessario a sorreggermi. Posso già immaginare l'odore polveroso della moquette nelle narici, quando una presa salda quanto glaciale intrappola le mie spalle.
"Oi, moccioso."
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