Chapter Forty-Nine.
Inutile dire che saltai nuovamente in sella alla bici lasciando dietro Louis con quella gara clandestina che stava per iniziare, ormai la strada era vuota e della macchina sportiva di Harry non c'era traccia, il che era comprensibile visto la velocità a cui andava.
Gli passerà. Ha solo bisogno di stare da solo come fa tutte le volte che qualcosa non va. Conosco Harry da molto tempo, è un tipo che si chiude a riccio proprio quando ha più bisogno.
Le parole di Louis fecero capolino nella mia testa..
Ma non furono le sole.
Da quel giorno ogni volta che qualcosa andava male, o non secondo i miei piani, venivo qui. E' il posto adatto per poter rimanere da soli con i propri pensieri, ed è.. il posto più bello in questo paese di merda. Il posto adatto per fuggire dalla realtà.
O da qualunque cosa ti tormenti.
Fu proprio questo collegamento di pensieri che qualcosa mi diceva che sapevo dove fosse Harry, sapevo si trovasse in quella piccola spiaggetta nascosta da tutti.
Non volevo assillarlo, sapevo quanto incazzato fosse.
Volevo solo.. scusarmi, anche se è sempre troppo tardi per farlo, quando giù hai combinato il guaio.
Sono stata troppo invadente nei loro affari e troppo perfida nel rubare quella bici al povero vecchietto.
E la cosa che mi faceva sentire davvero stupida, è il fatto che non avevo nessun diritto nel dire quelle cose. Non conoscevo Harry nonostante mi ostinasse a pensare il contrario, non sapevo dei suoi problemi, di ciò che gli piaceva fare e cosa no, non sapevo cosa circolasse liberamente in quella sua testa di legno e non sapevo niente delle sua famiglia.
E ne avevo avuto conferma proprio quella notte.
Mi sentì davvero meschina.
Imboccai la strada che costeggiava la spiaggia, ma sentì degli schiamazzi provenire da lì. Ricordai quando Harry mi disse che veniva saccheggiata da ubriachi e drogati a quell'ora della notte. Così guidai verso l'altro ciglio della strada dove l'erba era alta abbastanza da coprire la bici. Rallentai chinandomi nascondendomi tra il verde e un piccolo sorriso comparì sul mio viso quando la macchina di Harry era nascosta lì.
Aveva avuto la mia stessa idea.
Quindi questo valeva a dire che le mie idee non erano così sciocche dopotutto.
Lasciai cadere la bici accanto alla sua macchina per poi tornare indietro, c'era molto meno probabilità di essere scoperta senza quel mezzo da drogati che non ricordano nemmeno come si chiamano. Mi nascosi dietro a piccoli scogli una volta messo piede in spiaggia, il venticello mi tirava i capelli dietro le spalle facendomi rabbrividire.
«Sai qual è il colmo per un mango?» Chiese uno di loro urlando e impastando le parole.
«No!»
«Mango io.» Risero così forte che mi accigliai.
Era squallida, scossi la testa mentre continuavano a farneticare cose senza senso. Mi avvicinai alle rampicanti che scendevano giù per l'entrata del passaggio ed entrai velocemente.
Inutile dire che era buio totale e la paura di fare amicizia con un topo persisteva ancora dall'ultima volta. Tirai fuori il cellulare dalla mia tasca illuminando almeno dove mettersi i piedi con il flash della fotocamera, sempre meglio del restare nel nero pece.
Avanzai con un braccio sospeso in mezz'aria con l'intenzione di illuminare qualcosa e l'altro stretto sotto il petto. Sapevo che Harry si trovasse aldilà di quel passaggio e questo mi spingeva nel proseguire senza farmi fermare di piccoli versetti proveniente da animaletti terrificanti.
Sospirai sollevata quando la grande roccia era stata spostata dall'uscita, evitai di togliermi le scarpe, non volevo che le dita mi si congelassero, odiavo quando succedeva. Sbirciai fuori notando Harry seduto sulla sabbia fredda vicino alla riva lanciando piccoli sassolini nell'acqua scura della notte.
Presi un grande respiro prima di affondare le mie vans sulla sabbia e avvicinarmi lentamente a lui. Rimasi un paio di secondi in piedi accanto a lui, mi dedicò una completa indifferenza continuando a fare ciò che stava facendo; Quei sassolini sembravano essere davvero interessanti.
Così presi posto al suo fianco sulla sabbia così fredda che sentì il mio didietro supplicare pietà, puntai i miei occhi all'orizzonte non visibile a causa del buio, cercando di rielaborare qualcosa di sensato da dire o per lo meno in grado di sdrammatizzare un po' la questione.
C'era così tanta tensione che si poteva tranquillamente tagliare con un coltello.
«Non avresti dovuto farmi conoscere questo posto, adesso saprò dove sei ogni volta che scomparirai nel nulla.» Cercai di attaccare bottone nei modi migliori possibili ma continuò a ignorarmi lanciando i sassolini in acqua e il suo sguardo perso nel vuoto. «So che mi hai detto di non venire mai da sola qui.. Ma sapevo che fossi qui quindi non ha importanza, no?» Abbassai il capo guardando le mie mani sentendomi stupida per l'ennesima mancanza di attenzione. Mi schiarì la gola afferrando un paio di sassolini rigirandoli tra le dita. «Ogni volta che lancio un sassolino in acqua subito dopo lancio quello accanto per paura che soffrano la solitudine.» Ammisi, si forse era imbarazzante ma non sapevo che altro dire prima di arrivare al fatidico momento delle scuse e Harry non sembrò nemmeno interessato a questo, in un'altro momento non avrebbe perso tempo nel prendermi in giro.
Così ormai stanca lasciai cadere i sassolini per terra sospirando rumorosamente. «Sono stata una stupida, mi dispiace io.. non avevo pensavo alle conseguenze e sono sicura che al tuo posto mi sarei incazzata anche io.» Cominciai correndo sempre di più con le parole, portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e passai i palmi delle mani sulle mie cosce.«Sono un idiota, una vera idiota. Non avrei dovuto origliare quella conversazione, non avrei dovuto rubare quella bici a quel vecchietto che per colpa mia dovrà passare la notte per strada e non avrei nemmeno dovuto seguire Louis. Ho pensato di fare la cosa giusta ed ero preoccupata, so che probabilmente non ti importerà ma-»
«Mia madre ha un cancro al seno, secondo stadio.» Spezzò la mia parlantina su due piedi, così come il mio respiro, era stato così diretto che i battiti del mio cuore accelerarono. Posai gli occhi su di lui deglutendo, aveva fermato i suoi movimenti che consistevano nel lanciare sassi in mare. Non avrei mai pensato ad una cosa del genere, in realtà non avevo pensato proprio alla frase che mi urlò prima di andare via.
Molta se questo schifo di soldi servono a salvare tua madre!
Non ci avevo ragionato su, forse anche perché ero sicura di voler sapere di più dopo di questo ed ero già nella merda così. Non ero venuta lì in spiaggia per affrontare quell'argomento ma solo per scusarmi, se mi aveva confessato questo significava che voleva sfogarsi?.
Ha un cancro, sua madre ha un cancro già al secondo stadio.
Pensai, era terribile.
Stava combattendo tra la vita e la morte.
Rabbrividì continuando a guardarlo, la sua mascella non era tesa, non aveva il suo solito cipiglio sul viso che lo rendeva intimidatorio, era solo Harry, con la sua espressione rammaricata e piena di amarezza.
Aveva abbassato le sue difese.
«Non ho un soldo, l'unico modo per portare avanti le cure di mia madre, le visite, le medicine e.. la chemio è questo.» Spiegò continuando ancora a non guardarmi, non azzardai fiatare. Era un argomento davvero delicato. «E al dire il vero non mi importa se qualcuno mi uccide su un fottuto ring o se manomettono i freni della mia macchina, non mi importa davvero. L'unica cosa che mi spinge a tenere duro è lei. Mi ha dato la vita, il minimo che io possa fare e fare in modo che viva la sua, e che la viva bene.»
Era ben evidente la pelle d'oca sotto la maglietta e la giacca, ed ero sicura non fosse affatto a causa del fresco della notte. Non gli importava davvero delle conseguenze alle quali andava incontro, tutto ciò che voleva era salvare sua madre. E se da una parte lo consideravo ammirevole, non facevo altro che preoccuparmi di quell'altra parte, il fatto che la morte non lo spaventava.
«C-come si chiama?» Chiesi esitante, non avrei voluto che mi gridasse contro il fatto che non fossero affari miei.
«Anne, si chiama Anne.» Rispose poi guardandomi per la prima volta in quella spiaggia quella notte.
«Se è una persona forte come te, non temere.» Accennai un piccolo sorriso cercando di rassicurarlo.
«E' molto più forte di me.» Tornò a guardare il mare, sospirò passando nervosamente una mano tra i capelli. «Non è l'unica cosa a cui devo pensare, il problema è che lei crede che va tutto bene. Che quei soldi non siano sporchi, ma non ho altra scelta.»
«Non c'è nessuno che possa aiutarti? Intendo economicamente, tuo padre?» Chiesi stringendomi nelle spalle.
S'irrigidì, la sua mascella si tese e la sua solita espressione accigliata ricomparì sul suo viso. «No, non voglio l'aiuto di nessuno.» Mormorò. «Non so dove sia quell'uomo, è andato via di casa abbandonandoci, e abbandonando mia madre gravida.»
Aveva un bel po' di problemi, non sapevo che tipo fosse suo padre, ma aveva abbandonato suo figlio e sua moglie dove nel suo ventre cresceva una creatura.
E in quel momento dove realizzai che Harry avesse un fratello o una sorella, l'immagine della foto dentro il suo portafoglio mi si stampò davanti agli occhi.
Se non ricordavo male in quella foto c'erano due bambini, i quali i nomi erano scritti sul retro della piccola fotografia, ma non erano i soli, quella foto ritraeva anche l'immagine di una donna, dove il sorriso e la fossetta familiare mi ricordavano davvero tanto Harry.
Schiusi la bocca posando gli occhi sulla figura di Harry al mio fianco, i suoi occhi erano fermi in un punto fisso davanti a se. «Eveline o Benjamin?» Chiesi esitante, temevo sarebbe uscito fuori il discorso della mia invadenza quando tutto quello che avevo fatto era stato afferrare il suo portafoglio caduto a terra.
Si girò incontrando facendo così incontrare i nostri occhi. «Max.»
«Oh..» Mi grattai la nuca leggermente imbarazzata. «Scusa, pensavo che uno di loro fosse tuo fratello.» Ammisi mordendomi il labbro inferiore cercando di non dire altre cazzate.
Sollevò le sopracciglia e scosse la testa leggermente. «Lo sono.» Cominciò a giocare con gli anelli alle sue dita suscitandomi una voglia matta di afferrare le sue mani e continuare io quel gioco. Sapevo che era difficile per lui parlare di sé, era sempre stato un tipo riservato e discreto. Invece mi stava parlando di sua madre e dei suoi fratelli, che avevo scoperto fossero tre.
Almeno non sono i suoi figli come una parte di te pensava.
Smentii la stupida vocina nella mia testa e scossi la testa, forse una parte di me lo pensava sul serio ma la verità era che non volevo crederci.
«Quindi.. hai tre fratelli?» Spostai l'attenzione dalle sue mani ai granelli di sabbia che il vento faceva rialzare da terra.
«Quattro.» Lo guardai subito accigliata credendo di aver perso una parte del discorso, i bambini nella foto erano due e con quello che lui mi disse capì che c'è n'era un'altro di nome Max.
Non sono mai stata forte in matematica ma penso che con questo il risultato sia; tre.
«Penso di essermi persa qualche passaggio.» Ammisi accennando un sorriso desolato.
Sospirò bagnandosi le labbra con la lingua, un modo così totalmente- Basta. Rimproverai a me stessa. «Haley, ha sedici anni ed è un vero spirito libero. Ha sempre avuto un carattere ribelle ed è così cocciuta, molte volte vorrei lasciarle due ceffoni in pieno viso solo per verificare se con la botta il cervello le ritorna al suo posto.»
«Harry!» Sgranai gli occhi colpendolo sul braccio, e per la prima volta in tutta la serata riuscì a scorgere il suo piccolo sorriso divertito, nonostante cercasse di nasconderlo. Il che fece sorridere anche me. «E gli altri?» Chiesi poi sperando non cambiasse comportamento come era solito fare.
«Evie e Ben sono gemelli, hanno dieci anni e sono insperabili nonostante Evie si comporta come una principessa appena uscita da un cartone animato e Ben cerca in tutti modi da assomigliarmi.» Spiegò in una scrollata di spalle, sembrava più sereno nel parlare dei suoi fratelli, ed era comprensibile. Mi chiedevo come affrontassero loro la questione della madre.
Sorrisi puntando gli occhi su di lui, non era del tutto sereno e sperai non si pentisse di avermi raccontato tutto e che continuasse a fidarsi di me. «Gli conviene fermarsi.» Scherzai, lui annuì lentamente come se stesse constatando la cosa, come se nemmeno a lui piacesse la sua persona. Mi schiarì la gola guardando le mie mani poggiate sulle mie cosce.«E' Max.. è tipo, sposato?»
Ridacchiò a fior di labbra e mi accigliai ritornando a guardarlo. «Ha cinque anni, a massimo avrà una fidanzatina.»
Schiusi le labbra sentendomi una completa idiota, era ovvio fosse più piccolo di Harry, mi aveva detto che suo padre aveva abbandonato tutti quando sua madre era incinta di Max. Avrei dovuto farmi qualche calcolo prima. «Oh io..» Mi schiarì nuovamente la voce visto che risultò abbastanza acuta. «Quindi tu sei il fratello maggiore.»
«Già.» Mormorò.
Il silenzio piombò su di noi, e ha tenerci compagnia ci pensarono le onde che si infrangevano arrivate a riva e il vento contro i nostri visi portavano i capelli dietro le nostre spalle.
Anche io al posto suo avrei fatto di tutto pur di salvare mia madre, se solo ne avessi avuto l'opportunità.
L'hai avuta ma sei scappata come una vigliacca.
Sospirai profondamente chiudendo gli occhi, e nonostante cercavo di pensarla diversamente la mia testa me lo impediva, e per quanto cercassi di ribellarmi a quel chiodo fisso, non ci riuscivo, perché era tutto vero.
Sarebbe stata ancora viva ed era tutta colpa mia.
Era così che funzionava dentro di me, era così che doveva andare.
Ed era per questo che mi tormentavo con tutti quegli incubi infiniti.
Sentivo le lacrime dietro le palpebre e non dovevo piangere di fronte a lui, non che non fosse già successo ma non volevo ancora parlarne.
E non perché non mi fidassi, perché se l'avrei fatto non avrei trascurato nessun dettaglio al contrario di come avevo fatto con Gyne.
La cosa che mi spaventava era che anche lui la pensasse come la mia testa, che mi considerasse orribile e che non avrebbe voluto avere niente a che fare con me, quando se questo succedesse non saprei come prenderla, sarebbe terribile e mi sentirei ancora peggio e tutto questo solo perché il sentimento che iniziavo a provare per lui diventava sempre più forte e per quanto avrei voluto fermalo, in modo da non farmi del male con le mie illusioni.. io non ci riuscivo.
Era qualcosa che non potevo controllare.
«Potresti.. potresti spiegarmi meglio questa storia delle gare e degli incontri? Voglio solo sapere come vanno e.. quando hai iniziato.» Parlare era l'unico modo per non perdermi nei miei pensieri.
Probabilmente avrei dovuto pensare di meno.
Scrollò le spalle. «Ho iniziato a sedici anni, l'ho fatto perché in quel periodo eravamo da soli, quel bastardo se ne era andato, mia madre non lavorava e aspettava Max. Non potevo lasciare che morissimo di fame, una sera non sono rientrato e sono stato via per tutta la notte, entrai in un locale che ormai è stato chiuso, tutti erano sul retro e non capivo il perché. Lì ho incontrato Diego, che saltellava e lasciava pugni contro il petto di un buttafuori, ovviamente senza risultato.» Enfatizzò su pugni come se fosse divertente definirli così. «Avevamo la stessa età, ed era ovvio che noi non potevamo entrare. Così aspettai fuori, Diego uscì ormai rassegnato così andai a chiedergli cosa diamine succedeva la dentro. Mi spiegò tutto, si stava svolgendo un incontro di boxe clandestino ed era arrabbiato perché non poteva entrare. Mi arrampicai sul tetto grazie ad un albero lì fuori, inutile dirti che Diego continuava a seguirmi e a chiedermi se fossi impazzito, la finestra della stanza era aperta così mi calai da lì. E' tutto quello che vidi fu pazzesco.» Prese una pausa guardando un punto fisso, immaginando forse tutto ciò che stava raccontando. «Avevo visto incontri di boxe in televisione ma esserci è tutt'altra cosa. E parteciparci è ancora meglio.»
«Parli come se tutto questo ti piacesse.»
«Mi piacesse? Cazzo, sapevo che era quello che avrei voluto fare e non mi sbagliavo.» Sospirai non capendo cosa ci trovasse di così emozionante nel spaccarsi la faccia a vicenda ma non fiatai. «I due uomini sul ring si sfidavano e si dichiaravano guerra con ogni cellula del loro corpo, erano pieni di adrenalina, il modo in cui schivavano i colpi e il modo in cui li ricevevano era totalmente assurdo e mi affascinava un casino. La folla intorno che urlava e incitava la morte alla persona su cui non scommetterono, c'era un rumore assordante eppure i sfidanti non si lasciarono distrarre da loro, tutto il contrario. Restai li sino alla fine dell'incontro, tutti uscirono e chi aveva scommesso bene prese i suoi soldi, mentre gli altri si incazzavano facendo nascere risse per aver perso il denaro. Ti risparmio i dettagli di quando buttarono fuori sia me che Diego.» Passò una mano tra i capelli. «E' questo è come ho scoperto di questa cosa, sapevo che si svolgessero incontri di questo tipo ma non sapevo dove. Andai da Alan e gli chiesi aiuto per essere allenato ma che mi negò categoricament-»
«Alan? Cosa poteva saperne lui di queste cose, come avrebbe potuto allenarti?» Ero chiaramente confusa, Alan era in grado di allenare un ragazzo per incontri di questo genere?.
«Ci sono molte cose che tu non sai su di lui, Scarlett.» E questo non mi aiutò a placare la mia curiosità, bisogna avere delle basi per poter allenare qualcuno, almeno che Alan non sia stato un personal trainer in passato. «Quando lui mi negò in tutti modi il suo aiuto dicendo che era pericoloso e che in quel poco tempo che avevo stabilito non avrei ottenuto niente, mi incazzai e andai dal Negro.» Sospirai ripensando a poco prima e a quanto mi aveva fatta incazzare.
Così tanto da dargli una ginocchiata.
«E' un vecchio amico di Alan e sapevo quanto potesse essere bravo in quel tipo di cose. Mi allenò così duramente in davvero poco tempo, non faceva altro che insultarmi dalla mattina alla sera e sapevo che era il suo modo di incitarmi a fare di più. Una volta insultò così meschinamente mia madre che gli spaccai il naso dopo averlo buttato per terra, è lì che lui mi disse; Sei pronto marmocchio, vai e falli neri.» Accennò un sorriso con un angolo della sua bocca. «Mi aiutò a inserirmi e nessuno puntava su di me, chi scommetterebbe su un ragazzino di sedici anni alle prime armi? Nessun con del buon senso. Tutti i miei avversari erano molto più grande di me, e persi davvero poche volte. Diventai sempre più forte e portavo sempre più soldi a casa, cominciarono a puntare tutti su di me e il Negro a vantarsi di avermi scoperto lui quando invece ero andato io a cercarlo.» Scosse la testa con un pizzico di divertimento.
«Cosa dicevi a tua madre quando ti vedeva tornare con dei lividi sul viso?» Gli chiesi pizzicando i polpastrelli delle dita con le unghia.
«Niente, ignoravo le sue urla ogni volta che rientravo tardi o addirittura il giorno dopo. Molte volte le rispondevo in malo modo e la sentivo poi piangere la notte in camera sua. Scoprì di cavarmela anche con le corse, lasciai perdere il Negro quando nel mio cammino incrociai nuovamente Diego, mi trovava delle corse che valeva la pena partecipare o degli incontri di boxe per poi dargli una parte della grana. Continuai in questo modo per molti anni, in modo avido e meschino, senza che la paura della morte mi sfiorasse minimamente, proprio come mi insegnò il Negro. Ma dovetti mettere dei paletti in modo da non superare il limite quando mia madre si ammalò, quei soldi mi servivano per lei, non potevo permettermi di sfidare la morte.» Rabbrividii a quelle parole, odiava così tanto la vita che continuava a sfidare la sorte? Avevo come l'impressione che c'era dell'altro.
Immaginai quanto possa essere dura l'abbandono di un genitore e da come ne aveva parlato Harry, per quell'uomo, suo padre, provava solo odio e rancore. Ma era un motivo valido per non preoccuparsi della sua vita?.
«Mi dispiace.» Sentì i suoi occhi puntati su di me mentre i miei erano posati sulle mie gambe, dove si trovavano le mie mani. «Se avessi evitato di seguire Louis probabilmente adesso avresti quindicimila sterline tra le mani.»
In quel momento realizzai che non avessi fatto la mia comparsa e lui avrebbe vinto quei soldi che sarebbero potuti servire per sua madre.
Quando a spezzare il silenzio fu un suo sospiro ripresi a guardarlo. «Non avevo nemmeno voglia di andarci, avrei preferito andare a Londra.» Borbottò, sapevo che lì a Londra avrebbe dovuto combattere al contrario della gara di quella notte a Caernarfon.
«Preferisci combattere?»
Era ovvio che lo preferiva visto come ne aveva parlato in precedenza.
Pensai.
«Si senza dubbio.» Rispose subito.
Sbattei i denti tra loro per un nanosecondo, nello stesso lasso di tempo che il venticello si scontrò sul mio viso, mi strinsi nella giacca notando come le mie mani fossero un pezzo di ghiaccio.
«Non farne parola con nessuno.» Lasciai un occhiata nella sua direzione nello stesso istante che lui fece la medesima cosa facendo scontrare i nostri occhi. «Di tutto.»
Annuii. «Puoi starne certo.» Accennai un piccolo sorriso prima che una domanda mi sfiorasse. «Chi.. chi altro sa di tutto questo?» E con tutto mi riferivo anche alla storia di sua madre e dei suoi fratelli.
«Solo Alan e i ragazzi.»
Quindi nessun'altro all'infuori di Alan e il resto dei ragazzi sapeva la sua storia o meglio quella di sua madre, di questo casino tra il boxe e le macchine. Nessuno.Quasi sorrise pensando di essere almeno un po' importante per lui per avermi messa a corrente di questi dettagli della sua vita, che poi dettagli non erano.
Mi accigliai un attimo ripensando a come Ana una volta mi accusò di star prendendo in giro tutti e di non conoscere minimamente Harry, di star lontana da lui e che non sarei riuscita a fare il lavaggio del cervello come feci con gli altri. Erano accuse senza fondamenta, voleva annientarmi, farmi fuori. Voleva Harry tutto per se. «Nemmeno Ana?»
Scosse la testa e non riuscì allora più a trattenere un sorriso, ringraziai il cielo si fosse girato in modo da non notare il mio sorriso così enormemente grande. «Sa solo di questi lavoretti illegali, nient'altro.»
Non aggiunsi altro, d'altronde la cosa più importante era sua madre e lui ne ha voluto parlare con me. Mi aveva già fatto capire una volta che non si fidava di Ana, non completamente almeno. E questo suo comportamento mi portò a pensare che invece di me si fidasse, nonostante cerchi di tenere il pugno fermo nei miei confronti.
Notai con la coda dell'occhio Harry alzarsi da terra e colpire i suoi jeans scacciando via la sabbia attaccata al tessuto. Seguii i suoi movimenti quando i suoi occhi si posarono su di me, abbassai lo sguardo quando mi sentì il sangue affluire per le guance.
Doveva per forza cogliermi in flagrante? Il problema ero io, che quando mi imbambolavo non riuscivo più a smettere di spostare la mia attenzione da qualche altra parte fino a quando non se ne accorgeva e arrossivo come un pomodoro.
«Vuoi restare qui e aspettare che ti cadano le dita?» Strofinò le sue mani tra di loro aspettando una mia reazione. Sollevai le sopracciglia quando si voltò avvicinandosi al passaggio.
Era un modo indiretto di invitarmi ad andare con lui?
Quando mise piede sul cemento del passaggio si voltò posando le mani su quella grande roccia che serviva per chiudere definitamente l'entrata o l'uscita, dipende dai punti di vista. Mi alzai velocemente dalla sabbia ripulendomi velocemente e lo raggiunsi.
Non avrei voluto rimanere lì fino ad un'altro suo ritorno solo perché non ho la sua stessa forza nel spostare quell'ammasso di pietra. E non mi allettava l'idea di raggiungere nuotando l'altra spiaggia.
Ritirai fuori il cellulare e usando il flash della fotocamera quando chiuse il passaggio, non c'era altro per far luce intorno. Mi guardò accigliato quando fu proprio difronte alla fonte di luce e il fatto che fosse proprio difronte all'obbiettivo lo fece apparire sullo schermo del cellulare facendomi sorridere. Non mi azzardai a scattare nessuna foto nonostante la tentazione era molta o mi avrebbe lasciata marcire in quel posto buio e freddo.
«Meglio se questo lo tenga io.» Afferrò l'aggeggio dalle mie mani sfiorandole, proseguì con una mano in tasca.
«Ehi, avrei potuto farlo anche io.» Obbiettai seguendolo o meglio seguendo la luce del mio telefono.
Mi ignorò e in poco tempo fummo fuori, ovviamente gli uomini di prima erano ancora lì a fare baldoria ma non erano da soli, avevano con se delle dame di compagnia. E lì mi venne in mente la ragazza adocchiata da Louis che a sua volta adocchiò Harry. Seguì quest'ultimo sino all'altro ciglio della strada, dove sapevo aveva nascosto la sua auto e io la bici di un vecchio.
«E' una bella macchina.» Mi complimentai una volta trovata davanti.
«E anche veloce.» Continuò tirando fuori dalla tasca dei pantaloni un telecomandino per l'auto..
«Si ma io preferisco quella di Louis.» Scattò guardandomi in un modo tutt'altro che carino. «Cosa? Ho sempre amato quella macchina! E poi è anche colorata che la rende più allegra.» Mi giustificai.«Non come la tua.»
Nero, nero nero, tutto nero.
Sembrava aver un contratto con il nero.
«Beh a me piace un auto triste.» Mormorò.
«Sarebbe stata carina verde.» Commentai immaginandomela con quel colore.
Un lamento disgustato uscì dalle labbra prima di aggirare l'auto, roteai gli occhi al cielo a quella sua reazione. «Hai davvero fottuto questa bici ad un vecchio?» Chiese calciandola.
«Si, non la distruggere. Devo restituirla.» Mi guardò come se fossi un alieno appena sceso dallo spazio.
«Mh.. certo.» Aprì l'auto con un pulsante sul telecomandino che precedentemente aveva tirato fuori. «Andiamo, ti riaccompagno al The Crown.» Mormorò seccato.
Aveva una gran voglia di farlo a quanto vedevo.
Hai seguito Louis facendo saltare in aria tutti i suoi piani, ringrazia che non ti lascia per strada.
La vocina della mia testa face nuovamente capolino.
Aprì la portiera e presi posto, sul sedile del passeggero, l'auto sembrava nuova tanto quando la sua Range Rover. Sinceramente io non riuscirei a tenere pulita una macchina, risulterebbe davvero difficile. I sedili erano rivestiti di cuoio nero e incredibilmente bassi, lui non aveva problemi visto la sua altezza, gli interni erano tutti ottimizzati e non capivo niente della maggior parte delle funzioni impostate sul cruscotto.
Harry intanto prese posto accanto a me sospirando e allacciandosi la cintura. «Allacciati la cintura non ho assolutamente voglia si sentire la assordante spia sul cruscotto.»
Annuii e feci come disse, in realtà nemmeno io sopportavo tanto quel genere di spia. Sfrecciò così veloce da farmi spalancare gli occhi, mi schiarì la gola portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Sai che in questo momento non stai partecipando a nessuna gara, vero?» Chiesi esitante.
Non rispose e tutto quello che fece fu rallentare curvando a destra.
Il silenzio calò in quella macchina e se per lui era rilassante per me era abbastanza noioso, mi rigirai i pollici, mordicchiai il mio labbro e giocai con la rosa dei venti al mio collo dopo aver dato un'altra occhiata agli interni della macchina.
Non era male, dovevo ammetterlo e anche se ho sempre amato la Lamborghini, non era da escludere nemmeno quella di macchina.
«Come si chiama quest'auto?» Chiesi spezzando quel silenzio assordante.
«Non eri tu quella che si intendeva di auto?» La sua risultò come una presa in giro, che il sarcasmo della sua voce e un accenno di sorriso confermarono.
«Ho solo dato un giudizio sull'estetica di un'auto.» Risposi passando i palmi delle mani su i miei jeans.
«Non ti intendi nemmeno di quello.» Mormorò posando gli occhi sulle mie mani che si muovevano sul tessuto dei jeans, mi immobilizzai sentendomi improvvisamente osservata.
Ritornò poi a guardare la strada e sospirai poggiando la fronte sul finestrino, sperai che non prendesse nessuna scaffa, che solitamente prendeva ogni qualvolta che mi poggiavo lì.
Erano successe davvero molte cose quella notte, e niente di tutto ciò che immaginai però successe. Era stato stravolto tutto, dalla bici del vecchio, dalla gara clandestina, il Negro, la sfuriata di Harry, la storia di sua madre, quella dei suoi fratelli a quella del boxe.
Mi chiedevo come fosse avere dei fratelli, onestamente non sapevo perché a mia madre non era piaciuta l'idea di un'altra figlia o figlio.
Ma l'argomento che stavo per intraprendere con Harry non mi sfiorò nemmeno la mente quando mi accigliai pronta a chiedere. «Posso farti una domanda?»
Sbuffò tenendo le mani ben salde sul volante. «No.»
«Il resto dei ragazzi fanno tutto ciò che fai tu?» Non mi lasciai intimidire dalla sua risposta ferma e decisa.
Qualcosa mi diceva che avessi ragione, questo spiegherebbe perché non facevano altro che essere evasivi riguardo l'argomento lavoro e la presenza di Louis quella notte.
«No.» La medesima risposta.
«E come spieghi la presenza di Louis?»
«E' un Hobby per lui e non credo che questi siano affari tuoi.» Sbottò alzando un po' la voce e serrando la mascella.
«Sono sempre evasivi ogni volta che esce fuori la parola lavoro.» Misi tra virgolette quest'ultima parola. Harry sospirò stringendo la presa sul volante. «Non voglio impicciarmi Harry, ti ho solo chiesto se anche loro partecipavano a gare illegali o incontri di boxe clandestini.»
«E io ti ho risposto di no.» La sua mascella continuò ad essere tesa e stavolta la vena del suo collo sembrava essersi gonfiata.
«Visto come ti stai comportando non credo facciano niente di meno pericolo di quello che fai tu.» Mormorai incrociando le braccia sotto il seno e puntando lo sguardo fuori dal finestrino.
Era vero che con quella semplice domanda speravo mi dicesse qual'era questo famoso lavoro che ogni volta che si parlava di questo inventavano una scusa davvero stupida per darsela a gambe. Ma non c'era niente di male nel darmi una risposta.. sempre se quel lavoro non consisteva in qualcosa di illegale come quello che faceva Harry. Ma lui mi disse di no, che non partecipavano ad incontri di boxe o gare illegale quindi cos'altro avrebbero potuto fare?.
«Smettila di spremerti le meningi, e smettila di cacciarti in guai che non ti appartengono.»
Non risposi e non lo degnai di uno sguardo, un paio di volte sentii i suoi occhi su di me ma per un breve lasso di tempo.
Ero.. incazzata? Non capivo nemmeno io il perché, forse il fatto che mi trattasse come una bambina a volte mi dava su i nervi. Lui pensava di sapere ciò che era bene per me e ciò invece no. Ma in realtà avevo diciott'anni ero in grado di capirlo da sola e prendermi le mie responsabilità.
Passammo con l'auto davanti alla porta principale del The Crown e non mi dovetti scomodare per chiedergli di lasciami sul retro visto che l'idea di non svegliare Alan con il campanello della porta passò anche per la sua testa.
Si fermò sul ciglio della strada nello stesso secondo che spalancai la portiera e camminando a passo spedito verso la porta sul retro senza lanciare un'occhiata indietro, non volendo proprio vedere una sua reazione, gli avrebbe comunque importato poco. Mi sentivo solo presa in giro, nonostante tutto quella notte credevo ci fossero stati davvero molti dettagli che Harry aveva deciso di tenere per se. Non che questo fosse un problema, visto che io tenevo un intera storia per me, l'unico problema era che sentivo che mi trattassero come una stupida a volte, molte volte Alan mi dava l'impressione di non voler esporsi molto nei miei confronti, ma ha degli atteggiamenti contraddittori, l'attimo dopo lo trovo a fissarmi così intensamente come se mi stesse studiando.
Il suono della sua portiera sbattere mi avvisò che decise di seguirmi, ignorai i suoi passi svelti e tirai fuori la chiave dalla giacca avvicinandomi sempre di più alla porta. Un paio di mani si poggiarono bruscamente sulle mie braccia costringendomi a girarmi con una tale velocità che le chiavi mi caddero a terra quando la mia schiena aderì perfettamente contro la porta che avrei dovuto aprire e le sue labbra si impossessarono delle mie con avidità, le sue mani raggiunsero il mio viso quando i miei occhi spalancati per quel rude gesto si chiusero lentamente, non ci volle poi molto nel ricambiare quel bacio così pieno di passione, schiusi le labbra a causa di un gemito quando le sue mani si posarono su i miei fianchi spingendomi contro il suo bacino, e approfittandosi di quel momento fece scontrare le nostre lingue. Afferrai in due pugni la sua maglia lasciata visibile dalla sua giacca aperta quando continuava a premere il suo corpo contro il mio, riuscendo così a mandarmi in fibrillazione, ogni cellula del mio corpo rispondeva al suo cercando di tirarlo più vicino di quanto già non fosse. Staccò le sue labbra dalle mie dopo il piccolo schiocco che emisero, si fiondò sulla mia mascella facendomi mancare il respiro, lasciò i suoi baci umidi sulla mia pelle e sentivo il mio cuore minacciare di saltare fuori dalla cassa toracica. Chiusi gli occhi beandomi del suo sotto, la sua mano sul mio fianco aveva appena trovato la pelle scoperta al di sotto della giacca e dalla maglietta, le sue labbra salirono sino al mio orecchio mordicchiandone il lobo, l'altra sua mano tolse i capelli portandoli dietro le spalle e lì che le sue labbra si posarono sul mio collo facendomi quasi tremare le gambe, il fiato ormai corto e la sensazione era paradisiaca, le dita della mia mano si staccarono dalla sua maglia infilandoli tra i suoi capelli.
Cristo, i suoi baci improvvisi sul collo.. mandano a puttane tutto.
Pensai, pensai alla incazzatura che poco prima mi aveva spinto fuori dalla sua macchina senza neanche una parola, senza neanche uno sguardo. Pensai a noi in quel momento e come il suo corpo fosse contro il mio, le sue labbra contro il mio collo e le sue mani su i miei fianchi mi tiravano a se di tanto in tanto.
Mordicchiò la pelle del mio collo facendo così mordere il mio labbro, si fermò su un punto cominciando a succhiare, sapevo qual'era la sua intenzione ma in quel momento non avevo ne la forza ne la voglia di respingerlo via, sentivo quel punto dolorante quando le sue labbra persistevano su quel punto per un po' di secondi, soffiò leggermente quando si staccò prima di posare nuovamente la sua lingua, rabbrividii mentre lavorava sul mio collo e tutto questo non faceva altro che ricordarmi quel primo bacio che lui aveva completamente dimenticato.
Lasciò infine un piccolo bacio sul punto dolente, -che ne ero certa sarebbe comparso un livido- si staccò lentamente dal mio collo e feci scorrere via le mie dita nei suoi capelli con malavoglia, avrei voluto sentire le sue labbra ancora un po', sentirlo stretto a me in quel modo per molto più tempo.
Staccò il suo corpo dal mio passandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, i suoi occhi caddero sulle mie labbra mentre bagnava le sue arrossate con la lingua.
Dannazione era così sexy, non credevo di avere gli ormoni così impallati.
Chinò il suo capo in modo che fosse nella mia stessa altezza, nel mio stomaco si trovavano un orchestra intera completata di musicisti e spettatori. «Non credere che non sia ancora incazzato con te.» Mormorò quando deglutì il groppo in gola, i miei occhi erano ancora increduli nonostante fossero stati testimoni di quello che era appena successo.
Spinse la sua fronte contro la mia prima di lasciare un'altro bacio ma stavolta a stampo sulle mie labbra, staccandosi solo un paio di secondi dopo, voltandosi pronto a ritornare alla sua macchina.
Presi un grande respiro quando avvicinai le mie dita al mio collo, precisamente in quel punto dove Harry aveva perso del tempo, i miei occhi erano ancora incollati alla sua figura che stava aggirando l'auto e sobbalzai al contatto delle mie dita sulla pelle, ero sicura ci fosse un livido grande quanto una casa.
Salì in macchina e lo vidi sfrecciare via come il vento.
Che cosa è successo?.
Fu tutto ciò che riuscii a mormorare, era successo un'altra volta.
Sembrava sapevamo fare solo quello, baciarci senza poi una spiegazione.
Spazio autrice;
Ecco qui! Un nuovo aggiornamento di Scarlett!
A quanti sono mancati gli Harlett?!
Vi aspettavate questa storia dietro Harry? E vi aspettavate che avrebbe raccontato tutto a Scarlett dopo che lei combinò un casino grande quanto una casa?.
Ma sembra che Scarlett non si senti ancora del tutto pronta nel raccontare ad Harry la sua di storia.
tada tadan! Bacio&Succhiotto everyone!
Votate e commentate dicendomi cosa ne pensate!
Siamo quasi a 400k letture!! Cioè mi sentite sclerare? No? Aprite la finestra!
Grazie mille, come sempre.
See you soon.
All the love. xx
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